ELEONORA Gonzaga Nevers, imperatrice
Nacque a Mantova il 18 nov. 1628, primogenita di Carlo duca di Rethel (della linea dei Gonzaga Nevers) e di Maria Gonzaga, unica figlia del duca Francesco IV di Mantova e Monferrato). Prese il nome dalla seconda moglie dell'imperatore Ferdinando II, imparentata solo alla lontana coi Gonzaga Nevers ma sorella degli ultimi tre duchi della più antica linea Gonzaga e perciò zia della madre di E. e madrina di Eleonora.
Le nozze tra Carlo di Rethel e Maria Gonzaga, avvenute il 25 dic. 1627, qualche ora prima della morte dell'ultimo dei fratelli dell'imperatrice, furono un evento politico di rilevanza europea. Esse avrebbero dovuto assicurare a Carlo di Nevers, padre dello sposo, l'immediata acquisizione dei ducati, ma non valsero a scongiurare, negli anni successivi, i conflitti diplomatici che sfociarono poi nella guerra per la successione di Mantova. Mentre il Ducato fu colpito dalla peste, la capitale fu assediata e, il 18 luglio 1630, saccheggiata dalle truppe imperiali. La famiglia ducale, compreso il principe Carlo, nato il 31 ottobre dell'anno precedente, dovette mettersi in salvo a Melara e poi ad Ariano (presso Rovigo). Il 31 ag. 1631, poco prima che l'esilio terminasse, il padre di E. morì di tisi.
L'infanzia di E. fu dunque segnata da circostanze particolarmente infelici. Ma anche dopo il 21 sett. 1631, quando Carlo di Nevers fece ritorno a Mantova con i suoi, la vita familiare fu caratterizzata da gravi tensioni, provocate dalle divergenze politiche tra il duca e sua nuora Maria. Il contrasto culminò con l'espulsione di Margherita di Savoia, madre di Maria.
Come altre principesse della sua famiglia, E. trascorse l'adolescenza nel convento di S. Orsola, dove anche sua madre soggiornò spesso finché non assunse la reggenza per il principe Carlo (1637). E. ricevette un'educazione eccellente, che le valse una cultura in seguito ampiamente riconosciuta. Oltre al francese, che già conosceva, studiò lo spagnolo e acquisì una buona conoscenza della letteratura italiana. Apprese, com'era tradizione, i più sofisticati lavori manuali femminili, ma anche la musica, la danza e la pittura. Amava (soprattutto, ma non solo in gioventù) comporre poesie di contenuto erudito o religioso e dipingeva con talento.
Il matrimonio tra E. e l'imperatore Ferdinando III, che aveva perso la seconda moglie nell'agosto del 1649, fu progettato dall'imperatrice vedova Eleonora, che aveva conservato rapporti molto cordiali con la famiglia d'origine, e soprattutto con la nipote Maria. La stessa Eleonora aveva già favorito le nozze del giovane duca Carlo II con Isabella Clara, figlia dell'arciduca Leopoldo V d'Asburgo Tirolo (1649). La corte imperiale, tramite l'imperatrice vedova, pose come condizioni per il matrimonio tra Ferdinando ed E. il sostegno leale della causa imperiale da parte di Carlo II, il mantenimento, da parte di E., di eventuali diritti ereditari sul Monferrato e una dote di almeno 400.000 talleri in contanti. Il duca si dichiarò onorato della proposta, che accettò, ottenendo comunque di poter versare una dote inferiore alla richiesta originaria e di poter sospendere l'obbligo di fedeltà nel caso esso comportasse danni per il proprio Ducato. L'imperatore donò alla sposa gioielli di famiglia - non destinati, tuttavia, al suo patrimonio personale - e un'obbligazione di 50.000 fiorini.
La dote promessa da Mantova era ingente e non sorprende che dopo parecchi anni il pagamento non fosse stato ancora ultimato. Ma le celebrazioni nuziali furono sontuose, simili a quelle svoltesi nel 1622, in occasione delle nozze della prima imperatrice Eleonora. Il 24 febbr. 1651 giunse a Mantova il conte Giovanni Massimiliano Lamberg, in rappresentanza dell'imperatore. Il 2 marzo, nella cappella palatina, si svolsero le nozze per procuratorem; il Lamberg porse l'anello e il guanto nuziale. Il 16 marzo ci furono le pubblicazioni; la giovane imperatrice uscì solennemente dal convento, aprendo una settimana ininterrotta di splendidi festeggiamenti, sia religiosi sia profani, accompagnati da banchetti, esecuzioni musicali, balletti e da un grande fuoco d'artificio che rappresentava il tempio d'Amore, sulla piazza di S. Pietro.
