ELETTROFISIOLOGIA (XIII, p. 732)
Studia da un lato i fenomeni provocati nell'organismo animale dall'applicazione di un potenziale elettrico e, dall'altro, le manifestazioni elettriche dell'organismo vivente, indipendentemente da ogni azione elettrica esterna. I primi, o fenomeni elettrici passivi, consistono nell'eccitamento dei tessuti, in effetti elettrici secondarî e modificazioni funzionali varie, che possono andare fino alla distruzione dei tessuti stessi: su tali fenomeni v. quanto è detto nella voce citata. Si tratterà qui, in generale, delle manifestazioni elettriche che accompagnano tutti i processi della vita, cioè dei fenomeni elettrici attivi.
Manifestazioni elettriche che si verificano in alcuni pesci eran già note a F. Redi (1666), che studiò la torpedine, e a J. Walsh (1775) che dimostrò la scintilla di scarica del Gymnotus electricus: si tratta di osservazioni che non ebbero seguito. Lo studio dell'elettricità animale s'inizia con l'osservazione fatta da Luigi Galvani, il 20 settembre 1786: i muscoli di una rana, uccisa di recente, entrano in contrazione quando a mezzo di un arco bimetallico si stabilisce un circuito tra essi e il rispettivo nervo. Il Galvani ne dedusse che i muscoli della rana fossero naturalmente carichi di elettricità, positiva all'interno e negativa all'esterno di ciascun muscolo, e che l'elettricità determinasse l'eccitamento, scaricandosi attraverso l'arco metallico. Alla dottrina del Galvani si oppose A. Volta, il quale dimostrò che nell'arco di chiusura composto di due metalli eterogenei è contenuta una sorgente intrinseca di elettricità: ne nacque una lunga controversia tra il Volta, che affermava l'esistenza delle correnti metalliche, e il Galvani che sosteneva il contrario, tutto spiegando colle correnti muscolari. Tale polemica, a giudizio di L. Luciani, è una delle più memorabili e fruttuose nella storia delle scienze sperimentali: la dottrina del Volta condusse alla scoperta della pila, quella del suo grande emulo alla prima dimostrazione che i tessuti viventi, in generale, sono sede di sviluppo di correnti elettriche. Questa dimostrazione, dovuta al Galvani e a suo nipote G?. Aldini, si fonda sul fatto che si può produrre la contrazione in un preparato neuromuscolare anche escludendo del tutto i metalli, e precisamente facendo toccare la superficie del muscolo con l'estremità del nervo recentemente reciso e tenuto sollevato con una bacchetta di vetro: siffatta esperienza fondamentale venne ripetuta e confermata da E. Valli (1794) e da Alessandro von Humboldt (1798).
Lo studio dell'elettrofisiologia fu poi ripreso da L. Nobili (1827), che ad essa applicò il suo galvanometro astatico; nel 1838 Carlo Matteucci, continuando le indagini del Nobili, pervenne alla scoperta di quella che oggi dicesi corrente muscolare di demarcazione. Nel febbraio del 1842 lo stesso Matteucci comunicò all'Accademia delle scienze di Parigi un'altra scoperta, che è certamente una delle più belle e interessanti della fisiologia: il fenomeno della scossa secondaria, il quale consiste nella comparsa della contrazione in un muscolo gastrocnemio, il cui nervo isolato si trovi adagiato su un altro muscolo, ogni qualvolta quest'ultimo si contrae. Del gennaio 1843 è la prima nota di E. Du Bois-Reymond, a cui si deve tra l'altro la scoperta della corrente nel nervo e uno studio approfondito dei fenomeni elettrici che accompagnano l'attività dei tessuti.
