ELETTRONICA
Generalità. - Il termine elettronica indicava, secondo una definizione datane nel 1941 "quel ramo della scienza e della tecnologia che si riferisce alla conduzione di elettroni nei gas e nel vuoto" (American standard definitions of electrical terms, A.I.E.E.). Fenomeni di conduzione di tal genere trovano applicazione in numerosi dispositivi, quali, ad esempio, il microscopio elettronico, i tubi a raggi X, i tubi a raggi catodici, le fotocelle, i tubi termoelettronici, che pertanto, a norma della precedente definizione, poterono essere detti dispositivi elettronici.
La successiva invenzione di nuovi dispositivi, quali quelli a semiconduttore (diodi e transistori), quelli a superconduttore (criotron), quelli a soluzione elettronica (solion), che, pur utilizzando tipi di conduzione diversi, presentano una stretta analogia di funzioni con i poliodi ad alto vuoto e a gas, suggerì l'opportunità di un'estensione della precedente definizione, così da comprendere in essa anche tali apparecchi. Conseguentemente il campo dei dispositivi elettronici si è andato allargando in guisa da comprendere apparecchi fondati su principî così diversi da rendere impossibile la riduzione della definizione a un unico principio fisico. Si è così ripiegati (1950) su una definizione di carattere, per così dire, funzionale, secondo la quale l'e. è "quel campo della scienza e della tecnica che tratta dei dispositivi elettronici e della loro utilizzazione". Naturalmente, in base a una tale definizione l'e. risulta ben delimitata soltanto a patto di fornire un elenco dei dispositivi che si considerano come elettronici e anche dei circuiti d'immediata applicazione di essi (circuiti elettronici). L'elenco comprende almeno i seguenti dispositivi e i seguenti circuiti.
Dispositivi: 1) bipoli non lineari varî (varistori, termistori, ecc.); 2) poliodi ad alto vuoto; 3) poliodi con gas (o vapori); 4) poliodi a semiconduttore; 5) cellule fotoelettriche; 6) microscopî elettronici; 7) acceleratori; 8) tubi a raggi X; 9) servomotori. Circuiti:1) raddrizzatori; 2) rivelatori; 3) modulatori; 4) convertitori; 5) amplificatori; 6) oscillatori; 7) circuiti a scatto.
Negli anni successivi il processo di estensione è proseguito. Si sono andati configurando vasti settori applicativi nei quali i dispositivi e i circuiti elettronici sono posti al servizio di varî rami della scienza e della tecnica, assumendo caratteristiche particolari. Questo fatto ha portato a una suddivisione dell'e. in varie branche, quali, ad esempio, l'e. industnaie, l'e. medicale, l'e. spaziale, l'e. dei controlli, la strumentazione elettronica, la calcolazione elettronica. Parallelamente, il campo di definizione dell'e. deve considerarsi allargato con l'inclusione in esso, oltre ai dispositivi elettronici e ai circuiti elettronici, anche degli apparati (o impianti) elettronici. Se fra tali apparati si dovessero includere, com'è nell'opinione di alcuni studiosi, anche quelli destinati alle telecomunicazioni, l'e. verrebbe in definitiva a identificarsi con uno dei due grandi rami in cui tradizionalmente si divide l'elettrotecnica, quello delle "correnti deboli", visto principalmente come quel campo della elettrotecnica in cui prevale la considerazione del fattore "informazione" rispetto alla considerazione delle grandezze elettriche in gioco.
In questo ordine di idee è stata proposta (W. L. Everitt, 1952) un'ulteriore, più larga definizione dell'e., intesa come "scienza e tecnologia che tratta principalmente dell'ausilio ai sensi dell'uomo e al suo potere cerebrale per mezzo di dispositivi che raccolgono ed elaborano l'informazione, la trasmettono al punto richiesto e qui o controllano macchine o presentano l'informazione elaborata agli esseri umani per il loro uso diretto". Tale definizione ha incontrato opposizioni, tuttavia negli anni successivi l'uso pratico della parola e. è andato estendendosi precisamente in questo senso, al punto che oggi, più brevemente, l'e. potrebbe essere definita come "quel ramo dell'elettrotecnica che ha per oggetto la produzione, la trasmissione e l'utilizzazione dell'informazione".
