ELETTROMETALLURGIA (XIII, p. 744; App. II, 11, p. 300)
L'applicazione dei metodi elettrochimici ed elettrotermici nel campo della metallurgia, cioè l'e. di tipo elettrochimico, o elettrotermico, può aver per scopo: l'estrazione di metalli da minerali o da composti che derivano dall'elaborazione dei minerali stessi (e. estrattiva); la loro raffinazione, ed infine la loro finitura per scopí estetici o di protezione contro la corrosione. In varî di questi campi, i progressi compiuti negli ultimi decennî sono stati numerosi, e notevoli, per quanto concerne sia le conoscenze scientifiche, sia il ritrovamento, la messa a punto e lo sviluppo industriale di nuovi procedimenti per le lavorazioni tradizionali, nonché l'applicazione a nuovi scopi. Nella trattazione che segue non sarà trattato il campo dell'elettrometallurgia di tipo elettrotermico (in particolare l'elettrosiderurgia), per il quale v. Vol. XV, p. 98 ss.
Nel campo dell'e. estrattiva, continua a primeggiare, per l'importanza qualitativa e quantitativa, la produzione elettrolitica dell'alluminio metallico, passato, in poco più di un cinquantennio, da produzioni mondiali annue dell'ordine di 10.000 a produzioni dell'ordine di 3.000.000 di tonn. I progressi da rilevare in questo settore riguardano sia la tecnologia, sia le conoscenze teoriche dei processi.
Per quanto riguarda la tecnologia, sono da segnalare, anzitutto, modifiche apportate alla composizione dei bagni, attualmente del tipo: 80-90% (peso) Na3AlF6; 0-6% AlF3; 5-10% CaF2; 3-5%, Al2O3; mentre sono stati proposti anche bagni con 10-20% NaCl. Si è poi attuata una graduale riduzione della densità di corrente anodica, la quale, specie nel caso degli anodi Söderberg, è ora dell'ordine di 0,8 A/cm2. La capacità di produzione delle celle ha talora raggiunto massimi rilevanti, con correnti fino a 100.000 A. Le tensioni sono dell'ordine di 4,5-5,2 volt ed i rendimenti di corrente di 85-90%, e pertanto i consumi di energia da 17 a 20 kWh/kg di alluminio prodotto.
Per quanto riguarda le conoscenze teoriche, le sempre più serrate indagini sembrano ormai destinate a chiarire il meccanismo dei processi, che conducono alla decomposizione dell'allumina (Al2O3), disciolta nei bagni a base criolitica. La separazione catodica di alluminio metallico e lo svolgimento anodico di una miscela CO/CO2 (essendo il carbonio ceduto dagli anodi), pur rispondendo a un ovvio bilancio globale di materie, sono il risultato di processi, il cui meccanismo non è certo evidente. Poiché il trasporto della corrente, in seno al bagno, è certo in gran parte dovuto agli ioni Na+, e F-, è stato, e da alcuni è ancora, ammesso che gli ioni stessi siano anche i protagonisti dei processi elettrodici primarî, ai quali farebbero seguito processi secondarî spontanei, a meccanismo chimico, che condurrebbero al risultato finale. Questo punto di vista è in contrasto con i risultati dei più recenti ed approfonditi studî teorici e sperimentali sull'argomento. I compiti del trasporto della corrente e della partecipazione ai processi elettrodici non sono affatto necessariamente cumulati dai costituenti dei bagni sottoposti all'elettrolisi, svolgendosi essi con meccanismo sostanzialmente diverso, sotto l'azione di forze di natura ed entità pure assai differenti.
