EGITTO (XXII, p. 537; App. I, p. 542; II, 1, p. 819; III, 1, p. 511)
Superficie e popolazione. - Su una superficie territoriale di 1.001.449 km2 (dei quali 59.202 in Asia, compresa la zona di Gaza, in amministrazione fiduciaria) l'E. contava nel 1966 una popolazione di 30.083.400 ab., saliti a 36 milioni circa secondo il censimento del 1973. La densità di 732 ab. per km2 al 1960 era pertanto passata a 845 nel 1966 e a 1012 nel 1973, calcolata, s'intende, sui soli 35.577 km2 di territorio abitato e coltivato (valle del Nilo, delta e oasi).
L'E. è diviso in 25 unità amministrative, fra governatorati e territori di frontiera, a loro volta raggruppate in Basso Egitto e Alto Egitto. Al cens. 1966 due sole città superavano il milione di abitanti, una ne aveva tra 500.000 e 600.000, un'altra tra 300.000 e 400.000 (Imbaba, 341.000 ab., non capoluogo di governatorato), quattro fra 200.000 e 300.000 (compresa el Mahalla el-Kubrà, 225.323 ab., neppure essa capoluogo di governatorato) e, infine, otto avevano fra 100.000 e 200.000 ab. Nel 1971 la capitale, Il Cairo, aveva già più di 5 milioni di abitanti, saliti alla fine del 1973 a 7.000.000 (nel 1960 erano solo 3.446.000), e Alessandria aveva superato il milione e mezzo. Questo rapido accrescimento urbano ha interessato tutto l'E., in alcuni centri in maniera addirittura esplosiva: el-Gīza in sei anni era passata da 250.000 ab. a oltre 571.000; Imbaba, da 136.000 a 341.000; Assuan, da 48.000 a circa 128.000.
Condizioni economiche. - L'area coltivata dell'E. propriamente detto nel 1964, dopo le riforme agrarie, risultò pari a 10.346.000 feddān (1 feddān = 0,42 ha), dei quali 4.728.000 a colture invernali, 3.874.000 a colture estive e 1.577.000 a colture autunnali.
Dalla tab. 2 è possibile rilevare come siano scomparse le proprietà di oltre 100 feddān, per una legge del luglio 1961; come siano diminuite quelle superiori ai 5 feddān e come sia calata la superficie totale delle proprietà da 20 a 100 feddān, a scapito soprattutto di quelle da 50 a 100, oltre che di quelle superiori a 100. Nel frattempo si è sviluppata l'irrigazione. Il grande serbatoio di Assuan, il lago Nāṣer, raccoglie 5,5 miliardi di m3 di acqua, cui vanno aggiunti i 2 miliardi di m3 del serbatoio di Gebel Auliyā, completato nel 1937. Ci sono poi gli sbarramenti di Esna, Naǵ‛Ḥammādī, Asyūt, e Zifta e i nuovi sbarramenti, in sostituzione di quelli del 1861 (fatti eseguire da Moḥammed 'Alī), alla biforcazione del Nilo, a valle del Cairo. Con l'acqua derivata ad Esna è irrigato il governatorato di Qenā, con quella di Naǵ‛Hammādī, del 1930, si provvede all'area di Girgā, quella derivata dallo sbarramento di Asyūt, rimodernato, soddisfa molte nuove richieste. Di queste cresciute possibilità di irrigazione si vedono gli effetti anche da confronti nella produzione tra il 1962 e il 1974.
Così l'area a cotone, pure essendosi ridotta a 630.000 ha da 834.000, ha prodotto 8,4 milioni di q di semi e 4,8 milioni di q di fibra, invece di 6,6 milioni di q di semi e 3,4 milioni di fibra. Altrettanto si è verificato per il frumento: pur con superficie ridotta a 576.000 ha da 581.000, il raccolto ha dato 19,8 milioni di q, in luogo di 14,4. Per il riso, si sono più che raddoppiate superficie e produzione: da 226.000 a 490.000 ha e da 11,4 a 24 milioni di q. Anche per il granturco si sono ottenute rese molto più rilevanti: calata un po' la superficie investita da questo cereale, da 673.000 a 665.000 ha, il raccolto è salito da 16,7 a 25,5 milioni di q.