Si è già ricordato che tra gli strumenti di esplorazione e misura dei fenomeni bioelettrici, il primo usato è stato il galvanometro moltiplicatore del Nobili: un progresso venne segnato dall'introduzione dei galvanometri costruiti secondo il principio di Desprez-d'Arsonval, a circuito mobile. Peraltro, tali strumenti presentano una grande inerzia e un periodo di oscillazioni grandemente più lungo della massima parte dei fenomeni elettrobiologici che si devono misurare. J. Bernstein introdusse, quindi, nel circuito galvanometrico un particolare interruttore (reotomo differenziale), allo scopo d'inserire il galvanometro soltanto durante una breve fase del processo fisiologico da analizzare; in tali condizioni sperimentali il fenomeno si può ricostruire mediante la registrazione di tante sue fasi successive, facendolo ripetere ritmicamente e chiudendo il circuito con un ritmo leggermente sfasato sul ritmo del processo medesimo. I risultati così ottenuti sono precisi: ma il metodo, che richiede un gran numero di determinazioni in serie, è applicabile solo allo studio di fenomeni che si ripetono in modo identico.
A. Waller (1889) poté indagare le variazioni elettriche nel cuore, con l'uso dell'elettrometro capillare. I tracciati elettrometrici non dànno, tuttavia, che un'immagine assai imperfetta delle variazioni di potenziale applicate allo strumento, giacché l'inerzia della colonna di mercurio e l'attrito lungo le pareti del capillare tendono a diminuire l'ampiezza e a prolungare la durata delle variazioni elettriche; una correzione sufficiente dei tracciati medesimi si ottiene mediante l'applicazione delle formule stabilite da G. J. Burch (1890). Attualmente, con l'introduzione dell'amplificatore a triodi, si può sacrificare la sensibilità alla fedeltà di registrazione: in tal modo, E. D. Adrian (1921), poi A. S. Gilson e G. H. Bishop (1927) hanno molto esteso i limiti d'uso della tecnica elettrometrica.
Tracciati direttamente utilizzabili si ottengono col galvanometro a corda di W. Einthoven (1901 e seguenti). Questo apparecchio (v. elettrocardiografia, XIII, pag. 721) è dotato di una sensibilità relativamente grande, ma il suo uso è limitato all'esplorazione di variazioni elettriche poco rapide. Infatti, esso è stato utilizzato soprattutto per studiare i fenomeni elettrici relativamente lenti del cuore, dei muscoli lisci e striati e della corteccia cerebrale; quando è stato utilizzato per l'esplorazione delle correnti d'azione del nervo, sia provocate che spontanee, l'interpretazione dei tracciati ha dato luogo a serie difficoltà.
I più recenti progressi nel campo dell'elettrofisiologia si ricollegano alla oscillografia. Si usano oscillografi elettromagnetici e oscillografi elettronici o a raggi catodici. L'equipaggio mobile dello specchio negli oscillografi elettromagnetici (di D. Dubois, di B. H. C. Matthews) comporta una certa inerzia, la quale tuttavia permette la registrazione d'una frequenza da 1000 a 2000 Hertz. L'oscillografo catodico è stato introdotto da H. S. Gasser e J. Erlanger nel 1922: con l'ausilio di amplificatori a valvole termoioniche, tale strumento permette una fedele registrazione dei processi più rapidi e dei potenziali più deboli; i tubi a gas (idrogeno o neo) sono particolarmente indicati per le ricerche in bassa frequenza, quelli a vuoto spinto per i fenomeni di alta frequenza. Una registrazione simultanea di due o più derivazioni, mediante oscillografi preceduti da amplificatori, hanno realizzato P. Rijlant (1931, 1934 e 1935), Adrian e Matthews (1934), G. Kayser (1934), R. Gesell (1935), W. Herkel e A. Weber (1937) ed altri. Oggi è possibile registrare simultaneamente dodici derivazioni differenziali distinte, le quali comportano l'intervento di ventiquattro amplificatori paralleli e corrispondono alle variazioni di potenziale di ventiquattro punti di un tessuto attivo, presi due a due (Rijlant, 1936).
Data la rapidità dei fenomeni elettrici da studiare, non è possibile la lettura diretta delle deviazioni degli strumenti, le quali perciò vengono registrate fotograficamente su carta o pellicola rapidamente scorrente.
