PAGLIANO, Eleuterio
PAGLIANO, Eleuterio. – Nacque a Casale Monferrato il 5 maggio 1826, quartogenito di Felice, medico, e di Angela Bonzanino.
Definito da Raffaello Barbiera (1905, p. 73 ) «una delle glorie milanesi», dimostrò una precoce inclinazione artistica, entrando a soli dieci anni all’Accademia di Brera grazie all’intervento di Luigi Sabatelli. Gli fu compagno, in questi anni di formazione, Giuseppe Bertini, con cui strinse una duratura amicizia.
Espose alla Promotrice di Torino nel 1846 e nel 1847, quando presentò Vergine miracolosa, mentre nel 1851 portò a compimento S. Luigi Gonzaga, commissionatogli dal re Carlo Alberto, condotto con un’accorata intonazione intimista (Torino, Galleria d’arte moderna, dono di Vittorio Emanuele II).
Animato da una solida fede patriottica, Pagliano appartenne, come i fratelli Induno, alla schiera dei pittori-soldato: prese attivamente parte alla causa risorgimentale, a partire dalle Cinque giornate di Milano nel 1848 (episodio a cui è dedicato un acquarello dei Musei civici di Pavia), per poi arruolarsi volontario con i bersaglieri lombardi di Luciano Manara, partecipando alla difesa della Repubblica Romana (1849). A Roma fu presente all’agonia di Manara, traendone la maschera funebre e un’incisione distribuita agli ufficiali (Loevinson, 1904, p. 255). Raccolse inoltre appunti dal vero che gli sarebbero serviti molti anni più tardi per comporre l’intenso La morte di Luciano Manara (1884, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), esposto a Torino nel 1884 e per la cui concezione si consultò, come in altre occasioni, con Domenico Morelli (Levi, 1906, pp. 262 s.). Dopo questo episodio si trattenne per qualche tempo a Roma prendendo uno studio in affitto con Gerolamo Induno.
A partire dal 1850 si stabilì a Milano iniziando a esporre alle annuali mostre di Brera. Con il dipinto di soggetto biblico Giuditta che si reca al Campo di Oloferne fu premiato all’edizione del 1852, in cui esponeva anche La signora delle Camelie (Ligornetto, Museo Vincenzo Vela). Nel 1853 vi espose il ritratto di Carolina Sia, seconda moglie del marchese Filippo Villani, committente del dipinto (Milano, Pinacoteca di Brera).
Alla metà degli anni Cinquanta risale il soffitto del teatro Sociale di Como, raffigurante le Muse che scendono dall’Olimpo a incoronare gli artisti, mentre nel 1859 decorò il velario del teatro Filarmonico di Verona con l’allegoria dell’Armonia ‘regolatrice delle Arti’.
Nel 1855 vinse il premio Mylius per la pittura di genere con La partenza dalla casa paterna di una contadina fatta sposa in altro villaggio (Milano, Collezioni dell’Accademia di Brera) – interpretazione ancora romantica dello spunto folclorico – del quale si conosce almeno un’altra versione del 1871 (coll. priv.).
Due bozzetti, con varianti, si conservano presso la Galleria d’arte moderna Paolo e Adele Giannoni di Novara, che possiede numerose opere dell’artista, e presso la Galleria d’arte moderna di Milano. Sul tema della ciociara Pagliano si soffermò più volte, soprattutto con studi acquerellati.
Del 1855 è la grande tela di soggetto storico Fozio strappato al tempio di S. Sofia, snodo importante nella sua formazione, premiato a Brera, acquistato dall’Accademia milanese, e lodato per i vividi colori ‘veneti’ del gruppo principale.