Minore è stata nel 1974 anche l'area coltivata ad orzo e minore il raccolto: 32.000 ha invece di 51.000 e poco meno di 1 milione di q invece di 1,3 milioni. Nell'economia egiziana sono pure importanti la coltura del miglio (nel 1974, 8,7 milioni di q da 212.000 ha) e quella della patata (7,5 milioni di q da 44.000 ha, contro 3,5 milioni di q da 24.600 ha nel 1962). Nel 1972 l'area a canna da zucchero è stata più del doppio che nel 1961 (81.000 ha in luogo di 40.000) e la produzione di zucchero si più che raddoppiata (da oltre 3 milioni a 6,1 milioni di q). Fra le piante da olio e da fibra, oltre al cotone risalta il lino (nel 1974, 19.324 ha, 230.000 q di semi e 159.600 q di fibra; nel 1965, da 11.000 ha si erano ricavati 81.000 q di semi e 100.000 q di fibra).
Notevole l'importanza delle colture ortive, degli agrumi e di alcuni frutti: anche a questo proposito, qualche confronto tra il 1965 e il 1974. Il pomodoro, da 80.000 ha con 12,2 milioni di q è passato a 121.000 ha con 16,3 milioni di q. I fagioli, 1,5 milioni di q nel 1974 invece di 960.000 nel 1965. Le cipolle, che nel 1965 avevano reso 6,9 milioni di q, nel 1974 ne diedero solo 5,2. Quanto agli agrumi, da 4 milioni di q si era saliti a 8,1 milioni, fra arance e mandarini, con leggera contemporanea diminuzione dei limoni e altri agrumi, da 830.000 a 800.000 q.
Tra il 1961 e il 1974 i bovini sono passati da 1,7 a 2,1 milioni di capi; i bufali, da 1,6 a 2,2; gli ovini, da 1,7 a 2 milioni; i caprini da 888.000 a 1.280.000. I cammelli, invece, sono diminuiti da 205.000 a 110.000. La pesca nel 1974 ha reso 91.200 t, per metà dalle acque del delta, di fronte alle 118.000 del 1961.
Nel settore estrattivo è proseguita, con quantitativi pressoché costanti, la produzione dei fosfati (550.000 t nel 1973 e 561.000 nel 1961); molto diminuita quella del manganese (54.000 t di Mn nel 1960; 9700 t nel 1961 e solo 1800 nel 1971, in conseguenza degli eventi che hanno interessato a più riprese l'Egitto).
Quanto al salmarino, tra il 1961 e il 1972 si è scesi da 560.000 a 386.000 t. Rilevante l'aumento nell'estrazione dei minerali di ferro: da 120.000 t di metallo contenuti nel 1960 a 320.000 nel 1973.
La produzione di petrolio ha risentito negativamente delle guerre con Israele: da 2,6 milioni di t nel 1962 si era arrivati gradatamente a 6,3 nel 1964 e fino a 16,6 nel 1970, per calare bruscamente a 11,5 milioni di t nel 1975. Oltre alle due raffinerie di Suez, ne erano state costruite altre due, ad Alessandria e a Mustarad. In seguito alla prolungata chiusura del Canale di Suez, del giugno 1967, e ai successivi eventi bellici, fu deciso di aggiungere al già esistente oleodotto Suez-Il Cairo (130 km) una nuova, più capace tubazione tra Suez-Il Cairo-Alessandria (330 km). Non si deve trascurare la produzione di gas naturale: 71 milioni di m3 nel 1959, 57 nel 1973.
Fortemente aumentata la produzione di energia elettrica: da 4,4 miliardi di kWh nel 1964, si era già saliti a oltre 7,1 miliardi nel 1969 e a 8,1 miliardi nel 1973, dei quali 5,1 di origine idrica. Nel frattempo, la potenza installata saliva da 3,8 a 4,1 milioni di kW, dei quali 2,4 idrici. Il preesistente impianto idroelettrico di Assuan è stato via via integrato da quello vicino dell'Alta Diga. Hanno continuato ad operare centrali termiche, come quelle del Cairo, Alessandria, Naǵ‛Ḥammādī e Damanhur.
L'industria manifatturiera, che nel 1957 occupava 500.000 lavoratori, già nel 1966 dava lavoro a 875.000 addetti, in 4000 imprese con non meno di 10 addetti per ciascuna. Preminente è sempre l'industria tessile, che nel 1972 aveva quasi raggiunto le 179.200 t di filati di cotone e le 115.900 t di tessuti.
