Vedi ELEUSI dell'anno: 1960 - 1973 - 1994
ELEUSI (᾿Ελευσίς, Eleusis, odierna ᾿Ελευσῖνα)
Città in Attica, a circa 20 km a N-O di Atene. Centro notissimo per il santuario di Demetra fin dall'epoca micenea, sarebbe stata associata ad Atene col leggendario sinecismo di Teseo (Paus., i, 38, 3). In verità, Atene assoggettò E. solo alla fine dell'VIII sec. inizî del VII, come si crede poter dedurre dall'inno omerico a Demetra in cui la città figura indipendente. Una strada, la Via Sacra (Ιερὰ ῾Οδός) quella seguita dalle processioni, univa Atene ad E. attraverso il Cefiso e il più meridionale dei Rhèitoi (o Rhìti, sorta di laghetti salati alle porte di E.: Paus., i, 38, i), per mezzo di un ponte.
Avvenimenti politici notevoli della storia di E. sono i seguenti: subito dopo il 403 a. C., dichiarato indipendente il santuario, si rifugiarono ad E. per poco tempo i seguaci dei Trenta Tiranni. Nel 401-400 la città fu nuovamente associata ad Atene. Nel 295 a. C. la occupò Demetrio Poliorcete e in seguito la liberò Democare. Nel 255 fu restituita da Antigono Gonata ad Atene. La fama del santuario rimase intatta per tutta l'epoca romana imperiale fino al 381 d. C., anno in cui l'editto di Teodosio chiuse per sempre le porte del santuario. Nel 396 i barbari di Alarico rasero al suolo la città stessa. Le informazioni che Pausania fornisce su E. sono scarsissime per ovvi motivi religiosi (Paus., i, 38, 7).
Nel 1626 giunsero a E. J. Spon e G. Wheler; nel 1811 e nel 1817 vi scavò la Soc. dei Dilettanti e nel 186o Fr. Lenormant. La Società Archeologica Greca decise di intraprendervi scavi sistematici nel 1882; la direzione di essi toccò prima a Demetrios Philios, successivamente ad Andreas Skias e per un lungo periodo a K. Kourouniotis. Dal 1930 al 1935 i fondi per gli scavi furono offerti dalla Fondazione Rockefeller, per i buoni uffici del prof. E. Capps, già Direttore della Scuola Americana di Atene. Dal 1936 fino ad oggi si è scavato ad E. saltuariamente, per interessamento delle autorità greche.
Il santuario. - La Via Sacra che univa Atene ad E. giungendo da N-E, terminava all'ingresso del santuario con un hòros. Nello spiazzo che separava la via dall'ingresso al santuario si riunivano gli iniziati ai misteri (mỳstai) per i riti preliminari di purificazione. Sotto il regno dell'imperatore Antonino Pio, lo spiazzo fu occupato da una grande corte lastricata di marmo, adorna di monumenti, che pure rispettò le vestigia di quelli preesistenti. A destra, nella corte, è il tempio marmoreo di Arternide Propỳlaia e di Posidone (Paus., i, 38, 6), di cui sono visibili solo le fondazioni, ma dai resti si deduce ch'era anfiprostilo tetrastilo. Davanti alla facciata orientale del tempio è situato l'altare; un altro, che è presso il fianco settentrionale, potrebbe essere quello di Posidone. Intorno esistono tracce di diversi altari dedicati ad altre divinità. Presso l'angolo N-E del tempio è l'eschàra, costruzione quadrangolare di m 5,50 di lato, costruita con lastre di pòros e priva di pavimento; il centro è occupato da un altare di mattoni legati con malta. Pare che sulle sporgenze visibili al centro di ciascuno dei quattro lati dell'eschàra venisse posta una grossa graticola di ferro su cui ardeva il fuoco sacro.
La costruzione attuale è d'epoca romana, ma un resto di muro poligonale e un tratto di muro con andamento curvilineo - entrambi visibili all'interno dell'edificio - testimoniano che sullo stesso posto esisteva una costruzione, forse nata con la medesima funzione, già nel VI sec. a. C., e anche prima. Di fronte ai monumenti descritti, a sinistra della corte, si trovano: una fontana rettangolare con un portico in facciata e un arco trionfale, costruito sul tipo della Porta di Adriano ad Atene, con un largo ingresso sormontato da un naìskos adorno di colonne corinzie e frontone. All'estremità N-O della corte fa pendant col precedente un altro arco: questo introduceva alla città, il primo ai luoghi di ristoro costruiti in epoca romana a S della corte.
