Vedi ELENA dell'anno: 1960 - 1960
ELENA (῾Ελένη, Helena)
Figlia, secondo la redazione più diffusa del mito, di Zeus e di Leda, moglie di Tindaro, re di Sparta.
Dall'unione del dio, in forma di cigno, con Leda, derivò un uovo (o due) da cui nacquero E., i Dioscuri e Clitennestra. Un'altra versione, che risale alle Ciprie, fa invece di E. la figlia di Zeus e di Nemesi. La dea partori un uovo, che un pastore trovò in un bosco e portò a Leda. Oppure fu Nemesi stessa a consegnare l'uovo a Tindaro; o ancora l'uovo fu gettato da Hermes in grembo a Leda, oppure cadde dal cielo. Infine, secondo uno scolio a Pindaro (Nern., x, 150 a), Esiodo avrebbe detto E. figlia di Oceano e di Teti. Ancora bambina, fu rapita da Teseo e Piritoo, che la portarono nell'Attica, ad Afidna, donde fu liberata per l'intervento dei Dioscuri, i quali, approfittando dell'assenza di Teseo, disceso nell'Ade, espugnarono la città con l'aiuto di Decelo, l'eroe eponimo di Decelea. Era moglie di Menelao, quando Paride, a cui era stata promessa in premio, come la più bella delle donne mortali, da Afrodite, giunse a Sparta e, durante l'assenza di Menelao, la rapì portandola con sé a Troia. Di qui la famosa guerra. Secondo una versione che risale alla Palinodia di Stesicoro e che viene raccolta da Erodoto e da Euripide nell'Elena, Paride ed E., durante il viaggio per mare verso Troia, sarebbero stati sbattuti da una tempesta in Egitto, dove E. fu trattenuta dal re del luogo, Proteo, mentre Paride tornò a Troia solo (Erodoto), o con un fantasma di lei (Euripide). Nell'Iliade E. fa ormai parte della famiglia di Priamo. La vediamo, alle Porte Scee, mostrargli i più famosi capi greci; più tardi, accanto a Paride, quando Ettore si reca da lui per sollecitarlo a tornare al campo e infine al compianto funebre sulla salma di Ettore. Mentre nell'Iliade, pur avendo nostalgia della patria E. non fa nulla contro i Troiani, già nell'Odissea, e più apertamente presso gli scrittori più tardi, appare come traditrice. Verso la fine della guerra riconosce Odisseo introdottosi in Troia travestito da mendicante e lo aiuta nella sua impresa (Od., iv, 260-290). Una versione che risale alle Làkainai di Sofocle la fa complice del furto del Palladio; inoltre, secondo il racconto di Virgilio (Aen., vi, 518), la notte della caduta di Troia, non Sinone, ma E. avrebbe chiamato i Greci, agitando una fiaccola accesa. Morto Paride, E. era stata data in sposa a Deifobo. La notte della distruzione di Troia questi fu ucciso da Menelao, il quale stava per uccidere anche E., ma fu trattenuto dal fascino della sua bellezza. Questa la versione che risale alla Piccola Iliade di Lesche. Secondo un'altra versione, che deriva dall'Ilioupèris di Arctino, E. sarebbe stata invece trascinata da Menelao alle navi, insieme con le altre prigioniere troiane. Nell'Odissea E. ha ormai riacquistato il suo rango di regina e tale la conosce Telemaco, venuto a Sparta a chiedere notizie del padre. Una leggenda narra che, più tardi, scacciata dai figli di Menelao, E. si rifugiò a Rodi, dove le donne del luogo, per vendicare i loro mariti morti nella guerra di Troia, la impiccarono ad un albero. A Rodi infatti E. era venerata col nome di Δενδρῖτις (cfr. Paus., iii, 19, 10). Dopo la morte, secondo la versione comune, E. sarebbe stata trasformata in una stella, che Euripide (Or., 1629, 1684) dice propizia ai naviganti, mentre una credenza molto più diffusa la considerava un astro malefico (fuochi di S. Elmo). Un'altra versione ne faceva invece la sposa di Achille, con il quale avrebbe regnato nell'isola di Leuke, dove i mortali non potevano giungere. Altre fonti infine la ponevano nella luna o nell'isola dei beati, insieme con Menelao. Comunque, più che una eroina divinizzata, E. è un'antica divinità trasformata in eroina. Le tracce del suo culto, attestato nella Laconia, a Sparta e a Terapne, nell'Argolide e a Rodi fanno pensare a una divinità lunare.
