elezione
Designazione, mediante voto, delle persone chiamate a rappresentare una collettività o a ricoprire determinati uffici. Possono riguardare diversi organi (la rappresentanza parlamentare, il capo dello Stato ecc.) e diversi livelli di governo (i comuni, le province, le regioni ecc.); tuttavia, quando si usa il termine senz’altra qualificazione ci si riferisce generalmente alle e. parlamentari. Le e. sono strettamente intrecciate con la nozione di democrazia rappresentativa, della quale costituiscono il presupposto logico e teorico, radicandosi la legittimità del potere politico nel corpo elettorale, inteso come l’insieme della popolazione ammesso a partecipare alle elezioni. Va altresì precisato che non tutte le e. fanno sorgere un rapporto di rappresentanza politica, e che lo stretto legame tra democrazia ed e. non comporta automaticamente l’elettività di ogni carica. La presenza di e. libere e competitive – in cui sia cioè garantita la possibilità di scegliere realmente, e/o di proporre alternative politiche diverse, nell’ambito della competizione elettorale – è una delle caratteristiche peculiari delle moderne democrazie pluraliste, sebbene vada intesa come una condizione necessaria ma non sufficiente; il pluralismo, infatti, finisce con l’essere negato non solo quando vi sia un unico partito legittimato a presentare le candidature (come nell’Italia fascista, tra il 1925 e il 1939, o nell’URSS, fino alle riforme costituzionali del biennio 1988-1990), ma anche quando, pur essendo formalmente riconosciuta la possibilità di distribuire il voto tra diverse alternative politiche, la dialettica interpartitica e la funzione di opposizione siano di fatto negate dalla presenza di un forte controllo sociale e/o culturale sull’esercizio del voto (come avviene, per es., in molti Paesi in via di sviluppo).
Il valore delle e. è stato contestato da quei filoni del pensiero filosofico-politico che si proponevano come alternativa radicale allo Stato liberale: basti pensare alle tesi sostenute da K. Marx (The civil war in France, 1871) o da Lenin, il quale, in polemica con K. Kautsky, riteneva le elezioni «borghesi» una truffa; o alle sprezzanti parole di B. Mussolini, che le qualificò addirittura come «ludi cartacei», o alle posizioni del cosiddetto elitismo (G. Mosca, V. Pareto e R. Michels), secondo le quali la volontà della maggioranza del corpo elettorale non si esprime attraverso le e., giacché in esse le minoranze organizzate prevalgono sempre sulle maggioranze disorganizzate. J.A. Schumpeter ha invece tentato di coniugare elitismo, democrazia ed e., sostenendo che la democrazia si sostanzierebbe proprio nella procedura elettorale, che pone in competizione le élite per l’investitura al governo. Anche sulla funzione delle e. sono state espresse tesi divergenti, a partire dalla celebre diatriba tra J.S. Mill, che assegnava alle e. unicamente il compito di eleggere una rappresentanza, e W. Bagehot, per il quale servivano soltanto alla formazione del governo. Secondo la dottrina più recente, le e. avrebbero una duplice funzione: creare consenso e garantire un’ordinata alternanza al governo. Ma vi è anche chi ha attribuito alle e. ben sei diverse funzioni (legittimazione del potere politico, rappresentanza di opinioni e interessi, determinazione dell’indirizzo politico da parte del corpo elettorale, integrazione, ricambio periodico delle élite e, infine, controllo tra i concorrenti politici e sull’amministrazione).