Il 22 marzo E., accompagnata dal duca, dalla sua consorte e dalla duchessa-madre Maria, lasciò Mantova, con gran seguito militare. Alla frontiera con Venezia l'inviato della Serenissima, Morosini, si trovò a ricevere i viaggiatori, che furono scortati fino al confine tirolese. Il corteo proseguì poi verso la Carinzia e fu accolto a Villach, in pompa magna, dall'imperatrice vedova Eleonora. Lì si accomiatarono Carlo e Isabella Clara, per tornare a Innsbruck, e poi anche la madre della sposa. Quest'ultima proseguì il viaggio con la sua prozia, passando per Klagenfurt e Graz, fino a Wiener Neustadt, dove le attendeva Ferdinando III e dove ebbero luogo le nozze, il 30 aprile.
Le numerose lettere inviate da E. a Mantova mettono in luce un carattere vivace e gioviale, che le rese facile adattarsi al nuovo ambiente e conquistare le simpatie della sua nuova famiglia. Assai armonioso appare il suo rapporto con l'imperatore, di vent'anni più vecchio di lei. E. l'accompagnava in tutte le cerimonie, sia religiose sia profane, "all'uso alemano" (così l'ambasciatore di Venezia E. Giustiniani). Pur non apparendo eccessivamente pia agli occhi del suo tempo, E. condivideva con Ferdinando l'atteggiamento religioso, gli interessi letterari e l'amore per la musica. E. partecipava ai passatempi di corte, organizzava banchetti, favoriva e presenziava a rappresentazioni teatrali e accompagnava il consorte nelle dispendiose cacce che gli piacevano. Amava circondarsi di scienziati, come viene sottolineato dalle fonti.
Nell'esprimere la sua personalità E. era facilitata dalla forte influenza che la cultura italiana esercitava sulla vita della corte viennese e delle altre capitali della Germania meridionale. La musica, il teatro, l'architettura e le arti figurative erano quasi del tutto dominate da italiani, ma anche lo stile di vita, le mode e le feste si ispiravano ampiamente ai modelli delle corti italiane. Ferdinando III e tutti i membri della famiglia imperiale conoscevano perfettamente l'italiano, che era la lingua straniera più diffusa a corte e tra la nobiltà, e che solo dopo la morte di Leopoldo I avrebbe gradualmente perso importanza rispetto al francese. La letteratura italiana godeva di grande favore, al punto che nel 1656 Ferdinando creò un'accademia poetica italiana, che si riuniva nella Hofburg sotto la presidenza della coppia imperiale. Inoltre, membri dell'aristocrazia italiana occupavano ruoli di primo piano non solo nell'esercito imperiale, ma anche a corte. Due dei maestri di palazzo che furono al servizio di E. - il conte Federico Cavriani, che aveva occupato questa posizione già sotto la prozia di E. e, dopo la morte del Cavriani, avvenuta nel 1662, il vicepresidente del Consiglio di guerra Annibale Gonzaga - erano personaggi a lei affini per origini. Numerosi erano anche i chierici italiani a corte.
La prima figlia di E. nacque il 27 marzo 1652 ma morì il 26 luglio dell'anno seguente. E. ebbe altre due figlie: Eleonora Maria Giuseppa (nata il 31 maggio 1653) e Maria Anna Giuseppa (nata il 30 dic. 1654). L'11 febbr. 1657, infine, le nacque anche un figlio maschio, Ferdinando Giuseppe Aloisio. Ma le cure materne di E. non andarono solo ai suoi figli. Essa fu in rapporti altrettanto cordiali con i figli non ancora adulti nati dalle precedenti nozze dell'imperatore.
Ferdinando ed E. trascorsero l'autunno del 1652 a Praga, per dirigersi poi a Ratisbona, dove si doveva riunire la Dieta imperiale. Il 12 dicembre, accolti dai tre principi elettori ecclesiastici, entrarono nella città dalla porta trionfale eretta per l'occasione.