I fenomeni bioelettrici si distinguono in tre categorie, le quali concernono: 1) la differenza di potenziale tra la superficie naturale di un tessuto e una superficie necrosata in seguito a lesione (potenziale e corrente di demarcazione); 2) la differenza di potenziale tra due superfici naturali non simmetriche di un tessuto o di un elemento, ovvero tra l'esterno e l'interno di un elemento (potenziale e corrente di riposo); 3) la differenza di potenziale tra due punti di uno stesso tessuto in diverso grado di attività, il caso estremo essendo tra un punto in massima attività e un punto in riposo (potenziale e corrente d'azione). Si tenga presente che i potenziali misurabili sono sempre inferiori, e in grado non determinabile, all'originario, giacché tra i due punti esplorati si formano, attraverso il connettivo e i liquidi interstiziali, circuiti derivati (shunt).
L'analisi dei fenomeni elettrici d'azione è stata eseguita particolarmente nei nervi. Tre ordini di variazioni caratterizzano l'attività elettrica del nervo: dopo una latenza brevissima, insorge un'onda negativa, di grande ampiezza e che può raggiungere i 50 mV.; seguono onde tardive, negative e positive, di ampiezza assai scarsa ma di notevole durata. La prima fase corrisponde alla depolarizzazione della membrana vivente, le successive al processo di ristoro riconducente la fibra nervosa verso le condizioni di equilibrio. In un nervo misto, la cui attività rappresenta la somma delle attività delle sue fibre costitutive, si possono distinguere onde di differente velocità di propagazione (Erlanger e Gasser, 1922 e 1924): le variazioni elettriche destate da stimolo artificiale ed esplorate a distanza dalla zona di eccitazione, comportano onde successive, le quali corrispondono alle attività di altrettanti gruppi di fibre, a caratteristiche di conduzione ed eccitazione distinte. L'esame delle caratteristiche elettriche dell'attività d'un nervo misto permette di definire la natura e l'intensità della modalità d'eccitazione; la durata delle onde e la velocità della loro propagazione definiscono la modalità d'attività (di senso o di moto) a cui esse corrispondono, mentre l'intensità e il numero delle risposte successive esprimono l'estensione, l'intensità e la durata del processo di attivita. Sul fondamento di questi studî, Erlanger e Gasser hanno distinto tre gruppi di fibre, designate colle lettere A, B1, B2 e C: la velocità di conduzione è grande per le fibre del gruppo A (15-50 m. al secondo nella rana e 50-80 nei Mammiferi); media per quelle dei gruppi B1 e B2 (per le prime, 8-16 m. al secondo nella rana e 15-35 nei Mammiferi; per le seconde, 3-5 m. al secondo nella rana e 10-15 nei Mammiferi); piccola per le fibre del gruppo C (0,3-0,8 m. al secondo nella rana e 1-2 nei Mammiferi). Il gruppo A comprende le fibre dell'innervazione motoria e sensitiva somatica; il gruppo B1 le fibre della sensibilità viscerale; i gruppi B2 e C le fibre del sistema ortosimpatico.
La contrazione del muscolo scheletrico è accompagnata da due ordini di variazioni di potenziale elettrico: le une sono analoghe a quelle che caratterizzano l'attività di ogni organo, le altre son dovute alle deformazioni meccaniche del sistema, secondarie alla sua attività. Con l'uso dei cosiddetti elettrodi concentrici di Adrian, che permettono la derivazione di correnti da singole fibre, si è visto che l'aumento della contrazione comporta aumento della frequenza degli eccitamenti in ciascuna unità motrice ed entrata in azione di un numero crescente di unità. La frequenza massima per unità è di 19-20 al secondo, mentre quella più comune è di 6-7. Il muscolo non ha un ritmo proprio, ma segue quello impostogli dal neurone motore. In numerosi lavori sono stati indagati i rapporti esistenti tra la grandezza, la forma della corrente d'azione muscolare e le condizioni in cui s'effettua la contrazione: cioè temperatura, condizioni del mezzo, composizione ionica, carattere isometrico o isotonico della contrazione stessa.