Gli edifici cultuali sono stati protetti fin dall'epoca micenea da una cinta muraria il cui anello è stato ingrandito man mano che crescevano le necessità del santuario e, principalmente, del Telestèrion. La cinta più antica sicuramente individuata nel suo tracciato è quella arcaica del VII sec. (forse soloniana), che con un andamento a linea spezzata attraversa oggi il Telestèrion da O a S, passa sotto il portico di Philon e ricompare presso l'angolo S-E risalendo verso N. La cinta di Pisistrato (VI sec. a. C.), in bella opera poligonale con blocchi a faccia sbozzata, difesa da possenti torri quadrangolari, circondava per intero il santuario: partiva da N-N-O con la Porta di Megara, scendeva fin sotto i Piccoli Propilei, si dirigeva decisamente verso S e girava quindi a O-S-O passando sotto l'angolo meridionale del portico di Philon. Cimone, dopo l'invasione persiana, provvide a tamponare le falle causate nella cinta pisistratea dagli attacchi del nemico e concentrò la sua cura nel lato più lungo, meridionale, con l'addossare alla faccia interna del muro un massiccio rincalzo di mattoni crudi, tuttora conservato. Ma fu soltanto dopo il 445 a. C. che Pericle poté fortificare di nuovo il santuario. La cinta partiva press'a poco dal centro del lato occidentale del muro pisistrateo, girava largamente a meridione con due torri semicircolari agli angoli e contrafforti interni, risaliva quindi verso O e si innestava nuovamente nel braccio pisistrateo, lasciando aperta su questo lato una posterula difesa da una torre quadrangolare. I materiali impiegati sono il pòros e il calcare; l'opera è isodomica con blocchi a faccia liscia e orli ribassati. Nel IV sec. a. C., sotto l'oratore Licurgo, la cinta muraria di E. raggiunse un'estensione più vasta. Un leggero muro di protezione circondava il santuario a N, piegava, ad angolo ottuso, verso S-O irrobustendosi fortemente e, difeso da una grande torre circolare a S, si dirigeva a S-S-E innestandosi nella torre meridionale della cinta periclea. Sul fianco S fu lasciata aperta una porta. Lo zoccolo dell'opera è in calcare grigio di E. tagliato in grossi blocchi isodomi con faccia scalpellata, gli ortostati superiori sono in pòros. Questo tratto del muro di Licurgo costituisce il più bell'esempio, in Attica, di opera muraria del IV secolo.
Il vero accesso al santuario è costituito dai Grandi Propilei (così chiamati per distinguerli dagli altri, di minori proporzioni, situati all'interno). Nella pianta imitano i Propilei dell'acropoli di Atene. Vi si accede per mezzo di 5 lunghi gradini; su ciascuna facciata era una fila di sei colonne doriche che sostenevano la copertura; all'interno il muro che separava i colonnati era aperto da 5 porte in asse con gli intercolumni, il passaggio centrale era più largo. Due file trasversali di tre colonne ioniche, anch'esse situate all'interno, risultano in linea con le due colonne di facciata che fiancheggiano il passaggio mediano. La costruzione è tutta in marmo pentelico. La imago clipeata col busto dell'imperatore Antonino Pio (che occupava il centro del frontone della facciata d'ingresso), e una lunga iscrizione (scolpita sull' epistilio della facciata interna), che menziona i nomi di Antonino Pio e Marco Aurelio, fanno pensare che la costruzione dei Propilei rientri in un grande piano di sistemazione dell'accesso al santuario. All'angolo S-E dei Grandi Propilei è il pozzo Kallichoron (Paus., i, 38, 6), menzionato nell'inno a Demetra. Il monumento è stato rispettato dal tracciato delle mura ellenistiche e restò incluso, ma visibile, nel rinforzo che in epoca romana si addossò alla cinta ellenistica. La bocca del pozzo, costruita con scura pietra di E., è del VI sec. a. C. e si conserva tuttora in ottimo stato; la piccola corte che la circonda è del tempo di Antonino Pio. L'entrata al santuario vero e proprio si guadagna attraverso i Piccoli Propilei, costruiti circa il 40 a. C. da Appio Claudio Pulcro. L'edificio era costituito di una corte in fondo alla quale si apriva una larga porta preceduta da due colonne. I capitelli corinzi delle colonne erano ornati da protomi di leoni alati. La parte più interna dei Piccoli Propilei consisteva in un passaggio coperto, limitato da due ante bassissime; all'estremità delle ante due cariatidi sostituivano le colonne a sostegno del tetto. Ai lati del passaggio furono dapprima sistemate due fontane, appoggiate alle pareti; in