Le trattative con gli stati trattennero l'imperatore a Ratisbona per quasi un anno e mezzo. Durante la Dieta vennero organizzati festeggiamenti eccezionali, soprattutto a carnevale: l'evento più clamoroso fu la rappresentazione dell'opera di A. Bertali L'inganno d'amore, per la quale l'architetto imperiale Giovanni Burnacini costruì espressamente un teatro, progettando i magnifici fondali a prospettiva centrale e allestendo i marchingegni scenici. Durante la cerimonia del giovedì santo la coppia imperiale eseguì la lavanda dei piedi a dodici vecchi mendicanti e il 10 agosto tenne a battesimo un musulmano e un fanciullo ebreo. A settembre, infine, si svolse un pellegrinaggio all'immagine della Madonna di Altötting, con la partecipazione di molti principi dell'Impero. L'imperatore ottenne nel 1653 il suo principale successo politico, riuscendo a far eleggere re dei Romani Ferdinando IV, incoronato il 3 giugno. Un'altra importante cerimonia fu l'incoronazione imperiale di E., che avvenne il 4 agosto nel duomo di Ratisbona.
La precoce scomparsa del giovane re (9 luglio 1654) e una gotta sempre più grave afflissero l'ultimo periodo di vita dell'imperatore, che morì il 2 apr. 1657, a soli 49 anni. Un anno dopo E. subì un'altra grave perdita con la morte dell'unico figlio maschio.
Il testamento di Ferdinando le aveva affidato la cura dei suoi figli e dell'arciduca Carlo Giuseppe, nato nel 1649 (morto a Linz il 27 genn. 1664). Inoltre, le consentiva di porre la propria residenza nel castello di Graz o di Linz. Ma E. non mostrò mai alcuna intenzione di lasciare la corte del giovane re Leopoldo. Non si sa quale atteggiamento tenesse verso i progetti secondo cui l'arciduca Leopoldo Guglielmo, fratello del defunto imperatore, che godeva di vasta stima, si sarebbe dovuto candidare al trono imperiale, sposando Eleonora. È invece accertato che E. sostenne con passione e mezzi finanziari l'elezione imperiale di Leopoldo, avvenuta a Francoforte.
Il suo appannaggio vedovile era di circa 200.000 fiorini l'anno (per il 1685 ne risultano 230.000). La sua corte, pure considerata piccola, comprendeva venti dame. I rappresentanti diplomatici in arrivo o in partenza si recavano in visita ufficiale non solo dall'imperatore ma anche da lei. D'estate amava soggiornare alla "vecchia Favorita", una residenza dotata di sala per rappresentazioni teatrali e giardino all'italiana, situata fuori delle mura, e già appartenuta alla prozia Eleonora. E. l'acquisì nel 1655 (nello stesso luogo sarebbe sorto, più tardi, il Theresianum). E. successe all'imperatrice sua prozia anche nel possesso di Schönbrunn e del castello di Laxenburg, dove Leopoldo amava recarsi a caccia. Nella Hofburg ottenne invece il piano superiore dell'ala nuova, costruita dal 1660 in poi, con un notevole contributo finanziario da parte di E., che seguì attentamente i lavori artistici. Nel 1665 incaricava il pittore Carpoforo Tencalla di affrescare le sue stanze. Nella notte tra il 22 e il 23 febbr. 1668 quest'edificio fu distrutto da un incendio, da cui i suoi figli si salvarono a stento. Allora E. si trasferì alla "Nuova Favorita" (dove sarebbe sorto più tardi l'Augarten). Solo nell'ottobre del 1680 poté fare ritorno nell'"ala leopoldina" della Hofburg, sontuosamente restaurata.
La corte di E. era il punto d'incontro per una cerchia di esponenti politici e diplomatici. Vi si svolgevano conversazioni, in cui E. interveniva in modo franco, acuto e informato. Particolarmente assiduo era il principe Wenzel Eusebius Lobkowitz, che per molti anni fu il principale ministro di Leopoldo I. Anche l'inviato francese J. Bretel de Grémonville, assai influente a Vienna, frequentò il salotto fin verso l'aprile del 1671, quando il diffuso clima antifrancese si manifestò anche nell'entourage di E., di cui era entrato a far parte il duca Carlo V di Lorena, in esilio. Il colto feldmaresciallo Raimondo Montecuccoli godeva ormai di speciale fiducia da parte di Eleonora. Anche Lorenzo Magalotti, che tra il 1675 e il 1678 fu ambasciatore toscano a Vienna, apprezzò molto l'atmosfera intellettuale del salotto di Eleonora.
