ELEMENTI
I quattro e. (terra, acqua, aria, fuoco) proprio per la molteplicità della serie - che evidentemente ha tutti i requisiti per pretendere alla completezza sintetizzando il continuum della materia naturale - trovarono sin dall'Antichità le più varie forme di rappresentazione, venendo impersonati ora da figure maschili e femminili, ora da animali, ora semplicemente da segni di volta in volta diversi. Si comprende facilmente come proprio l'essere quattro abbia favorito la combinazione con altre serie ampiamente diffuse caratterizzate dallo stesso numero (per es. stagioni, virtù cardinali, fiumi del paradiso, venti), tanto da creare un complesso sistema a cavallo di ambiti diversi (etico, cosmico, antropologico). La dottrina classica - di Empedocle ma soprattutto di Platone nel Timeo - divenne disponibile attraverso i consueti tramiti di Agostino, Isidoro di Siviglia, Beda il Venerabile e Rabano Mauro, nel tentativo sostanziale di sposare alle versioni classiche i risultati della cosmogonia ebraico-cristiana delle pagine della Genesi, finché Onorio Augustodunense non azzardò una teoria sistematica legando il tema degli e. alle serie già menzionate (De philosophia mundi, I, 21; PL, CLXXII, coll. 48-55).La rappresentazione degli e. avvenne soprattutto in ambiti relativi alla creazione o al progetto di redenzione che soggiace all'ordine del mondo. Dopo la fortuna nell'arte classica (per es. la rappresentazione dei quattro e. nell'Ara Pacis di Roma, con il fuoco realmente presente sull'ara del sacrificio e gli altri tre simboleggiati da allegorie femminili), il tema ricomparve solo con la rinascita carolingia, collegato spesso alla crocifissione, con riferimento agli eventi naturali che, attraverso una letterale sovversione degli e., scossero la terra nell'istante della morte del Salvatore. L'ambito semantico è confermato dalla miniatura posta all'inizio del Vangelo di S. Giovanni in un manoscritto della metà del sec. 11° proveniente da Colonia (Bamberga, Staatsbibl., Bibl. 94, c. 154v; Grodecki, Mütherich, Taralon, Wormald, 1973, trad. it. fig. 155), in cui insieme a scene come il Tramonto degli idoli e il Battesimo, più direttamente connesse alla biografia di s. Giovanni Battista, campeggia Cristo posto fra cielo e terra, adorato dagli angeli mentre, sul bordo della circolare struttura cosmica, si dipanano, con le rispettive scritte, il Mare simboleggiato da un uomo con un pesce, la Terra rappresentata da una donna con un bambino, l'Aria e il Fuoco raffigurati come corpi celesti; il versetto iniziale del vangelo riportato in alto costituisce un ottimo appiglio a una rappresentazione cosmogonica, come sottolinea la scritta centrale: "Omnia p(er) ipsu(m) facta sunt et sine ipso factu(m) e(st) nihil". Si tratta evidentemente di un'immagine legata ancora ai moduli classici.Elementi di contatto con questa immagine presenta la Maiestas Domini raffigurata su di un piatto di legatura in avorio, opera del monaco Tuotilo, attivo a San Gallo verso il 900 (San Gallo, Stiftsbibl., 53; Hubert, Porcher, Wolbach, 1968, trad. it. fig. 241), in cui una cornice di argento dorato racchiude una tavoletta con abbondanza di schemi quadripartiti e con i simboli e le figure degli evangelisti; in basso il Mare con l'idra cavalca un drago e la Terra lactans porta la cornucopia nella sinistra; in alto, come nel manoscritto di Bamberga, le due figure del Sole e della Luna sono vicarie del Fuoco e dell'Aria. Al centro del mondo la scritta commenta la presenza di Cristo: "Hic residet Christus virtu/tum stemmate septus". Le parole, pur riferendosi stricto sensu probabilmente ai due serafini ai lati di Cristo, accorpano di fatto tutti i personaggi disposti a ruota, primi fra tutti i quattro e., che, chiudendo circolarmente il creato, evocano la stessa disposizione grafica delle testimonianze appena commentate. L'attributo circolare in mano alla Luna ricorda molto da vicino il cerchio nella