In definitiva, non v'è oggi un preciso accordo su quale sia il campo coperto dall'e. Certamente vi s'includono i dispositivi elettronici e i circuiti elettronici, abbastanza caratterizzati questi ultimi dal fatto di presentare carattere non lineare e non normale. È invece incerto quali campi applicativi vi si debbano includere. In ogni caso è di guida al riguardo il criterio di vedere se è essenziale l'aspetto informazionale.
Elettronica industriale. - Apparecchiature e metodi elettronici intervengono oggi in numerose attività industriali con funzioni di misurazione e di controllo o per fornire energia con determinate caratteristiche. Si riportano alcuni esempî.
Controllo di motori. - Lo schema di principio del controllo elettronico di un motore per corrente continua è indicato nella fig. 1. Le correnti continue di armatura e di eccitazione sono fornite da due raddrizzatori regolabili, alimentati dalla rete a corrente alternata e comandati da un circuito coordinatore che traduce in maniera opportuna i comandi forniti da un'unità di controllo. Con tali organi si può ottenere: a) l'avviamento rapido; b) l'inversione di rapida marcia, per es. con comando a pulsante; c) l'arresto rapido; d) il mantenimento di una velocità costante; e) la variazione della velocità secondo un programma prestabilito.
Un esempio di circuito è riportato nella fig. 2. La corrente di eccitazione, costante, è fornita dal raddrizzatore A. L'armatura del motore M è alimentata dai due thyratron V1 e V2, alle cui griglie sono applicate le tensioni, in quadratura di fase, fornite dal ponte di resistenze e capacità S. Alle griglie è inoltre applicata una tensione continua, prelevata tra i punti M e N, estremi della diagonale di un ponte costituito da tre resistori R1, R2, R3, e dal doppio triodo V3, V4. Il potenziometro P1I è aggiustato in modo che V3 sia normalmente interdetto. La tensione di polarizzazione di V4 è la somma di una tensione regolabile mediante il potenziometro P2 e della tensione fornita dalla dinamo tachimetrica D. Se la velocità del motore varia, varia anche la tensione della dinamo tachimetrica; variando così la polarizzazione di V4, il ponte si squilibra, e quindi nasce, tra M e N, una tensione che, agendo su V1 e V2, tende a mantenere costante la velocità del motore. Il triodo V3 interviene soltanto quando si dovessero avere correnti di armatura eccessive. In tal caso, mediante il trasformatore di corrente T e il successivo raddrizzatore B, risulta applicata una tensione positiva alla griglia di V3, che diventa conduttore: il ponte si squilibra e nasce una tensione tra M e N che riduce l'intervallo di conduzione di V1 e V2 sino al ripristino delle preesistenti condizioni di regime. Con il suddetto dispositivo si ottiene una limitazione automatica di corrente, la quale permette l'avviamento a pulsante.
Con opportuni circuiti si può ottenere il funzionamento del motore a coppia costante o a potenza costante.
Controllo di saldatrici a resistenza. - La fig. 3 mostra lo schema semplificato di una saldatrice a resistenza controllata elettronicamente. Il secondario del trasformatore T a bassa tensione e forte intensità, alimenta gli elettrodi E1, E2 tra i quali avviene la saldatura. Due ignitron V1 e V2, inseriti nel primario di T in modo da consentire il passaggio di corrente nei due sensi, funzionano da interruttori. In ciascuno dei due ignitron l'elettrodo ignitore a è collegato all'anodo attraverso due triodi in serie, in modo che l'ignitron innesca soltanto se entrambi i triodi sono conduttori. I triodi sono mantenuti interdetti mediante alimentatori, rappresentati mediante pile nella figura. I triodi V5 e V6 vengono resi conduttori, per un certo numero di semiperiodi della corrente alternata di alimentazione, da un generatore di impulsi GI che genera una successione di treni di impulsi, ogni treno essendo costituito da un certo numero di impulsi, larghi più di un semiperiodo. I triodi V3 e V4 vengono resi conduttori in ogni semiperiodo, senza limiti di durata, essendo polarizzati a mezzo di una tensione alternata di cui uno sfasatore S può regolare la fase rispetto alla tensione di rete. Variando il numero di impulsi si può regolare la durata della saldatura; regolando lo sfasatore si regola invece il momento di ignizione di ciascuno dei due ignitron in ogni semiperiodo e di conseguenza si regolano anche la corrente media e la temperatura di saldatura.
