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EGITTO

di B.M. Alfieri - Enciclopedia dell' Arte Medievale (1994)
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EGITTO

B.M. Alfieri

(gr. ΑίιγυπτοϚ; lat. Aegyptus; ebraico antico Misraym; arabo Miṣr)

Regione dell'Africa settentrionale, corrispondente al territorio dell'od. Rep. Araba di E., delimitata a S dalla prima cateratta del Nilo e a O dal deserto libico; in età antica l'E. comprendeva anche la Nubia, che si estendeva verso S fino alla seconda cateratta del Nilo.Divenuto nel 30 a.C. provincia romana governata da un prefetto, l'E. fu suddiviso da Diocleziano (284-305) in tre province e incorporato nella diocesi d'Oriente, il cui prefetto risiedeva ad Antiochia. Sotto Costantino il Grande (306-337) venne riconosciuta la libertà di culto ai cristiani, già presenti in E. dal periodo apostolico. Alessandria (v.) fu il centro più importante dell'E. cristiano soprattutto sotto Teodosio I (379-395), che nel 389 chiuse tutti i templi pagani.Nel 451 il patriarca Dioscoro convertì l'E. al monofisismo, ponendosi in netto contrasto con la corte bizantina e fondando la chiesa copta, che acquisì presto i caratteri di chiesa nazionale in antagonismo con Costantinopoli (v. Copti). Prima dell'invasione islamica la regione conobbe un breve periodo di dominazione sasanide (617-628), seguita da una temporanea e parziale rioccupazione bizantina.La conquista araba dell'E., a opera di ῾Amr ibn al-῾Āṣ, avvenne sotto il califfo ῾Umar, nel 21 a.E./641, e culminò l'anno seguente con la fondazione di al-Fusṭāṭ, il primo nucleo del futuro Cairo (v.), destinato ad assumere, dal sec. 10° in poi, una posizione di primo piano nel panorama storico, artistico e culturale del mondo islamico. Durante il califfato degli Abbasidi (v.), il governatore Aḥmad ibn Ṭūlūn s'impadronì della città, ingrandendola poi con la costruzione del vasto quartiere di al-Qaṭa῾i, ove nell'876 iniziò la costruzione della grande moschea che porta il suo nome.Sebbene con le successive conquiste dei Fatimidi (v.), degli Ayyubidi (v.) e soprattutto dei Mamelucchi (v.) l'E. abbia eguagliato e poi soppiantato l'importanza politica dell'Iraq, già centro dell'impero abbaside, la maggior parte dei suoi monumenti più significativi è concentrata soprattutto ad Alessandria e al Cairo, data la povertà della vita economica e culturale del resto del paese. Solo in epoca ottomana diversi centri minori furono dotati di monumenti sacri e profani di qualche rilievo. Nel Basso E., tuttavia, Damietta (al-Dimyāṭ), conquistata da un comandante di ῾Amr ibn al-῾Āṣ, divenne una città portuale di una certa importanza, sottoposta a diversi attacchi navali da parte dei Bizantini prima e dei crociati poi, finché non vi venne costruita una potente fortezza per ordine del califfo abbaside al-Mutawakkil (853).Alla fine della dinastia fatimide e sotto gli Ayyubidi, Damietta si trovò al centro di conflitti con i Franchi: Amalrico I di Gerusalemme l'assediò a lungo, prima di essere respinto nel dicembre 1169 dalle forze di Ṣalāḥ al-Dīn al-Ayyūbī, allora visir dell'Egitto. A quest'epoca risale probabilmente la moschea di Abu'l-Ma'atī, ora in rovina in un sobborgo settentrionale della città moderna, della quale si conservano diverse colonne antiche e alcune iscrizioni cufiche. A epoca mamelucca si possono forse far risalire alcune piccole moschee di Rosetta (al-Rashīd), mentre sicuramente di quel periodo è la moschea di Qayt Bay a Medīnat al-Fayyūm, il centro più importante della zona.Nell'Alto E., solo Assuan conserva parti notevoli della cinta muraria, risalenti forse all'epoca della prima conquista araba, e l'antico cimitero, ricco di tombe dalla caratteristica tipologia, con numerose stele. Ad Asyūṭ, centro maggiore della zona, e in altre località oggi di minore importanza, ma