In quello stesso anno i lanifici hanno prodotto 12.100 t di filati e 8900 t di tessuti, mentre la produzione dei filati di iuta era ammontata a 26.500 t. Sempre nel 1971, la lavorazione del raion aveva reso 6700 t di fibra e 4900 t di fiocco (3500 e 5070, rispettivamente, nel 1957, e 6100 e 2400, nel 1973).
Come già in precedenza, è importante la lavorazione del tabacco, la distillazione dell'alcool, l'attività molitoria, la fabbricazione delle paste alimentari, l'industria cartaria, l'oleificio, il saponificio, la fabbricazione della birra (303.000 hl nel 1972, di fronte a 109.000 nel 1958), la produzione del cemento (3,6 milioni di t nel 1975, di fronte a 1,5 nel 1958).
La produzione siderurgica, da 50.000 t di produzione media annua era passata a 215.000 t di ghisa e 195.000 di acciaio nel 1966, e a 250.000 t di ghisa e 290.000 di acciaio nel 1973. Un certo avvio ha preso pure il montaggio, al Cairo, di autoveicoli (circa 8700 fra automobili e autocarri, nel 1973, contro 4100 nel 1969). Nell'industria chimica si è sviluppata la produzione dei fertilizzanti azotati, in relazione alla maggior disponibilità di energia elettrica: 78.800 t nel 1973-74, (ma 132.000 nel 1967-68), come pure quella dei superfosfati (265.000 t nel 1967). Nel 1973 si sono prodotte solo 115.000 t di acido solforico (260.000 nel 1968), 1000 t di acido nitrico (ma 537.900 nel 1967), 14.000 t di soda caustica e 2200 t di acido cloridrico (7.600 nel 1968). L'industria della gomma ha fabbricato, nel 1975, 460.000 pneumatici (321.000 nel 1968, ma 424.800 nel 1970).
Nel quinquennio 1970-74 il commercio con l'estero ha avuto un forte aumento nelle importazioni, da circa 342 a 920 milioni di sterline egiziane (nel 1972, una sterlina = 1435 lire italiane) e pure nelle esportazioni, da poco più di 331 a circa 593 milioni, costituite soprattutto da cotone e suoi manufatti, riso, frutta, cipolle, fosfati, manganese, ecc. Principali fornitori nel 1973 furono gli Stati Uniti, la Francia, la Rep. Fed. di Germania e l'Unione Sovietica e, principali clienti, l'Unione Sovietica e, a grandissima distanza, la Cecoslovacchia, il Giappone, l'Italia, la Rep. Dem. Tedesca e la Polonia. Le ferrovie statali, dai 4339 del 1957 non erano aumentate nel 1969 che a 4510 km. Pure nel 1969, le strade macadamizzate raggiungevano 25.970 km (19.500 nel 1959). Gli aeroporti internazionali sono cinque: Il Cairo, Alessandria, Luxor, Assuan e Marsà Matruh.
Bibl.: V. A. R. Urban and rural renewal in United Arab Republic, Il Cairo 1965; D. C. Mead, Growth and structural change in egyptian economy, Homewood (Ill.), 1967; P. Marthelot, Dimensions nouvelles d'une métropole: Le Caire, in Rev. Géogr. de l'Est, Nancy 1969, pp. 379-80; G. Modugno, L'alta diga di Assuan, in Boll. Soc. Geogr. Ital., Roma 1971, pp. 445-88; K. M. Barbour, The growth, location and structure of industry in Egypt, New York 1972; G. L. Fowler, Development of city size distributions for the egyptian urban sistem, 1897-1960, in Profess. Geogr., Washington 1974, pp. 317-20.