Controlli a fotocella. - Controlli a fotocella trovano vastissima applicazione in dispositivi di sicurezza, nel controllo di varî processi industriali, per operazioni di conteggio di oggetti. Un semplice controllo a fotocella (relè fotoelettrico) è schematizzato nella fig. 4. Il relè r è comandato da un triodo V alimentato in corrente alternata dal secondario S2 del trasformatore T. se il triodo è conduttore, il relè è percorso da una corrente pulsante, livellata dal condensatore C1. Il triodo è sempre interdetto nelle semionde negative di tensione anodica. Nelle semionde positive è conduttore o no a seconda che alla griglia sia applicata una tensione positiva oppure negativa. La griglia è alimentata da un ponte di cui due bracci sono costituiti dalle due metà del secondario S2 e gli altri due dalla fotocella F e dal gruppo RC. In assenza di luce, la fotocella presenta alta resistenza e la griglia è praticamente alimentata dall'estremo A di S2; dato il senso di avvolgimento di S1 rispetto a S2, la tensione di griglia risulta in opposizione di fase con quella anodica, sicché il triodo è interdetto e il relè resta aperto. In presenza di luce la fotocella è conduttrice durante le semionde in cui l'estremo B di S2 è positivo e quindi, attraverso il gruppo RC, si forma una tensione di polarizzazione positiva: si ha passaggio di corrente nel triodo e il relè si chiude. Mediante l'uso di fototransistori, si possono realizzare relè fotoelettrici anche senza l'interposizione di tubi elettronici.
Elettronica nucleare. - Assai vasto è l'impiego di dispositivi e di circuiti elettronici nelle tecniche nucleari, sia per ciò che concerne le tecniche di rivelazione, di conteggio e di studio delle particelle elementari (v. anche contatore, App. II,1, p. 680 e in questa App.; scintillazione, in questa App.), sia, soprattutto, per quanto concerne le tecniche di controllo dei reattori nucleari e delle centrali elettronucleari.
Particolarmente importante è il controllo della potenza generata dai reattori, che si effettua attraverso il controllo del flusso di neutroni nei reattori medesimi.
Per la misurazione dei flussi neutronici si ricorre generalmente a contatori con rilevatori a trifloruro di boro, opportunamente disposti. È da rilevare che l'estensione del campo di misurazione della potenza, e quindi del flusso di neutroni, è enorme: dall'avviamento al funzionamento a regime di un reattore può essere necessario esplorare fino a 10 decadi. Per tale motivo occorre che tra il rilevatore di neutroni e le apparecchiature di conteggio e di misurazione sia inserito un trasduttore logaritmico; scale lineari possono essere usate soltanto per il controllo del funzionamento a regime, durante il quale il campo di variazione è relativamente ristretto. Nella fig. 5 sono indicate alcune strutture di trasduttori logaritmici. Si può utilizzare la caratteristica esponenziale che lega la corrente alla tensione in un diodo con tensione anodica debolmente negativa (regime di corrente di lancio); se (fig. 5a) il diodo è alimentato da un generatore di corrente proporzionale alla tensione fornita dal rilevatore di radiazione, la tensione ai capi del diodo risulta proporzionale al logaritmo della tensione d'ingresso. Oppure si può usare un tubo amplificatore a interdizione graduale, nel quale (fig. 5b) la tensione di comando sia quella d'ingresso sommata con quella di uscita rettificata e livellata. Infine la curva logaritmica si può approssimare con una spezzata ottenuta disponendo in parallelo (fig. 5c) un sufficiente numero di diodi con polarizzazioni diverse.
Apparati elettronici sono altresì usati per il controllo automatico dei reattori: si tratta di servosistemi mediante i quali viene controllato il movimento delle sbarre moderatrici. Il circuito di asservimento comprende: a) il reattore; b) le sbarre di controllo; c) il motore di asservimento e il dispositivo di azionamento delle sharre; d) l'amplificatore di controllo; e) il misuratore che fornisce il segnale d'entrata. Il motore è generalmente bifase. L'amplificatore deve fornire una potenza notevole (dell'ordine del kilowatt) e comprende spesso un amplificatore magnetico e un preamplificatore. Il sistema deve consentire anche la manovra manuale ed essere costruito con criterî di elevata sicurezza; dev'essere dotato, in particolare, di circuiti di arresto automatico del reattore in caso di guasto.
Un altro cospicuo esempio di applicazione di dispositivi elettronici nelle tecniche nucleari è costituito dai cosiddetti simulatori di centrale: si tratta di macchine calcolatrici elettroniche, di tipo analogico, capaci di risolvere i sistemi di equazioni differenziali che esprimono le condizioni di stabilità di una centrale nucleare di potenza.