La nascita di E. come figlia di Zeus e di Leda è rappresentata su un sarcofago di Aix-en-Provence. Sulla ceramica attica della fine del V e del IV sec. a. C. (almeno 13 vasi) e sulla ceramica italiota appare, invece, frequentemente il motivo del ritrovamento dell'uovo di Nemesi generalmente l'uovo è posato su un altare; accanto ad esso stanno Leda, Tindaro e, quasi sempre, i Dioscuri. Una volta è introdotto anche Hermes. Spesso l'aquila di Zeus domina la scena (cfr. il cratere di Bonn 78, l'hydrìa del Louvre CA 2260 e il mosaico di Treviri). Sulla base del simulacro della Nemesi di Agorakritos a Ramnunte era raffigurata a rilievo la scena di Leda che riconduce E. a Nemesi. Il ratto da parte di Teseo era rappresentato sul Trono di Amicle (Paus., iii, 18, 15). I monumenti figurati che ci sono rimasti sono poco numerosi e tutti piuttosto antichi.
Il tipo più arcaico mostra una fanciulla tra due giovani che l'afferrano per le braccia o per il polso, ma non è del tutto sicuro che esso debba riferirsi al ratto di Elena. La più antica rappresentazione di questo genere è quella di un arỳballos protocorinzio del Louvre; il motivo ritorna poi su alcuni vasi attici a figure nere (cfr. per esempio l'oinochòe di Berlino 1731) e a figure rosse dello stile severo. Il tipo più recente mostra invece un giovane in atto di sollevare una fanciulla per metterla su un carro, mentre il compagno ne tiene le redini, oppure difende il rapitore. Le principali rappresentazioni di questo tipo sono date dalle hydrìai a figure nere British Museum B. 310 e Parigi, Bibliothèque Nationale 256; dall'anfora di Euthymides del museo di Monaco, in cui il pittore ha erroneamente invertito le iscrizioni sulle due figure di E. e di Korone, e dall'hydrìa a figure rosse Berlino 2175. Una narrazione completa dell'episodio si ha su un vaso a rilievo da Tanagra (Atene, Museo Nazionale): su una quadriga in corsa Teseo tiene fra le braccia E. che si dibatte disperatamente, mentre Piritoo guida i cavalli verso la città di Corinto, di cui si vedono a destra le mura e le torri. La scena successiva mostra i tre personaggi a terra: Teseo cinge col braccio le spalle di E. e insieme si incamminano, preceduti da Piritoo, verso Atene. La liberazione di E. per opera dei Dioscuri era rappresentata sull'Arca di Cipselo, nel tempio di Hera in Olimpia (Paus., v, 19, 3); su una lelèkythos protocorinzia E. ancora tra le mani di un compagno di Piritoo, già saluta i due cavalieri miracolosi apparsi. G. Conestabile vede il ritorno di E. a Sparta presso Tindaro su uno specchio del museo di Perugia.
Quanto alle nozze con Menelao, alcuni credono di poterle riconoscere sui vasi che mostrano una donna condotta per mano da un giovane guerriero, ma questa scena si riferisce molto più probabilmente ad un altro momento della leggenda, cioè al ratto di E. da parte di Paride. H. Metzger cita un frammento di oinochòe dell'Università di Tubinga (E 174), sul quale apparirebbe Menelao in atto di condurre E. nella camera nuziale. Un'hydrìa a figure rosse del British Museum (E. 226) mostra E. che fa la toletta. La scena non è molto dissimile dalle solite scene di gineceo, che appaiono spesso su vasi e su specchi etruschi. Su questi ultimi accanto alla donna intorno a cui si affaccendano le ancelle, si legge spesso la parola Malavisch, che secondo alcuni definirebbe Elena. L'arrivo di Paride a Sparta e il suo incontro con E. è uno dei motivi più diffusi del repertorio figurativo dell'arte antica più tarda.
