ELEONORA d'Asburgo, duchessa di Mantova
Nacque a Vienna il 2 nov. 1534, ottava dei quindici figli che Ferdinando d'Asburgo, futuro imperatore, ebbe da Anna di Boemia e d'Ungheria.
Del suo proposito di farsi monaca, della sua devozione, del suo rifiuto di andare sposa al "re di Dania" (forse re Cristiano III di Danimarca) perché luterano, racconta il suo biografo e confessore, il gesuita padre Folcario. Il Litta attesta anche un rifiuto alla proposta di matrimonio di un altro protestante, il principe elettore Giovanni Federico di Sassonia. Certo è che, nel pieno dello scisma protestante, E. si formò per converso alla più rigorosa ortodossia cattolica. Secondo il Possevino, con le altre sorelle aveva allestito nel palazzo di Innsbruck una "specieria" per i poveri bisognosi e si occupava personalmente della distribuzione delle elemosine.
Quando Guglielmo Gonzaga, bisognoso dell'appoggio imperiale per consolidare il suo dominio nel Monferrato, inviò Annibale Cavriani per chiederla in sposa, E. aveva ventisette anni e per convincerla ad acconsentire alle nozze la sorella Anna dovette farsi portavoce dell'imperioso desiderio del padre.
La sua entrata in Mantova avvenne il 26 apr. 1561: per l'occasione in città si erano allargate e raddrizzate le strade dove il corteo nuziale sarebbe passato; rifatte non poche case, ridipinte molte altre e la stessa corte vecchia del castello era stata in parte ampliata: il duca Guglielmo aveva seguito personalmente i lavori e aveva commissionato fastosi apparati scenici allo scultore Lione Lioni d'Arezzo e a Celio Malespini. Durante i festeggiamenti, che durarono fino al 1º maggio, le case degli ebrei di Mantova furono saccheggiate e un incendio - di natura dolosa, a quanto afferma l'Amadei, anche se provocato da fuochi artificiali - incenerì l'Archivio nel palazzo della Ragione.
Terminate le feste, per E. cominciò il non facile adattamento: Guglielmo, "piccolo e difforme di corpo", ma altrettanto "grande di animo e fornito del più sano intelletto" (Volta), la volle subito soprintendente al Senato e al governo di Mantova.
Al suo mondo sarebbe comunque rimasta sempre legata non solo per gli affetti (gli inviati in corte cesarea non sono mai ringraziati abbastanza per le notizie che si premurano di inviarle), ma anche per la cultura e per la lingua: le lettere autografe scritte in italiano manterranno sempre la "e" gotica, "d" e "t" si sovrapporranno ancora molti anni dopo e nell'agosto 1572 otterrà dal papa il permesso di leggere gli uffici anche in lingua tedesca.Già nei primi mesi del 1562 E. mostrò i sintomi della gravidanza; il duca, in rendimento di grazie, il 30 aprile pose la prima pietra della chiesa di S. Barbara, chiesa di palazzo che, una volta compiuta e grazie all'interessamento assiduo della duchessa, arrivò ad avere 64 officianti e 5.000 scudi annui di entrata.
Vincenzo, l'atteso erede, nacque il 21 sett. 1562 e già pochi mesi dopo, nell'inverno dello stesso 1562, E. tornò a Innsbruck, rivide le sorelle e il Padre "che molto l'amava" (Ulloa). Il 17 maggio 1564 E. dette alla luce la secondogenita Margherita Barbara.
Nell'aprile 1564, quando la camera di Torquato Tasso prese fuoco, la duchessa gli fece avere 12 scudi e della tela per biancheria. Il poeta, sempre bisognoso di aiuti e della protezione dei Gonzaga, a E. indirizzerà nel 1582 il Discorso delle virtù femminili e nel maggio 1584 Il Ghirlinzone o vero L'epitaffio, orazione funebre per Barbara d'Asburgo, duchessa di Ferrara, sorella di E. (morta nel 1572). La duchessa di Mantova tuttavia era più attirata da letture edificanti che non amante della poesia: la sua biblioteca, dice il Folcario, era "ricchissima di libri spirituali", di "trattati pij" in lingua italiana e tedesca; tra le sue letture preferite, Tommaso da Kempis e Landolfo Cartusiano. Le dame della sua corte, dice ancora il Folcario, non avevano il permesso di leggere libri profani, "neanche il Vecchio Testamento".
Il 26 e 27 nov. 1565 E. accolse a Mantova le sorelle Giovanna e Barbara, arciduchesse d'Austria, la prima diretta a Firenze, sposa di Francesco de' Medici, la seconda a Ferrara, sposa di Alfonso II d'Este. A Ferrara, per le nozze, a dicembre, ci saranno anche il duca e la duchessa di Mantova.