Tra il novembre 1856 e il gennaio 1857 Pagliano soggiornò a Firenze visitando musei e monumenti, eseguendo numerose copie da Botticelli, Pollaiolo, Cimabue, Paolo Uccello, Ghirlandaio, Benozzo Gozzoli, Mantegna e frequentando il caffè Michelangiolo, come ricordato anche da Diego Martelli (Dini - Dini, 1996, p. 52). Con Morelli, di cui eseguì il ritratto per esporlo alla Società degli artisti milanese, visitò gli atelier di Michele Rapisardi, Saverio Altamura, del defunto Lorenzo Bartolini, di Pio Fedi. Al rientro a Milano, iniziò a lavorare a uno dei suoi dipinti più noti, L’origine della Compagnia della Misericordia in Firenze, acquistato all’Esposizione di Brera del 1857 dalla marchesa Rosa Trivulzio, madre di Gian Giacomo Poldi Pezzoli (Milano, Museo Poldi Pezzoli).
Del 1858 è L’incontro di Petrarca e di Madonna Laura sull’ingresso della chiesa di Avignone, commissionatogli da Giovan Battista Cagnola nel 1858, il cui bozzetto si trova alla Pinacoteca Ala Ponzone di Cremona (il dipinto originale è disperso, un acquarello d’après del 1861 è alla Galleria d’arte moderna di Milano), e con cui ricevette il premio di Breme quello stesso anno in occasione dell’Esposizione a Torino presso l’Accademia Albertina. Nel 1858 fu nominato membro della Société royale belge des aquarellistes.
Nel 1859 ebbe il comando della III compagnia dei Cacciatori delle Alpi di Garibaldi, distinguendosi a Seriate, Treponti, e ricevendo da Enrico Cosenz, nel 1860, la medaglia al valor militare. Sempre nel 1859 realizzò Morte di Narciso Bronzetti a Treponti (Milano, Museo del Risorgimento, deposito della Galleria d’arte moderna).
Nel 1861 Morelli fu ospite a Milano di Pagliano, che allora aveva lo studio in via della Guastalla, e vi dipinse Il paggio di Lara. In quello stesso anno Pagliano eseguì La vendetta degli Amidei (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), un tempo nella collezione Vonwiller, raffigurante la congiura contro Buondelmonte, all’origine della divisione tra guelfi e ghibellini.
L’opera, esposta quello stesso anno alla mostra fiorentina dell’Unità insieme all’Incontro di Petrarca e Laura e alla Morte della figlia del Tintoretto (Milano, Galleria d’arte moderna, già proprietà Mylius), seguiva il cammino morelliano di aggiornamento della pittura storica attraverso l’enfatizzazione degli effetti cromatici e luminosi.
In quegli anni Pagliano iniziò a praticare l’acquaforte, per lo più riproducendo le proprie opere, a partire dal S. Luigi (1851) e dalla Contadina sposa, rendendo popolari i suoi dipinti più apprezzati. Col tempo, grazie anche all’esempio fortunyano seguito con autonomia (Mezzetti, 1935, p. 63), la tecnica incisoria si fece indipendente dalla pittura, con opere ricche di intensità luminosa come Pifferaio abruzzese (1870), Pifferaio seduto, Leone, Morto. Una consistente collezione di sue acquaforti è conservata presso la Civica Raccolta stampe Bertarelli di Milano.
L’imponente tela I cacciatori delle Alpi a Sesto Calende (23 maggio 1859) del 1865 (Varese, Museo civico archeologico di Villa Mirabello), commissionatagli da Giovanni Antona Traversi per la villa di famiglia a Desio, raffigura il passaggio del Ticino da parte di Garibaldi, con una suggestiva dimensione corale e ‘cinematografica’ nella quale ogni personaggio è identificabile con un reale protagonista.
Pagliano ritrasse Garibaldi nel 1860 (Milano, Museo del Risorgimento) e nel 1866 (Casale Monferrato, Museo), anno in cui inoltre eseguì, all’aria aperta con i modelli al sole, La presa del cimitero di Solferino (Milano, Museo del Risorgimento, in deposito dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio di Milano), in cui la pittura di storia contemporanea è resa vibrante dall’intensa luce naturale e interpretata con un’immediatezza ricca di pathos. Nel 1865 lavorò ai quadri Napoli e Venezia per la sala d’aspetto di I classe della Stazione centrale di Milano.