A volte Paride, quasi sempre riconoscibile dal costume frigio, è seguito da un compagno ed è Menelao stesso a presentare i due ad Elena. Molto più numerosi sono però i monumenti che mostrano l'incontro di Paride ed E. nell'intimità: vasi a figure rosse, rilievi, specchi etruschi, affreschi. Talvolta E. è circondata dalle ancelle che attendono alla sua toletta. Alla scena sono quasi sempre presenti Afrodite ed Eros, spesso anche Peitho. Singolare è la raffigurazione della cista di Berlino 3467: Paride (Alixenter), seguito da un giovane in berretto frigio il cui nome è illeggibile, ritto accanto a una fontana, conversa con tre donne seminude: Felena, Ateleta (Atalante) e Alsir. C. Friederichs interpreta la scena come una sorta di giudizio di Paride fra tre donne mortali, E., Atalanta e una terza il cui nome greco è ignoto. R. Engelmann mette la scena in relazione con l'affresco di cui parla Plinio (Nat. hist., xxxv, 17): "Lanivi, ubi Atalante et Helena comminus pictae sunt nudae ab eodem artifice, utraque excellentissima forma, sed altera ut virgo".
Numerosi sono anche i monumenti che mostrano il ratto di E. da parte di Paride: della prima metà del sec. VI sono alcuni bronzi da Olimpia. Si tratta di sottili lamine per bracciali di scudo, con raffigurazioni lavorate a sbalzo. Una di queste scene raffigura un guerriero (identificato con Paride) che tiene per mano una donna (E.) e la precede, mentre con l'altra mano impugna la spada, puntata verticalmente verso l'alto. Spesso un altro guerriero chiude la scena. L'identico schema iconografico è conservato anche sui vasi attici più arcaici e continua sino a comparire anche nella ceramica a figure rosse. Già sui vasi dello stile severo, però, la rappresentazione è più dettagliata: oltre ai personaggi principali sono introdotte più figure secondarie, che giovano a chiarire la situazione. La rappresentazione più completa è data da due vasi del ceramista Hieron: il primo - uno skỳphos del pittore Makron, ora a Boston, del primo venticinquennio del V sec. - raffigura E. seguita da Afrodite e Peitho, mentre a capo abbassato incede, tenuta per mano da Paride a cui sta accanto Enea; tra i due amanti aleggia un piccolo Eros; l'altro è una coppa di Hieron dei Musei di Berlino: Paride si allontana tenendo E. per mano; alle spalle di questa un compagno di Paride trattiene Timandra, che fa per lanciarsi verso la sorella; chiude la scena una fanciulla, Euopis, che si volge verso Ikarios e Tyndareos come per informarli dell'accaduto. Esclusa è, invece, l'identificazione di E. tra Afrodite e Paride sull'oinochòe protocorinzia di fabbrica ceretana di Tragliatella.
Sui vasi più recenti, infine, E. appare su un carro o in procinto di salirvi (cfr. la lèkythos dell'Ermitage St. 1929). Il momento successivo, quello dell'imbarco dei due amanti, appare raffigurato per la prima volta su un déinos tardogeometrico, di provenienza tebana ma di fattura attica, ora a Londra (British Museum), in cui appare oltre alle figure stanti dei due protagonisti (interpretati anche con minor probabilità come Teseo e Arianna; per dubbî circa l'identificazione si veda E. Kunze, Olymp. Forsch., ii, 1950, p. 170, nota 2) anche l'intera nave, a due ordini di remi. In seguito la scena apparirà solo e frequentemente su urne etrusche: sullo sfondo è rappresentata la nave, o la prora di essa; E. vi arriva portata a braccia da due compagni di Paride, oppure a piedi, accompagnata dalle ancelle; spesso la seguono i servi che portano i suoi tesori. Lo sbarco a Troia è generalmente riconosciuto su un affresco dell'Aula Isiaca di Caligola, mentre l'arrivo alla reggia di Priamo apparirebbe, secondo le più recenti interpretazioni, su una coppa del Pittore di Brygos dal Louvre (G 151).
