eleatismo
Indirizzo filosofico greco, sorto alla fine del 6° sec. a.C. e affermatosi nel sec. successivo, il cui nome deriva da Elea, colonia focese in Lucania, più tardi denominata dai Romani Velia. Fondatore della scuola eleatica, secondo una tradizione che si rifà a un passo del Sofista platonico (242 d), fu Senofane di Colofone, la cui akmé è posta da Apollodoro nel 540 a.C., anno di fondazione della città, dove egli sarebbe giunto in età avanzata, dopo aver trascorso una vita di rapsodo errante. La storiografia moderna ha riconsiderato criticamente questa ipotesi, sottolineando quanto gli orientamenti di Senofane, che lo spinsero a interessarsi del problema religioso e della natura di Dio criticando l’antropomorfismo proprio della tradizione mitologica e religiosa, fossero distanti da quelli che inclinarono gli altri esponenti della scuola verso il problema della realtà e della sua costituzione. Vero fondatore e maggior rappresentante dell’e. fu Parmenide (attivo intorno al 500 a.C.), autore di un poema Sulla natura i cui capisaldi possono essere indicati nell’unità, immutabilità e necessità dell’essere e nella condanna del mondo sensibile a mera apparenza e opinione. La dottrina eleatica fu perfezionata da Melisso di Samo (fiorito intorno al 440 a.C.), e sostenuta, mediante la dimostrazione dei paradossi derivanti dai concetti di molteplicità e movimento, da Zenone di Elea (attivo intorno al 460 a.C.), discepolo di Parmenide. Nella difesa negativa di Zenone erano già impliciti gli elementi che avrebbero poi minato alla base l’e., come avvenne nella critica di Gorgia che rivolse contro il concetto dell’unico ente gli stessi argomenti che Zenone aveva utilizzato per dimostrare l’assurdità del molteplice. Con Melisso e Zenone si conclude la storia della scuola eleatica, quale già Platone (Sofista, 242 d) indicava con l’espressione ̔Ελεατικὸν ἔϑνος, ma non quella dell’e. inteso come motivo che continuò ad agire, in costante contrasto con l’eraclitismo, sul pensiero greco, determinando molti atteggiamenti speculativi del pluralismo naturalistico (Empedocle, Anassagora, Democrito), delle correnti sofistiche e socratiche – in una delle quali, la megarica, esso tornò anzi ad assumere funzione dominante – e, infine, dei sistemi platonico e aristotelico e di quelli che più tardi ne subirono l’influenza.