All’Esposizione universale di Parigi del 1867, quando vinse la medaglia d’oro di terza classe parimerito con il Borgia di Faruffini (Levi, 1906, p. 129), presentò Un episodio della battaglia di San Martino e La convalescenza di Bajardoa Brescia. Dallo stesso tema sembra derivare Il liuto (Milano, Pinacoteca di Brera), esposto a Brera nel 1867, soggetto troubadour, frequente nella pittura scapigliata lombarda, combinato con una sensibilità coloristica verista. Sul tema della suonatrice in costume l’artista tornò più volte (Pinacoteca di Brera, 1994, pp. 525 s.).
Contemporaneamente alle opere di impegno civile, Pagliano si dedicò alla pittura di genere gradita al mercato, distinguendosi per una tecnica finissima, come in Pompeiana (1869; passato in asta Finarte, Milano 2009), Giapponese (1874; Milano, Galleria d’arte moderna; un tempo appartenenti entrambi a Giulio Mylius), La lezione di geografia, replicato più volte (si veda in Fondazione Cariplo quello del 1880) e Il giuoco del cerchio, un tempo nella Galleria Pisani (Firenze, Archivi Alinari).
Del 1870 è il ritratto della Regina Margherita (Roma, Patrimonio artistico del Quirinale). Nel 1872 espose a Brera, insieme ad altre opere, La figlia di Silvestro Aldobrandini ricusa di ballare con Maramaldo (il bozzetto è presso la Pinacoteca civica Ala Ponzone di Cremona), tratto dal primo volume delle Opere di Pietro Giordani.
Agli occhi del pubblico postunitario il dipinto assumeva una netta valenza civile e morale, associata a un ammirevole modello di virtù femminile. Acquistato dal Kedivè d’Egitto Ismail Pascià e aggiudicatosi il premio Principe Umberto, era tuttavia additato da Primo Levi (1906, p. 157) come il «trionfo della pittura falsa, leccata, allora di moda a Milano».
Nel 1875 presentò a Brera Estate di San Martino (Milano, Galleria d’arte moderna), soggetto di genere trattato anche all’acquaforte con varianti, mentre nel 1877 espose a Brera e a Napoli La rivista dell’eredità, riproposto all’Universale di Parigi del 1878 insieme a Ragion di Stato (illustrante Napoleone che informa l’Imperatrice Giuseppina della sua intenzione di divorziare), vincendo la medaglia d’oro di seconda classe. Allo stesso filone appartiene Collezioniste di arazzi (un tempo nella raccolta Mylius).
I tre dipinti testimoniano l’adesione ai temi della pittura à la mode neosettecentesca, ma anche, ispirandosi allo studio dell’artista stesso (si veda il dipinto Nel mio studio, Milano, Galleria d’arte moderna), la passione collezionistica di Pagliano, sia per oggetti antichi e di pregio, sia per opere d’arte (famosa era la sua collezione di bozzetti di artisti contemporanei).
Nel 1884 presentò varie opere a Torino e nello stesso anno visitò il suo studio milanese, scala n. 12 della galleria Vittorio Emanuele, il letterato Giovanni Gavazzi Spech, pubblicandone un vivace resoconto per l’editore Sommaruga. Nella galleria, edificata nel 1867, Pagliano aveva eseguito le decorazioni ad affresco Africa, per una delle lunette dell’ottagono, e Agricoltura (Milano, Galleria nazionale d’arte moderna), nella veletta dell’arcone aperto verso via Tommaso Grossi.
Nel 1887 espose a Venezia (Il mio studio, Costume giapponese, Lettura sospesa, Studio dal vero) e ritrasse a figura intera Amilcare Ponchielli per il foyer del teatro alla Scala di Milano, mentre del 1889 è Zeusi e le cinque fanciulle di Crotone (Milano, Galleria nazionale d’arte moderna), soggetto neoantico che lo impegnò molto e per il quale, come in passato, si consultò con Morelli (Levi, 1906, p. 292). Eseguì, nel 1891, un Ritratto di Gerolamo Induno pittore soldato, donato nel 1893 al Museo del Risorgimento di Milano.
Nel 1895 inviò a Venezia Idillio milanese, scena amorosa ambientata tra le guglie del duomo, alla decorazione delle cui volte Pagliano aveva in passato partecipato (Paravicini, 1882, pp. 371-377).