L'incontro di E. con Priamo alle Porte Scee si può riconoscere, secondo B. Stark, su un rilievo dalla Collezione Campana. Un altro episodio nel mito di E. è la richiesta della donna da parte di Menelao, o, secondo il titolo di un ditirambo di Bacchilide, la ῾Ελένης ἀπαίτησις; la scena appare su un cratere a colonnette tardo-corinzio (560 circa) della Collezione Astarita a Napoli; entro le mura della città di Troia, seduti su alti gradini, appaiono tre personaggi greci, indicati dal nome iscritto; si tratta di Menelao, Odisseo (l'iscriz. reca Olisseus, forma attestata su altri vasi corinzî) e l'araldo Taltibio. Davanti ad essi stanno quattro figure femminili. L'episodio appare già in Omero (Il., xi, 138 ss.),. ricordato nel discorso che Antenore tiene ad Elena. Un cratere calcidese di Würzburg, accanto al commiato di Ettore da Andromaca, rappresenta il commiato di Paride da E., prima della battaglia. Nel dipinto di Aristophon di cui parla Plinio (Nat. hist., xxxv, 138), in cui apparivano Priamo, E., Credulitas, Ulisse, Deifobo e Dolus, O. Jahn vede un'allusione al racconto omerico dell'accordo segreto tra E. ed Ulisse, poco prima della caduta di Troia. La versione della partecipazione di E. al ratto del Palladio sembra confermata da alcuni vasi e dipinti: E. appare infatti tra Ulisse e Diomede, che tiene nel braccio sinistro l'idolo, sull'anfora di Napoli 3235; insieme con Diomede era raffigurata anche su un'altra anfora, ora perduta. Ancora, la si può riconoscere nella figura femminile, riccamente vestita, con una sorta di alto copricapo, che assiste al ratto dell'idolo sul vaso di Napoli 3231, e in un affresco da Pompei (Reg. i, Ins. 2, n. 6 ora a Napoli). Il racconto di Virgilio, secondo cui E. avrebbe chiamato i Greci tenendo alta una fiaccola, sembra aver ispirato il soggetto di un altro affresco pompeiano: in primo piano sono rappresentati i Troiani che trascinano il cavallo in città; sullo sfondo, una figura femminile con una fiaccola in mano. Quanto alla sorte di E. dopo la caduta di Troia, alla duplice tradizione letteraria che si stabilisce alla fine del VI sec. (cfr. P. A. Clement, Hesperia, xxvii, 1958, p. 47 ss.), corrispondono due serie distinte di monumenti figurati; quelli che, ispirandosi alla Ilioupèrsis di Arctino, mostrano Menelao che afferra E. per il polso o per l'himàtion per trascinarla alle navi, tra i quali l'esempio celebre è l'episodio della seconda metopa N del Partenone, e quelli, molto più numerosi, che si rifanno al racconto di Lesche.