destra della personificazione dell'Anno di una miniatura della fine del sec. 10°, proveniente da un sacramentario di Fulda e inserita in un codice del sec. 12° (Berlino, Staatsbibl., Theol. lat. fol.192; Grodecki, Müterich, Taralon, Wormald, 1973, trad. it. fig. 104), e dunque può interpretarsi come geroglifico cosmico del cielo.Crocifissione ed e. divennero una callida iunctura per merito della cronaca evangelica (Mt. 27, 51), ricomparendo in una serie di avori databili dal 9° all'11° secolo. La parte centrale di una coperta del Libro delle Pericopi di Enrico II, appartenente al c.d. gruppo di Liutardo e proveniente dalla Reichenau (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 4452; Schiller, 19832, fig. 365), mostra, intorno alla Crocifissione, rispettivamente in alto e in basso, l'Aria e il Fuoco, con la coppia clipeata di Luna e Sole, il Mare, che cavalca un drago come nell'iconografia di Tuotilo, e la Terra, con la cornucopia nella sinistra e un serpente che le succhia il seno. Tutt'intorno sono la Chiesa e la Sinagoga, le rappresentazioni delle Donne al Sepolcro e della Risurrezione dei morti.La coperta di un manoscritto del sec. 10° proveniente da Metz (Parigi, BN, lat. 9383; Schiller, 19832, fig. 366) assomma alla solita costellazione iconografica un particolare importante: in basso, nella coppia di donna e di uomo, quest'ultimo con i soliti requisiti del Mare, la donna, ovvero la Terra, mostra il braccio destro catturato dal serpente, mentre sorregge con la mano sinistra due piccoli esseri umani; la Terra è caratterizzata dunque come Eva, come sottolinea anche la scritta: "In cruce restituit Christus pia victima factus quod mala fraus tulerat serpentis preda ferocis". L'avorio di Tongeren (Schatkamer van de Onze-Lieve-Vrouwbasiliek; Schiller, 19832, fig. 377), del sec. 11°, nella figura femminile stretta dal serpente e avvinghiata all'arbor mala ripete la medesima iconografia. La combinazione Terra-Eva è assicurata invece dalla presenza dei lattanti al seno in una coperta della metà del sec. 9° appartenente ancora al gruppo di Liutardo e proveniente dalla Reichenau (Monaco, Bayer. Nationalmus.; Schiller, 19832, fig. 374). I bambini sono raccolti nella cocca del manto della Terra sulla tavoletta (Metz, Mus. Central; Schiller, 19832, fig. 373) del vescovo Adalberone I (929-962), che figura ritratto nella cornice in basso. Bellissimo l'esempio dell'Evangeliario di Bernoardo di Hildesheim, del sec. 11°, il cui complesso programma illustra Cristo presente in cielo e in terra (Hildesheim, Diözesanmus. mit Domschatzkammer, 18, c. 174r; Frugoni, 1990, p. 728ss., fig. 4); agli angoli sono il Sole, la Luna, l'Acqua e la Terra, ma la novità più importante è costituita dal fatto che è la Terra, e non più Eva, la donna che regge i 'piccoli': la coppia di ridotte dimensioni che le sta in grembo raffigura infatti i colpevoli progenitori ed Eva afferra già la mela dal serpente sull'albero; lo schema sembra quello tràdito, il contenuto è variato. Semplice analogia formale mostra anche una miniatura dell'Evangeliario di Echternach, del 1050 ca. (Londra, BL, Egert. 608, c. 88r; Schiller, 19832, fig. 387): in basso la coppia dei risorti, un uomo e una donna che emergono da due grotte, probabilmente Adamo ed Eva, ripete la vecchia coppia degli elementi. La miniatura a penna dell'Evangeliario di Abdinghof, del 1000 ca. (Kassel, Gesamthochschul-Bibl. Kassel-Landesbibl., 2° theol. 