celebri nell'epoca faraonica, come Luxor, Esnā, al-Shallāl e Qūṣ, le testimonianze islamiche sono di irrilevante valore architettonico.Damietta e al-Fayyūm erano sedi di importanti industrie tessili, che prosperarono tra i secc. 11° e 13°; a Damietta esse caddero in rovina quando i Mamelucchi Bahriti decisero di porre fine al ruolo militare della città, demolendone le mura nel 1250-1251, e quindi nel 1260-1261, quando Baybars I fece sbarrare il passaggio dei battelli verso il mare. Da allora, anche sotto gli Ottomani, Damietta servì come località riservata agli esiliati. Fra le produzioni più famose della città si ricorda il c.d. velo di s. Anna, un sottile tessuto di lino, intessuto con tre bande in seta e oro, decorate da medaglioni circolari con coppie di sfingi addorsate, da teorie di animali e uccelli e da fregi epigrafici; prodotto intorno al 1096-1097, all'epoca del califfo al-Musta'lī, il tessuto fu portato nella cattedrale di Sainte-Anne ad Apt (Francia) dal signore e dal vescovo della cittadina che avevano partecipato alla prima crociata.Altri importanti centri di produzione di tessuti erano Alessandria, Tinnis, famosa soprattutto per il lino bianco, Tuna, presso l'od. Porto Said, Dabīq, Asmūnayn e Behnasā; la decorazione è spesso costituita da animali o personaggi affrontati ai lati di un albero o di una coppa fiorita.In numerose sepolture di Akhmīm (v.) sono stati trovati tessuti caratterizzati da una marcata somiglianza con prototipi ellenistici, forse mediata dall'influenza copta; infatti, subito dopo la conquista dell'E. la comunità cristiana lavorava spesso anche per committenti musulmani e nei suoi manufatti sono riconoscibili spunti ripresi dal mondo greco e romano.Probabilmente è da ricondurre a produzione egiziana o siriaca un famoso tessuto in sciamito di seta (Parigi, Mus. Nat. du Moyen Age, Thermes de Cluny), decorato in colore avorio su fondo blu, con tondi racchiudenti due amazzoni addorsate a caccia di leoni, che presenta caratteri di chiara derivazione sasanide nei nastri svolazzanti sulle spalle delle cacciatrici, nella disposizione speculare delle figure e in alcuni particolari iconografici. Oltre che con seta, nel periodo fatimide, le stoffe venivano intessute anche con fili d'oro, che ne aumentavano lo spessore e la sontuosità. Nei secc. 11° e 12° fu notevole la produzione di ṭīrāz, le strisce di tessuto contenenti il testo della basmala ('benedizione'), seguita da una formula beneaugurante per il sovrano, oltre alla data, alla denominazione e al luogo di produzione del manufatto. Tali strisce venivano applicate sugli abiti all'altezza del braccio, come documentano le riproduzioni di vesti nelle miniature, sulle ceramiche e sui metalli. Il nome ṭīrāz veniva attribuito anche ai laboratori statali ove si producevano le stoffe, scegliendo i diversi materiali, i disegni e i motivi che dovevano ornarle.Al-Fayyūm ha dato il nome anche a un particolare tipo di ceramica, databile ai secc. 10°-11°, della quale sono stati ritrovati alcuni frammenti anche ad al-Fusṭāṭ; si tratta di manufatti decorati con motivi geometrici e talvolta epigrafici, dipinti in vivaci colori (bianco, giallo/ocra, verde di varie tonalità, manganese/violetto) stesi sotto un'invetriatura piombifera opaca, la cui caratteristica principale è data dall'effetto voluto di vistose colature dei colori, disposte a volte in bande verticali alternate.

Bibl.: K.A.C. Creswell, Early Muslim Architecture, 2 voll., Oxford 1932-1940 (19692); The Mosques of Egypt, from 21 H. (641) to 1365 (1916), Giza 1949; K.A.C. Creswell, The Muslim Architecture of Egypt, 2 voll., Oxford 1952-1959; P.M. Holt, s.v. Dimyāṭ (Damiette), in Enc. Islam2, II, 1965, p. 300; s.v. Miṣr (Egypt), ivi, VII, 1993, pp. 148-186.B.M. Alfieri

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