Le varie rappresentazioni possono essere ridotte a tre tipi fondamentali: a) Menelao, spesso solo davanti ad E., l'afferra per il velo, per i capelli o per il braccio e la minaccia con la spada; b) Menelao insegue E. fuggente, brandendo la spada o la lancia; c) Menelao a uno sguardo di E. lascia cadere la spada. Talvolta la rappresentazione è limitata ai soli protagonisti; più frequentemente sono introdotti altri personaggi, spesso gli dèi, soprattutto Afrodite e Peitho. La versione di Lesche era stata seguita anche dallo scultore dell'Arca di Cipselo (Paus., v, 18, 3), mentre Polignoto, nell'affresco dell'Ilioupèrsis, aveva rappresentato E. insieme con due ancelle in mezzo alla turba dei prigionieri, secondo il racconto di Arctino (Paus., x, 25,7). Come dea E. è raffigurata su una moneta da Termesso, con una lancia nella sinistra e una falce di luna sul capo, tra i Dioscuri, ciascuno con una stella sul capo. Insieme con i fratelli E. appare anche su rilievi (cfr. per esempio un sarcofago di Kephisià e un rilievo da Gythion, su cui però alcuni vedono Demetra tra i Cabiri) e su specchi bronzei. Nell'antichità fu rappresentata spesso sola. Le fonti ricordano molti dipinti, di cui il più noto è quello che Zeusi eseguì per conto degli Agrigentini per il tempio di Hera Lacinia (o, secondo altri, per i Crotoniati). A noi non sono giunte raffigurazioni di E. sola, a meno che non si voglia intendere come tale la rappresentazione di una gemma etrusca di Vienna: una figura femminile alata, designata dalla iscrizione come Elina, in atto di compiere una libagione su un altare. Tuttora incerta è l'interpretazione della scena che appare su uno specchio della Bibliothèque Nationale di Parigi. La rappresentazione è divisa in due parti: nella parte superiore Eracle presenta a Zeus (Tinia), in trono, il fanciullo alato Epeur; ai lati siedono Turan (Afrodite) e Thalna; nella parte inferiore E., in trono, vestita di un ricco costume frigio, porge la destra ad Agamennone; tra i due sta Menelao. Alla destra di E. Paride, di dorso, è rivolto verso una divinità femminile alata, Mean, che gli porge una corona. Chiudono la scena, da una parte e dall'altra, Aivas (Aiace?) e una seconda divinità femminile alata. R. Engelmann ritiene che le due parti della rappresentazione siano strettamente collegate e vi vede E. nell'isola di Leuke, circondata dagli eroi della guerra di Troia.
Monumenti considerati. - Sarcofago di Aix: C. Robert, Sarkophagrel., ii, tav. ii, 2; E. Espérandieu, Recueil des bas-reliefs de la Gaule Romaine, Parigi 1907-28, i, p. 78; S. Reinach, Rép. Rel., ii, p. 211. Per il ritrovamento dell'uovo di Nemesi: R. Kekulé, Die Geburt der Helena aus dem Ei, in Sitzungsberichte der Preussischer Akademie, Berlino 1908, I, p. 691 ss.; F. Chapouthier, in Bull. Corr. Hell., lxvi-lxvii, 1942-43, p. i ss. (a pp. 9-10 la lista dei documenti ceramici attici, italioti ed etruschi); J. D. Beazley, Etr. Vase-paint., pp. 40-41; D. Mustilli, in Ann. Sc. Arch. It. d'Atene, xxiv-xxvi, N. S. viii-xi, 1946-8 (1950), p. 124 ss.; inoltre H. Metzger, Les représentations dans la céramique attique