Il 16 genn. 1566 nacque la terza figlia di E., Anna Caterina. Il 28 dicembre dello stesso anno moriva Margherita Paleologa, madre di Guglielmo: per il duca si complicava il problema dei beni del Monferrato lasciati in eredità, per E. aumentava l'impegno nel governo dello Stato: a lei si rivolgevano incessantemente militari che cercavano una piazza in Monferrato, banditi che chiedevano una soluzione o una diminuzione della pena, vedove che volevano riavere i beni del padre dei loro figli e quanti in genere avevano preghiere e suppliche da avanzare. Nel 1567 E. era a Casale Monferrato, al fianco del marito, quando venne scoperta una congiura per uccidere il duca.
Nel 1568, mentre ancora si trovava con Guglielmo a Casale, "pregò Dio che se per l'avvenire non poteva più avere figli, potesse serbare la castità" (Folcario). Il duca acconsentì.
Per un altro progetto E. si stava impegnando fin dal suo arrivo a Mantova, ma ancora con scarsi risultati: Guglielmo era fermamente contrario al ritorno dei gesuiti in città e sarebbero dovuti passare vent'anni prima che si convincesse a cambiare idea. Fin dal 1564, comunque, E. premeva in questa direzione, prima suggerendo alla sorella Maddalena delle lettere per sollecitare il cardinale Federico Gonzaga a eseguire le volontà testamentarie di Ercole che aveva appunto lasciato dei beni alla Compagnia di Gesù; poi, sempre più direttamente e con maggiore determinazione. Nel 1568 il duca acconsentì a che un predicatore gesuita gli esponesse i termini di una proposta e arrivò così in Mantova il padre Prospero Malavolta che si fermò in città per la predicazione di Pentecoste e per tre altri mesi ancora: era una prima vittoria di E. che chiederà al vescovo di Mantova, Marco Fedeli, di richiamarlo per predicare in duomo nella quaresima successiva.
Verso la fine del 1575 a Mantova vennero segnalati i primi casi di peste: E. cercò scampo rifugiandosi con le due figlie a Revere, mentre Vincenzo venne mandato a Canneto. In città, per interessamento della duchessa, venne istituita allora la "Scuola delle povere fanciulle" presso la chiesa di S. Stefano quale ricovero per le appestate; era la prima di una serie di opere pie ispirate ai principi della pietà e del controllo sociale propri della Controriforma, nelle quali E. si sarebbe impegnata. Nel 1576 fondò "l'opera del soccorso per le mal maritate e per le giovani già cadute ma desiderose di mettersi in salvo". Nel 1581 si impegnò per ampliare la chiesa e il convento di S. Maria Maddalena che nel marzo, su sua richiesta, diventò di clausura.
Nell'aprile 1577, quando ormai il pericolo del contagio sembrava scongiurato, E. tornò a Mantova. Il 24 febbr. 1578 Margherita andò sposa al duca Alfonso II d'Este, rimasto vedovo e senza prole. Ma era Vincenzo a preoccupare i duchi di Mantova che lo vedevano incline a un modo di vivere dissoluto: la madre lo seguiva con sollecitudine particolare, lo consigliava, lo invitava a lucrare indulgenze, intercedeva per lui presso il padre. Nel 1579, tuttavia, quando da Firenze arrivò una proposta di matrimonio tra Vincenzo e Eleonora de' Medici, i Gonzaga la respinsero: un rifiuto dovuto certo in parte non secondaria anche all'ostilità che E. nutriva per la rivale della sorella Giovanna, Bianca Capello. Vincenzo prenderà in moglie, il 30 apr. 1581, Margherita Farnese, figlia di Alessandro, governatore dei Paesi Bassi: una mossa di "diplomazia matrimoniale" che, unita al matrimonio del 30 apr. 1582 di Anna Caterina con Ferdinando d'Austria, conte del Tirolo, fratello di E., doveva servire a consolidare la posizione politica dell'accorto Guglielmo.
Ma il 12 ott. 1583 la sfortunata unione di Vincenzo con la Farnese venne sciolta; già prima di questa data i Gonzaga, con la mediazione degli Estensi, chiesero per il figlio la mano di Eleonora de' Medici. Per Bianca Capello era il momento della rivincita: la famosa "prova" pretesa dai Medici per appurare l'abilità al matrimonio di Vincenzo fu forse lo scotto da pagare per il rifiuto di tre anni prima e per l'ingente dote che sarebbe arrivata a Mantova con le nozze. Per E., che invano cercò di opporsi, fu un'umiliazione di cui soffrì profondamente.
Tuttavia, a dispetto delle premesse, con Eleonora de' Medici E. avrà sempre rapporti assai stretti e affettuosi e si occuperà da vicino dei nipoti (fu lei che, nell'aprile 1589, inviò al cardinale Montalto a Roma i loro ritratti).
Nel settembre 1584 padre Prospero Malavolta prese possesso, per conto della Compagnia di Gesù, della chiesa di S. Salvatore e della casa annessa e nel 1585 i gesuiti aprirono uno studio in contrada del Cardinalino: era il progetto cui E. lavorava da tanti anni e, per aiutare la fabbrica della chiesa della Trinità (i cui lavori inizieranno nel 1587), la duchessa non esitò a dividere in quattro parti le sue gioie, assegnandone tre ai tre figli e una ai padri della Compagnia; al collegio assegnerà poi 600 scudi annui e il suo confessore sarà gesuita, prima il padre Rodolfo Florio poi, dal 1588, padre Antonio Folcario.