seguito le fontane furono rimosse e si crearono due passaggi laterali. Sulle parti superstiti del fregio dorico, decorato con ciste e rosoni a rilievo, è incisa l'iscrizione latina che designa Appio Claudio Pulcro quale costruttore dell'edificio. A destra dei Piccoli Propilei la roccia precipite dell'acropoli di E. è scavata per far posto al Ploutònion, il luogo sacro attraverso il quale Hades trascinò Kore agli Inferi, luogo rispettato dagli antichi come l'ingresso dell'Oltretomba. Dentro il recinto attuale, ch'è del IV sec. a. C., si conservano le fondazioni di un tempietto in antis. La via lastricata di marmo che parte dai Piccoli Propilei e finisce contro la facciata N del Telestèrion, là dove in antico era un piccolo ingresso, è di tarda epoca romana. Tale via fiancheggia, a destra, un'esedra con gradini tagliati nella roccia, dalla quale si poteva assistere al passaggio della pompè; un minuscolo tempio in antis; nonché uno spiazzo rettangolare di notevoli proporzioni, tagliato nella roccia, in epoca romana, per la costruzione di un tempio, com'è dimostrato dai resti delle fondazioni. Sulla prominenza rocciosa, che supera l'angolo N-E del tempio, è una cavità praticata nella roccia per l'offerta di monete alle divinità.
Il Telestèrion era l'edificio dove venivano celebrati i riti misterici. La storia dell'edificio è lunghissima. Il più antico santuario di cui restino vestigia risale all'epoca micenea. Consisteva in un recinto rettangolare all'interno del quale si ergeva una minuscola costruzione, molto simile a un mègaron nella pianta, con podio al centro della fronte e due scalette di accesso ai lati del podio. Del santuario d'epoca geometrica (1000-900 a. C.) sussiste un tratto di muro circolare, indizio della particolare forma dell'edificio, che potrebbe anche immaginarsi absidato. Scarsi sono i resti del Telestèrion d'epoca soloniana (VII sec. a. C.); il tratto più notevole è l'angolo meridionale dell'edificio, incorporato, come i resti micenei e quelli geometrici, nelle successive ricostruzioni del santuario. Il Telestèrion di Pisistrato era una grande aula quadrata con porticato sul lato orientale. Internamente, la copertura era sostenuta da 25 colonne, suddivise in 5 file di 5 colonne ciascuna. Delle parti struttive sono più chiaramente visibili, ora, un tratto del muro meridionale e alcune basi di colonne. Al centro della corte era una piccola stanza, l'anàktoron (ἀνάκτορον), riservato ai riti misterici dello hierophàntes (sacerdote del culto eleusinio), e alla conservazione degli oggetti sacri. L'intero edificio risale alla metà circa del VI sec. e costituì il prototipo rispettato nelle successive ricostruzioni e negli ampliamenti del santuario. Dopo la cacciata dei Persiani, Cimone ideò la costruzione di un grandioso Telestèrion (anch'esso quadrato di m 44 di lato e con 3 file di 7 colonne all'interno), che non fu portato a compimento. Infatti, intorno alla metà del V sec. i misteri si celebravano in un edificio restaurato con le parti superstiti del Telestèrion di Pisistrato, che i Persiani avevano distrutto. Dopo il 445 a. C., Pericle affidò all'architetto del Partenone, Iktinos, la costruzione di un grandioso Telestèrion; a fianco di Iktinos collaborarono gli architetti Koroibos, Metagenes e Xenokles. Tagliata nella roccia a O e terrazzata ad E nacque allora una grande aula quadrata di m 52 di lato, con sedili su tutti e quattro i lati e con 6 porte aperte a coppia sui lati N, E e S. La copertura era sostenuta da 42 colonne, poste in 6 file di 7 ciascuna; sulle file mediane correva l'architravatura e su questa poggiavano le file superiori di colonne atte a sostenere il tetto. Al centro della copertura pare vi fosse un opàion (lucernario). L'anàktoron doveva occupare il centro di questo grande teatro quadrato. L'edificio era costruito con blocchi squadrati e lisciati di calcare scuro di E.; della perfetta messa in opera dei blocclu sono prova le fondazioni visibili sul lato N. Intorno al 330 a. C., per cura dell'oratore Licurgo, il lato orientale del Teiestèrion fu ingrandito con l'aggiunta di un maestoso porticato in pentelico, con 12 colonne in facciata. Per la realizzazione del progetto, ideato dall'architetto Philon, agli angoli N-E e S-E del Telestèrion pericleo furono creati due possenti contrafforti in forma di L con un muro di spina. In età imperiale l'interno del Telestèrion fu lievemente modificato.