Morì a Milano il 5 gennaio 1903.
Fonti e Bibl.: T.V. Paravicini, L’ornamenta-zione delle volte del nostro duomo, in Il Politecnico. Giornale dell’ingegnere architetto civile ed industriale, XXX (1882), 6-7, pp. 371-377; A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi. Pittori, scultori e architetti, Firenze 1889, pp. 345 s.; C. Romussi, Glorie viventi: ricordi, Milano 1891, pp. 86-88; V. Colombo, Gli artisti lombardi a Venezia, Milano 1895, pp. 48-50; R. Barbiera, E. P., in Illustrazione Italiana, XXX, 11 gennaio 1903, n. 2, pp. 23 s.; G. Carotti, L’Esposizione postuma di opere di E. P., in L’Arte, VI (1903), p. 117; V. Bignami, Per l’inaugurazione postuma delle opere di E. P., Milano 1903; E. Loevinson, Giuseppe Garibaldi e la sua legione nello Stato romano 1848-1849, Roma 1904, p. 255; R. Barbiera, Verso l’ideale: profili di letteratura e d’arte, Milano 1905, pp. 73-98; P. Levi, Domenico Morelli nella vita e nell’arte, Roma-Torino 1906, passim; D. Morelli - E. Dalbono, La scuola napoletana di pittura nel secolo decimonono, Bari 1915, pp. 129-136; C. Boito, E. P., Milano 1923; A. Mezzetti, L’acquaforte lombarda nella seconda metà dell’Ottocento, Milano 1935, p. 63; Il dono di Carlo Grassi al Comune di Milano in memoria del figlio Gino: catalogo delle opere e dei documenti di studio, a cura di G. Nicodemi, Milano 1962, pp. 430 s.; Soldati e pittori nel Risorgimento italiano (catal., Torino), a cura di M. Corgnati, Milano 1987, pp. 117, 132-137, 149, 225; F. Mazzocca, La pittura dell’Ottocento in Lombardia, in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, I, Milano 1991, ad ind.; G. Ginex, ibid., II, p. 943; Galleria Civica d’arte moderna e contemporanea Torino. L’Ottocento. Catalogo delle opere esposte, a cura di R. Maggio Serra, Milano 1993, pp. 131, 144; La Galleria d’arte moderna Paolo e Adele Giannoni. Catalogo generale, Novara 1993 (Grafica, pp. 83-90; Pittura e Scultura, pp. 210-221); Pinacoteca di Brera. Dipinti dell’Ottocento e del Novecento. Collezioni dell’Accademia e della Pinacoteca, Milano 1994, pp. 522-526 (schede di G. Ginex); P. Dini - F. Dini, Diego Martelli. Storia di un uomo e di un’epoca, Torino 1996, pp. 52, 54, 72 s. nn., 408, 423; S. Rebora, E. P. e il suo studio milanese: un atelier da ritrovare, in Ateliers e case d’artisti nell’Ottocento, Atti del Seminario..., Volpedo... 1994, Voghera 1998, pp. 111-118; V. Scrima, Giuseppe Rovani critico d’arte, Firenze 2004, passim; Induno, Fattori, Nomellini, Viani. Pittura di storia nella Galleria d’arte moderna di Novara (catal., Novara), a cura di A. Scotti Tosini, Cinisello Balsamo 2005, pp. 47-57; F. Mazzocca, in Domenico Morelli e il suo tempo (catal.), Napoli 2005, pp. 50, 98; A. Villari, in La Galleria d’arte moderna e la villa reale di Milano, a cura di F. Mazzocca, Cinisello Balsamo 2007, p. 146; La Pinacoteca Ala Ponzone. L’Ottocento, ibid. 2008, pp. 169-171 (schede di S. Rebora); 1861. I pittori del Risorgimento, (catal., Roma), a cura di F. Mazzocca - C. Sisi, Milano 2010, pp. 88 s. (scheda di S. Regonelli); Trasparenze. L’acquarello tra Romanticismo e Belle Epoque (catal., Rancate-Mendrisio), a cura di S. Rebora - P. Plebani, Torino 2011, pp. 144 s., 156 s.