Jelinek, Elfriede
Scrittrice austriaca, nata a Mürzzuschlag (Stiria) il 20 ottobre 1946. La sua formazione si svolse a Vienna dove frequentò il conservatorio e poi l'università, seguendo gli studi di teatro e storia dell'arte. Nel 1969, in seguito alla contestazione giovanile, trascorse una fase di impegno politico. Più tardi si iscrisse al Partito comunista austriaco, dal quale uscì all'inizio degli anni Novanta. Insignita di numerosi premi, ha ricevuto nel 2004 il Nobel per la letteratura. La sua produzione spazia dalla lirica alla prosa, dal teatro al radiodramma, fino ai libretti d'opera. Nel 1990 ha collaborato con il regista W. Schroeter alla sceneggiatura del film Malina (1991), tratto dall'omonimo romanzo di I. Bachmann.
Stravagante e al tempo stesso riservata, amante della provocazione e insieme distaccata dalla scena letteraria, la J. ha condotto una vita costantemente accompagnata da scandali. Fin dalle prime prove, sia sul versante della lirica (Lisas Schatten, 1967) sia su quello della prosa (Wir sind Lockvögel, Baby!, 1970), emerge la linea in cui si colloca la J. che, da alcune suggestioni del movimento Dada, arriva alla poesia concreta, alle esperienze della Wiener Gruppe e a forme derivate dalla Pop Art americana. L'uso della citazione e la combinazione, in un sapiente montaggio, del linguaggio dei fumetti, della pubblicità e della scena musicale si rivelano una tecnica di scrittura che attraversa più fasi della sua produzione con una precisa funzione demistificatrice. Frequente è il ricorso a figure del mondo artistico e culturale. È il caso di K. Schumann, E. Duse e G. D'Annunzio in Clara S. musikalische Tragödie (1982), di personaggi della finzione letteraria come Carmilla di J.S. Le Fanu, protagonista insieme a E. Brontë del dramma Krankheit oder moderne Frauen (1984, prima rappresentazione 1987), o ancora dell'eroina ibseniana di Was geschah, nachdem Nora ihren Mann verlassen hatte oder Stützen der Gesellschaften (1979).
Un rilievo particolare ha nella produzione della J. la critica radicale alle diverse forme di manipolazione che continuano a essere messe in atto nei confronti delle donne. Se il romanzo Die Klavierspielerin (1983; trad. it. 1991), la cui versione cinematografica è uscita nel 2001 per la regia di M. Haneke, indaga su un distruttivo rapporto madre-figlia, con Lust (1989; trad. it. 1990) opera, in un 'romanzo antipornografico', un'imitazione sarcastica del linguaggio della pornografia maschile. Il tema dei rapporti irrisolti tra donne e potere maschile, già presente fin dal romanzo Die Liebhaberinnen (1975; trad. it. 1992), si ritrova in Gier (2000; trad. it. 2005) e nel ciclo drammatico Der Tod und das Mädchen i-v. Prinzessinnendramen (2003).
Impietosa è la polemica antiaustriaca di J. che, nella tradizione di T. Bernhard, lancia i suoi attacchi contro il falso idillio dei paesaggi alpini (Oh Wildnis, oh Schutz vor ihr, 1985) e contro il fanatismo sportivo (Sportstück, 1998; trad. it. Sport. Una piece. Fa niente. Una piccola trilogia della morte, 2005), visti come residui di una mentalità nazionalsocialista. Le opere della J. non risparmiano neppure le istituzioni culturali, andando a scavare nelle compromissioni con il passato di uno dei luoghi-culto della vita viennese (Burgtheater, 1982; prima rappresentazione 1985). Attenta alla dimensione storica e aperta verso il presente (Wolken. Heim, 1988; trad. it. 1991), la J. non ha esitato ad affrontare questioni politiche come la xenofobia (Stecken Stab und Stangl, 1996).
bibliografia
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