60, c. lr; Schiller, 19832, fig. 382), sembra incompiuta, perché mentre il quarto di destra in basso è occupato dalla raffigurazione della Terra, quello di sinistra è vuoto.Comune è il contatto che riscatta gli e. nell'attimo della loro sovversione, come se questa più che negativo prodigio fosse il segno di un mondo redento. Con i tratti talvolta quasi classici, dunque pagani - comune è sui sarcofagi romani l'iconografia della donna che allatta bambini o serpenti -, Fuoco, Aria, Acqua e Terra si vedono purificati dalle vicende della storia cristiana: la formulazione del concetto resta insuperata fra tutte nel Pange lingua di Venanzio Fortunato (MGH. Auct. ant., IV, 1, 1881, pp. 27-28). Qualche novità porta la formella, eseguita intorno al 1138, della porta bronzea di S. Zeno a Verona, dedicata quasi certamente alla Creazione: non solo la Terra, ma anche l'Acqua è rappresentata da una figura femminile che allatta pesci, e marine sono le bestie sull'albero che le fa da sfondo (Frugoni, 1991, fig. 18). In qualche caso una figura unica condensa i due e., come la donna che allatta un drago e una mucca nel manoscritto del 1023 del De Universo di Rabano Mauro (Montecassino, Bibl., 132, p. 294; Frugoni, 1991, fig. 19). Mare e Terra possono comparire anche da soli come figura del mondo; nella Maestà di un sacramentario dell'870 ca. (Parigi, BN, lat. 1141, c. 6r; Porcher, Wolbach, Hubert, 1968, trad. it. fig. 142), in cui Cristo è affiancato, come sull'avorio di Tuotilo, dai serafini, Fuoco e Aria parrebbero assenti, se l'anonimo artista non si fosse preoccupato di inserirli - come Luna e Sole dorati, di microscopiche dimensioni - subito dopo le righe del Sanctus sanctus sanctus, al termine della scritta di lode, contigui alle parole in excelsis.Una novità presenta invece la citata carta contenente il calendario con il ciclo dell'anno, della fine del sec. 10°, proveniente da Fulda (Berlino, Staatsbibl., Theol. lat. fol. 192): la personificazione dell'Anno campeggia al centro della pagina, incorniciata sui lati lunghi dalla rappresentazione dei Mesi, ed è circondata da un cerchio raccordato agli angoli della pagina da viticci sinuosi, che con sfumature diverse di colore rappresentano i quattro elementi. Il nastro sembra davvero imprimere al cerchio quel moto che le parole, quale rotonda cornice, dichiarano "bissena mensuum vertigine volvitur [...]" (si veda anche Dante, Purg. XXVIII, v. 103ss.; Par. XVI, v. 82ss). I nastri sono tenuti dalle Stagioni, gratificate dagli epiteti floridus, frugifer, fertilis, horribilis, che sorreggono a coppia i clipei del Giorno e della Notte: in alto seminude la Primavera e l'Estate, in basso più coperti l'Autunno e l'Inverno. La somiglianza tipologica con la lunetta del portale meridionale del battistero di Parma permette chiarimenti sulla leggenda di Barlaam ivi rappresentata: la figura è fiancheggiata dai dischi del Sole e della Luna, già noti come vettori di due e., ripetuti due volte su due registri e a diverse dimensioni (Frugoni, 1992, fig. 26). Intorno al cerchio della Luna quattro figure allegoriche - due giovani nudi in atto di suonare il corno e due vestiti con lo strumento dismesso - ostentano una certa similitudine con le Stagioni di Fulda. Poiché però nella storia di Barlaam compaiono quattro aspidi a minacciare l'uomo, i quattro instabili e. che ne costituiscono la fragile natura, taluno considera i quattro giovani per l'appunto rappresentazione degli e. (de Francovich, 1952, I, p. 213).Importantissima è la schematica rappresentazione dell'uomo come microcosmo che replica il macrocosmo nel perduto Hortus deliciarum di Herrada di Landsberg (già Strasburgo, Bibl. Mun.): il corpo nudo sta al centro dei quattro e., nell'ordine Aria, Fuoco, Terra e Mare. Unico precedente sembra una miniatura del Glossarium Salomonis del 1158-1165, proveniente da Prufening (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 1302, c. 7v; The Hortus Deliciarum, 1979, II, fig. 20), con iscrizioni dall'Elucidarium di Onorio Augustodunense (I, 11; PL, CLXXII, col. 1116), "De hominis formatione et quomodo sit parvus mundus et ad imaginem Dei", che muove dall'asserzione evidente: "microcosmus id est minor mundus dicitur, habet enim ex terra carnem et ossa, ex aqua sanguinem, ex aere flatum, ex igne calorem". L'Elucidarium, la stessa fonte di Herrada, e l'esplicazione suggeriscono l'equivalenza simbolica