Elettronica molecolare
Disciplina che studia la risposta a stimoli, elettrici ed elettromagnetici ma anche chimici e magnetici, di molecole, aggregati atomici e molecolari di dimensioni nell'ordine dei nanometri. L'e. m. è di grande interesse per la produzione di circuiti elettronici per computer le cui operazioni siano effettuate da molecole singole; si considera parte di essa anche lo studio dei sensori molecolari, ovvero di quelle molecole le cui proprietà fisiche cambiano in presenza di altre molecole. L'e. m. è multidisciplinare e fa ampio uso di fisica dello stato solido, chimica, scienze dei materiali e biologia; i due contributi fondamentali per essa vengono dalle tecniche degli strati autoassemblanti monomolecolari (SAM, Self-Assembled Monolayer) e di microscopia a effetto tunnel e a forza atomica. Un SAM è una struttura in cui un singolo strato di molecole è adsorbito in maniera ordinata su una superficie solida.
Il microscopio a effetto tunnel a scansione (STM, Scanning Tunneling Microscope), è uno dei principali strumenti per lo studio delle proprietà elettriche di singole molecole (fig. 1). Una sottilissima punta metallica è posta a frazioni di nanometro di distanza da una superficie metallica o semimetallica; applicando una differenza di potenziale elettrico tra punta e substrato viene misurata una corrente tra i due, dovuta a effetto tunnel. La punta viene spostata parallelamente e perpendicolarmente rispetto alla superficie, con movimenti controllati di ampiezza inferiore al decimo di nanometro, in modo da mantenere costante il valore della corrente. Il percorso della punta fornisce informazioni sulla topografia e sulle proprietà elettriche della superficie analizzata. Nella microscopia a forza, o interazione, atomica (AFM, Atomic Force Microscopy) la punta è a contatto con la superficie da analizzare: la scansione viene effettuata mantenendo costante il valore della forza repulsiva tra punta e superficie, e l'immagine che si ottiene è direttamente connessa alla topografia con una risoluzione molecolare. La punta utilizzata per la scansione può essere utilizzata anche per modificare meccanicamente le superfici, ciò consente, a bassa temperatura, di muovere atomi singoli.
L'e. m. ha sfruttato le enormi possibilità della chimica organica, tanto che in elettronica si parla di un passaggio dall'era del silicio a quella del carbonio. I nanotubi, reticoli esagonali di atomi di carbonio arrotolati su sé stessi a formare un lungo filo di diametro compreso tra 10 e 20 nm e lunghezza fino a 100 µm (fig. 2), sono i materiali più studiati in e. m. per le loro proprietà elettriche e meccaniche, e sono i candidati a sostituire i collegamenti elettrici in circuiti di dimensioni molecolari. Il successo dei nanotubi come materiali per l'e. m. risiede appunto nella possibilità di modularne le proprietà elettriche e nella relativa facilità con cui possono essere manipolati con l'AFM. I nanocristalli di metalli (Au, Ag, Cu ecc.) e semiconduttori (CdS, CdSe ecc.), particelle di dimensioni attorno ai 5÷15 nm che presentano al loro interno una struttura ordinata, vengono spesso impiegati per realizzare contatti molecola-metallo.
Un'altra area da cui l'e. m. attinge idee e metodi è la chimica sopramolecolare, che studia complessi molecolari legati da interazioni deboli di tipo elettrostatico, dispersivo o legame a idrogeno, dette sopramolecole. Questi composti sono stati proposti come interruttori molecolari o come elementi di memoria, potendo associare l'unità di informazione a due o più conformazioni stabili in cui la sopramolecola può trovarsi. Inoltre, le interazioni intermolecolari studiate dalla chimica sopramolecolare potranno determinare l'assemblaggio automatico di circuiti molecolari. Alcune biomolecole sono state prese in considerazione da vari ricercatori per la loro inclusione in circuiti molecolari. L'uso di proteine fotosintetiche, come la batteriorodopsina, è stato proposto per lo sviluppo di memorie ad accesso casuale (RAM, Random Access Memory) basate su processi di lettura/scrittura controllati dalla radiazione elettromagnetica ed è stato proposto l'uso del DNA come filo molecolare. Le capacità di riconoscimento reciproco di filamenti complementari di DNA possono essere impiegate per aggregare in maniera automatica centinaia di componenti a partire da una soluzione in cui ciascun componente molecolare è legato a uno o più filamenti di DNA, una tecnica già usata in alcune metodologie cliniche.