Nell'agosto 1587 E. aggiunse al suo titolo la dicitura "nata arciduchessa d'Austria". Il 14 ag. 1587 a Goito morì il duca Guglielmo e qualche mese dopo, la prima domenica di avvento, E. fece voto solenne di castità.
Il Folcario attesta una devozione che con gli anni si andava facendo più severa: scrive di mortificazioni con il cilicio, di digiuni, di pratiche religiose rigide, di un'attenta sorveglianza per quegli istituti (scuole della dottrina cristiana, "scuola grande delle fanciulle", "casa della misericordia rifugio degli orfanelli") che lei stessa aveva istituito o aiutato a crescere. Il 29 sett. 1582 era a Mantova Carlo Borromeo. Ancora nel 1588 sotto il suo patrocinio nacquero l'oratorio delle quarantore e quello dei catecumeni con uno "spedale per i pellegrini ammalati".
I suoi viaggi a Innsbruck però continuavano: agli antichi legami si era aggiunto quello nuovo, la figlia sposata, che raggiunse in occasione dei parti; fu ancora a Innsbruck nel 1589, ma al ritorno, nel 1590, venne colpita dalla febbre. La sua salute cominciò a farsi precaria: usava "l'acqua di Levigo", ma continuò ad occuparsi degli affari della famiglia. Nell'agosto del 1592 progettò un viaggio a Loreto e preparò il regalo da portare alla Madonna.
Morì il 5 ag. 1594 nel palazzo di Porto, assistita dal vescovo Francesco Gonzaga, presenti i duchi Vincenzo e Eleonora.
E. aveva disposto perché il suo corpo non fosse imbalsamato, così il feretro venne portato subito con un corteo di barche fino a palazzo ducale. I funerali, cui parteciparono tra l'altro il clero della città, i religiosi, le compagnie, i poveri e le povere degli ospedali, vennero celebrati l'8 agosto. Fu sepolta nella chiesa della Trinità, davanti all'altare maggiore. Sulla lapide, secondo i suoi desideri, furono incisi soltanto l'arma e il suo nome. Vincenzo ordinò poi, nei primi tre giorni di ottobre, funerali solenni in S. Andrea cui intervennero tutti i principi e i marchesi Gonzaga. Furono pronunciate due orazioni funebri, da Antonio Possevino e da Ludovico Cremaschi.
Ai gesuiti lasciò la sua villa Ca' matta, i sacri vasi e la suppellettile della sua cappella privata.
Di E. possediamo due ritratti: Jacob Seisenegger la ritrasse ancora bambina (ora il dipinto è al Kunsthistorisches Museum di Vienna): nella didascalia sotto il dipinto è chiamata "regina", perché destinata dalla famiglia a sposare il re di Danimarca. Rubens, poi, la ritrasse nella grande tela, già nella chiesa della Trinità a Mantova e poi frazionata (cfr. Corpus Rubenianum Ludwig Burehard, XIX, F. Huemer, Portraits, I, London 1977, pp. 26 ss.).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, ms. P. 1771: A. Bellù, Le due Eleonore del quadro della Trinità di Rubens; A. Ulloa, Vita del potentissimo e christianissimo imperatore Ferdinando primo, Venezia 1565, pp. 287, 433; A. Folcario, Vita di E. d'Austria, Mantova 1598; F. Sansovino, Famiglie illustri, Venezia 1609, p. 361; I. Donesinondi, Dell'istoria eccles. di Mantova, Mantova 1616, pp. 192, 275, 293, 313 s.; A. Solerti, Vita di Torquato Tasso, Torino-Roma 1895, 1, pp. 119, 496 s.; A. Possevino, Vita et morte della Serenissima E. arciduchessa d'Austria et duchessa di Mantova, Mantova s. d.; C. Volta, Compendio cronologico critico della storia di Mantova, Mantova 1831, pp. 56-57, 80-82, 96-98; G. Fochessati, IGonzaga di Mantova e l'ultimo duca, Milano 1911, pp. 68-77; F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, Mantova 1955, I, pp. 723-6, 738, 760, 772, 826; II, pp. 826, 838-842, 846, 849, 853, 859, 867; III, pp. 33, 61, 67, 120; Mantova, la storia, le lettere, le arti, Mantova 1961, I, pp. 3-37; II, pp. 518, 556; M. Dugast-Rouillé, Les maisons souveraines de l'Autriche, Paris 1967, p. 115; G. Schizzerotto, Rubens a Mantova fra gesuiti, principi e pittori, Mantova 1979, pp. 15-158 passim; P. Litta, Famiglie celebri d'Italia, s.v. Gonzaga di Mantova, tav. V.