Storia. - Gli anni Cinquanta avevano visto l'affermazione della figura, dell'opera e del mito di ‛Aled en-Nāṣer, campione di un panarabismo a direzione egiziana. La vittoria nella crisi di Suez del 1956, per l'appoggio sovietico e americano, l'unione con la Siria nel 1958 e quella (rimasta però nominale) col Yemen, sembrarono bruciare le tappe verso la formazione di Stati Arabi Uniti sotto la guida del prestigioso leader egiziano. Ma il decennio seguente doveva riservare a lui e al suo paese penosi sviluppi. Già nel 1961 cessava di esistere, fuorché in una puntigliosa sopravvivenza di nomenclatura, la Repubblica Araba Unita, per la secessione siriana. Né l'attivo intervento ulteriore dell'E. negli affari interni di Siria e ‛Irāq, facendo ancor leva sul mito nasseriano, riusciva ad avvicinare le più volte vagheggiata unità. Ancor più negativo si rivelava l'intervento armato egiziano nel Yemen (a partire dal 1962), in appoggio alla rivoluzione repubblicana di as-Sallāl, insorto contro l'imamato zaidita: la lunga, logorante guerriglia seguitane, vedeva la fazione monarchica resistere ancora a lungo, e alla fine cedere il campo ai repubblicani, senza che ciò comportasse alcun sensibile guadagno, di diretto influsso e di prestigio, per l'E., che in quella guerra intestina di Arabia aveva profuso uomini e mezzi.
Ma la carta maggiore della politica nasseriana seguitò per tutto il decennio a essere giocata contro Israele, aizzando il sentimento religioso e nazionale insieme di tutto il mondo arabo verso l'intruso nemico.
La crisi della primavera del 1967 (guerra dei sei giorni, 5-10 giugno), forse non tutta voluta e orchestrata dal dittatore egiziano, ebbe comunque un esito disastroso per l'E. e per il prestigio del suo capo, che con la chiusura del golfo di 'Aqaba e l'imposto ritiro delle forze delle Nazioni Unite dalla striscia di Gaza aveva dato a Israele la giustificazione del fulmineo attacco preventivo.
Dinanzi al disastro della perdita del Sinai e del quasi annientamento delle forze armate egiziane Nāṣer dapprima si dimise, ma poi accettò di restare alla direzione dello stato, concentrando nelle sue mani la carica di presidente della repubblica, di presidente del Consiglio e di segretario generale dell'Unione socialista araba (il partito unico egiziano). Alla sua improvvisa scomparsa (settembre 1970), l'E. si trovava sotto il peso materiale e morale di una disfatta militare, stremato economicamente nonostante gli aiuti sovietici, e sottoposto a un regime durissimo di polizia. L'opera convulsa e impulsiva di 'Aled en-Nāṣer, pur animata da idealistico disinteresse personale, era fallita.
Il successore dello scomparso dittatore, Anwar as-Sādāt, mostrò subito, pur nel formale omaggio e nell'asserita continuità con gli scopi di guerra e pace del suo predecessore, una assai maggior duttilità e prudenza politica. All'interno, una cauta liberalizzazione dette qualche respiro al paese. In politica estera, l'appoggio politico e tecnico dell'Unione Sovietica fu risolutamente bilanciato dalla gelosa riaffermazione della sovranità egiziana, arrivando (1971) alla richiesta di richiamo di tutti i consiglieri militari e tecnici russi. Contemporaneamente, si attenuava la pretesa di leadership egiziana sul resto del mondo arabo, e si sventavano le proposte di ulteriori unioni e fusioni, come quella del dinamico Gheddafī per un'unione tra Libia ed Egitto. Ma il problema palestinese gravava, pesante ipoteca, sulla vita interna dell'E. come sugli altri stati arabi circonvicini. E nell'autunno del 1973, d'accordo con la Siria, fu tentata ancora una volta la soluzione delle armi.