Gli ambasciatori veneziani, nei loro rapporti da Vienna, lodavano concordi la bontà, l'intelligenza e la vivacità di E., sottolineando che essa riscuoteva il favore generale, ma notavano anche con quanta cura essa cercasse di conservarlo, vedendovi la causa della sua posizione di preminenza. Sia Marino Giorgi, nel 1671, sia Francesco Michiel, nel 1678, ritenevano che tutta la sua condotta puntasse a quest'unico scopo, facilitata dal fatto che le nozze di Leopoldo, per motivi politici, avvennero piuttosto tardi. L'infanta Margherita (m. 1673) giunse a Vienna come nuova imperatrice solo nel dicembre 1666. E. non si fece da parte, come gli Spagnoli avrebbero desiderato, ma combatté fino in fondo gli inevitabili conflitti di precedenza tra i due seguiti. Conquistò abilmente la simpatia della giovane imperatrice che, riservata com'era e inattiva, non fece alcun tentativo per ridimensionarne il ruolo. È comunque significativo che solo in questo periodo, a quanto risulta. E. manifestasse la seria intenzione di risposarsi con il re di Polonia Giovanni Casimiro V, che già in prime nozze aveva avuto per consorte una Gonzaga. Il progetto si arenò nel 1668, con l'abdicazione del re. Apertamente conflittuale fu invece il rapporto di E. con la seconda moglie di Leopoldo, la giovane Claudia Felicita, della linea tirolese, avvenente e piena di vita. Ma la sua precoce scomparsa, nel 1676, restituì all'imperatrice-madre un ruolo dominante. La nuova imperatrice, Eleonora Maddalena del Palatinato-Neuburg ricevette da lei protezione e nutrì perciò nei suoi confronti soprattutto gratitudine; si dedicò molto più alle opere pie che alla politica e alla rappresentazione barocca del potere. Tuttavia, la sua incoronazione sul trono d'Ungheria, nel dicembre del 1681, significò per E. la rinuncia a questo titolo e ai redditi connessi.
La notevole influenza esercitata da E. sull'imperatore suo figliastro è documentata in molti modi. Leopoldo, ad esempio, condivideva la sua antipatia verso il principe Johann Weikhard von Auersperg, già direttore del Consiglio segreto sotto Ferdinando III, e verso l'arciduchessa Anna, di casa Medici, madre della sua seconda moglie. Quando decise di far costruire l'ala nuova della Hofburg, l'imperatore sottolineò esplicitamente come alla sua decisione avesse contribuito l'appoggio di E. che approvava il suo desiderio di una residenza adeguata alle esigenze di rappresentanza. Nel 1664 E. non fu estranea alla nomina del conte Galeazzo Gualdo Priorato a consigliere imperiale e storiografo di corte: fu lei, infatti, ad affidare al Priorato il primo incarico, riguardante la stesura di una storia di Ferdinando III, che sarebbe rimasta incompiuta (il I volume, sugli anni fino al 1636, fu pubblicato a Vienna nel 1672). E. si preoccupò persino di far venire dall'Italia la carta necessaria per la ricca decorazione degli infolio. Poco successo ebbero i suoi tentativi di suscitare in Leopoldo aspirazioni alla gloria militare. Egli rifiutò di comandare le truppe che nel 1661 affrontarono i Turchi in Ungheria. Nel 1673, invece, prima della campagna del Reno condotta dal Montecuccoli, si lasciò convincere a raggiungere l'esercito in Boemia. Particolarmente gravida di conseguenze fu infine l'iniziativa presa da E. nel 1680 di invitare a Linz il padre cappuccino Marco d'Aviano, celebre missionario, predicatore e autore di miracoli, e di favorire il suo incontro con Leopoldo, nonostante la decisa opposizione dei consiglieri imperiali. Negli anni seguenti il cappuccino avrebbe acquistato grande influenza sul piano religioso e politico. I contemporanei riconoscevano pienamente l'autorità personale di E., come si può osservare in occasione delle trattative per le terze nozze di Leopoldo; gli agenti del Palatinato-Neuburg, attenti a orientare la scelta dell'imperatore sulla loro principessa, si garantirono per prima cosa l'appoggio di Eleonora. Nel 1684 il nunzio Francesco Buonvisi confermava indirettamente l'influenza di E.) dicendosi certo che le critiche rivoltegli in seno alla corte imperiale dipendessero dai suoi dissapori con Eleonora.