Le particolarità più notevoli di un simulatore del genere si riscontrano nella simulazione della dinamica del reattore: la struttura delle equazioni permette tale simulazione mediante speciali reti, che consentono di usare un limitato numero di amplificatori operazionali. La parte del simulatore che si riferisce alla centrale rappresenta invece un normale caso d'impiego di calcolatrice analogica. La fig. 6 mostra lo schema a blocchi, molto semplificato, di un simulatore di centrale.
Elettronica medicale. - Sotto questa dizione sono comprese numerose apparecchiature elettroniche impiegate nel campo medico e in quello biologico. Esse si possono raggruppare, secondo lo scopo cui sono destinate, in tre categorie: diagnostiche, terapeutiche, di ricerca.
Un gruppo particolarmente importante di apparecchiature elettroniche usate per scopi diagnostici è quello che comprende gli apparecchi che sono destinati alla misurazione di potenziali bioelettrici che hanno la loro origine nel sistema nervoso centrale e in quello neuromuscolare, quali gli elettroencefalografi e gli elettromiografi. Tali strumenti sono sostanzialmente costituiti da un amplificatore seguito da un apparato registratore. Generalmente sono disponibili diversi canali, tra loro intercambiabili, in modo che si possa effettuare la registrazione contemporanea di potenziali prelevati da punti diversi dell'organo esaminato; uno di questi canali è di solito riservato per segnali di riferimento, per es. per marche di tempo.
I segnali che si vogliono registrare con questi apparecchi hanno un'ampiezza variabile da alcuni μV ad alcune centinaia di μV; la gamma di frequenze, interessante ai fini diagnostici, è compresa tra alcuni decimi di Hz e 70-80 Hz per gli elettroencefalografi; per gli elettromiografi il limite superiore di frequenza può invece raggiungere alcune centinaia di Hz. Gli amplificatori devono essere perciò costruiti in relazione a queste caratteristiche e al sistema di registrazione che devono comandare. Essi devono inoltre offrire un'alta impedenza d'ingresso (alcuni MΩ), un elevato rapporto di discriminazione (migliore di 1:10.000), una risposta lineare nel campo di frequenza richiesto, con possibilità di scelta tra varie costanti di tempo (ad es. 1 − 0,3 − 0,i − 0,03 sec) che limitano inferiormente la banda, e tra varî filtri passa-basso (con taglio, per es., a 70 − 50 − 35 − 20 Hz) che limitano la banda superiormente. Usualmente, è adottata la disposizione in controfase con resistore catodico comune (fig. 7). La presentazione dei dati può essere fatta con penna scrivente (a inchiostro, a punta calda, ecc.) montata su equipaggio galvanometrico, oppure, specie per frequenze superiori a 100 Hz, con un oscilloscopio a registrazione fotografica.
In unione a tali strumenti sono spesso impiegati analizzatori elettronici delle forme d'onda. In uno dei tipi più comuni viene sfruttato il principio della modulazione mediante l'impiego di un eptodo: sulla prima griglia di controllo viene applicata la forma d'onda in esame, sulla seconda è applicata un'onda sinusoidale di frequenza eguale all'armonica di cui si vuole determinare l'ampiezza. L'uscita, rettificata e filtrata, viene misurata per mezzo di un apposito strumento. Per un'analisi contemporanea su tutta la banda di frequenze si può ricorrere a un altro tipo di analizzatore, il cui schema a blocchi è indicato in fig. 8. Esso utilizza diversi filtri sintonizzati su una serie di frequenze fisse, ricoprenti l'intera gamma in esame; ciascuno di essi seleziona la frequenza corrispondente. L'uscita di ogni filtro viene immagazzinata in un condensatore; i varî condensatori vengono esplorati successivamente da un commutatore rotante che li collega, attraverso un amplificatore di potenza, a un opportuno registratore.
Altre apparecchiature di diagnosi sono quelle costruite per misurazioni sugli organi sensoriali, per il controllo della temperatura del corpo, per la misurazione della pressione sanguigna, per l'amplificazione dei battiti cardiaci, ecc. Esse sono schematicamente costituite da un amplificatore e da un sistema di misura o di registrazione, preceduti da un opportuno trasduttore atto a trasformare la grandezza da misurare in una conveniente grandezza elettrica. Si possono citare: l'audiometro, lo stetoscopio elettronico, il fonocardiografo, il fotostimolatore (generatore di impulsi luminosi a frequenza variabile, usato negli esami elettroencefalografici per facilitare l'insorgenza delle anomalie bioelettriche.