Per quanto riguarda il processo catodico, il meccanismo di separazione primaria di sodio, con successivo spostamento dell'alluminio metallico, per processo spontaneo, implicherebbe (come in ogni processo spontaneo) una dissipazione di lavoro (in senso termodinamico), della quale le misure di sovratensione elettrodica non hanno finora confermata l'esistenza mostrando come i processi catodici si svolgano in condizioni assai vicine a quelle di reversibilità termodinamica, in relazione alla composizione locale del bagno. La separazione di sodio metallico sovrapposta a quella di alluminio è resa possibile (nonostante la minor nobiltà del sodio) per l'accumularsi di "donatori di sodio" e per l'impoverimento di "donatori di alluminio" alla superficie catodica; specie quando i valori della densità di corrente sono eccessivamente elevati, in proporzione al tenore dei donatori di alluminio, che possono pervenire alla superficie stessa pressoché unicamente per diffusione.
Considerazioni abbastanza simili valgono per i processi anodici, per i quali l'ipotesi di una separazione primaria di fluoro è pure da scartare; ma il cui meccanismo è notevolmente più complesso (oltreché affetto da apprezzabili cause di irreversibilità). Pure ancora da chiarire sotto varî aspetti è il meccanismo di insorgenza del cosiddetto "effetto anodico", cioè dei forti aumenti di tensione che corrispondono a un anomalo andamento dei processi anodici, e che incidono in maniera apprezzabile sui consumi di energia.
Numerosi altri quesiti sono tuttora aperti all'indagine.
Sempre tra le applicazioni estrattive dell'elettrolisi ignea, hanno carattere di novità varî procedimenti di produzione, per es. del titanio per elettrolisi: a) del biossido sciolto in bagni di cloruri o fluoruri o sali ossigenati varî; oppure b) di alogenuri (di TiIII o TiII), in miscela con alogenuri alcalini; c) di fluotitanato (K2TiF6) sciolto in cloruro sodico. Anche processi con anodi solubili (di TiC, o di TiN, o di titanio impuro) sono ora allo studio. Si tratta, peraltro, di procedimenti sulla cui applicabilità industriale è ancora doverosa una riserva. L'elettrolisi ignea in bagni di fluoruri apre interessanti prospettive per la produzione anche di zirconio e di cromo (da bagno di K3CrF6 in NaCl).
Tra i numerosi metodi, attualmente allo studio, o in uso, per la produzione di uranio metallico, un posto non certo trascurabile assumono quelli per elettrolisi di KUF5 o di UF4 in bagni di miscele di CaCl2 e NaCl.
Interessante è pure la produzione del torio, per elettrolisi ignea del fluoruro doppio ThF4KF, la quale fornisce un prodotto pulverulento, poi pressato e sinterizzato, o fuso nel vuoto (o in atmosfera di gas inerti).
Alcune terre rare: cerio, lantanio, neodimio, didimio (nonché preaseodimio, samario, gadolinio, ecc.) sono ottenute per elettrolisi dei loro cloruri fusi (in miscela con NaCl, KCl) e talora dei fluoruri, eventualmente con catodi fusi di magnesio, o di cadmio, o loro leghe, dai quali si separano per successiva distillazione.
Il boro è ottenibile da bagni di fluoborato e cloruro potassici (con eventuale aggiunta di B2O3).
Il tantalio metallico può pure essere ottenuto per via elettrolitica da bagni di fluoruri, contenenti fluotantalato potassico e pentossido di tantalio (oltreché eventuali alogenuri alcalini). Analoghi processi sono stati studiati per la produzione di niobio.
Altre applicazioni estrattive ormai tradizionali dell'elettrolisi ignea sono la produzione del sodio, del magnesio, del calcio metallici. In ognuna di esse sono stati raggiunti apprezzabili progressi tecnologici. Nelle moderne celle di produzione del magnesio, dove come bagni si usano miscele di cloruro anidro con NaCl, KCl, i consumi di energia si sono apprezzabilmente ridotti, scendendo a valori dell'ordine di 17 kWh/kg di metallo. La produzione elettrolitica del calcio (sempre basata sull'impiego di bagni di cloruro) è ora attuata in celle fino a 10.000 A. In questo campo, è da rilevare che il sodio, il magnesio, e qualche loro lega sono divenuti i riducenti preferiti, per la produzione, per via chimica, di altri metalli, meno agevolmente ricavabili per elettrolisi, e la cui produzione elettrometallurgica diretta è stata largamente sostituita (è il caso del berillio, che è ora preparato, a preferenza, per riduzione del fluoruro mediante magnesio).