Le variazioni di potenziale, che accompagnano la contrazione del muscolo liscio, hanno un andamento estremamente complesso, contraddistinto dalla successione di serie d'onde positive e negative. Siffatta risposta ritmica delle fibre muscolari lisce (dell'intestino, dell'uretere, della vescica) sarebbe dovuta alla liberazione, a livello delle terminazioni nervose, del mediatore che modificherebbe prolungatamente la polarizzazione delle fibrocellule (A. Fessard, 1935; J. C. Eccles, 1936). Anche gli elementi muscolari delle pareti arteriose presentano variazioni elettriche durante il loro lavoro, sollecitato dalla distensione sistolica. Sull'esplorazione dell'attività elettrica del cuore nei Vertebrati, e più specialmente nell'uomo, v. elettrocardiografia (XIII, p. 721 ed in questa App.).
Mediante l'esplorazione elettrica delle vie afferenti cutanee muscolari e vasali e quella della sensibilità chimica e viscerale in genere, si è potuto dare diretta evidenza ai meccanismi intimi dell'attività dei recettori corrispettivi. Qualunque sia la localizzazione spaziale dell'elemento sensibile, l'attività elettrica delle vie afferenti presenta caratteristiche, che per una data modalità di sensazione sono le medesime: vale a dire, esiste una specificità di andamento reazionale dei recettori in funzione della natura della loro suscettività, indipendentemente dalla loro localizzazione. Così, le attività degli organi della lingua deputati alla recezione di stimoli chimici e quelle del ganglio intercarotideo, che intervengono in funzione della composizione chimica del sangue, sono essenzialmente le stesse per ampiezza, durata e velocità di propagazione; attività elettriche omologhe hanno i tensiocettori del seno carotideo, quelli della cute, del mesentere, della vescica, del muscolo scheletrico. Con particolare interesse è stato studiato il ritmo delle correnti d'azione, derivate dal nervo acustico e dal tratto auditivo. I numerosi tentativi, fatti allo scopo di studiare i rapporti tra fenomeni elettrici nel nervo e percezione del suono, hanno dimostrato l'importanza dei primi fatti messi in evidenza nel 1930 da E. G. Wever e C. W. Bray. Questi autori, applicando l'elettrodo attivo sul nervo acustico e portando la corrente, amplificata da 5000 a 100.000 volte, a un telefono disposto a 20 m. di distanza, in un ambiente "sordo", hanno udito la ripetizione dei suoni e delle parole che agivano sull'orecchio del gatto, con frequenza da 105 a 520 Hertz; l'effetto manca 15-20 minuti dopo la morte dell'animale e dopo la distruzione bilaterale della chiocciola, mentre si attenua in conseguenza della distruzione ipsilaterale di quest'ultima. Le ricerche ulteriori hanno portato a distinguere tali attività in quelle corrispondenti a variazioni elettriche limitate alla chiocciola e quelle appartenenti alla fibra nervea: la frequenza della risposta cocleare può raggiungere 12.000 vibrazioni per secondo, mentre la risposta nervea sarebbe limitata a una frequenza prossima a 1000.
L'esplorazione delle caratteristiche elettriche dell'attività retinica, nei Vertebrati, presenta grandi difficoltà d'interpretazione, per il fatto che l'organizzazione nervosa della retina è estremamente complessa. Essa ha servito a dimostrare, essenzialmente, i meccanismi dell'attività nervosa gangliare, che mascherano l'attività dei fotorecettori. Negli Artropodi, invece, le attività registrate sono sensoriali, giacché nessuna sinapsi è intercalata fra il territorio esplorato e la periferia sensibile; l'illuminazione provoca, in ciascuna fibra, la comparsa di una risposta sotto forma di treni d'onde del tutto comparabili a quelle messe in evidenza per gli elementi della sensibilità. Importante è il comportamento elettrico del nervo ottico dei Vertebrati. Dal nervo ottico del Conger vulgaris e della rana, Adrian e Matthews (1928) hanno potuto derivare un elettrogramma costituito da una serie d'impulsi discontinui, ogni qualvolta una piccola area della retina veniva illuminata: dopo una certa latenza, che è funzione della quantità di luce nell'unità di tempo, si ha una scarica d'impulsi di frequenza dapprima rapidamente crescente, fino a raggiungere un massimo di circa 200 per secondo, e poi declinante progressivamente fino a circa 40; se l'illuminazinne è durata almeno un secondo, in corrispondenza dell'oscuramento comparisce una nuova scarica d'impulsi frequenti. Quando la retina è illuminata nella sua totalità, le correnti del nervo ottico sono rappresentate da una serie di grandi onde regolari, di frequenza media pari a 15 per secondo; l'azione della stricnina favorisce lo stabilirsi di queste risposte ritmiche, che si originano non dagli elementi caratteristici dell'organo sensoriale ma da connessioni sinaptiche tra i varî neuroni.