Sono infine da ricordare le apparechiature di diagnosi con raggi X, nelle quali l'elettronica interviene soprattutto per ciò che concerne i dispositivi di controllo e di manovra. Un notevole progresso in tale settore è stato recentemente ottenuto con l'introduzione dell'amplificatore elettronico di immagini: si tratta di un tubo elettronico, fondato sul principio della fotoemissione, che consente amplificazioni di luminosità dell'ordine di 1000 volte (fig. 9). La sua applicazione permette di ottenere visioni radioscopiche molto più brillanti, ma soprattutto di ridurre, a parità di luminosità dell'immagine, la quantità di radiazioni assorbite dal paziente. Tale riduzione è di circa 1 : 10 per radiografie normali e di circa 1 : 30 nella roentgencinematografia; quest'ultima pertanto ha subìto un forte impulso proprio in conseguenza dell'introduzione di questo tubo.
La tecnica elettronica ha trovato cospicue applicazioni anche nel campo della terapia (apparecchiature a raggi X, a radioisotopi, a ultrasuoni, a alta frequenza) e, soprattutto, nel campo delle ricerche biologiche e fisiologiche. In quest'ultimo campo sono di largo uso gli amplificatori per la misura di potenziali bioelettrici, simili agli elettroencefalografi ma con caratteristiche più spinte. Ad esempio, tali amplificatori devono spesso presentare una resistenza d'ingresso elevatissima (dell'ordine di 1000 MΩ) e una capacità d'ingresso trascurabile (non più di 1 ÷ 2 pF); in molti casi si richiede inoltre una buona risposta entro una gamma di frequenze estesa sino ad alcune decine di kHz.
Un apparecchio frequentemente impiegato per ricerche sul sistema nervoso e muscolare è il generatore d'impulsi, destinato a provocare in questi tessuti i potenziali d'azione. La forma d'onda generata è quasi sempre rettangolare, con frequenza variabile da frazioni di Hz ad alcuni Hz. Gli impulsi possono essere regolati in ampiezza, durata e fase; spesso è prevista anche la generazione di treni d'impulsi con frequenza e durata variabili. Uno schema a blocchi tipico di un apparecchio del genere è rappresentato in fig. 10.
Bibl.: Elettronica generale; opere generali: J. Millman e S. Seely, Electronics, New York 1951; P. Parker, Electronics, Londra 1955; K. R. Spangenberg, Fundamentals of electron devices, New York 1957; v. inoltre: Advances in electronics, I-V, ivi 1948-53; W. R. Hill, Electronics in engineering, ivi 1949; T. S. Gray, Applied electronics, ivi 1957. Elettronica industriale: J. Markus e V. Zeluff, Handbook of industrial electronic circuits, New York 1948; R. Kretzmann, Industrial electronics, Londra 1953; W. D. Cockrell, Industrial electronics handbook, New York 1958; G. J. Truxal, Control engineers' handbook, ivi 1958. Elettronica nucleare: M. A. Schultz, Control of nuclear reactors and power plants, New York 1955; G. H. Bowen e E. F. O. Masters, Nuclear reactor control and instrumentation, Londra 1959; Nuclear electronics, I.A.E.A., Vienna 1959.
Tecnologie dei componenti elettronici.
Resistori. - a) A filo metallico. vengono usate leghe di Cu, Ni, Mn, Cr in varie proporzioni, con resistività che raggiungono per il NiCr il valore di 110 • 10-6 Ω cm (Cu puro: 1,75 • 10-6 Ω cm). Le leghe CuNi (costantana) e CuNiMn (manganina) trovano impiego nei resistori di precisione per il basso coefficiente di temperatura, dell'ordine di 10-4 °C-1. L'elemento resistivo, sotto forma di filo o nastro, è avvolto su supporto ceramico, fenolico o di mica e ricoperto con smalto protettivo. Quando il resistore è destinato ad essere percorso da correnti ad alta frequenza si adottano avvolgimenti doppî in sensi opposti (Ayrton-Perry) e supporti piatti per minimizzare l'induttanza parassita.