Misure elettriche su fili e rettificatori molecolari
Le immagini di molecole adsorbite su superfici metalliche ottenute con lo STM sono la prima misura implicita delle proprietà elettriche di una singola molecola; la risoluzione delle immagini dipende dalla dimensione della punta metallica. Le prime immagini di strutture submolecolari sono state ottenute alla fine degli anni Ottanta del 20° sec.; nei primi esperimenti sono stati studiati monostrati di piccole molecole organiche e inorganiche adsorbite su superfici metalliche. Queste misure chiarirono subito che, più che di conduzione molecolare, è opportuno parlare di conduzione delle giunzioni substrato-molecola-metallo; infatti, fu osservato che molecole uguali danno immagini diverse a seconda del substrato e addirittura della posizione in cui si trovano rispetto agli atomi sottostanti. Lo sviluppo delle teorie sulla conduzione elettrica ha preso spunto dalla necessità di interpretare le immagini STM. Se la molecola di interesse ha una maggiore conduttanza, per es., se è una molecola coniugata o forma un legame chimico con la punta, l'immagine STM permette di localizzarla e le proprietà elettriche misurate possono essere attribuite a tale molecola e non al monostrato. Una possibile variante consiste nel depositare sopra il SAM alcune nanoparticelle per generare un contatto molecola-metallo più riproducibile. La corrente che attraversa la molecola viene misurata ponendo a contatto la nanoparticella con la punta metallica di un AFM. Un'altra tecnica è basata sulla costruzione di un nanoporo, ovvero di un foro di circa 30 nm di diametro, in una membrana di nitruro di silicio sospesa su un elettrodo di oro. All'interno del nanoporo viene adsorbito un monostrato di molecole sul quale successivamente viene depositato un elettrodo metallico.
L'esperimento non permette di studiare il comportamento di una singola molecola ma fornisce importanti risultati. Misurando la dipendenza della corrente dalla temperatura è stato mostrato che il meccanismo dominante in questo tipo di giunzioni è quello anelastico. Queste giunzioni hanno inoltre proprietà di 'rettificazione', ovvero la conducibilità per potenziali di segno opposto è molto diversa. Per controllare l'orientazione della molecola rispetto al metallo, anziché formare un legame chimico molecola-metallo, si sfruttano le proprietà di autoassemblaggio di molecole anfifiliche. La molecola prescelta è stata infatti sintetizzata in modo da possedere una lunga catena alchilica (apolare) legata al frammento carico positivamente; ciò permette di formare un monostrato di Langmuir-Blodgett in cui la componente polare aderisce alla superficie e la coda apolare è orientata circa perpendicolarmente alla superficie. Un'altra tecnica consiste nel depositare per evaporazione uno strato di oro sul monostrato molecolare, costruendo così una giunzione oro-monostrato-oro con notevoli capacità di rettificazione. Il difetto principale di questo e di altri dispositivi è la mancanza di stabilità termica della giunzione.
Una lunga serie di esperimenti utilizza una configurazione planare per le misure elettriche, simile a quella utilizzata dai componenti di microelettronica, in scala molto maggiore. Utilizzando una tecnica denominata litografia a fasci elettronici, è possibile costruire elettrodi distanti circa 50 nm. Tra di essi può essere posta una molecola sufficientemente lunga, come un nanotubo, e si può misurare la curva corrente-potenziale; in questo modo è stata provata la teoria che prevedeva l'esistenza di nanotubi metallici e semiconduttori. Il posizionamento può avvenire per manipolazione con AFM, ma spesso il nanotubo è fatto accrescere direttamente sulla giunzione. Si è osservato che i nanotubi metallici conducono la corrente balisticamente, ossia i loro stati elettronici sono in risonanza con le energie di Fermi degli elettrodi e il coefficiente di trasmissione è prossimo a 1. In tali casi la resistenza della giunzione è determinata dal contatto elettrodo-molecola, sul quale si possiedono ancora poche informazioni. Uno dei vantaggi principali della configurazione planare risiede nel fatto che, oltre a misurare le proprietà di conduzione elettrica, l'uso di nuove tecniche derivate dall'AFM consente di studiare alcune proprietà fisiche del nanotubo, quali il potenziale elettrostatico e la temperatura locale, determinate dal passaggio della corrente. Nel 2000 P.L. McEuen ha condotto questi studi mostrando che la conduzione in nanotubi semiconduttori è limitata dalla presenza di ulteriori barriere di potenziale probabilmente legate a imperfezioni strutturali del nanotubo. La configurazione planare offre inoltre la possibilità di costruire componenti a tre terminazioni, come i transistori descritti nel seguito.