E. ostentava disinteresse per la politica, e gli ambasciatori stranieri confermavano che la sua popolarità dipendeva anche dal fatto che E. interferiva raramente negli affari politici. Ma la realtà era diversa dalle apparenze. Quando erano in gioco gli interessi della sua famiglia, E. agiva con grande decisione. Ciò vale innanzi tutto per quanto riguarda i rapporti tra Vienna e la natia Mantova. Schierandosi, nel 1652, a favore della politica ispano-imperiale in Italia, Carlo II aveva riacquistato la fortezza di Casale Monferrato, da tempo in mano ai Francesi. In seguito, però, si riavvicinò alla Francia, anche perché Vienna aveva promesso ai Savoia di restituir loro il vicariato imperiale, già conferito da Ferdinando III. Nel 1660, quando Leopoldo si recò nei territori ereditari per ricevere il giuramento di fedeltà, venne fissata una riunione familiare al fine di rinsaldare i legami tra il duca e gli Asburgo. A giugno E. incontrò la madre e il fratello a Judenburg, in Stiria; di lì si recò a Trieste, accompagnata da Carlo, che rese omaggio all'imperatore e ricevette l'investitura sui suoi territori, ivi compresi i piccoli possedimenti di Luzzara e Reggiolo, che restarono peraltro sotto il controllo di Guastalla. Nel 1671, durante il ducato di Ferdinando Carlo, questa disputa portò Mantova e Guastalla alle soglie di un grave conflitto, che E. riuscì a scongiurare grazie a un matrimonio tra suo nipote e Anna Isabella di Guastalla: questa soluzione assegnava definitivamente a Mantova, come eredità della sposa, il territorio conteso. Vienna tuttavia vedeva chiaramente la crescente dipendenza politica del giovane Ferdinando Carlo dai Francesi, che nel 1681 poterono rioccupare Casale. E. fece veementi quanto inutili sforzi affinché Leopoldo intervenisse per contrastare questa evoluzione.
E. agì con grande autonomia nei preparativi per le nozze delle sue due figlie. Il progetto, lungamente accarezzato, di dare la minore in sposa al re di Spagna Carlo II (nato nel 1661) naufragò contro la ferma opposizione di Leopoldo. Maria Anna Giuseppa sposò nel 1678 il futuro principe elettore Giovanni Guglielmo del Palatinato-Neuburg, fratello della terza moglie dell'imperatore, e morì nel 1689, senza figli. Eleonora Maria Giuseppa, invece, fu destinata al trono di Polonia. Il matrimonio con una sorellastra dell'imperatore avrebbe dovuto rafforzare la posizione del re Michael Korybut Wiśniowiecki, che era stato eletto in contrasto con una forte corrente filofrancese. La sposa fu accompagnata dalla madre e dalla sorella, tra il gelo e le alluvioni, fino a Częstochowa, dove il 27 febbr. 1670 furono celebrate le nozze. Nel 1673 la morte del marito costrinse la giovane regina ad abbandonare la Polonia. Il 6 febbr. 1678 essa sposò in seconde nozze Carlo V di Lorena e si stabilì a Innsbruck, dove Carlo era stato nominato reggente del Tirolo da Leopoldo. Eleonora Maria Giuseppa può essere considerata la capostipite degli Asburgo-Lorena: suo figlio Leopoldo fu il padre di Francesco Stefano, consorte di Maria Teresa imperatrice. Essa portò l'eredità mantovana del Monferrato ai Lorena, che la mantennero fino al 1722.