b) A composizione: sono ottenuti mescolando in dosi opportune un conduttore finemente suddiviso, generalmente grafite, con un legante resinoso. La conduzione avviene attraverso le superfici di contatto tra i granuli del conduttore e le resistività raggiungibili sono molto elevate, più di 10-6 volte maggiori di quelle dei metalli. Ciò permette di realizzare resistori di ridotte dimensioni anche per elevati valori di resistenza (10 MΩ ed oltre). I composti resistivi vengono normalmente utilizzati sotto due forme: cilindretti pieni ottenuti per estrusione (resistori ad impasto) oppure pellicole deposte su supporto ceramico o vetroso (resistori- a pellicola). I terminali sono realizzati mediante due reofori di rame stagnato collegati meccanicamente ed elettricamente alle estremità dell'elemento resistivo. I resistori a pellicola, rispetto a quelli ad impasto, hanno una capacità di sovraccarico più limitata: per contro, presentano il vantaggio di una stabilità relativamente elevata nei confronti delle variazioni di temperatura e di frequenza, così che se ne possono produrre con tolleranza sino all'1%.
c) A pellicola metallica: di recente realizzazione, sono costituiti da un deposito metallico molecolare, in genere NiCr, incorporato per fusione in un supporto vetroso o ceramico. Hanno stabilità confrontabile con quella dei resistori a filo ed un costo di produzione assai minore.
Tolleranze e valori normali. - Allo scopo di uniformare la produzione sono stati stabiliti tre valori di tolleranza rispetto alla resistenza nominale, 5%, 10%, 20%, ed un certo numero di valori standard di resistenza, scelti in progressione geometrica. Per le tre tolleranze indicate il rapporto tra un valore e quello che precede è rispettivamente 1,48, 1,21 e 1,10, con arrotondamento alle prime due cifre. Così ad esempio per i resistori con tolleranza 20% le cifre significative dei valori normali sono: 10, 15, 22, 33, 47, 68. Il valore nominale della resistenza, secondo un codice internazionale, e la tolleranza vengono usualmente indicati mediante bande colorate sul corpo del resistore.
Condensatori (App. II, 1, p. 670). - I parametri che caratterizzano un condensatore sono la capacità (in μF = 10-6F, o in pF = 10-12F); il fattore di perdita (rapporto tra la resistenza serie e la reattanza); la tensione massima di lavoro; il coefficiente di temperatura (in °C-1 od anche in parti per milione e per °C: ppm/°C); la resistenza di isolamento per unità di capacitä (in ΩF-1); la temperatura minima e massima d'impiepo; la massima frequenza utile di lavoro, limitata essenzialmente dalle perdite e dall'induttanza parassita dei reofori e delle armature. Importante, specie ai fini della miniaturizzazione, è anche l'ingombro specifico, espresso dalla carica, accumulabile per unità di volume (μC/cm3).
I condensatori vengono solitamente classificati in base al dielettrico impiegato; si hanno così i seguenti tipi principali.
a) Condensatori a carta, costituiti da due o più strati di carta di cellulosa pura, impregnata con olio minerale o cera sintetica, avvolti insieme a due sottili nastri metallici che costituiscono le armature. Per ridurre peso ed ingombro le armature sono attualmente realizzate in molti casi con strati metallici di spessore dell'ordine di 0,1 μ depositati su una faccia del foglio di carta per spruzzamento o per evaporazione (condensatori e carta metallizzata). Lo spessore dei fogli di carta è di 5 ÷ 8μ, e nelle condizioni normali di lavoro il campo elettrico di 15 ÷ 25 V/μ, con un limite di perforazione di ~ 150 V/μ. La resistenza di isolamento varia da 2 a 5 kΩF-1 a seconda dei tipi; il coefficiente di temperatura, positivo, è di 10-4 Ω °C-1 e la tolleranza normale delle unità commerciali è del 10 ÷ 20%. Il fattore di perdita, che a 1 kHz è dell'ordine di 10-2, tende a crescere notevolmente con la frequenza, limitando il campo d'impiego di questi condensatori al campo delle basse e medie frequenze.
b) Condensatori a mica. Sono caratterizzati da un fattore di perdita molto basso anche a frequenze elevate (〈 0,3/10-3), da una ottima stabilità e da una altissima resistenza di isolamento. Le armature possono essere costituite da lamelle metalliche piane o da un sottile deposito di argento sulle due facce di un foglietto di mica. I condensatori a mica sono largamente impiegati nel campo delle radiofrequenze sino a 109 Hz e nella tecnica delle misure, come campioni secondarî di capacità. Con particolari precauzioni nella scelta dei materiali e nella costruzione è infatti possibile raggiungere precisioni dell'ordine di 10-4.