du IVe siècle, Parigi 1951, p. 277 ss., dove è ripreso l'elenco dei documenti dato da J. D. Beazley. Cratere Bonn 78: R. Kekulé, Ûber ein griechisches Vasengemalde im Akademischen Kunstmuseum zu Bonn, Bonn 1879, p. 21, tav. i; A. B. Cook, Zeus, Cambridge 1914-40, i, p. 280; C. V. A., Bonn, fasc. i, tav. 19, i e 20, 1-2-4; J. D. Beazley, Red-fig., p. 797, 4. Ratto di Teseo: Hydrìa Louvre CA 2260: G. V. A., Louvre, fasc. 9, iii, i d, tav. 55, 2 e 4-7; J. D. Beazley, Red-fig., p. 794. Arỳballos del Louvre: C. V. A., Louvre, fasc. 8, iii C a, tav. 14, 1-3. Oinochòe Berlino 1731: A. Genick - A. Furtwängler, Griechische Keramik, Berlino 1883, tav. 34, I; G. Rodenwaldt, Die Kunst der Antike, Berlino 1927, tav. ix; J. D. Beazley, Black-fig., 1956, p. 153, 34. Hydrìa British Museum B. 310: C. V. A., Brit. Mus., fasc. 6, iii H c, tav. 80, 2; J. D. Beazley, Biack-fig., 1956, p. 361, 12. Hydrìa Parigi, Bibl. Nat. 256: C. V. A., Bibl. Nat., fasc. 2, iii H e, tav. 58, 7; J. D. Beazley, Black-fig., 1956, p. 363, 44. Anfora di Euthymides: E. Gerhard, Auserlesene Vasenbilder, Berlino 1840-58, tav. 168; Furtwängler - Reichhold, tav. 33; E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung der Griechen, Monaco 1923, fig. 368-9; J. D. Beazley, Red-fig., p. 25, 3. Hydrìa di Berlino 2175: L. Ghali-Kahil, Les enlevements et le retour d'Hélène dans les textes et les monuments figurés, Parigi 1955, tav. cii, 2; J. D. Beazley, Red-fig., p. 162, ii. Vaso da Tanagra: Ephem. Arch., xlviii, 1884, tav. 5; L. Ghali-Kahil, op. cit., p. 311 s., fig. 2-3. Liberazione dei Dioscuri: lèhythos protocorinzia: F. Johansen, Les vases sicyoniens, Parigi 1923, p. 143-4, tavola xxii (i). Specchio di Perugia: G. Conestabile, in Bull. Inst., 1869, p. 47 ss.; E. Gerhard, Etruskische Spiegel, Berlino 1843-97, v, tav. 78. Frammento di Tubinga: C. Watzinger, Griechische Vasen in Tübingen, Reutlingen 1924, tav. xxxviii; H. Metzger, op. cit., p. 279, tav. xxxviii, 3. Hydrìa British Museum E. 226: C. V. A., Brit. Mus., fasc. 6, tav. 95, i; J. D. Beazley, Red-fig., p. 842; L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. xxviii, 3. Per gli specchi etruschi con la toletta di E., cfr. E. Gerhard, Die Schmückung der Helena, in IV Berlin. Winckelmannsprogramm, 1844; id., Etruskische Spiegel, ii, tavv. 212-215. Per l'arrivo di Paride a Sparta, il suo incontro con E., il ratto di. E., il ritrovamento di E. da parte di Menelao dopo la caduta di Troia, cfr. L. Ghali-Kahil, op. cit., dove sono elencati i monumenti relativi ai singoli episodi. Cista Berlino 3467: C. Friederichs, Berlins antike Bildwerke, ii; Geräthe und Bronzen im Alten Museum, Düsseldorf 1871, pag. 130, n. 542; R. Engelmann, in Roscher, i, col. 1964; Mon. Inst., vi, tav. lv; L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. xcvi, 2. Ratto di Paride: bronzi da Olimpia: E. Kunze, Olymp Forsch., ii, 1950, pp. 21-31: per i vasi attici più arcaici: L. Ghali-Kahil, op. cit., p. 50 ss. Coppa di Hieron: E. Gerhard, Trinkschalen und Gefässe des Königlichen Museums zu Berlin, Berlino 1848-50, tavv. 11-12; Wiener Vorlegeblätter, ser. A., tav. 