EGINO
Di nobile stirpe alemanna, fu vescovo di Verona nell'ultimo ventennio del sec. VIII. Sembra che egli abbia fatto parte di quel gruppo di collaboratori transalpini ai quali Carlo Magno, dopo la conquista di Pavia e la deposizione di Desiderio e di Adelchi (maggio-giugno 774), affidò le maggiori cariche secolari ed ecclesiastiche dei Regnum Langobardorum, facendo di essi il principale sostegno del suo dominio in Italia. Con l'episcopato di E. Verona assunse quell'importante ruolo di irradiazione dell'influsso politico transalpino nella penisola, che avrebbe mantenuto in seguito per un periodo di tempo abbastanza lungo.
Le notizie a noi pervenute riguardanti lavita di E. sono scarse. Le principali fonti a nostra disposizione sull'argomento - i Miracula s. Marci, di poco posteriori al 930, ed il Chronicon di Ermanno di Reichenau - ricordano infatti Ilorigine alemanna di E. e la grande reputazione di cui godette. Riferiscono poi che egli, in occasione di una visita alla sua terra natale, ottenne da Waldo, abate del monastero di Reichenau, l'autorizzazione a costruire una "cella" in onore di s. Pietro in una località che venne poi detta Niederzell sulla punta settentrionale dell'isola di Reichenau nel lago di Costanza. Riportano inoltre che la costruzione della "basilica S. Petri" a Niederzell, voluta da E., era già terminata nel 799, anno in cui venne solennemente dedicata. Aggiungono - ma senza ulteriori precisazioni - che E. lasciò nel 799 il governo della diocesi di Verona, dove fu sostituito da un Ratoldo, anch'egli di origine alemanna, sin'allora stato suo "clericus". Annotano infine che a Niederzell, presso la chiesa da lui fondata, dopo averla riccamente dotata di suppellettili d'oro e d'argento, di paramenti e di pietre preziose di grande valore, di libri e di arredi liturgici, E. mori nell'802 e che li venne sepolto.
Ulteriori notizie, purtroppo non sempre sufficientemente esaurienti, si possono tuttavia dedurre sulla base di elementi forniti dalla ricerca archeologica e storico-artistica, dalla medicina legale e dall'analisi delle fonti antiquarie. Cosi, ad esempio, solo grazie all'esame medico-legale compiuto sui resti dello scheletro di E. dopo l'apertura della sua tomba a Reichenau-Niederzell (5-6 apr. 1972) si stabili che egli doveva essere nato intorno al 730.
Nel corso di tali esami, infatti, si accertò che lo stato di ossificazione delle suture coronarie del cranio di E. (le sue ossa recavano tracce di un colore laccamuffa quasi porpora, originato molto probabilmente dalla decomposizione di un paramento rosso: particolare, questo, che ha reso possibile l'attribuzione ad E. di questi resti, distinguendoli da quelli di un altro uomo il cui scheletro è stato ugualmente rinvenuto nella tomba) corrisponde a un'età di "oltre 80 anni"; d'altro canto è stato constatato che i denti della persona in questione presentano un grado di levigatezza che farebbe pensare a un'età di 40-50 anni. Questi elementi portano a fissare la data di nascita di E. intorno al 720 o al 755. Poiché il reperto craniologico sembra avere una validità leggermente superiore, da un esame comparato dei due reperti si può desumere con una certa probabilità una data di nascita fissabile all'incirca intorno al 730.
Che verosimilmente E. appartenesse alla nobile famiglia alemanna degli Alaholfinger-Bertholde è dato che si può desumere dalla dislocazione dei possedimenti donati al monastero di Reichenau da "ser Egino, bischoff zu Diettrich s.Bern und stiffter zu Niederzel" (ser Egino, vescovo di Verona e fondatore di Niederzell), secondo quanto afferma Gallus Ohem, il quale scrisse la sua Cronaca intorno al 1500 servendosi di una serie di documenti del monastero oggi perduti.