piedi/suolo, ossa/pietre, unghie/alberi, capelli/erba, ventre/mare - "in ventrem omnia fluunt ut in mare flumina" - petto/aria, testa/cielo, le sette aperture del viso/i sette pianeti (Hortus deliciarum, c. 16v; The Hortus Deliciarum, 1979, I, fig. 9; II, p. 96).Va considerato analogamente - per rispetto all'id est minor mundus - il disegno complesso di un altro codice del sec. 13° (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 2655, c. 105r; Beer, 1952, pp. 21-23, fig. 54), dove l'uomo è coerentemente sostituito da Cristo al centro di un sistema complesso di cerchi e quadrati; agli angoli estremi sono le quattro Virtù cardinali, poi Cristo, nel cerchio che glossa il rapporto dell'Elucidarium. Il Redentore abbraccia un universo (mundus) costituito dai venti agli angoli e dagli e. in un girotondo vorticoso: Ignis emerge dalle fiamme, Terra frigida allatta due esseri di natura contrapposta, Aer calidus sorge dalle nubi, Aqua humida allatta altre due nature; è spontaneo il rimando alla coppia parallela della veronese porta di S. Zeno. Verso l'interno è visibile un quadrato con la scritta: "Omnia de nichilo fecit manus omnipotentis mundum constituens in quattuor hiis elementis". Finalmente al centro del monogramma il solito geroglifico circolare progressivamente concentrico: Firmamentum con Sol e Luna, Aqua e Terra (si pensi alla minuscola rotella in mano alla personificazione dell'Anno della citata miniatura da Fulda). Sul rosone della cattedrale di Losanna, del 1235 ca., in un complesso programma si incontrano tutti e quattro gli e. intenti ad allattare infanti, pesci, draghi e salamandre (Beer, 1952, p. 22, fig. 23).A Windisch-Matrei, nel Tirolo orientale, i quattro e. sono curiosamente rappresentati come una sorta di telamoni sotto la rappresentazione della città celeste dell'Apocalisse (Nilgen, 1968, col. 604, fig. 4). Nella cripta del duomo di Anagni, nei grandi affreschi della metà del sec. 13°, sulle volte è rappresentato un sistema quadripartito ricco di scritte - anzi costituito soprattutto da scritte - con i quattro e., i quattro temperamenti e le quattro età dell'uomo (Pressouyre, 1966). Un altro sfoggio d'abilità quadripartita si rinviene negli affreschi del battistero di Parma, della metà del sec. 13° (de Francovich, 1952, II, figg. 355-356), in cui compaiono, nei pennacchi fra le lunette della storia di Abramo, in serie di quattro, gli e., i fiumi del paradiso, le stagioni e le dimensioni secondo s. Paolo (latitudo, longitudo, sublimitas, profundum; Ef. 3, 18).
Bibl.: E.J. Beer, Die Rose der Kathedrale von Lausanne und der kosmologische Bilderkreis des Mittelalters, Bern 1952; G. de Francovich, Benedetto Antelami architetto e scultore e l'arte del suo tempo, 2 voll., Milano-Firenze 1952; E.J. Dow, The Rose-Window, JWCI 20, 1957, pp. 248-297; M.L. Pressouyre, Le cosmos platonicien de la cathédrale d'Anagni, MEFR 78, 1966, pp. 551-593; J. Hubert, J. Porcher, W.F. Volbach, L'empir carolingien, Paris 1968 (trad. it. L'impero carolingio, Milano 1968); U. Nilgen, s.v. Elemente, vier, in LCI, I, 1968, coll. 600-606; L. Grodecki, F. Mütherich, J. Taralon, F. Wormald, Le siècle de l'An Mil, Paris 1973 (trad. it. Il secolo dell'Anno Mille, Milano 1974); The Hortus Deliciarum of Herrad of Hohenbourg, a cura di R. Green, M. Evans, C. Bischoff, M. Curschmann (The Studies of the Warburg Institute, 36), 2 voll., London-Leiden 1979 (ed. in facsimile); G. Schiller, Ikonographie der christlichen Kunst, II, Gütersloh 19832 (1968); C. Frugoni, Alberi (in paradiso voluptatis), L'ambiente vegetale nell'Alto Medioevo, "XXXVII Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1989", Spoleto 1990, II, pp. 725-762; id., La porta in bronzo della chiesa di S. Zeno a Verona, in Il Veneto nel medioevo, dai Comuni cittadini al predominio scaligero nella Marca, a cura di A. Castagnetti, G.M. Varagnini, Verona 1991, pp. 165-208; id., I Mesi antelamici del Battistero di Parma, Parma 1992.C. Frugoni