ELETTROENCEFALOGRAFIA
(App. II, I, p. 837)
L'importanza attualmente assunta dall'e. in neurologia e nello studio delle epilessie in particolare obbliga a una più ampia esposizione.
L'e. studia l'attività elettrica spontanea e provocata del cervello in condizioni normali e patologiche. L'attività spontanea è denominata elettroencefalogramma (EEG) quando viene misurata da elettrodi applicati al cuoio capelluto; elettrocorticogramma (ECoG) se gli elettrodi sono a contatto della corteccia cerebrale. Inoltre, si parla di elettrodurografia se gli elettrodi misurano dalla superficie della meninge durale, e di stereoelettroencefalografia (SEEG) se gli elettrodi si trovano in piena massa cerebrale. Come potenziale evocato (EP, dall'inglese evoked potential) si indica la risposta EEG da stimoli.
L'EEG è generato dalle correnti ioniche prodotte dal metabolismo cerebrale principalmente a livello delle cellule piramidali. Le correnti, così prodotte, attraversano le meningi, la falda del liquido cerebro-spinale, lo spessore del cranio e, infine, il cuoio capelluto dove gli elettrodi captano l'EEG. Si tratta di tensioni elettriche debolissime dell'ordine di milionesimi di volt, o microvolt (μV), che per essere misurate debbono essere adeguatamente amplificate. Di tali correnti vengono precisate la tensione espressa in μV, la frequenza indicata in herz (Hz) o cicli per secondo (c/s), la forma d'onda e la localizzazione. Quest'ultima è dedotta dalla posizione sul cuoio capelluto dell'elettrodo o degli elettrodi, dai quali si misura una determinata attività.
Gli elettrodi, d'argento clorurato o dorato, sono applicati al cuoio capelluto con un collante (collodio elastico), o mantenuti in posizione da una cuffia a corde elastiche. Fra l'elettrodo e la cute è interposta pasta elettroconduttrice. Gli elettrodi sono disposti sulla superficie del cranio secondo una convenzione internazionale (10/20) che prevede in tutto 18÷21 elettrodi equidistanti in corrispondenza delle principali regioni cerebrali (fig. 1).
L'elettroencefalografo (fig. 2) è lo strumento che misura l'EEG. È costituito dall'insieme di più amplificatori (8÷16 nella pratica corrente), ognuno dei quali è completato da un sistema di registrazione. Ogni amplificatore ha due ingressi per gli elettrodi e un'uscita per il sistema di registrazione, che di regola è un galvanometro a scrittura diretta su un foglio di carta continua che scorre alla velocità di 15 o 30 mm/sec. L'insieme, costituito dall'amplificatore e dal sistema scrivente, prende il nome di ''canale''.
La misura dell'EEG può essere effettuata fra due elettrodi posti ambedue sul cranio o fra un elettrodo posto sul cranio e un elettrodo posto in un punto del corpo considerato ''indifferente'' dal punto di vista EEG, per es. il lobulo dell'orecchio. Si parla nel primo caso di ''derivazione bipolare'', nel secondo di ''derivazione referenziale''.
Il circuito dell'amplificatore è progettato in modo che se il segnale applicato al primo ingresso è negativo rispetto al segnale applicato al secondo ingresso, la penna del galvanometro si sposterà verso l'alto, mentre nel caso contrario si sposterà verso il basso. Quando fra i due ingressi non esiste differenza di potenziale, la penna resterà ferma sulla linea mediana, o ''isoelettrica''.
Il numero di misure simultanee che può effettuare un elettroencefalografo dipende ovviamente dal numero di ''canali'' che lo compongono.
I ritmi cerebrali. − L'EEG spontaneo è costituito da correnti alternate, o ''ritmi'', che in base alla frequenza vengono distinti in ''bande'' alfa: 8÷13 Hz, beta: superiore a 13 Hz, theta: 4÷7 Hz e delta: 0,3÷3,5 Hz.
Il ''ritmo alfa''. − L'attività EEG più evidente nell'adulto sveglio, rilassato e a occhi chiusi è un ritmo intorno ai 10 Hz, localizzato sulle regioni parieto-occipitali. Esso è continuo, oppure sporadico; tipicamente si presenta ''a fusi'' e ha una tensione variabile, che è mediamente di 50÷100 μV. È simmetrico, oppure più ampio a destra nei destrimani, a sinistra nei mancini. Apparentemente scompare, ma in effetti viene sostituito da ritmi più rapidi e di tensione molto bassa, quando il soggetto apre gli occhi, o compie una qualsiasi attività mentale. È questa la ''reazione di arresto del ritmo alfa''.