La "guerra del Kippūr", col duplice attacco di sorpresa dei due paesi arabi contro Israele, diede finalmente all'E., riarmato dai sovietici ma preparatosi anche spiritualmente alla prova, la possibilità di cancellare i penosi ricordi del 1967, e di conseguire alcuni successi in un parziale recupero del Sinai, di notevole importanza, più che strategica, politica e morale. Benché la controffensiva israeliana avesse portato il nemico sul vero e proprio suolo egiziano al di qua del Canale, l'aver rotto il mito dell'invincibilità d'Israele ebbe sul paese un effetto corroborante, e permise a Sādāt di accogliere successivamente, sotto la pressione americana e delle Nazioni Unite, l'armistizio e poi il disimpegno sul Sinai, preludio a trattative di pace. La appena convocata conferenza di Ginevra si arrestava in sul nascere, ma la tregua d'armi sul Canale e sul Sinai si stabilizzava permettendo lo sviluppo di una tenace azione diplomatica. I ripetuti viaggi del segretario di stato americano Kissinger nel Vicino Oriente stabilivano e suggellavano fra lui e Sādāt un clima di personale fiducia e amicizia, che culminava nel ristabilimento dei formali rapporti diplomatici fra i due paesi. Dall'assoluta intransigenza di Nāṣer, l'E. passava così, sul problema palestinese, a un possibilismo non minore di quello prima contestato alla Giordania, e che favorevoli circostanze potrebbero far ulteriormente progredire. Nel 1975, infatti, Sādāt riapriva il Canale di Suez; alla fine del 1976, in stretta collaborazione con la Siria, confermava la solidarietà con l'azione di questa nella crisi libanese, e la disponibilità a una soluzione negoziata globale del problema palestinese. Mentre si acutizzava la tensione con la Libia, è stata ribadita la coincidenza di vedute con gli SUA attraverso una visita del ministro degli Esteri I. Fahmi a Washington (settembre 1977). A un mese di distanza, considerazioni di politica economica e di relazioni internazionali hanno suggerito un rimpasto governativo: dopo le dimissioni dei ministri della Pianificazione e dell'Industria, è stato firmato un accordo con la Ford e confermato il rifiuto di rimborsare i crediti all'URSS. Infine sono state allacciate relazioni dirette con Israele: la clamorosa visita di Sādāt a Tel Aviv (novembre 1977), duramente criticata da altri stati arabi, ha espresso la notevole apertura dell'attuale politica egiziana.
Bibl.: D. Frescobaldi, La sfida di Sadat, Milano 1977.
Letteratura. - Nonostante la vivace fioritura letteraria che ha attecchito negli ultimi decenni in molti paesi arabi, l'E. ha conservato il suo vecchio primato nella produzione della letteratura neoaraba. Egiziani sono stati i suoi ultimi leaders di fama internazionale, come ‛Aqqād, Ṭāhā Ḥusein e Maḥmūd Taimūr, egiziana la più nutrita schiera di scrittori della media e nuova leva.
Forse il campo della poesia è quello ove oggi è meno sensibile un tale primato. Dai tempi della triade poetica Shawqī, Ḥāfiẓ Ibrāhīm e Khalīl Muṭrān al giorno d'oggi, nessuna figura di lirico egiziano ha conseguito vera rinomanza panaraba.
Può qui ricordarsi il maggior epigono e continuatore di Shawqī, 'Azīz Abāẓa (1899-1972), come lui impeccabile artefice di drammi lirici in alta lingua letteraria: ma si tratta di una produzione aristocratica e veramente gustabile da pochi, abbastanza avulsa dalla vita. La più vigorosa e feconda produzione letteraria egiziana negli ultimi decenni è piuttosto nel campo della narrativa, della saggistica e della drammatica.
Ancor attivo sino ai suoi tardi anni Maḥmūd Taimūr (1894-1973), che per mezzo secolo tenne il campo del racconto e romanzo, si sono ormai affermati accanto e anche sopra di lui altri nomi: Yaḥya Ḥaqqī (nato nel 1905), rivelatosi nel 1944 col racconto Qindīl Umm Hāshim, cui ha tenuto dietro una copiosa produzione narrativa; Naghīb Maḥfūz (nato nel 1912), oggi indubbiamente il maggior narratore egiziano vivente, anch'egli affermatosi negli anni Quaranta e Cinquanta con il romanzo Khān al-Khalīlī e la trilogia Bain al-Qasrain, Qaṣr ash-shawq e as-Sukkariyya (l'evoluzione di una famiglia di piccola borghesia urbana seguita in tre generazioni), e tuttora attivissimo con racconti e romanzi spesso adattati per lo schermo; ash-Sharqāwī infine (nato nel 1920), il cui romanzo sociale al-Arḍ (La terra), del 1954, segnò una data nella narrativa egiziana come quarant'anni prima la Zainab di Haikal, inaugurando una forte e risentita pittura realistica della vita rurale nella Valle del Nilo. L'impegno sociale e socialista di Sharqāwī non gli ha permesso di raggiungere l'epico distacco del nostro Verga, ma il suo talento artistico è riuscito ugualmente ad affermarsi, in quel suo primo celebre libro e in altri che lo hanno seguito. Né può qui tacersi, sempre in campo narrativo, l'abbondante opera di Yūsuf as-Sibā‛ī (nato nel 1917), forse di minor levatura artistica ma assai rappresentativa anch'essa dell'E. contemporaneo.
