El sol del membrillo
(Spagna 1991, 1992, colore, 138m); regia: Víctor Erice; produzione: María Moreno; sceneggiatura: Víctor Erice, Antonio López García; fotografia: Javier Aguirresarobe, Ángel Luis Fernández; montaggio: Juan Ignacio San Mateo; musica: Pascal Gaigne.
Tra il settembre e il dicembre del 1990, il pittore Antonio López García cerca di cogliere in un quadro l'effimero processo di maturazione dei frutti di un cotogno, nel contesto della sua vita abituale.
Terzo lungometraggio di Víctor Erice, presentato al Festival di Cannes dove ottenne un Premio Speciale della Giuria e il premio FIPRESCI, e segnalato anni dopo tra i migliori film del decennio in un sondaggio realizzato dalla Cinémathèque québecoise, El sol del membrillo per molti continua a rappresentare una delle frontiere di un cinema possibile, anche se raramente esplorato: un cinema in nessun modo estraneo alla realtà, anzi a essa saldamente ancorato ‒ anche se per addentrarvisi e trascenderla, senza limitarsi alla sua mera apparenza ‒ e nello stesso tempo libero e imprevedibile, lontano da convenzioni e percorsi prestabiliti. Il film di Erice sa così offrire allo spettatore attento, strada facendo e quasi 'in punta di piedi', un'acuta e consapevole riflessione sul cinema, filtrata attraverso la testimonianza intorno all'opera creativa di un celebre pittore figurativo spagnolo, Antonio López García (per certi aspetti, 'anima gemella' dello stesso Erice).
Quel che più sorprende in quest'opera è che, diversamente da quanto era lecito aspettarsi, un fattore di per sé tanto nocivo quanto la forzata inattività (condizione abituale per il regista spagnolo, che ha realizzato tre soli lungometraggi in oltre trent'anni: prima di questo, El espíritu de la colmena ‒ Lo spirito dell'alveare nel 1973 ed El Sur nel 1983) abbia in realtà permesso a Erice di non acquisire cattive abitudini e di non deprimersi in quell'opaco 'mestiere' tipico di coloro che, carenti di altre qualità, si servono della 'professionalità' come di un alibi (così come fanno le canaglie con il patriottismo, per citare le parole di Samuel Johnson). Erice ha saputo supplire alla propria limitata esperienza con talento e intuizione, inquietudine e riflessione, capacità di porsi dubbi e di tentare risposte temerarie, e con molto lavoro prima, durante e dopo le riprese. Cineasta che non fa del cinema un mito e non vive di rendita alle spalle dei suoi predecessori, Erice è riuscito altresì a non cadere nel 'culto del reale'. El sol del membrillo è cinema di finzione, una finzione che non adotta tuttavia le abituali strutture drammatico-narrative: trasforma in spettacolo l'intimo processo creativo di un pittore, e si limita a registrarlo con apparente neutralità. Una scala, un paio di pioli, un filo a piombo (strumento che associa visivamente Antonio López García a Omero Antonutti, che interpreta il personaggio del padre nel precedente lungometraggio di Erice, El Sur), regolo, tavolozza, tubetti di colore e pennelli sono le armi del pittore; treppiede, cinepresa, registratore, luci e videocamera sono quelle del cineasta, nelle successive fasi di elaborazione di un'opera concepita come progetto, come indagine, più che come risultato o prodotto finito. In El sol del membrillo c'è una chiara presenza degli utensili, degli strumenti di lavoro degli artisti. Dall'inizio alla fine, Erice sceglie di mostrare anche i propri 'attrezzi': non per civetteria, né per ammiccare al gioco di specchi del 'cinema nel cinema', ma per lealtà, per non ingannare lo spettatore nascondendo i propri strumenti proprio quando, tramite questi, mostra quelli del pittore; per non trovarsi in vantaggio rispetto a López García. E lo fa, come il pittore, timidamente, con pudore, senza esibizionismo; nel suo caso in controluce, nella penombra, senza porsi di fronte alla macchina da presa.
El sol del membrillo vive di un raro, profondo respiro cinematografico. Liberato dalla successione cronologica, il tempo scorre seguendo un proprio andamento naturale, e non un ritmo artificialmente stabilito dall'esterno per ansia di efficacia, con la volontà di eliminare i 'tempi morti' (spesso eloquenti e necessari). Sono due ore e un quarto (selezionate a partire da un materiale molto più abbondante) che passano come un soffio di vento purificatore capace di restituire limpidezza allo sguardo, di rasserenare la mente, di acuire i sensi e di stimolarci a riflettere usando l'intelligenza. Lo spettatore è eccezionalmente e insolitamente libero; non gli viene indicato nemmeno un possibile percorso, poiché non si teme affatto che possa perdersi di fronte a tanta chiarezza. Il motto del vecchio insegnante e amico di López García, lo scomparso pittore Enrique Gran, il cui significato profondo né Erice né lo stesso López erano riusciti a capire, durante le riprese del film si rivela loro tanto evidente quanto fondamentale per la riuscita del quadro: "Più intero". È un'esigenza misteriosa eppure limpida che Erice mostra di condividere, e da qui deriva l'importanza che nel film assume il suono, utilizzato come raramente avviene nel cinema: tutto l'ambiente circostante, qualora non sia spazio, è suono, oppure è entrambe le cose. Perché solo in questo modo ciò che vediamo sarà "più intero". El sol del membrillo, a più di dieci anni dalla sua realizzazione, è ancora un film-faro che illumina, nella sua imponente solitudine, strade aperte verso il futuro. Indagine su aspetti segreti della realtà che non perde di vista la natura dei mezzi attraverso i quali tale indagine si realizza, il film acquista forza poetica e perfino una certa laconica e stoica grandezza epica proprio grazie alla sua mancanza di ostentazione e presunzione, per la semplice modestia della sua impostazione, per il raccoglimento con il quale lo sguardo del cineasta si posa, implacabile e attento ma sempre rispettoso, su ciò che ha scelto di filmare.
Interpreti: Antonio López García, María Moreno, Enrique Gran, José Carretero, María López García, Carmen López García, Elisa Ruiz, Amalia Avia, Lucio Muñoz, Esperanza Parada, Julio López Fernández, Janusz Pietrziak, Marek Domagala, Grzegorz Ponikwia, Fan Xiao Ming, Yan Sheng Dong.
M. Marías, Bajo 'El sol del membrillo' de Víctor Erice, in "Archivos de la Filmoteca", n. 13, otoño 1992.
Ph. Strick, El sol del membrillo, in "Sight & Sound", n. 4, April 1993.
T. de Lajarte, Cherchez les fruits, in "Cahiers du cinéma", n. 467-468, mai 1993.
J.-L. Leutrat, Le point doré de périr, in "Positif", n. 387, mai 1993.
W. Johnson, Dream of Light, in "Film quarterly", n. 3, Spring 1993.
L.C. Ehrlich, Interior Gardens: Victor Erice's 'Dream of Light' and the Bodegón Tradition, in "Cinema journal", n. 2, winter 1995.
R. Bellour, Sur la scène du rêve, in "Trafic", n. 13, hiver 1995.
J. Oliver, El pintor, la ciudad y el árbol, in "Nickel Odeón", n. 7, verano 1997.
B. Fornara, Qual è il contorno di un albero?, in "Cineforum", n. 366, luglio-agosto 1997.