Si tratta del primo ritmo cerebrale descritto nel 1929 dal padre della e., H. Berger (1873-1941), e che egli stesso denominò con la prima lettera dell'alfabeto greco ''ritmo alfa'' (fig. 3).
Altri ritmi cerebrali. − In condizioni di veglia, oltre al ritmo alfa, sono riconoscibili nell'adulto un ''ritmo beta'' (15÷21 Hz), di voltaggio molto basso sulle regioni frontali, e un ''ritmo theta'' (6÷7 Hz) più evidente in soggetti giovani sulle regioni frontotemporali. Si può anche osservare un ritmo della banda alfa, generalmente sulle regioni parietali, che tuttavia non presenta la reazione di arresto e viene indicato come ''ritmo alfoide''. Sugli stessi territori del ritmo beta è possibile infine evidenziare un ''ritmo ad archetti'' o ''ritmo my'' (μ) che presenta una reazione di arresto al movimento controlaterale, per es. chiusura del pugno.
EEG nelle diverse età. − Dal momento della nascita fino all'età adulta l'EEG presenta una progressiva evoluzione. Nel bambino prevalgono ritmi lenti delle bande delta e theta che, con l'età, aumentano di frequenza, divengono progressivamente più regolari e definiti finché, verso la pubertà, assumono l'aspetto descritto nell'adulto. Un rallentamento e una relativa disorganizzazione dei ritmi cerebrali possono talvolta contrassegnare la senilità.
EEG nel sonno spontaneo. − Durante il sonno (fig. 4) l'EEG subisce caratteristiche modificazioni che nell'adulto vengono distinte in cinque stadi: 1) sonnolenza; 2) sonno molto leggero; 3) sonno leggero; 4) sonno profondo; 5) sonno dei movimenti oculari rapidi. Quest'ultimo coincide con l'attività sognante. I diversi stadi si alternano durante il sonno notturno. Prevalgono all'inizio ''stadi lenti'' 3 e 4, mentre il 5° stadio domina al mattino.
L'elettroencefalogramma nella patologia cerebrale. − Qualsiasi menomazione dell'attività cerebrale determina modificazioni dell'EEG localizzate, oppure diffuse. Una lesione cerebrale circoscritta − come un tumore, un ascesso, la chiusura di un vaso sanguigno − è contrassegnata sull'EEG dalla presenza di un'attività lenta, generalmente della banda delta (0,3÷3,5 Hz), sulla regione interessata (fig. 5). Tale attività, più o meno continua, reagisce poco o nulla all'apertura degli occhi e agli stimoli; è inoltre irregolare per tensione, per frequenza e per forma d'onda. In prossimità della lesione, specie se si tratta di un tumore infiltrante, il voltaggio è notevolmente basso. Se una forte reazione edematosa circonda la lesione, le modificazioni EEG sono più estese fino a interessare l'intero emisfero cerebrale sede della lesione.
Quando la compromissione cerebrale è globale, come per es. nelle encefaliti, il quadro è dominato da ritmi lenti delta e theta di tensione generalmente elevata. In altri casi, come dopo un trauma cranico, si osservano modificazioni in relazione con la compromissione dello stato della coscienza che sono assimilabili all'aspetto EEG del sonno lento ma, aggravandosi la condizione, si traducono in attività più irregolari e atipiche fino a sfociare nell'assenza di ogni attività EEG, o ''silenzio elettrico'' che spesso coincide con la morte.
L'elettroencefalogramma nelle epilessie. − È questo il capitolo più importante dell'elettroencefalografia. L'EEG è infatti ancora l'unica indagine strumentale in grado di documentare le crisi e gli aspetti subclinici delle epilessie. In realtà solo le misure elettromagnetiche sono in grado di segnalare fenomeni cerebrali come quelli epilettici che durano frazioni di secondo e sono altamente significativi. Anche la classificazione internazionale delle epilessie è basata sugli aspetti clinici correlati ai quadri EEG corrispondenti. Nell'intervallo fra le crisi i potenziali EEG più caratteristici sono le ''punte'', le ''onde aguzze'' e le loro combinazioni con un'onda delta: ''complessi punta-onda'' e ''complessi onda aguzza-onda delta''.
Le ''punte'' sono, come indica la parola, potenziali rapidi (20÷80 millisecondi), cuspidiformi, di fase negativa, o positiva, oppure difasici. Le ''onde aguzze'' sono analoghe alle punte, ma hanno una durata maggiore. I complessi punta-onda e i complessi onda aguzza-onda delta possono essere sporadici, ma spesso si organizzano in sequenze ritmiche. Tipica è la sequenza ''punta-onda 3 Hz'' dell'epilessia generalizzata non convulsiva ''piccolo male''.