Un nuovo campo di applicazione in rapido sviluppo è quello della produzione di litio metallico (di notevole interesse nel campo della energia nucleare) da bagni di cloruri di litio e potassio.
L'elettrolisi ignea ha trovato, e trova, impiego anche per scopi di raffinazione, effettuata con anodi "solubili", i quali cioè cedono al bagno ioni del metallo da raffinare, che si separa al catodo allo stato di purezza più elevata. Nel caso, di particolare importanza, dell'alluminio, mentre continua a trovare impiego il metodo di raffinazione Betts (cosiddetta elettrolisi a tre strati), ha suscitato notevole interesse il processo in bagni di cloruri, sulle cui prospettive di affermazione sembra ancora prematura ogni previsione.
Tra i processi di estrazione in ambiente acquoso, precipua importanza continua ad avere quello della produzione dello zinco (v. Vol. XXXV, p. 946). In questo campo, si devono segnalare significativi progressi in tutta la tecnologia inerente alla preparazione delle soluzioni (di solfato di zinco, acide per acido solforico), con sempre più efficace eliminazione delle impurezze deprimenti dei rendimenti di corrente. Particolari artifici, rivolti ad attenuare sia l'attacco degli anodi (in piombo legato con argento), sia l'inquinamento dei catodi, ad opera dei prodotti dell'attacco stesso, hanno permesso significativi aumenti del titolo del metallo catodico. Anche l'elaborazione per via elettrolitica di minerali non tradizionali ha segnato affermazioni di rilievo.
Sempre notevole importanza rivestono i procedimenti di estrazione elettrometallurgica del cadmio, come sottoprodotto dell'industria dello zinco e sempre attuata con i tradizionali bagni solforici. Minore importanza, soprattutto quantitativa, hanno gli altri sottoprodotti dell'industria stessa ancora risultanti da operazioni elettrochimiche, e cioè l'indio e il gallio.
Un processo estrattivo in ambiente acquoso, di notevole interesse e di relativamente recente affermazione, è quello del manganese ricavato da minerali a base di biossido, assoggettati a parziale riduzione allo stato di composti di manganese bivalente. Tale produzione è attuata mediante un processo ciclico, in celle a diaframma, nelle quali la soluzione solforica, arricchita e neutralizzata per lisciviazione, viene immessa nel catolito; mentre l'anolito estratto dalle celle è utilizzato come lisciviante.
Tra i processi elettrometallurgici estrattivi in ambiente acquoso, crescente importanza hanno assunto quelli di produzione di cobalto e nichel, grazie all'adeguato controllo delle caratteristiche di purezza ed acidità dei bagni (a base solforica con cicli, in cui l'elettrolita esausto e arricchito in acido libero passa a disciogliere idrossidi ottenuti per precipitazione da soluzioni primarie).
La produzione di cromo metallico ad alta purezza è una possibile applicazione dei metodi estrattivi per via umida, utilizzando soluzioni acquose di acido cromico purissimo (con 0,5-i % di solfato), anodi insolubili in piombo e densità di corrente elevate; oppure con bagni a base di allume di cromo e ammonio, in celle a diaframma.
Tra i processi di raffinazione in mezzo acquoso, predominante importanza qualitativa e quantitativa assume la raffinazione elettrolitica del rame, la quale continua a coprire l'intero fabbisogno di questo metallo per applicazioni elettriche. In rapido sviluppo è la raffinazione elettrolitica del piombo. Il sempre più generale consenso sui vantaggi conseguibili, con l'impiego di piombo purissimo in molti dei suoi tradizionali campi di applicazione (rivestimenti resistenti alla corrosione; accumulatori, ecc.), il fatto che il metodo elettrolitico è decisamente superiore agli altri, sia ai fini dell'eliminazione del bismuto, cioè di una delle più importanti e delle più dannose impurezze, sia ai fini del ricupero dei costituenti secondarî pregiati, spiegano questa affermazione.