Il costante favore di E. per Carlo di Lorena si spiega con il suo grande senso della famiglia. Carlo era infatti suo lontano parente, attraverso una sua nonna Gonzaga. Inoltre, E. aveva in comune col genero anche una grande passione per le rappresentazioni barocche. Con queste doti, molto prima che per le sue virtù militari, Carlo si conquistò l'apprezzamento della corte imperiale: in occasione delle prime nozze di Leopoldo, ad esempio, egli inscenò un "balletto del destriero". Sia nel 1668-69 sia nel 1673-74 E. sostenne con un massiccio sforzo finanziario le aspirazioni di Carlo al trono di Polonia, anche quando ciò era in contrasto con le linee direttrici della politica imperiale. A distanza di un decennio, ella rimproverava ancora al nunzio Buonvisi il mancato appoggio alla candidatura del genero. L'ascesa di Carlo alla successione del Montecuccoli, a partire dalla metà degli anni Settanta, corrispose ai desideri di Eleonora.
Solo raramente gli interessi familiari di E. divergevano dalla politica imperiale, che in compenso in molte occasioni poté giovarsi della sua attiva partecipazione. Ad esempio, nel 1669, durante la crisi nei rapporti con la S. Sede, provocata dal fatto che il papa, nelle ultime nomine cardinalizie, non aveva scelto alcun candidato imperiale, E. fu incaricata delle trattative col nunzio A. Pignatelli e riuscì a ridurre la tensione tra Vienna e Roma. Leopoldo non disprezzava affatto le capacità di mediazione della sua matrigna, come dimostrò in altre situazioni critiche. Nell'agosto del 1670, ad esempio, quando si conducevano esitanti trattative di adesione alla triplice alleanza tra Olanda, Inghilterra e Svezia, Leopoldo lasciò a E. l'incarico di convincere l'ambasciatore francese della inalterata neutralità dell'Austria. Nel 1672, quando la Spagna avanzò rimostranze contro la politica filofrancese del principe Lobkowitz, l'imperatore incaricò E. di chiarire all'ambasciatore spagnolo che tali ingerenze non erano gradite.
L'occasionale partecipazione alle vicende politiche non impedì ad E. di intervenire con grande generosità anche nell'ambito più tradizionale delle attività pie e benefiche. Tra i beneficiati da E. fu Johann Georg Seidenbusch, di Monaco, che introdusse a Nord delle Alpi la Congregazione degli oratoriani. Egli insegnò ad E. una nuova tecnica pittorica, questa patrocinò, nel 1672, la stampa dei suoi canti sacri, destinati a conoscere numerose riedizioni.
E. favori gli Ordini religiosi con molti atti di liberalità, di cui uno ebbe conseguenze particolarmente significative in ambiente viennese: la costruzione della facciata della chiesa "Am Hof" (poi chiesa dei Nove Cori angelici), appartenente ai gesuiti. L'opera, assai originale e monumentale, caratterizzata da una balaustra a palcoscenico e dall'assemblaggio con le case vicine, fu ultimata nel 1662. Nella chiesa E. faceva allestire, ogni venerdì santo, un pregevole sepolcro, e dotò anche l'altare della terza cappella di sinistra con un dipinto attribuito a Ludovico Carracci. A Carpoforo Tencalla E. affidò invece la decorazione di una cappella nella chiesa degli Scozzesi. Il suo possibile ruolo come committente degli affreschi eseguiti dal Tencalla nella chiesa dei domenicani, in quella dei serviti e in un'altra cappella della chiesa "Am Hof" non è ancora stato studiato. Nel 1660, unitamente alla principessa vedova di Baviera, E. donò ai francescani in Terrasanta lampadari in oro ed argento, paramenti liturgici e immagini sacre. Il particolare sostegno da lei accordato ai carmelitani rispondeva a una tradizione asburgica risalente alla battaglia del Weissenberg. Sia E. sia Ferdinando III contribuirono con propri componimenti ad un'opera biografica sul carmelitano Domenico a Jesu Maria, cui si attribuivano grandi meriti per quella vittoria. Anche la defunta imperatrice Eleonora si era distinta in questa tradizione. E., per parte sua, dal 1660 in poi s'impegnò alacremente nella creazione di un convento carmelitano a Wiener Neustadt, che accolse le prime suore nel 1665 ed era destinato a sopravvivere fino al 1782 (negli anni 1793-94 fu trasformato in un teatro). E. acquisì inoltre speciali meriti nel campo dell'istruzione superiore femminile, chiamando a Vienna le orsoline, che iniziarono le loro attività nel 1660, e dal 1675 ebbero a disposizione il nuovo complesso, con convento, scuola e chiesa, nella vasta area situata nella Johannesgasse, dove sarebbero rimaste fino al 1960.