Ad O-N-O del Telestérion è una grande terrazza rettangolare tagliata nella roccia; all'estremità N di essa una scalinata conduce ad un grande tempio in antis dedicato in epoca romana a Demetra, del quale ora restano scarsissime tracce. A 5 del Telestèrion, tra la cinta periclea e quella di Licurgo, si distinguono molte costruzioni: il bouleutèrion, dotato di un ambiente semicircolare, e, a O di questo, un lungo colonnato di cui si ignora la funzione. Uscendo dalla Porta S, si trova a sinistra la Hierà Oikìa (edificio, forse, dell'VIII sec. a. C.), composto di 3 stanze in fila, circondate da un peribolo trapezoidale con fondo pavimentato. Segue il mitreo, il santuario del dio Mitra, il cui culto dovette giungere ad E. alla fine dell'epoca classica. A fianco del mitreo è un grande edificio rettangolare, con una larga corte aperta al centro e stanze su tutti e quattro i lati. Un pròpylon costituisce l'accesso all'edificio, del quale si ignorano sia il nome che la funzione. Seguendo il fianco esterno, orientale, del peribolo, addossate al muro di Licurgo e a quello di Pericle si trovano molte fontane costruite all'epoca dell'imperatore Adriano. Sempre lungo la direttiva E-N-E, a destra della strada romana che fiancheggia il circuito delle mura si incontrano: una serie di botteghe composte di due stanze e fornite di un pozzo per l'acqua; un albergo e le imponenti rovine di un edificio termale, di cui è tuttora ben conservato l'ipocausto. In facciata le botteghe erano adorne di un colonnato. Terme, albergo e botteghe sono di tarda epoca romana. Sotto il piano stradale corre un canale costruito a vòlta, dove, per mezzo di bracci secondari, veniva convogliata l'acqua di scolo delle botteghe. La pulitura del canale era facilitata dai tombini circolari, posti soprasuolo.
La città. - L'acropoli di E. occupava la collina ad O del santuario. Tracce notevoli di un abitato preistorico, del 2000 circa a. C., sono visibili a S della collina. Sul fianco orientale, molto vicino all'odierna Torre dell'Orologio, furono scoperti pochi resti di un abitato micenelo (del 1500 circa a. C.). Un folto gruppo di abitazioni ellenistiche, del III sec. a. C., è stato scavato sotto il fianco N della collina: le case sono tutte di piccole dimensioni, taluni ambienti, che pare appartengano alle case dei Kèrykes (araldi facenti parte della pompè), sono stati scavati nella roccia. In una delle case è stata rinvenuta, dipinta su un muro, la figura di Zeus seduto in trono con una Nike nella destra.
Secondo l'architetto G. Travlos la datazione del complesso andrebbe rialzata alla fine del IV sec., almeno per alcuni gruppi di case. Lo stesso Travlos ha creduto di poter identificare il Pritaneo di E. in una serie di ambienti facenti parte dell'insula con abitazioni situate ad O dei Grandi Propilei. A fianco del Pritaneo è stata liberata anche una casa del V sec. a. C. Gli scavi proseguono tuttora per portare completamente in luce l'intera zona e per chiarire l'andamento dei muri che la limitano.