La saggistica, già portata ad alto livello da egiziani come Maḥmūd al-‛Aqqād (1889-1964) e Ṭāhā Ḥusein (1889-1973), ha trovato sempre fecondo terreno in quel clima letterario, ove convergono tradizioni schiettamente arabe e influssi occidentali, specie inglesi e francesi. Il nome qui più affermatosi nell'ultimo ventennio è quello di un medico, non letterato di professione: Kāmil Ḥusein (nato nel 1901), la cui Qarya ẓālima (La città iniqua), del 1955, fu il grande evento letterario del decennio, e tradotta in più lingue occidentali ha procurato all'autore fama internazionale. È una narrazione-meditazione sulla passione di Gesù Cristo, vista con occhi non di cristiano, e nemmeno di un fervido musulmano ortodosso, ma di un uomo, si direbbe aconfessionale, dalla fortissima esigenza etica e dalla delicata umana sensibilità. Il libro veramente notevole s'inserisce nel più recente capitolo dei rapporti fra Islām e Cristianesimo, ma in realtà sembra astrarre dogmaticamente da entrambi, perseguendo solo un alto ideale morale.
Tra la saggistica e la critica letteraria si muove tutto un gruppo di autori egiziani, accademici o no, in gran parte fioriti nel solco di Ṭāhā Ḥusein: tale Sayyid Quṭb (1906-1966), acuto ingegno critico finito per motivi politici sulle orche di Nasser, tale ‛A'isha 'Abd arRaḥmān, nota come Bint ash-Shāti' (nata nel 1913), vigoroso temperamento di storico letterario e di scrittrice; o Sāḥir Qalamāwī, esperta storica della letteratura araba classica.
Nel teatro infine, accanto a quello "decorativo" dei lirici Shawqī e Abāẓa, l'E. vanta oggi un indiscusso primato entro il mondo arabo con l'opera del tuttora attivo Tawfīq al-Ḥakīm (nato nel 1898), il fecondissimo commediografo da mezzo secolo sulla breccia: volta a volta esperimentatore del simbolismo, del realismo e delle più moderne correnti esistenzialistiche e surrealistiche europee (Sartre, Jonesco, ecc.), al-Ḥakīm ha dato alla drammatica araba un contributo finora insuperato per quantità e qualità di produzione, ormai raccolta in più volumi e tradotta in più lingue (menzioniamo in versione italiana Un sultano in vendita, Shams an-Nahār, O tu che sali sull'albero, e l'ormai classica Gente della caverna).
La sua opera è importante anche dal punto di vista linguistico, perseguendo una lingua "media" fra l'arabo letterario e il volgare, in cui egli vede la lingua unificata dell'avvenire. La potente personalità di al-Ḥakīm domina le scene egiziane; ma è giusto accanto ad essa nominare almeno altri autori drammatici, come Bishr Fāris (Il bivio) precocemente scomparso nel 1963, e ‛Alī Aḥmad Bākathīr, le cui commedie esprimono una pungente satira politica antibritannica. Più recentemente taluni autori, come il ricordato Sharqāwī, hanno dato forma drammatica al loro impegno nella lotta per la Palestina (Waṭani ‛Akkā); mentre all'interno le condizioni politiche del paese non favoriscono certo la libera critica sulla scena.
Bibl.: P. Martinez Montavez, Introducción a la literatura araba moderna, Madrid 1974.
Archeologia. - L'attività archeologica in E. negli ultimi lustri è stata decisamente condizionata prima dalla costruzione della nuova diga di Aswān, che ha sommerso le antichità a monte, e quindi dalla situazione di guerra che ha escluso le missioni straniere dalla massima parte del suolo egiziano. Vi sono risultati positivi che si sono tratti da una situazione in sé non felice: la Nubia è stata esplorata da numerose missioni e in certo collegamento funzionale fra loro, e si è affrontato il problema dell'esplorazione scientifica del Delta, zona finora negletta per via di difficoltà tecniche varie, dove la messa a cultura ha già molto distrutto in passato.