5; J. C. Hoppin, Red-fig., ii, p. 43; L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. iii, 3; J. D. Beazley, Red-fig., p. 301, 4. Oinochòe da Tragliatella: G. Q. Giglioli, in Studi Etr., iii, 1923, p. iii. Lèkythos Ermitage St. 1929: Comptes Rendus de la Commission Impériale Archéologique, ii, 1861, tav. v, 3-4; S. Reinach, Rép. Vases, i, p. 9. Imbarco di Paride ed E.: dèinos da Tebe: R. Hampe, Die Gleichnisse Homers und die Bildkunst seiner Zeit, Tubinga 1952, p. 37, tav. 18 (b), con bibl. prec.; R. T. Williams, in Journal Hell. St., lxxviii, 1958, p. 124 con bibl. precedente. Affresco dell'Aula Isiaca: G. E. Rizzo, Le pitture dell'Aula Isiaca di Caligola, Monumenti della pittura antica scoperti in Italia, Roma 1936, tav. vii, i; L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. kl, 2-3. Coppa Louvre G. 151: Mon. Inst., 1856, tav. 14; Wiener Vorlegeblätter, 8, tav. 3; J. C. Hoppin, Red-fig., i, p. 116; E. Pottier, Vases antiques du Louvre, Parigi 1897-1922, tav. 120; J. D. Beazley, Red-fig., p. 268, 22. Rilievo Campana: B. Stark, in Ann. Inst., xxi, 848, p. 290 55., tav. agg. M. Richieste di E.: cratere corinzio Collezione Astarita: J. D. Beazley, in Proc. Br. Ac., xliii. Cratere calcidese: E. Gerhard, Auserlesene Vasenbilder, Berlino 1840-58, tav. 322; Furtwängler-Reichhold, ii, p. 216 ss., tav. 101; A. Rumpf, Chalkidische Vasen, Lipsia 1927, tavv. xxxi-xxxii. Dipinto di Aristophon: O. Jahn, in Arch. Ztg., v, 1847, p. 127. Anfora Napoli 3235: Mon. Inst., ii, tav. 36; R. Engelmann, in Roscher, i, c. 1943-44; J. D. Beazley, Red-fig., pag. 835, 10. Anfora perduta: O. Jahn, Vasenbilder, Amburgo 1839, tav. 3, pag. 31 ss.; J. D. Beazley, Red-fig., P 835, ii. Vaso Napoli 3231: Ann. Inst., 1858, tav. agg. M. Affreschi pompeiani: K. Schefold, Die Wände Pompejis, Berlino 1957; G. E. Rizzo, La pittura ellenistico-romana, Milano 1929, tav. lv. Metope N Partenone: G. Becatti, Problemi fidiaci, Milano 1951, p. 82 ss. Per la scena del ritrovamento di E. e Menelao si vedano i numerosi monumenti raccolti da E. Diez, in Jahreshefte, xxxix, 1952 (Beiblatt), c. 21 ss. Moneta da Termesso: F. Imhoof-Blumer, Choix de monnaies grecques, Winterthur 1871, tav. 5, 172; Roscher, i, col. 1972; Dict. Ant., iii, fig. 3747. Sarcofago da Kephisià: C. Robert, Sarkophagrel., ii, tav. iii, 9; R. Engelmann, in Roscher, i, col. 1951-52; S. Reinach, Rép. Rel., ii, p. 344. Rilievo da Gythion: Ann. Inst., xxxiii, 1861, tav. agg. D; Dict. Ant., i, fig. 909; S. Reinach, Rép. Rel., ii, p. 345. Specchi bronzei: C. Friederichs, op. cit., n. 117-120. Gemma di Vienna: A. L. Millin, Galerie Mythologique, Parigi 1811, tav. 156, 539. Specchio, Parigi, Bibliothèque Nationale: E. Gerhard, Etruskische Spiegel, ii, tav. 181; P. Ducati, Storia dell'Arte Etrusca, Firenze 1927, tav. 243; G. Q. Giglioli, L'arte etrusca, Milano 1935, tav. 296, 4; L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. xciv, 2; R. Engelmann, in Roscher, I, c. 1975 s.
Bibl.: R. Engelmann, in Roscher, I, c. 1928-1978; L. B. Ghali-Kahil, Lews enlèvements et le retour d'Hélène. École française d'Athènes, X, Parigi 1955.