VESPUCCI, Elena Maria
VESPUCCI, Elena Maria. – Nacque il 29 novembre 1804 a Firenze, figlia del cavaliere Cesare Vincenzo e di Leopolda Cappelli.
Il padre, uno dei discendenti di Amerigo Vespucci, si laureò in legge presso l’Università di Pisa e fu alfiere della Regia Guardia del corpo del re dell’Etruria, poi dell’Impero francese; infine, sotto il Granducato, rivestì le cariche di ufficiale del dipartimento degli Affari esteri, di cavaliere di Santo Stefano e di capitano. La madre ebbe origini livornesi e fu benestante. Elena fu la primogenita di cinque sorelle e un fratello: Giovanna, Teresa, Elisa Cassandra, Ameriga e Amerigo Cesare.
Trascorse la prima infanzia in famiglia, nel quartiere della Badia, dove era nata. Le notizie dei primi vent’anni della sua vita provengono da una sua breve autobiografia stesa intorno al 1840 e probabilmente destinata alla pubblicazione. Vespucci racconta che a causa del suo carattere problematico e dei continui litigi tra i genitori, fu affidata al convento di San Francesco di Sales, soprannominato il Conventino, poi proseguì la sua istruzione all’istituto La Quiete delle Montalve, riservato alle ragazze di origini nobili. Nel 1819 tornò in famiglia e si dedicò agli studi di logica e di filosofia sotto la guida del dottor Francesco Pacchiani. Questi anni trascorsero tra il quartiere di Santo Spirito, in cui si era trasferita la famiglia, e San Felice a Ema, nella campagna fiorentina, dove il padre possedeva alcuni terreni, case coloniche e una dimora situata nei pressi di Poggio Imperiale. Durante uno dei suoi periodi di soggiorno, Vespucci ebbe una relazione segreta con un nobile inglese di nome Henry Layard, della cui identità non si ha ancora certezza. Alcune ipotesi, come quella avanzata da Italo Baldini, lo identificano con un capitano di Ceylon di passaggio a Firenze, all’epoca dei fatti più che quarantenne, sposato e con figli. La coppia non si sposò, Elena rimase incinta e partorì una bambina, Enrichetta. Per evitare lo scandalo, la piccola fu introdotta in casa Vespucci e nell’albero genealogico compilato da Gustavo Uzielli figura come l’ultima delle sorelle. In seguito al diffondersi di voci che attribuivano la maternità di Enrichetta a una delle Vespucci, si disse che la bambina era figlia di un certo Enrico Smith, un inglese, che prima di partire l’aveva affidata al medico Kisech, il quale aveva provveduto a sistemarla presso i Vespucci in cambio di una somma pattuita. Dal 1832 al 1834 Elena risiedette a Firenze nella parrocchia d’Ognissanti insieme alla famiglia. I primi anni Trenta sono tra i più oscuri della sua vita. Stando ad alcuni racconti che divulgò lei stessa anni dopo, avrebbe combattuto contro gli austriaci a Rimini travestita da uomo e sarebbe stata l’amante di un fratello di Luigi Napoleone o di un rivoluzionario morto in Europa nel 1830.
Il 4 ottobre 1834 Vespucci lasciò Firenze e viaggiò in Europa in compagnia della famiglia francese di ingegneri e pittori Saint-Victor, visitò le principali gallerie d’arte e imparò a dipingere. I primi otto mesi dei suoi viaggi furono descritti in un diario intitolato Six années de la vie d’America de Vespucci, un’opera iniziata nel 1840, ma mai pubblicata e rimasta incompiuta.
Raggiunta Parigi, nel settembre del 1836 Vespucci si separò dai Saint-Victor e si trattenne nella capitale, dove frequentò l’alta società. Era ospite abituale del salotto della contessa Maria Teresa Nogarola Apponyi, conobbe George Sand e madame Delphine Gay de Girardin, fu corteggiata da Louis-François Sosthène visconte di La Rochefoucauld e duca di Doudeauville e dall’ammiraglio Jean Baptiste Grivel. Frequentò anche la corte di Luigi Filippo e si diffusero voci di una presunta infatuazione da parte di Ferdinando Filippo d’Orléans nei suoi confronti. Vespucci enfatizzò ovunque le sue illustri origini e sfruttò a suo vantaggio il nome dell’antenato, iniziando a presentarsi come Elena Ameriga.