La gamma dei valori di capacità dei tipi commerciali va da qualche pF a 104 pF; per applicazioni speciali si costruiscono tuttavia anche unità con capacità più elevata, sino a qualche μF. Sono racchiusi generalmente in un contenitore impermeabile realizzato con resina fenolica stampata.
c) Condensatori ceramici. Vengono oggidì classificati con riferimento al valore della costantedielettrica relativa εr del materiale impiegato. I tipi "a bassa εr" impiegano steatite o materiali simili, con valori di erche vanno da 8 a 15. La stabilità e la rigidità elettrica sono molto elevate ed il comportamento alle alte frequenze è ottimo, in alcuni casi anche migliore di quello dei tipi a mica. I valori di capacità della normale produzione vanno da qualche pF ad alcune centinaia di pF. I tipi "a media εr" impiegano ceramiche a base di TiO2 e derivati, con valori di εr di 80 ÷ 100. Il fattore di perdita si mantiene ancora inferiore a 0,01, ma la caratteristica peculiare è il coefficiente di temperatura, che risulta negativo ed alquanto elevato (circa 10-3 °C-1); per questa proprietà vengono utilizzati per compensare gli effetti di temperatura nei circuiti risonanti di apparecchiature professionali. Il principale vantaggio dei tipi "ad alta εr" è l'ingombro specifico limitato. Le ceramiche impiegate sono a base di titaniati di Ba e di Sr, con valori di εr, che possono raggiungere alcune migliaia. La stabilità è per contro assai scarsa, con variazioni della capacità che nel campo da 0°C a 200°C possono superare il 50%. Anche il fattore di perdita è relativamente alto (0,1 ÷ 0,01) ed inoltre il materiale presenta comportamento ferroelettrico con fenomeni di saturazione e di isteresi assai pronunciati. L, impiego dei condensatori con ceramiche ad alta εr è perciò limitato ai casi in cui il valore di capacità non è critico, come ad esempio nei filtri di disaccoppiamento. I valori di normale produzione sono compresi nella gamma 103 ÷ 104 pF. I materiali ceramici non si prestano alla realizzazione di lamine sottili, e ciò limita la capacità ottenibile a valori relativamente bassi. Le unità di normale produzione sono sotto forma di tubetti o dischi, con le armature costituite da un deposito di argento cui vengono direttamente saldati i terminali di collegamento.
d) Condensatori elettrolitici. Condensatori elettrolitici polarizzati, con anodo di Al e dielettrico formato da Al2O3 sono diffusamente impiegati nelle costruzioni elettroniche: la carica specifica si aggira in genere sui 1000 μC/cm3 e la tensione di lavoro può raggiungere i 500 v. Recentemente sono entrati in uso condensatori elettrolitici con anodo di tantalio e dielettrico di Ta2O5(εr = 11). Grazie ai progressi raggiunti nella metallurgia delle polveri il Ta può essere ottenuto sotto forma di lamine sinterizzate porose, con spessori sino a 10 μ e superficie attiva che può raggiungere 1 m2 per grammo di Ta. La eccezionale resistenza della pellicola di Ta2O5 alla corrosione conferisce ai condensatori al Ta una grande stabilità e consente di usare elettroliti ad alta conducibilità, come l'H2SO4, che sarebbero incompatibili con l'Al. Una limitazione all'impiego dei condensatori al Ta è costituita dalla bassa tensione di lavoro, che non supera i 100 v. Le difficoltà tecnologiche connesse con l'uso degli elettroliti liquidi (chiusura del contenitore, evaporazione, ecc.) sono state superate con l'avvento dei condensatori al Ta ad elettrolita solido, nei quali il catodo è costituito da una pasta porosa di MnO2.
Condensatori elettrolitici simmetrici non polarizzati si possono ottenere associando in opposizione nello stesso contenitore ed in presenza dello stesso elettrolita due anodi di Ta o Al formati separatamente. Il volume del condensatore così ottenuto è circa quadruplo di quello del condensatore polarizzato equivalente.