La necropoli. - Dal 1952 vi scava G. E. Mylonas, per incarico della Soc. Arch. Greca. La necropoli è vicina alla via di Megara. Le tombe sono numerosissime: dal 1954 al 1956 ne sono state scavate ben 312, alcune preistoriche, la maggior parte d'epoca storica. Le tombe micenee sono a fossa e di solito contengono molto corredo. Le tombe di epoca protogeometrica e geometrica, invece, presentano grande varietà di seppellimenti: a fossa, a cassa (con pareti di lastre di pòros o di terracotta), talvolta i morti si rinvengono dentro anfore o pithoi. Da una prima indagine risulta che verso la fine del periodo protogeometrico gli adulti venivano bruciati, i bambini, invece, inumati con abbondanti offerte (kterìsmata). La scoperta più notevole della campagna del 1954 resta una grande anfora protoattica, del secondo quarto del VII sec. a. C. (alta m 1,42), studiata dal Mylonas in un volume pubblicato sotto gli auspici della Soc. Arch. Greca. Nella necropoli si sono anche rinvenuti seppellimenti d'epoca classica e di periodo tardo. I vasi, ovviamente, sono i reperti più numerosi e superano già il numero di 400. Nel 1956, su una tomba della fine del IV sec. furono scoperte due stele di marmo: una reca scolpita a bassissimo rilievo una scena di commiato tra un uomo stante e una donna seduta.
Museo di Eleusi. - Nel museo si conservano diversi rilievi relativi al culto eleusinio e alla diffusione di esso nel mondo ad opera del pio Trittolemo. Il più famoso dei rilievi, di età fidiaca, rappresenta appunto Demetra con la figlia Kore e il giovane Trittolemo (l'originale marmoreo è ad Atene, nel museo di E. si conserva un calco). Inoltre, il grande rilievo dedicato da Lakrateidas, benché molto frammentario, è importantissimo perché ci segnala per mezzo dei nomi iscritti le divinità partecipi del rito eleusinio. Un frammento di rilievo votivo della fine del V sec. rappresenta una donna nell'atto di sacrificare alla presenza di un adorante. La scultura è comunemente nota non tanto per il suo chiaro significato misterico quanto per la raffinata esecuzione del panneggio della sacrificante e per la sua discussa cronologia.
Notevole interesse presentano: una statua arcaica di fanciulla in fuga, forse Kore (figura frontonale?); un pezzo angolare di sima marmorea con una protome di montone scolpita a tutto tondo, che conserva tracce di policromia, riferibile al Telestèrion pisistrateo; una statua di Demetra, di stile postfidiaco; il busto e la testa di una kistophòros colossale, ciò che resta di una delle cariatidi dei Piccoli Propilei, l'altra, rinvenuta nel 1812 durante gli scavi della Soc. dei Dilettanti, si trova ora al museo di Cambridge, in Inghilterra; una statua dell'imperatore Tiberio e una di Antinoo, il pupillo di Adriano, un ritratto di filosofo del terzo quarto del III secolo d. C. e numerosi ritratti romani.
Di recente, alle importanti e varie collezioni ceramiche del museo di E., tra cui l'anfora a lungo collo, da cui prende nome il Pittore di Eleusi 707 (v.), si è aggiunta la grande anfora protoattica, scoperta da Mylonas nella necropoli; un pezzo di prim'ordine, sapientemente decorato sul collo con l'accecamento di Polifemo e sul corpo con l'inseguimento di Perseo da parte delle tre Gorgoni.
Nel cortile antistante il museo, debbono essere segnalati: un grande capitello corinzio ornato da protomi di leoni alati, appartenente ai propilei di Appio Claudio Pulcro, nonché uno splendido sarcofago con la caccia al cinghiale calidonio cui partecipano Meleagro, Atalanta e altri eroi che furono loro compagni nella mitica caccia. Il sarcofago è stato scolpito in Attica nell'età di Marco Aurelio.
Bibl.: Per gli scavi del santuario e la topografia generale di E.: Kern, in Pauly-Wissowa, V, 1905, col. 2338 ss., s. v. Eleusis; G. Q. Giglioli-B. Lavagnini, in Enc. Ital., XIII, 1932, p. 7766 ss.; s. v.; Bull. Inst., 1860, pp. 177 e 225 ss.; F. Lenormant, in Gaz. d. Beaux Arts, 1862, p. 55 ss.; id., La voie sacrée eleusinienne, I, Parigi 1864.