Per quanto si trovasse a suo agio nella metropoli, desiderava tuttavia raggiungere l’America, e il 4 aprile 1838 salpò per Rio de Janeiro a bordo di una nave della marina militare francese, provvista di lettere di presentazione firmate dalla casa reale. Al suo arrivo fu accolta dal console Theodore Taunay e i suoi illustri natali, esaltati da un nuovo cambio di nome in Maria Elena (o Helena) America, le guadagnarono ancora una volta l’ingresso nell’alta società. Fu ricevuta dall’imperatore Pietro II e si legò al viceconsole svizzero Arthur Guiguer, di cui divenne amante. Approfittando della benevolenza di cui godeva, alla fine del mese di luglio avanzò alla Camera brasiliana la richiesta di cittadinanza e di una proprietà terriera. Nonostante il favore della stampa, la petizione venne respinta in ragione del fatto che Vespucci non era una discendente diretta del grande navigatore. Di fronte a questo rifiuto, il 10 ottobre 1838 la giovane fiorentina partì per New York, dove approdò il 28 novembre. Al suo arrivo suscitò curiosità ed entusiasmi, attirandosi le maggiori attenzioni dei giornali, che la seguivano ormai come un indiscusso personaggio pubblico. In suo onore si prepararono feste e banchetti, si composero poesie e si pubblicarono articoli che fornivano maggiori dettagli della sua vita: si scrisse che aveva fatto parte della carboneria e che fosse stata esiliata a causa dei suoi accesi ideali repubblicani. Elena raccontava di essere stata affiliata alla Giovine Italia e di essere l’ultima discendente di Amerigo Vespucci. Questi particolari facevano di lei un’eroina romantica, che incarnava gli ideali di libertà, indipendenza e repubblica cari agli statunitensi. Se la fiorentina utilizzò ripetutamente i giornali per sensibilizzare l’opinione pubblica a suo vantaggio, la stampa sfruttò la sua vicenda per mettere in atto i processi di nation-building, definendo i valori e gli ideali alla base dell’identità americana. Il suo fascino le assicurò l’amicizia di uomini di spicco come Charles-Édouard Pontois, Henry Clay, Daniel Webster, John Quincy Adams e persino del giovane figlio del presidente democratico Martin Van Buren, John, del quale, si disse, divenne l’amante. Le furono attribuite molte relazioni e tra i suoi spasimanti più noti si contano il colonnello Robert Battersby, il diplomatico Alphonse Dubois de Saligny e l’editore Théodore Frédéric Gaillardet.
Dopo un primo soggiorno a New York si spostò tra Philadelphia, Washington e il Sud Carolina. Il 29 gennaio 1839 Vespucci tentò nuovamente di ottenere la cittadinanza americana e una proprietà terriera, e, forte dell’appoggio del senatore del Missouri Thomas Hart Benton, sottopose al Senato la sua petizione. La commissione di Giustizia e la commissione sulle Terre pubbliche esaminarono il caso e il 4 marzo la richiesta venne respinta perché non rientrava nelle casistiche previste per la naturalizzazione, né esistevano meriti particolari in virtù dei quali concedere le pretese ricompense. La vicenda tuttavia si trascinò ben oltre le aule istituzionali e scosse l’opinione pubblica. Ne nacque un vero e proprio caso mediatico, che ebbe risonanza internazionale, facendo notizia nel Regno Unito, in Australia, a Haiti.
Le richieste di Vespucci furono talvolta ricondotte alla più ampia questione femminile, più spesso vennero derise da alcuni pezzi satirici usciti su quotidiani e settimanali, tra cui il New-York American e The Sun. Altri articoli la accusarono di essere una spia francese o la descrissero come un’affascinante avventuriera, che aveva costruito abilmente la sua immagine pubblica prendendosi gioco degli americani.