Induttori. - Gli induttori (o bobine di induttanza) vengono costruiti in una grande varietà di forme, che vanno dalla singola spira per iperfrequenze all'avvolgimento su nucleo ferromagnetico per frequenze di poche diecine di Hz. Le caratteristiche che si richiedono a un induttore sono essenzialmente una buona stabilità dell'induttanza in ogni condizione di lavoro, un elevato fattore di qualità Q (rapporto tra la reattanza e la resistenza serie) alla frequenza di funzionamento, e una bassa capacità distribuita. Nel campo delle frequenze acustiche gli avvolgimenti vengono realizzati con conduttore pieno, isolato con smalto o seta, e la tecnica costruttiva non differisce sostanzialmente da quella dei piccoli trasformatori industriali. Da 20 kHz a 2 MHz trova largo impiego il conduttore multiplo ("litz") costituito da fili di rame smaltato da 0,05 ÷ 0,1 mm di diametro, cordati in modo da ottenere la sezione utile voluta ed una distribuzione uniforme della corrente nella sezione. Per frequenze superiori a 2 MHz, a causa delle perdite dielettriche nello smalto dei fili, il conduttore litz deve essere abbandonato per il conduttore di rame singolo, pieno o tubolare, eventualmente argentato e protetto dall'ossidazione superficiale. Per induttanze sino a circa 100 μH si usa l'avvolgimento elicoidale a un solo strato, a spire adiacenti o distanziate. Per valori superiori di induttanza si deve ricorrere ad avvolgimenti a più strati, realizzati in modo da rendere minima la capacità distribuita (avvolgimenti progressivi, a nido d'ape, ecc.). Il materiale di cui è fatto il supporto dell'avvolgimento contribuisce spesso in misura notevole a determinare la qualità dell'induttore; la ceramica ed il polistirolo sono largamente usati, mentre per bobine di poche spire il supporto viene vantaggiosamente eliminato impiegando un conduttore rigido (induttori in aria).
Materiali magnetici speciali. - Nella tecnica costruttiva degli induttori ed anche in altre applicazioni, come, per es., le memorie magnetiche, trovano impiego sempre più diffuso materiali ferromagnetici dotati di particolari caratteristiche. Si tratta di leghe magnetiche speciali e di materiali magnetici sinterizzati.
Le leghe speciali sono per lo più a base di Fe e Ni con piccole percentuali di altri metalli, come Cr, Co, Mn, Mo, Cu. Le proprietà magnetiche variano a seconda delle particolari applicazioni cui i materiali sono destinati; caratteristiche generali sono una elevata permeabilità iniziale e massima, una piccola isteresi e una rapida saturazione. In fig. 11 sono riportate, a titolo di esempio, le curve di permeabilità di alcune leghe commerciali tipiche. Con l'introduzione di alte percentuali di Co si possono ottenere anche materiali, come ad es. il permendur, che non vanno in saturazione fino a 2,5 Wb/m2 ed hanno una permeabilità praticamente costante sino a questo valore di induzione. Le leghe magnetiche vengono prodotte sotto forma di lamierini o di nastri sottili o di dispersioni colloidali solide in un legante resinoso. Tra le numerose applicazioni ricordiamo i trasformatori per impulsi, i reattori saturabili, le bobine telefoniche speciali.
Di recente introduzione sono le ferriti, materiali magnetici sinterizzati costituiti essenzialmente da ossido ferrico in combinazione con uno o due ossidi metallici bivalenti. Il processo di fabbricazione consiste nel macinare e mescolare gli ossidi, comprimerli nella forma voluta e sinterizzarli poi ad alta temperatura in atmosfera controllata: il materiale si presenta come una ceramica, dura e densa.
Le ferriti sono caratterizzate da una permeabilità iniziale elevata e da basse perdite ad alta frequenza; sono impiegate per bobine ad alto fattore di merito nella telefonia a frequenze vettrici, per trasformatori a larga banda, antenne per radioricevitori portatili, trasformatori e gioghi di deflessione per tubi televisivi. Vengono prodotte in diversi tipi o "gradi" a seconda dell'impiego cui sono destinate. Si hanno così ferriti allo Zn-Mn adatte per frequenze sino a 500 kHz con permeabilità dell'ordine di alcune centinaia, ferriti allo Zn-Ni con permeabilità di alcune diecine, impiegabili soddisfacentemente sino a frequenze di 50 MHz, e ferriti al Mg-Mn per memorie magnetiche.
Bibl.: K. Henney, Radio engineering handbook, New York 1950; G. W. A. Dummer, Modern electronic components, New York 1959.