Relazioni di D. Philios, A. Skias, K. Kourouniotis, G. Travlos e G. E. Mylonas, in Πρατικα, 1882-1898; 1918, p. 18 ss.; 1952, p. 53 ss.; 1953, pp. 72 e 77 ss.; 1954, pp. 50 e 66 ss.; ᾿Αρχ. ᾿Εϕημ., 1892, p. 101 ss., 1904, p. 61 ss.; 1950-51, p. 1 ss.; ᾿Arx. Delt., XIV, 1931-32, p. 31 ss., e XV, 1933-35, p. 54 ss.; O. Rubensohn, Die Mysterienheiligtuemer in Eleusis und Samothrake, Berlino 1892; A. Milchoefer, Text zu den Karten von Attika, Hefte VII-VIII, 1895, p. 21 ss.; D. Philios, Éleusis, ses mystères, ses ruines et son musée, Atene 1896; G. Giannelli, in Atti Accad. Torino, 1914-15, p. 129 ss.; G. Libertini, in Ann. Scuol. Ital. Atene, II, 1915-16, p. 201 ss.; F. Noack, Eleusis (Die baugeschichtliche Entwicklung des Heiligtums), Berlino-Lipsia 1927; P. H. Davis, in Am. Journ. of Archaeol., XXXIV, 1930, p. 1 ss.; H. Hoermann, Die inneren Propyläen von Eleusis, Berlino-Lipsia 1932; W. Zschietzschmann, Die inneren Propyläen von Eleusis, Berlino-Lipsia 1932; W. Zschietzschmann, in Arch. Anz., XLVIII, 1933, col. 336, fig. 1; K. Kourouniotis, ᾿Ελευσινιακά, I, 1932; id., Eleusis, A Guide to the Excavations and the Museum, Atene 1936; O. Deubner, in Ath. Mitt., LXII, 1937, p. 73 ss.; M. Nilsson, Geschichte d. griech. Religion, I, 1941, pp. 317 e 445 ss.; II, 1950, pagine 86 ss.; G. Travlos, in Hesperia, XVIII, 1949, p. 138 ss.; W. B. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece, Londra-New York 1950; O. Rubensohn, in Jahrbuch, LXX, 1955, p. 1 ss.
Per i nuovi scavi della città, della necropoli e del santuario: G. E. Mylonas, in ᾿Arx. ᾿Εϕημ., 1953-54 (1055), p. 35 ss.; id., ᾿Ο πρωτοαττικὸς ἀμϕορεὶς τῆς ᾿Ελευσίνος (Bibl. d. Soc. Arch., n. 39), Atene 1957; nonché Τὸ ῎Εργον τῆς ᾿Αρχαιολογικῆς ῾Εταιρεῖας (a cura di A. K. Orlandos), 1954 (Atene 1955), p. 5 ss.; 1955 (Atene 1956), p. 18 ss.; 1956 (Atene 1957), p. 13 ss.; 1957 (Atene 1958), p. 12 ss.; Bull. Corr. Hell., LXXX, 1958, p. 687, fig. 32.
(N. Bonacasa)
Iconografia. - La personificazione della località di E. appare in un'unica raffigurazione: si tratta di una kotỳle attica a figure rosse del ceramista Hieron, opera del ceramografo Makron, conservato a Londra (British Museum, E. 140).
Sul vaso è svolta una scena dove appare Trittolemo assistito da Demetra e davanti a lui ordinatamente un gruppo di divinità ciascuna contrassegnata dal nome iscritto: Pherophatta (= Persefone), Zeus, Dioniso, Eumolpo, Posidone e Anfitrite. Tra questi, cioè immediatamente dopo Persefone appare E., rappresentata in sembianze giovanili, gradiente: nella mano destra tiene un fiore di cui aspira il profumo; con la sinistra trattiene la veste della figura che la precede.
Non pare probabile l'ipotesi che l'iscrizione Eleusis indichi non la personificazione della città di E., ma la dea Eleuthyia-Eleusina.
Bibl.: R. Kekulé, in Ann. dell'Inst., 1872, p. 227; Mon. dell'Inst., IX, tav. 43; O. Kern, in Pauly-Wissowa, V, 1905, c. 2342, s. v.; C. V. A., London, British Museum, IV, 1929, tav. 28, 2 a-d, con bibl. prec.; J. D. Beazley, Red-fig., p. 301 ss.
(L. Guerrini)