Questi beni si trovavano nella Svevia orientale intorno alla Marchtal e al Bussen, dove era situato all'epoca appunto il nucleo centrale dei possedimenti degli Alaholfinger-Bertholde. Lo stesso nome Egino - come il Baumhauer e lo Schmid hanno dimostrato - era comune nella cerchia parentale di quella famiglia. Fu senza dubbio il panegirista di Reichenau, il priore Joharmes Egon, attivo agli inizi del sec. XVII, a mettere in circolazione l'ipotesi, ancor oggi accolta da alcuni studiosi, di una parentela di E. con l'imperatore Carlo Magno. Egon era infatti a conoscenza di un documento rilasciato da quel sovrano al monastero di Reichenau, nel quale l'imperatore parlava di E. come di un suo diletto congiunto, "dilecti cognati nostri". Questo documento, tuttavia, fa parte di un gruppo di falsi costruiti nel sec. XII, e non possiede alcun valore testimoniale, perché non venne composto utilizzando un precedente diploma autentico. Esso riflette, ad ogni modo, gli sforzi compiuti per stabilire un qualche collegamento tra il fondatore di Reichenau e le massime autorità secolari della sua epoca. Recentemente, però, a sostegno dell'ipotesi prospettata da Egon, si è fatto notare che anche il margravio Gerold - fratello di Hildegard, seconda moglie di Carlo Magno - avrebbe donato possedimenti nella zona della Marchtal e del Bussen al monastero di Reichenau, per cui potrebbero essere effettivamente esistiti legami di parentela di E., se non con Carlo stesso, con la moglie di questo. Le donazioni di Gerold nella zona del Bussen sono state tuttavia desunte dallo stesso falso nel quale E. compare come "cognatus" di Carlo e non mostrano alcuna corrispondenza con le altre 25 aree (principalmente nel Nagoldgau e nella Baar centrooccidentale) che, secondo quanto riferisce la già citata Cronaca di Gallus Öhem, Gerold donò al monastero di Reichenau.
Il nome Egino, inoltre, non era in alcun modo proprio della antica schiatta ducale alemanna, alla quale appartenevano sia Hildegard sia Gerold, per cui in ogni caso risulterebbe più fondata la tesi della parentela con gli Alaholfinger.
Sulla formazione culturale e sulla carriera ecclesiastica di E. non possediamo alcuna notizia. È probabilmente errata l'ipotesi secondo cui E., prima di essere chiamato a ricoprire la carica di vescovo di Verona, sia stato monaco a Reichenau-Mittelzell.
Nel libro dei ricordi di quel monastero, infatti, il suo nome non compare tra quelli dei defunti appartenuti alla comunità di Reichenau, ma nell'elenco mortuario dei benefattori della comunità stessa. E., inoltre, una volta lasciato il governo della diocesi di Verona non visse, dopo il 799, con la comunità di Reichenau-Mittelzell, ma nella sua fondazione di Niederzell. Secondo Gallus Ohem, E. avrebbe anzi affidato la stessa Niederzell a un preposto e a sei canonici, non a sei monaci, come pure è stato scritto sulla letteratura storica (va tenuto presente che, all'epoca in cui scriveva lo stesso Gallus, a Niederzell vivevano solo quattro canonici). I risultati emersi dagli scavi del 1972 confermano che l'impianto originario del monastero era costituito da una costruzione di dimensioni piuttosto ampie, non da una semplice cella. Sicché gli elementi a favore della tesi di un'esperienza monastica di E. in realtà sono scarsi.
Difficoltà s'incontrano anche per ciò che riguarda la datazione esatta del periodo in cui ebbe inizio il vescovato di Egino. Sembra infatti che vescovo di Verona fino a poco prima del 780 (o, secondo altri, fino al 780) sia stato s. Annone, mentre sono probabilmente da espungere dalla lista di successione dei vescovi di Verona Loterio e Aldo, che vengono spesso citati come successori dello stesso s. Annone, ma sulla base di fonti adulterate o insicure.