In questo campo si è avuta la prima importante applicazione industriale dei bagni a base di acido solfammico (HSO3 • NH2) introdotti nella tecnica con il brevetto italiano 268824 (15 dicembre 1938) di L. Cambi e R. Piontelli, e sistematicamente studiati e sviluppati da R. Piontelli e collaboratori. Nel 1948 è entrato in funzione, nello stabilimento di Paderno Dugnano (A. Tonolli e C.), il primo importante impianto, della capacità produttiva di 10 tonnellate al giorno di piombo catodi (vedi fig.), che da allora è rimasto ininterrottamente in servizio ed è ora in fase di ampliamento. Nel 1952 entrava in servizio a S. Gavino Monreale (Sardegna) un impianto pilota della S. A. Montevecchio, successivamente (1955) portato alla capacità di 15 tonn./giorno e di cui è previsto l'ampliamento alla capacità di 100 tonn./giorno.
Nonostante il prezzo su varî mercati superiore a quello dell'acido fluosilicico, finora esclusivamente usato (processo Betts), i vantaggi dell'acido solfammico (acido forte, cristallino, stabile, non igroscopico e non nocivo agli animali, di agevole immagazzinamento, trasporto, manipolazione) e l'ottimo comportamento elettrochimico (per la pratica insolubilità di Bi, Sb, As e la scarsa solubilità di Sn, cioè delle impurezze più pericolose ai fini della raffinazione) assicurano al procedimento italiano larghe possibilità di sostituirsi ai processi preesistenti. Un tipo di bagno usuale contiene 80 g/l Pb e 70 g/l di acido libero, con aggiunte atte a conferire ai depositi catodici struttura compatta. I consumi di energia sono dell'ordine di 170 kWh/tonn.
Anche nel campo tradizionale dell'e. dei metalli nobili e preziosi, una novità di rilievo è costituita dall'applicazione dei bagni solfammici, per la raffinazione dell'argento, in sostituzione dei tradizionali bagni nitrici.
Tra gli spunti che, pur richiamandosi a precedenti lontani (tipo il processo Marchese per i minerali cupriferi), hanno solo recentemente ritrovato interesse, è da ricordare l'elaborazione elettrochimica diretta di anodi con tenori di zolfo relativamente elevati, che potrebbe divenire attuale nel campo dell'industria del nichel.
Un campo interessante, tuttora in fase di studio, è quello delle applicazioni dei catodi ad amalgama.
Lo sviluppo dei metodi elettrometallurgici di finitura dei metalli a scopo estetico, e soprattutto di protezione, è stato, negli ultimi decennî, quantitativamente imponente, anche se non ancora adeguatamente disgiunto dall'empirismo, che ha sempre largamente dominato questo campo, i cui progressi sarebbero certo assai più sicuramente affidati a più solide basi scientifiche, che non all'inesausto filone dei brevetti, inerenti ai cosiddetti agenti di addizione, troppo spesso fallaci panacee di alchimistica memoria. Si devono segnalare alcune realizzazioni dì notevole importanza quantitativa: la stagnatura elettrolitica continua, la zincatura continua dei fili, la deposizione di nichel, cromo, rame, ferro in forma di depositi "a spessore" per finitura o riparazione di pezzi per meccanica, matrici, ecc. Tra le novità, l'affermazione in varî campi dei bagni a base di fluoborati. Anche i bagni a base di solfammati si sono rivelati atti a fornire: depositi di nichel di proprietà fisiche particolarmente pregevoli (e già affermati nella nichelatura a spessore), depositi di leghe nichel-cobalto, sotto molti riguardi preferibili ai depositi di nichel "lucido"; rivestimenti di rodio, di rame, di ferro ed altri ancora.
Anche nel campo dell'ossidazione anodica dell'alluminio, i rivestimenti ottenibili da tali bagni si distinguono, nonostante il minor spessore, per la maggior compattezza, che può favorirli per particolari impieghi, pur non permettendo loro ancora di competere con i metodi tradizionali, in continuo sviluppo.
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