Intanto Vespucci si spostò da New York a New Orleans, poi a St. Louis, Louisville, Cincinnati, Philadelphia. Ovunque riscosse manifestazioni di affetto e simpatia. Furono aperte sottoscrizioni nazionali e fondi in suo favore e si fecero nuove pressioni sulla commissione delle Terre pubbliche. La questione però era ormai definitivamente risolta sul piano legislativo e Vespucci preferì partire. Il 31 dicembre 1839 salpò per l’Avana e vi trascorse tutto il mese di febbraio. Era curiosa di conoscere Cuba, di cui aveva parlato in un libro sulla schiavitù che aveva appena finito di scrivere, ma che non pubblicò. Durante il suo soggiorno ottenne una pensione come ricompensa nazionale e strinse amicizia con il rivoluzionario Orazio de Attellis. Poi, dopo un breve rientro a New Orleans, il 23 maggio 1840 fu a Liverpool. Da qui proseguì per Londra, dove rimase diciassette mesi, recandosi occasionalmente a Parigi, in Irlanda e in Scozia. Spesso alloggiò presso gli amici e i suoi spostamenti furono finanziati da filantropi o con prestiti e donativi fatti da conoscenti, ammiratori e amanti. La sua situazione finanziaria non fu mai stabile e si aggravò negli anni, costringendola anche a vendere gioielli per potersi procurare il denaro necessario a pagare affitti e servitù. In questo periodo Vespucci frequentò i salotti della contessa Maria Merlin, della già citata madame de Girardin e di lady Sidney Owenson Morgan. Conobbe molti artisti, scrittori e diplomatici tra cui Constantine Phipps marchese di Normanby, Arthur Wellesley duca di Wellington e Luigi Napoleone. Fu anche vicina all’attivista radicale Richard Oastler, che si batteva per la giornata lavorativa di dieci ore e l’abolizione del lavoro minorile. Infine, ottenne dalla corte di Spagna il titolo di contessa e di canonichessa dell’Ordine di S. Teresa, incrementando il suo prestigio. Nella primavera del 1841 si diffuse la voce di un suo presunto coinvolgimento in un duello alla pistola, combattuto contro un ufficiale tedesco che aveva accusato gli italiani di codardia e pigrizia.
Lo scontro si sarebbe svolto nel marzo a Monaco e se ne trova notizia nel diario dello scrittore Pietro Cironi, che commentava l’accaduto con l’augurio che gli italiani avrebbero mostrato all’occorrenza un valore pari a quello della connazionale.
Pochi mesi dopo, il 18 novembre, Vespucci rientrò negli Stati Uniti, accogliendo gli inviti dei senatori Lewis Cass e Daniel Webster, che speravano di ripresentare la sua petizione al Congresso, rinnovato dalle recenti elezioni. Al suo arrivo, Elena fu al centro dell’interesse mediatico. Si disse che era una donna priva di rispettabilità e che il suo disonore era la prova e la conseguenza della mancanza di democrazia in Europa. La sua condotta risultò ancora più scandalosa negli anni seguenti, quando si stabilì a Ogdensburg per convivere con George Parish, un ricco uomo d’affari, con il quale ebbe una relazione dal 1841 al 1859. Intanto compose alcuni articoli sul Canada, progettò di scrivere un’opera sugli Stati Uniti intitolata Le due sorelle e pensò di recarsi in Oriente. La sua vita fu scossa all’improvviso da un nuovo scandalo mediatico per le rivelazioni fatte da Charles Edwards Lester, console statunitense a Genova. Durante alcune ricerche sui Vespucci, il console aveva incontrato i parenti di Elena e aveva scoperto che la donna aveva lasciato Firenze a causa di alcuni intrighi amorosi, che non era l’unica discendente di Amerigo e che l’intera famiglia sperava di ottenere delle proprietà in America.