Già il Biancolini, nel 1760, pur richiamandosi in modo poco convincente al Panvinio, era giunto alla conclusione che E. fosse subentrato nella carica di vescovo di Verona intorno al 780. Spesso oggi si tende a mettere in rapporto l'insediamento di E. a Verona con la nomina a vescovo di Pavia dell'abate di Reichenau, Waldo. L'insediamento di quest'ultimo come presule a Pavia avvenne per iniziativa di Carlo Magno e probabilmente - come il Munding ha dimostrato - solo nell'autunno del 791- Carlo, all'epoca, potrebbe avere effettivamente avuto interesse a salvaguardare la sicurezza delle due importanti città del Regnum Langobardorum di fronte ai minacciosi attacchi degli Avari. Questa circostanza potrebbe quindi averlo indotto a far consacrare E. vescovo di Verona e Waldo vescovo di Pavia, i quali avrebbero condiviso da allora la medesima sorte. Tale ipotesi, che renderebbe comprensibile la richiesta rivolta da E. a Waldo e l'aiuto che quest'ultimo forni per la fondazione di Niederzell, non esige tuttavia necessariamente la contemporancità dell'insediamento di entrambi come vescovi in Italia, come invece affermano i suoi sostenitori. E. potrebbe benissimo avere ottenuto il vescovato di Verona da Carlo alcuni anni prima che Waldo ottenesse quello di Pavia.
Al periodo del vescovato di E. a Verona risalgono i versi composti in suo onore e tramandati - secondo le indicazioni del Lowe e del Bischoff - in un codice conservato oggi a San Gallo, versi che testimoniano la fama di "eximius pastor" unanimemente attribuitagli. Questi versi indicano anche E. come committente di un libro. Ma c'è ancora dell'altro da cui è possibile trarre conclusioni. A Reichenau, nel 799, E., oltre a preziosi ornamenti, portò con sé, tra l'altro, anche cospicui tesori letterari di cui, com'è noto, si conservano ancor oggi a Karlsruhe, a St. Paul i. Lavanttal e a Reichenau-Mittelzell alcuni volumi in scrittura veronese. Egli stesso fece redigere, in quello che prenderà da lui la denominazione di Codice Egino (Eginonis episcopi Veronensis Sermones legendi in festivitatibus Ecclesiae: Berlino, Deutsche Staatsbibliothek, ms. Phillips, 1676), un omeliario composto sulla base delle omelie di Alano di Farfa, facendone adornare riccamente il testo (4 raffigurazioni a tutta pagina dei Padri della Chiesa e 212 iniziali). A ciò s'aggiungono le decorazioni che egli fece eseguire da pittori e scalpellini dell'Italia settentrionale nella sua fondazione di Niederzell, come dimostrano tra l'altro i resti d'intonaco delle pareti recanti tracce di affreschi e i frammenti provenienti dalla sbarra del coro scoperti nel corso dei lavori di restauro del 1972 e appartenenti tutti alla maniera artistica dell'Italia settentrionale.
Tutto questo porta a concludere che E. aveva allora stabilito stretti contatti con la tradizione culturale e con gli artisti dell'Italia settentrionale. In questo campo, probabilmente, egli divenne un promotore di primo piano. Poiché, per alcune caratteristiche stilistiche, le miniature del Codice Egino, oltre ad inquadrarsi nella tradizione pittorica norditaliana, rappresentano l'unico esempio pervenutoci di arte libraria italiana dell'epoca che mostri uno stretto legame con la scuola della corte di Carlo Magno, non è escluso che il committente dell'opera, E. per l'appunto, abbia saputo fornire al miniatore anche indicazioni relative alla produzione della scuola della corte carolingia. Il che confermerebbe, una volta ancora, l'ampia rete di relazioni che E. aveva stretto.
Mentre l'anno di morte di E., l'802, è ricordato dagli Annales Alamannici (Cont. Aug.) e da Ermanno di Reichenau, il giorno esatto della sua morte, il 27 febbraio, è indicato nel necrologio del monastero di Reichenau.
La notizia contenuta nel tardomedievale libro stagionale di Niederzell (f. 6v) - "tertia die ante Martium" - porterebbe a fissare la data emortuale di E. al 26 febbraio; ma si tratta di una riproduzione inesatta della data di morte riportata nello stesso volume (f. 33r), "802, 3. calendas Martii".
La sepoltura originaria di E., nella chiesa di Niederzell, nel 1104, in seguito a lavori di ristrutturazione, venne trasferita nella parte centrale del coro ricostruito. L'iscrizione della pietra sepolcrale, posta in opera in quell'occasione, che conteneva un'invocazione ad E. per ottenere guarigioni in caso di febbri e il ricordo di alcuni miracoli, venne riportata nel 1689 sull'attuale pietra sepolcrale del monastero di Niederzell. Il sepolcro venne aperto ancora nel 1760 e nel 1863.
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