Lasciando da parte la Nubia, diamo notizia delle novità archeologiche più importanti. Oltre agli scavi nell'Alessandria e nell'Athribis romane ad opera dei Polacchi, che continuano antiche ricerche, si hanno i lavori inglesi a Buto (Tell Farā‛in) e quelli americani a Mendes, che indagano due centri particolarmente importanti nella storia religiosa egiziana e che dovrebbero poter dare notizie assai nuove sulle origini della cultura egiziana settentrionale, fin qui nota soprattutto per allusioni dei testi. In verità non molto è stato finora trovato, e le vere novità sono piuttosto di ordine metodico, nell'applicazione di quello scavo stratigrafico spesso trascurato negli scavi dell'E. meridionale. Un terzo scavo esemplare nel Delta, condotto dagli austriaci a Qantīr, ha dimostrato che qui (e non a Tanis) era la capitale degli Hyksos, Avari, e in seguito la capitale costruita da Ramessese II, Pi Ramesse. Necessità di salvataggio da irrigazioni prossime e da sistemazioni urbanistiche hanno determinato scavi anche nel Medio E., ad Antinoe, dove si sono messi in luce numerosi resti di età romana e tardoantica in nessi sufficientemente completi per fornire esempi tipologici ed elementi preziosi per la storia dell'arte dell'E. tardoclassico.
Lo stato di guerra con Israele dal 1969 ha determinato la concentrazione delle missioni straniere di scavo nelle poche zone lasciate aperte al traffico: esse sono quella della necropoli menfita, quella tebana, quella di Aswān, dove si è così giunti a risultati di nuove notevoli conoscenze. Nelle necropoli menfite di Gīza e di Saqqara si sono riesaminati monumenti già noti in antico: ma, nella seconda di queste particolare importanza hanno avuto gli scavi di Emery nel settore protodinastico, dove sono state individuate mastabe arcaiche in mattoni crudi con i nomi dei sovrani protostorici. Tombe degli stessi re eran state già da molto scoperte ad Abido, ma il fatto che i monumenti di Saqqara siano più grandiosi degli omologhi abideni fa pensare che i primi rappresentino tombe effettive, gli altri cenotafî. Anche a Saqqara sono stati trovati santuari di divinità minori quale quello della madre dell'Api, che hanno restituito un'abbondante documentazione di testi in demotico, in greco, in aramaico, in cario.
L'esplorazione a Tebe ha soprattutto interessato la necropoli, dove si sono studiate più da vicino le tombe dei principi della XVII din. (gli Antef) e et-Tarif, il monumento di Mentuhotpe della XI din. a Deir el-Baḥrī ad opera dell'istituto archeologico germanico. Significative scoperte si sono avute, a Deir el-Baḥrī stesso, durante i restauri del complesso della XVIII din. ad opera dei Polacchi: un nuovo tempio di Thutmose III è stato identificato al fondo della terrazza. Il limitrofo Asasif è stato esplorato da Tedeschi, che hanno trovato tombe del Medio Regno con singolari pitture militaresche, e da Belgi, Austriaci, Italiani cui si deve l'identificazione di grossi monumenti funerari saitici che permettono di definire tutta una tradizione architettonica locale per quell'epoca. Singolarmente interessanti i risultati dei lavori di un centro franco-egiziano di restauro da poco costituito, che a Karnak smonta materiale di reimpiego da uno dei piloni e che ha così recuperato ampi tratti di rilievi del santuario atoniano di Karnak andato distrutto dopo il crollo dell'eresia di Ekhnaton.
Alle revisioni di scavi più antichi nella zona della cateratta (necropoli a cura dei tedeschi, tempio tolemaico di Aswān a cura degl'italiani) si aggiungono i nuovi scavi tedeschi di Elefantina, che stanno identificando e ordinando all'estremità meridionale dell'isola i resti della più antica città, che risale all'età menfita. Questo rapido elenco delle novità archeologiche intervenute in E. va aumentato dalla notizia della nascita di alcuni musei locali, fra i quali il più importante è quello di Luqsor. A questi si può sperare che facciano capo le antichità che saranno recuperate da qui in poi per un migliore e più organico loro impiego scientifico. E insieme è da salutare con soddisfazione la tendenza dell'amministrazione egiziana a dare la precedenza all'opera di salvataggio, di restauro e di sistemazione critica del materiale monumentale già noto rispetto allo scavo genericamente volto ad acquisire materiale nuovo. Vedi tav. f. t.
Bibl.: Un rendiconto annuale delle scoperte e dei lavori archeologici relativi all'E. e al Sudan appare annualmente a cura di J. Leclant sulla rivista Orientalia del Pontificio Istituto Biblico, a partire dal 1950.