Nelle epilessie generalizzate il quadro EEG intercritico è contrassegnato da complessi punta-onda o onda aguzza-onda delta, da punte anche organizzate in scariche o combinate in forma di complessi "polipunta-onda'' (fig. 6). Si è già detto dell'assenza piccolo male. La ''crisi convulsiva generalizzata'', ''grande male'', che costituisce il sintomo più drammatico e patognomonico delle epilessie generalizzate convulsive, può esordire con scariche di punte, o di complessi punta-polipunta-onda, oppure in forma di ''ritmo''.
Nel corso della crisi i potenziali epilettici, per es. se si tratta di punte, si fanno progressivamente piú ravvicinati e più ampi; segue una fase di grandi onde delta diffuse e, infine, con il cessare della crisi clinica e in coincidenza con il coma post-critico, può intervenire una fase di silenzio elettrico. Progressivamente si delinea poi un'attività lenta diffusa che aumenta di frequenza, si arricchisce di altri ritmi, si riorganizza e infine sfocia nel quadro EEG che esisteva prima della crisi.
I potenziali epilettici intercritici e durante le crisi epilettiche in casi di epilessie generalizzate hanno tipicamente una distribuzione bilaterale, più o meno diffusa, e tendono a comparire in maniera sincrona e simmetrica.
Le anomalie EEG nelle epilessie focali o parziali sono più o meno localizzate alla regione cerebrale interessata (fig. 7). Negli intervalli fra le crisi si presentano in forma di punte o di onde aguzze sporadiche tipicamente associate a onde lente della banda delta e/o theta, che possono essere indicative di una patologia anatomo-funzionale epilettogena identificabile come ''focolaio'' o ''focus'' epilettico. Il quadro EEG della ''crisi epilettica focale'' è variabile. A livello del focolaio si può osservare un progressivo aumento del numero e del voltaggio dei potenziali epilettici − ''reclutamento'' − oppure un ''ritmo'' o, infine, un'apparente depressione circoscritta del voltaggio. L'attività critica guadagna poi i territori circostanti fino a interessare più regioni dal lato del focolaio ed eventualmente anche dal lato opposto. Quando la crisi si generalizza il quadro EEG è simile a quello della crisi convulsiva generalizzata. Dopo la crisi, a livello del focus, può residuare un'attività delta, oppure si può assistere a un aumento dei potenziali epilettici, conosciuto come ''attivazione post-critica''.
Impiego dell'EEG nel trattamento chirurgico delle epilessie focali. − L'escissione chirurgica del focolaio epilettico va presa in considerazione quando le crisi non sono controllate dalle terapie mediche, sono talmente gravi e numerose da impedire una vita sociale soddisfacente e la regione cerebrale interessata non è di grande importanza funzionale. Prima dell'intervento si deve delimitare con la massima precisione il focolaio con registrazioni EEG diurne e notturne delle crisi e delle fasi intercritiche documentando al tempo stesso gli aspetti clinici. Si ricorre anche a registrazioni EEG con elettrodi durali o intracerebrali (SEEG). Gli aspetti anatomo-funzionali verranno indagati inoltre con ricerche radiologiche (arteriografia, TAC, ecc.), con la tomografia cerebrale a risonanza magnetica (MRI) o a emissione di protoni (PET), e anche con ricerche di previsione degli effetti postoperatori come la prova dell'amobarbital endocarotide.
Al momento dell'intervento l'elettrocorticografia seguirà passo passo l'exeresi del focus fino al suo completamento che dovrà idealmente coincidere con la scomparsa di ogni attività epilettica. I risultati positivi, ossia la guarigione dopo la sospensione di ogni terapia, si osservano nel 65÷70% dei casi operati; nei rimanenti casi spesso si nota un miglioramento della risposta alla terapia medica e solo eccezionalmente un peggioramento.
Elettroencefalografia computerizzata. − I computer hanno trovato un'utile applicazione anche nello studio dei segnali elettrici cerebrali; dapprima dei potenziali evocati (EP) e successivamente dell'attività spontanea in condizioni normali e patologiche.
