ELEUTEROLACONI ('Ελευϑερολάκωνες)
Quando il re spartano Nabide, nel 195 a. C., dovette accettare i patti di pace imposti dal romano T. Quinzio Flaminino, le città marittime del territorio spartano furono consegnate alla Lega achea, senza ricevere dunque ancora l'indipendenza. Più tardi, quando nel 146 a. C. i Romani disciolsero la Lega achea, quel gruppo di città lacedemoni si costituì in federazione amica e alleata di Roma (Strabone, VIII, 366). Pausania (III, 21, 6), il quale d'altronde erra credendo che Augusto per primo desse la libertà a quelle città, aiuta a fissar l'epoca in cui la lega prese il nome degli Eleuterolaconi nel regno di Augusto; si deve dunque attribuire un ritocco a quel καινόν. Le epigrafi preaugustee (Inscr. Gr., V, 1, 1111, 1226, 1227) e le monete (Head, Hist. Num., 2ª ed., 435) parlano di un κοινόν di Lacedemoni; mentre altre epigrafi, dalla prima metà del sec. I d. C. in poi (Inscr. Gr., V, 1, 1161, 1167, 1177, 1243), parlano di un κοινόν di Eleuterolaconi.
Da Pausania sappiamo che una volta - e con ciò egli si riferisce ai tempi di Augusto - le città degli Eleuterolaconi erano 24: ai suoi tempi (sec. II d. C.) sei erano state riprese da Sparta e ne rimanevano 18: Gizio, Teutrone, Las, Pirrico, Cenopoli del Tenaro, Etilo, Leuttra, Talame, Alagonia, Gerenia, Asopus, Acrie, Boiai, Zarax, Epidauro Limera, Prasie, Gerontre, Marios: come si vede alcune città più interne, accanto ad altre marittime. Non sappiamo con precisione quali fossero state tutte le altre sei: certo Cotirta che compare libera nel sec. II a. C. (Inscr. Gr., V, 1, n. 961) e Fere che fu data agli Eleuterolaconi da Augusto (Paus., IV, 30, 2, cfr. Kolbe, in Ath. Mitteil., 1904, p. 376 segg.). Magistrato supremo della lega era uno stratego annuo, e in base alle epigrafi se ne può redigere parzialmente la lista (cfr. Inscr. Gr., V, 1, p. 343). V'era anche un ταμίας, o tesoriere (Inscr. Gr., V, 1, n. 1226-1227). Templi comuni per tutte le città della lega erano quello di Posidone al Tenaro (Inscr. Gr., n. 1226-1227) e quello di Apollo Iperteleate (ibid., p. 197). Le singole città avevano poi i loro proprî magistrati.
Bibl.: E. Kuhn, Städt. Verfassungen, II, Suppl. 109, Lipsia 1865; G. Gilbert, Griech. Staatsalt., I, 2ª ed., Lipsia 1893; Schömann-Lipsius, Gr. Altertümer, I, 240; C. G. Brandis, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 2353; H. Swoboda, in Klio, XII; W. Kolbe, nel commento a Inscr. Graecae, V, 1.