Altre tecniche (elettrodeposizione ed elettromigrazione) sono state proposte per costruire elettrodi planari con facce poste a 1 nm di distanza e per misurare proprietà di molecole più piccole dei nanotubi. Particolarmente affascinante è apparsa la possibilità di utilizzare il DNA come filo molecolare. Nel 1993 J.K. Barton ha dimostrato che una reazione di trasferimento elettronico tra donatore e accettore può essere mediata da un filamento di DNA. Legando un foto-ossidante a uno specifico nucleotide del DNA è possibile generare una carica positiva in una posizione predeterminata della doppia elica e monitorare il movimento di questa carica lungo il filamento. Il sito più stabile per la carica positiva nel DNA è la base guanina e, in particolare, le sequenze di DNA contenenti due o più guanine consecutive. Misurando la velocità di trasferimento elettronico per varie sequenze di DNA è stato mostrato che il processo elementare per la diffusione della carica nel DNA è lo scambio di un elettrone tra due guanine non adiacenti, schematizzabile, per es., come:
TC TTTCT... ...TCTTTC T...
→
AG+AAAGT... ...AGAAAG+T...
dove A, C, G, T indicano le basi azotate del DNA, adenina, citosina, guanina e timina. La maggior parte degli studi sono stati condotti in soluzione, ma esperimenti con molecole a contatto con un metallo o intrappolate fra due elettrodi sembrano confermare il meccanismo dimostrato dagli studi in fase liquida.
Transistori, memorie e interruttori molecolari
Oltre ai dispositivi a due terminazioni, sono stati messi a punto dispositivi più complessi, sia cercando di seguire in scala più piccola i paradigmi della tecnologia elettronica, sia percorrendo strade completamente nuove. Nella prima categoria rientrano i numerosi esperimenti effettuati per realizzare un transistore utilizzando un nanotubo connesso a due elettrodi in configurazione planare. In un transistore la corrente misurata tra due elettrodi, denominati emettitore (source) e collettore (drain), dipende dal potenziale applicato a un terzo elettrodo, detto porta (gate). Depositando un nanotubo semiconduttore tra due elettrodi su un supporto di silicio ricoperto da un sottile strato isolante di ossido di silicio si realizza un transistore che ricorda come architettura e funzionamento i transistori a effetto di campo (FET, Field Effect Transistor). Applicando un potenziale negativo sul supporto di silicio si possono iniettare elettroni nel nanotubo incrementandone la conducibilità.
Il primo a realizzare questa architettura è stato C. Dekker nel 1998 (fig. 3) e successivamente, usando apparati sperimentali simili, l'efficienza del dispositivo è stata migliorata e sono stati utilizzati fili molecolari di altra natura. Va notato che, nonostante le ridotte dimensioni del filo molecolare, il gate è ancora un oggetto di dimensioni molto maggiori, il che impedisce, per il momento, l'integrazione di questi transistori in circuiti più grandi. Un dispositivo analogo, ma con una distanza interelettrodo ancora più ridotta, è stato preparato da H. Park. Poche molecole di C60 sono poste nello spazio tra due elettrodi planari collocati come nell'esperimento precedente su un supporto di silicio (il gate) protetto da uno strato isolante. La conducibilità della giunzione viene soppressa fino a limiti non misurabili applicando potenziali positivi di alcuni volt sul gate. Un altro modo per controllare la conducibilità del C60 consiste nel comprimere leggermente la molecola con la punta dello STM: questa deformazione meccanica altera le energie molecolari e provoca un aumento di conduttanza. Sebbene di scarsa utilità pratica, tale dispositivo illustra come la generazione futura di circuiti possa basarsi su fenomeni e principi del tutto diversi da quelli usati dalla tecnologia corrente.
Molti ricercatori sono impegnati nell'individuazione di nuovi elementi di memoria di dimensioni molecolari utilizzando tecniche e materiali alternativi. Il fenomeno della magnetizzazione permanente della materia, usato per produrre molti dei dispositivi di memoria, si basa su una proprietà collettiva dei solidi i cui atomi possiedono momento di spin non nullo. Alcune molecole ad alto spin conservano la loro magnetizzazione per lungo tempo, se mantenute alla temperatura di pochi kelvin, comportandosi come dei magneti molecolari che potenzialmente possono immagazzinare informazione. Il caso più celebre è la molecola Mn12O12(CH3COO)16(H2O)4, che ha momento magnetico di spin totale di 20 µB e tempi di rilassamento molto lunghi. Al momento, comunque, sembra difficile immaginare applicazioni di questi sistemi a temperature ordinarie. In linea di principio, l'informazione può essere immagazzinata in molecole singole che possiedono due o più conformazioni stabili alla temperatura di lavoro. Moltissimi composti bistabili sono stati proposti a questo scopo. Affinché si possa ipotizzare un loro uso come memorie, è necessario poter controllare dall'esterno la loro conformazione (realizzando così la fase di scrittura della memoria) e verificare la loro conformazione senza cambiarla (lettura della memoria). Cambi conformazionali possono essere indotti reversibilmente in molte molecole utilizzando opportuni tipi di solvente e modificando la concentrazione di alcuni ioni, ma questi stimoli chimici difficilmente possono essere indirizzati su una specifica molecola e le applicazioni sono limitate al campo dei sensori.