Un'innovazione che ha mantenuto desto il ricordo di E. nell'alta aristocrazia asburgica fu l'istituzione dei primi Ordini nobiliari femminili, modellati sugli ordini cavallereschi. Poco si sa di un primo ordine di questo genere, intitolato alle "Schiave della virtù" e sopravvissuto fino al principio del Settecento. L'Ordine della Croce stellata, fondato da E. il 18 sett. 1668, divenne il più illustre d'Europa, ed esiste tuttora come associazione religiosa.
Gli ultimi anni di E. furono tragici come la sua fanciullezza. Nel 1679, per sfuggire alla peste che infuriava a Vienna, la corte imperiale riparò a Praga. Di lì, al principio del 1680, E. si traferi a Königgrätz (Hradec Králové) e poi, in varie tappe, a Linz, dove già aveva soggiornato nel 1663-64, con i figli, in seguito all'avanzata turca. Questa volta, anche Leopoldo e la sua famiglia si ritirarono a Linz. Il ritorno nella capitale avvenne verso la fine dell'anno. Un'altra fuga si rese necessaria nell'estate del 1683. L'avanzata dei Turchi su Vienna costrinse i difensori a distruggere i quartieri periferici della città. E. dovette lasciare la Favorita. La sera del 3 luglio, mentre gli abitanti delle zone limitrofe cercavano rifugio entro le mura cittadine, E. fece trasportare in città i suoi averi. Il 7 luglio tutta la famiglia imperiale fuggì precipitosamente, prima sulla riva sinistra del Danubio e poi, in rapide tappe, a Linz, da cui risalì il fiume fino a Passavia. E. non si trattenne nella residenza vescovile, troppo piccola per la corte imperiale, e si recò a Innsbruck da sua figlia. Al suo ritorno a Vienna, trovò i castelli e i villaggi razziati e distrutti e la Hofburg danneggiata. Fece ancora in tempo ad assistere alla conquista di Buda da parte di Carlo di Lorena (2 sett. 1686), scrivendone nella sua ultima lettera diretta a Mantova.
Morì a Vienna il 6 dic. 1686 e fu sepolta nella cripta dei cappuccini, nella parte ampliata da Ferdinando III.
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(Korrespondenz), I-IV, München 1937-46, ad Indicem; H. Haupt, Archivalien zur Kulturgeschichte des wiener Hofes, I, in Jahrbuch der Kunsthistor. Sammlungen in Wien, LXXV (1979), p. XV, nn. 401, 411, 901; II, ibid., LXXVI (1980), nn. 1054 (?), 1394 s., 1405 s., 1410, 1436 ss.; III, ibid. LXXIX (1983), pp. X, XV, XIX s., XXIV, XXVI, XXIX, n. 1754, 1839, 1996, 2006, 2009, 2115, 2155, 2175, 2280, 2366, 2384, 2538, 2541, 2549, 2551, 2604, 2621, 2726, 2809, 2874, 2895; F. Wagner, Historia Leopoldi magni Caesaris Augusti, I, Augustae Vind. 1719, pp. 227-230, 449, 722 (refuso; in realtà 728); J. H. Zedler, Großes vollständiges Universal-Lexikon, Halle-Leipzig 1734 (Graz 1961), V, coll. 1692 ss.; VIII, col. 780 (con l'indicazione erronea del 1630 come anno di nascita, ripetuta spesso nella letteratura di lingua tedesca); F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia. II, Milano 1741, p. 321; F. Tonelli, Ricerche storiche di Mantova, IV, Mantova 1800 (con erronee indicazioni sul viaggio nuziale); A. M. Perrot, Historische Sammlung aller noch bestehender Ritterorden, Leipzig 1821 (poi sotto il titolo: Vom Hosenbandorden zur Ehrenlegion, con postfazione di A. Wolf, Dortmund 1980), pp. 21 s., [292, 294]; A. Wolf, Fürst Wenzel Lobkowitz, Wien 1869, pp. 66, 175, 181, 189 s., 199, 201, 208, 367 s., 372 s., 377 s., 384, 394 s., 430; M. Landau, cit., pp. 8-14, 26; G. B. Intra, Nozze