Il rapporto con la famiglia d’origine tornò alla ribalta tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta, quando si pose la questione del mantenimento e della dote di Enrichetta, che dopo un primo fidanzamento rotto, si sposò con il marchese patriota e politico Antonio Colocci. Elena ritardò con alcuni pagamenti perché aveva investito del denaro in speculazioni e in buoni, poi era partita per Costantinopoli, per il Canada e per l’Oregon. Poco più tardi, nel 1858, iniziò uno dei periodi più difficili della sua vita a causa della fine della storia con Parish. I motivi della rottura non sono chiari. Si è ipotizzato che lui avesse scoperto la condizione di ragazza-madre di Vespucci, oppure che si fosse innamorato di un’altra. Di fatto, nei primi mesi dell’anno, Parish partì per l’Europa approfittando della morte dello zio John di Senftenberg e avviò le trattative per la separazione, che furono portate avanti e concluse dall’amico e mediatore Edward Ellice. Vespucci cercò ripetutamente di recuperare il rapporto, avanzando anche una proposta di matrimonio, ma dovette accettare la fine della storia e un vitalizio di 15.000 franchi annui. Tra il luglio e l’agosto del 1859 rientrò a Parigi, dove si era traferita la sorella Ameriga dopo le nozze con Artus Talon. Riallacciò i rapporti con i vecchi amici europei, si interessò alla politica francese e alle sorti dell’Italia, convinta che solo la guerra e la successiva nascita di una Confederazione avrebbero assicurato l’unità e l’indipendenza. Anche le questioni familiari furono al centro della sua attenzione. Cercò di dirimere le liti che erano insorte tra Antonio ed Enrichetta e di appianare i dissapori provocati dalla scoperta che la nipote Urania era figlia illegittima di Amerigo Cesare. Nel novembre del 1860, dopo una lunga assenza, rientrò a Firenze, ospite della sorella Teresa. Preoccupata per la situazione di Amerigo, che all’epoca lavorava come semplice antiquario, intensificò i rapporti con la contessa Isabella Rossi Gabardi Brocchi per favorirlo nella carriera militare o amministrativa. Vespucci divenne ben presto il punto di riferimento per l’intera famiglia e il suo intervento fu indispensabile nel maggio del 1862, quando Amerigo venne arrestato con l’accusa di falsificazione di documenti nell’amministrazione del Lotto. Vespucci, che era appena rientrata a Parigi, sostenne le spese per il processo e si occupò del sostentamento della famiglia. Nel 1864 fece visita alla figlia a Jesi, dove trascorse alcuni mesi, ma i rapporti tra le due donne furono sempre altalenanti. Intanto la sua salute si aggravò e appena rientrata in Francia prese il colera.
Morì il 21 ottobre 1866 in un appartamento di rue La Pérouse.
Il fascino della sua personalità, passionale e tormentata, alimentò la leggenda della presenza del suo fantasma nella villa di Ogdensburg ancora in attesa del ritorno di Parish.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio dell’opera di S. Maria del Fiore, Registri di battesimo, 1804; Archivio della parrocchia di Ognissanti, Registri di matrimonio, 1804; Stato delle anime, 1835-1838; Biblioteca nazionale, Fondo nazionale, II.VII.93-106: P. Cironi, Diario; Parigi, Archives de Paris, Act de dècés, 1866, Vespucci Elena America; G. Combe, Notes of the United States of North America, during a phrenological visit, II, Edinburgh 1841; R.R. Madden, The literary life and correspondence of the countess of Blessington, II, London 1855; A. Drago, Dizionario delle italiane per bene e per male, Milano 1983, p. 181; Il Corriere della sera, 28 settembre 1913, p. 2; I. Baldini - C. Baldini, I Vespucci di Greve in Chianti, Peretola e Firenze, in Memorie religiose e civili del comune di Greve in Chianti, XXXIV, San Casciano Val di Pesa 2004; Donne del giornalismo italiano: da Eleonora Fonseca Pimentel a Ilaria Alpi, a cura di L. Pisano, Milano 2004, p. 373; P.J. Roylance, International nationalism. World history as usable past in nineteenth-century U.S. culture, Stanford 2012, pp. 64 s.; C. Santoro, Il duello: storia, diritto, costume, legislazione, Roma 2012; I. Baldini, Gli ultimi Vespucci: il crepuscolo di una famiglia fiorentina nell’Ottocento, Wien 2015.