Di maggiore interesse per l'e. m. sono cambi conformazionali indotti da stimoli elettrici o ottici. In genere, la struttura di una piccola molecola si modifica leggermente se essa viene ossidata o ridotta elettrochimicamente, oppure se viene portata in uno stato eccitato mediante radiazione elettromagnetica. Sono stati progettati sistemi sopramolecolari in cui variazioni strutturali significative avvengono in seguito a reazioni elettrochimiche o eccitazione. Fra i sistemi più studiati in questa classe ci sono i rotaxani, sopramolecole composte da un filo molecolare attorno al quale è posto un macrociclo che può trovarsi in due stazioni stabili. La posizione del macrociclo può essere controllata in vari modi, per es., elettrochimicamente. La fig. 4 illustra uno dei sistemi messi a punto secondo questo paradigma. Cambi strutturali indotti da radiazione elettromagnetica sono stati studiati estensivamente e sono per lo più basati su reazioni di isomerizzazione intramolecolare. Indicando con A e B due isomeri, si può scrivere il seguente schema di interconversione:
dove con hν1 e hν2 si indica l'effetto di radiazione a frequenze diverse. Per interagire con una singola molecola, per es., adsorbita su una superficie, è necessario indirizzare la radiazione in una porzione limitata di spazio con una risoluzione non raggiungibile con l'ottica convenzionale. La lunghezza d'onda della radiazione necessaria è infatti più di 10 volte superiore alla risoluzione minima auspicabile. La tecnica NFOM (Near-Field Optical Microscopy) permette di eccitare una singola molecola per volta, portando la radiazione a pochi nanometri dalla molecola con una speciale fibra ottica. Gli esperimenti spettroscopici sulle singole molecole insegnano molto sulle interazioni specifiche molecola-substrato e sulla dinamica delle molecole singole. La risoluzione di questa tecnica è ancora maggiore di 10 nm, quindi la singola molecola può essere osservata solo depositando su un solido una sua soluzione molto diluita. Anche tenendo conto delle presenti limitazioni, non è possibile escludere che si riesca a sviluppare una tecnologia in cui i vari componenti comunichino attraverso radiazione elettromagnetica piuttosto che attraverso correnti elettriche. È anche possibile ipotizzare meccanismi ibridi in cui i fotoni controllano la corrente, come, per es., nel fotointerruttore mostrato in fig. 5. Se i due isomeri della molecola, interconvertibili con radiazione a frequenza diversa, hanno proprietà di conduzione elettrica molto diverse, si può pensare di integrare il sistema in un circuito che può essere aperto o chiuso per effetto della radiazione elettromagnetica.
L'integrazione dei circuiti molecolari
La fattibilità di singoli dispositivi molecolari è stata ormai ampiamente dimostrata e, sebbene nessuno di essi possa ancora considerarsi il 'mattone' di base per una nuova tecnologia, i ricercatori dell'università e dell'industria si interrogano sulle possibili architetture con cui connettere tra loro milioni di dispositivi molecolari, in modo da produrre un circuito in grado di effettuare calcoli. Soltanto in alcuni casi, come, per es., in quello delle memorie a sola lettura (ROM, Read Only Memory), è possibile pensare a processi fisici diversi per la scrittura e la lettura dell'informazione, mentre in generale, affinché varie componenti possano comunicare tra di loro, è necessario che il segnale di input e output sia della stessa natura, ovvero elettrico o elettromagnetico. La possibilità di usare l'interazione radiazione-materia per effettuare dei calcoli è oggetto di studio dell'area denominata calcolo quantistico, ma, nonostante i notevoli progressi, soprattutto teorici, le possibili applicazioni non sembrano alla portata delle attuali tecnologie. Per questo gran parte delle realizzazioni e delle proposte nel campo dei sistemi integrati a dimensione molecolare è basata su componenti di base ibridi molecola-solido che comunicano tra loro per mezzo di segnali elettrici. P. Avouris nel 2001 ha realizzato uno dei primi dispositivi in cui due transistori molecolari sono stati integrati per realizzare un circuito logico detto invertitore di corrente o porta logica negativa NOT, dimostrando che, in linea di principio, l'integrazione di più dispositivi molecolari è possibile. C.M. Lieber, in una serie di esperimenti iniziati nel 2002, ha dimostrato che due nanotubi sospesi l'uno sull'altro con gli assi circa perpendicolari possono formare un elemento di memoria in quanto la resistenza del loro contatto può essere fatta variare di alcuni ordini di grandezza applicando a uno dei due nanotubi un appropriato potenziale elettrico per un breve intervallo di tempo. Per spiegare questo fenomeno è stata suggerita l'esistenza di due possibili geometrie per il contatto tra i nanotubi, la cui stabilità relativa è influenzata dalla distribuzione di carica nel sistema. Il vantaggio di questo dispositivo è che si può pensare di costruire una griglia di nanotubi per realizzare un circuito della complessità voluta. Lieber ha prodotto circuiti più complessi, costituiti da più di due nanotubi, e ha mostrato che è possibile costruire in maniera riproducibile un grande numero di griglie di nanotubi che in futuro potrebbero essere programmate individualmente per svolgere la funzione di circuito logico.