I potenziali evocati. − Nell'EEG di superficie è impossibile rilevare le risposte delle aree corticali agli stimoli. Si tratta infatti di risposte che hanno un voltaggio molto basso e risentono gli effetti dell'impedenza elettrica offerta dai tessuti e dai liquidi interposti fra la corteccia e il cuoio capelluto dove sono applicati gli elettrodi. Al più è possibile rilevare le componenti più tardive delle risposte evocate a 200÷300 ms dallo stimolo in forma di un'onda triangolare sulle regioni del vertice (potenziale ''V'') identificabile, durante il sonno, con il ''complesso K''. Le altre risposte più precoci, per i motivi esposti, subiscono una riduzione del voltaggio tale da renderne impossibile il riconoscimento nell'EEG di superficie. Tali risposte hanno tuttavia una latenza piuttosto costante, ossia compaiono dopo un lasso di tempo definito e prevedibile rispetto al momento in cui è stato portato lo stimolo. Sulla corteccia cerebrale hanno una latenza ovviamente minore le risposte provenienti dalle aree di proiezione specifica, per es. le risposte occipitali per gli stimoli luminosi, le pa rietali per gli stimoli somatosensoriali e così via. Una latenza proporzionalmente maggiore hanno le risposte delle aree sensitive che elaborano il segnale fino al loro riconoscimento. Il computer viene innescato (trigger) di volta in volta e ripetutamente da uno stesso stimolo ed è in grado di sommare tutte le risposte elettriche di una data latenza. Dopo aver ripetuto anche centinaia di volte lo stesso stimolo, e sommandolo di volta in volta al precedente, si raggiunge un considerevole aumento del voltaggio generale e si possono quindi evidenziare anche le risposte di voltaggio più basso (fig. 8). Al tempo stesso si realizzano una media delle diverse risposte e una loro migliore definizione in quanto le altre attività EEG, non correlabili con lo stimolo, finiscono per essere cancellate dalle ripetute sommazioni.
Lo studio dei potenziali evocati (v. potenziale evocato, in questa Appendice) ha assunto un'importanza sempre maggiore e tale da farne oggi una disciplina a sé con propri trattati, riviste e congressi.
L'analisi computerizzata dell'elettroencefalogramma (CEAN: Computerized Eeg Analysis). − I ritmi cerebrali sono costituiti dalla somma di più ritmi elementari, o ''armoniche'', che sono riconoscibili con l'analisi matematica (J. B. J. Fourier). A tale scopo già in epoca pionieristica vennero realizzati analizzatori automatici di onda che furono principalmente impiegati per studi di psicologia. Nella pratica corrente, i sistemi di analisi di frequenza, integrati dagli spettri di potenza e dalle correlazioni, vengono oggi utilizzati per condensare i dati EEG ai fini della loro archiviazione e per agevolare il compito dell'esaminatore nel corso di EEG di lunga durata come quelli durante il sonno (somnogramma), nel controllo degli stati di coscienza (comagramma) o nel corso della narcosi chirurgica.
I computer sono stati più recentemente impiegati per realizzare rappresentazioni topografiche, o ''mappe'' (fig. 9), delle risposte evocate e di altre attività EEG che, nella loro più avanzata espressione, vengono utilizzate per la localizzazione tridimensionale delle sorgenti intracerebrali. Il computer riconosce il potenziale epilettico e fa una media dei potenziali identici verificatisi nel corso dell'esame EEG. Realizza poi una mappa delle polarità (rosso per positivo, blu per negativo) e della tensione (colore più intenso) dei potenziali mediati. Se la mappa è dipolare, come nell'esempio presentato, essa viene riferita e paragonata al dipolo teorico più simile a quello in questione. La localizzazione tridimensionale si ricava in base a un procedimento di ottimizzazione matematica che localizza il dipolo nell'interno di una sfera le cui dimensioni si adattano meglio alle misure craniometriche del soggetto in esame. Tale localizzazione riguarda attività EEG normali come i ritmi e i potenziali evocati, o patologiche come i potenziali epilettici. Essa può essere trasferita in altre ''immagini'' come quelle della tomografia cerebrale a raggi X (TAC), a risonanza magnetica (MRI), a emissione di positroni (PET) e così via, a tutto vantaggio di una documentazione clinica e sperimentale più completa.
Il progresso tecnologico ha consentito negli ultimi anni di misurare il corrispettivo magnetico dell'EEG, il ''magnetoencefalogramma'', o MEG (v. magnetoencefalografia, in questa Appendice).
Bibl.: Current practice of clinical EEG, a cura di D. W. Klass e D. D. Daly, New York 1979; J. R. Hughes, The EEG in clinical practice, Londra e Boston 1982; A textbook of neurophysiology, a cura di A. M. Halliday, S. R. Butler, R. Paul, Chichester 1987.