della principessa E. G. coll'imperatore Ferdinando III d'Austria, in Arch. stor. lombardo, IV (1877), pp. 254-263; Id., Le due Eleonore Gonzaga imperatrici, ibid., XVIII (1891), pp. 342-363, 629-657; Id., Il monastero di S. Orsola in Mantova, ibid., XXII (1895), 167-185; J. Schwarz, Die kaiserliche Sommerresidenz Favorita auf der Wieden in Wien 1615-1746, Wien 1898, pp. 5-10, 14, 31, 35 s., 97; R. Quazza, La guerra per la successione di Mantova e del Monferrato (1628-1631), I, Mantova 1926, p. 266; G. Fochessati, I Gonzaga di Mantova e l'ultimo duca, Milano 1930, pp. 166-175 (la descrizione del viaggio nuziale contiene errori; cfr. Tonelli, cit.); H. F. Schwarz, The Imperial Privy Council in the 17thCentury, Cambridge, Mass., 1943, ad Indicem; A. Coreth, Das Eindringen der Kapuziner-Mystik in Österreich, in Mystische Theologie, III (1957), pp. 62, 64, 67, 92; W. Pillich, Die Flüchtung der Schatzkammer, des Archivs und der Hofbibliothek aus Wien im Jahre 1683, in Mitteilungen des Österreich. Staatsarchivs, X (1957), p. 137; E. Tomek, Kirchengeschichte Osterreichs, III, Innsbruck 1959, pp. 14, 18, 57, 84; A. Coreth, Kaiserin Maria Eleonore, Witwe Ferdinands III., und die Karmelitinnen, in Mitteilungen des Österreich. Staatsarchivs, XIV (1961), pp. 42-63; O. Redlich, Weltmacht des Barock. Österreich in der Zeit Kaiser Leopolds I., Wien 1961, ad Indicem sub voce Österreich; W. Sturminger, Herzog Karl V. von Lothringen und Bar (1643-1690), in Gestalter der Geschichte Österreichs, a cura di H. Hantsch, Innsbruck 1962, pp. 185-208; H. Kühnel, Die Hofburg zu Wien, Graz 1964, pp. 44 ss., 76 ss.; J. Sagmeister, Propst Johann Georg Seidenbusch von Aufhausen (1641-1729), in Beiträge zur Geschichte des Bistums Regensburg, II (1968), pp. 196 s., 323; W. Kitlitschka, Beiträge zur Erforschung der Tätigkeit Carpoforo Tencallas nördlich der Alpen, in Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte, XXIII (1970), pp. 208, 211, 214, 216, 222, 226; F. Czeike, Das große Groner-Wien-Lexikon, Wien 1974, pp. 378 s., 469, 556, 820; A. Lhotsky, Aufsatze und Vorträge, V, München 1976, pp. 87 s.; Österreichische Kunsttopographie, XIV, Wien 1914, pp. 180, 24, 216 s.; XLI, Wien 1974, p. 166 n. 43; XLIV, Wien 1980, pp. 235-240; A. Coreth, Pietas Austriaca. Österreichische Frömmigkeit im Barock, Österreich Archiv, München 1982, pp. 43, 58, 75; H. Schinidt, Zur Vorgeschichte der Heirat Kaiser Leopolds I. mit Eleonore Magdalena Theresia von Pfalz-Neuburg, in Zeitschrift f. bayer. Landesgeschichte, XLV (1982), pp. 299-330; A. Pandula, Damenorden und Auszeichnungen für Frauen im Reich der Habsburger, in Annales Universitatis scientiarum Budapestinensis de R. Eötvös nominatae, sectio hist., XXIII, Budapest 1983, pp. 271, 276-281; R. Reifenscheid, Die Habsburger in Lebensbildern. Von Rudolf I. bis Karl I., Graz 1984, pp. 168, 173, 175 ss. (non del tutto affidabile); Feste in Regensburg, a cura di K. Möseneder, Regensburg 1986, pp. 200-232; C. von Wurzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Österreich, VI, coll. 161 ss., 188.
Ritratti indicati in: H. W. Singer, Allgemeiner Bildniskatalog, III, Leipzig 1931, p. 202; Id., Neuer Bildniskatalog, II, Leipzig 1937, p. 12; G. B. Intra, Le due Eleonore, cit., p. 656, Id., Ilmonastero di S. Orsola, cit., p. 182; per l'iconografia cfr. Wien, Österreich. Nationalbibliothek, Porträt Sammlung, Pg 55 51/2 in Ptf 187.