La interpretazione dei tracciati raccolti mediante la diretta esplorazione dei centri presenta notevole difficoltà, la quale dipende dalla interferenza del gran numero di attività elementari appartenenti ai diversi neuroni. Si è provveduto a registrare l'attività di sistemi nervosi di organizzazione relativamente semplice: così Adrian (1930) ha osservato nella catena nervosa del bruco variazioni di potenziale lente, di frequenza regolare. Lo stesso autore (1932) ha descritto l'attività del ganglio ottico del Dytiscus marginalis (un insetto acquaiolo) la quale ricorda varî aspetti dell'attività gangliare della retina dei Vertebrati. Del ganglio simpatico cervicale del gatto, in seguito ad uno stimolo unico applicato alle fibre pregangliari, si osserva, dopo una latenza di 5-7 msec., una oscillazione negativa recante un apice corrispondente a 0,5 mV, oscillazione formata da tre componenti e poi da una quarta, avente una latenza propria di 30-40 msec. ancora presente dopo 70 msec.; delle tre prime componenti, soltanto quella corrispondente all'apice si continua nella fibra postgangliare. Sicché le cellule gangliari, allorquando vi giunge un eccitamento da un altro neurone, sono sede di complessi processi bioelettrici, dei quali uno solo attesta una perturbazione propagantesi al neurite, mentre gli altri si esauriscono nel pirenoforo medesimo. Nella midolla spinale si manifestano fenomeni bioelettrici delle fibre, deí neuroni associativi e dei neuroni motori, che si sovrappongono in vario modo (fig. 1). Sull'attività elettrica della corteccia cerebrale v. elettroencefalografia, in questa App.
La comparsa di una variazione dello stato elettrico durante l'attività non è una caratteristica esclusiva delle strutture nervose e muscolari. Tutti i fenomeni della vita sono costantemente accompagnati da manifestazioni elettriche, tanto che Waller chiamò queste ultime "caratteri distintivi della vita". Nella ghiandola salivare sottomandibolare è stata segnalata una variazione negativa tipica, durante le manifestazionì secretorie determinate dall'attività della corda del timpano; nel coniglio, la tiroide diventa negativa rispetto alla cute, per l'eccitamento del simpatico cervicale; l'attività secretoria delle mucose (dello stomaco, della lingua) è accompagnata da una variazione tipica della polarizzazione elettrica. Nelle uova di Urodeli, compaiono oscillazioni monofasiche di potenziale, che sarebbero in rapporto col processo della cariocinesi (B. Hasama, 1933). E anche nei germogli del grano, in accrescimento, sono state notate differenze di potenziale tra il coleoptile (positivo) e il colletto della radice (negativo); si tratta di potenziali d'azione che verosimilmente accompagnano la cariocinesi (S. Colla, 1928).
Bibl.: E. D. Adrian, The mechanism of nervous action, Oxford 1935; J. Erlanger e H. S. Gasser, Electrical signs of nervous activity, Filadelfia 1937; A. Herlitzka, Elettrofisiologia (cap. XIII del Trattato di fisiologia diretto da F. Bottazzi), Milano 1937; P. Rijlant, Exploration du fonctionnement des organes par les manifestations électriques de leur activité, in Annales de Physiologie et de Physicochimie biologique, XIII, (1937), p. 797; H. Schaefer, Elektrophysiologie, 2 voll., Vienna 1940 e 1942.