Negli esempi di transistori e circuiti basati su nanotubi semiconduttori il meccanismo di trasporto elettronico è quello incoerente. Tale meccanismo provoca un riscaldamento locale delle molecole che, se la corrente non è mantenuta sufficientemente bassa, porta alla loro decomposizione. In altri termini, circuiti molecolari stabili nel tempo devono poter funzionare con una potenza bassissima o, condizione equivalente, con una elevata efficienza. In giunzioni metallo-molecola-metallo è stato osservato il meccanismo di trasporto per effetto tunnel che, al contrario del meccanismo incoerente, non provoca perdite di energia lungo la molecola (si ha riscaldamento nel metallo in prossimità della giunzione). Costruire circuiti integrati in cui gli elettroni si muovano coerentemente è particolarmente difficile, perché lievissimi cambiamenti geometrici provocano cambiamenti radicali nella dinamica elettronica. L'uso di circuiti integrati basati su questo meccanismo di trasporto è legato alla possibilità di posizionare con estrema precisione i componenti molecolari. In seguito sarà prevedibilmente effettuata una scelta dei dispositivi molecolari che più si prestano all'integrazione in circuiti complessi e questa scelta è destinata a indirizzare molta parte della ricerca di base. Tecniche nanolitografiche di nuova generazione potranno essere usate per modellare il supporto isolante e metallico di circuiti nanometrici, mentre metodi di autoassemblaggio potranno essere usati per posizionare opportunamente le molecole a partire da una loro soluzione. Sebbene molti degli esperimenti descritti usino l'AFM per manipolare individualmente molecole, per una produzione di tipo industriale è necessario far sì che milioni di componenti occupino spontaneamente una posizione predefinita grazie alla maggiore stabilità termodinamica. In linea di principio si potrebbe rinunciare alla matrice solida e alle tecniche litografiche, producendo circuiti che si autoassemblino a partire da una soluzione dei componenti. Questo secondo modello è ispirato dall'analogia con i sistemi biologici, ma il grado di selettività raggiungibile dalle tecniche di autoassemblaggio molecolare non è sufficiente per pensare ad applicazioni nell'immediato futuro. Un circuito fatto di molecole e assemblato secondo le leggi della termodinamica conterrà errori dovuti a impurezze dei composti e imperfezioni del posizionamento. Si pensa che tali imperfezioni possano essere compensate usando appositi software, già utilizzati a livello sperimentale, progettati per tollerare migliaia di difetti nei circuiti logici. Poiché l'uso di componenti molecolari aumenta enormemente la quantità di informazioni immagazzinabili a unità di superficie, si può inoltre ipotizzare che computer basati su tali componenti faranno un maggior uso di memoria ed eseguiranno un minor numero di calcoli, essendo più facile tabulare il risultato di migliaia di operazioni piuttosto che rieffettuare il calcolo ogni volta.
Come si è visto, il problema dell'architettura per l'e. m. coinvolge tutti i livelli della ricerca, dalla fisica del trasporto elettronico all'ingegneria del software, e non è facile fare previsioni sul tempo necessario alla realizzazione del primo computer molecolare. In ogni caso, è molto probabile che, in tempi brevi, molti campi della tecnologia trarranno vantaggio dall'introduzione dei nuovi materiali e dalla più profonda comprensione delle loro proprietà resa possibile dalla ricerca sull'elettronica molecolare.