BEER, Elia
Figlio di Sabato da Fermo, visse tra gli ultimi decenni del Trecento e gli inizi della seconda metà del Quattrocento; la sua fama è legata, oltre che alla sua straordinaria valentia nel campo della professione ed alla conoscenza delle scienze mediche, anche all'abilità con cui egli seppe assolvere a compiti ed incarichi, talora assai delicati, che gli furono affidati in campi del tutto estranei alla medicina. Come ci sono ignoti l'anno della sua nascita e quello della sua morte, così incerto è il luogo di origine: l'indicazione toponomastica, che spesso accompagna nelle fonti, insieme con il patronimico, il cognome: "Elia di Sabato Beer da Fermo", non ci dà, infatti, la certezza assoluta che il B. sia nato proprio a Fermo, in quanto in diversi documenti egli viene ricordato come "Elia de Urbe" e in due compare come "Elia da Bologna". là dunque ragionevole affermare che la sua famiglia era originaria di Fermo, che egli dovette compiere i suoi studi superiori seguendo i corsi di medicina presso le università di Bologna e di Roma, che nell'Ateneo di una di queste due, città egli si dovette laureare, ottenendo il titolo di "Artium et Medicinae doctor" sul finire del sec. XIV.
All'inizio del sec. XV il B. si era già imposto nel mondo medico romano come una delle personalità di maggiore rilievo, ed aveva ottenuto già numerosi ufficiali riconoscimenti di merito, premi ed onori che culminarono il 30 nov. 1405, quando il Senato dell'urbe gli concesse la cittadinanza romana, speciali privilegi e un vitalizio di 20 ducati annui per essersi dimostrato, nell'esercizio della professione, "fructuosus sanator" presso ogni ceto della popolazione della città. Tali provvedimenti - confermati da papa Innocenzo VII il 27 genn. 1406 - ponevano il B. in una posizione di privilegio non solo, nei confronti degli ebrei forestieri (con estrema rarità, infatti, veniva ad essi concessa la, cittadinanza romana), ma anche rispetto alla comunità ebraica romana; i privilegi concessi dal Senato contemplavano l'esonero per lui, per i suoi parenti e per i suoi congiunti dall'obbligo di portare sugli abiti il segno distintivo imposto agli ebrei, la facoltà di portare con sé armi, la completa esenzione fiscale sia per le tasse dovute dal B. come cittadino romano, sia da quelle al cui pagamento era tenuto come ebreo. Mentre l'abilità medica del B. veniva sperimentata a Roma da una clientela sempre più vasta e sempre più elevata di rango, la sua fama si era sparsa lontano, grazie alle relazioni e ai contatti che legavano i gentiluomini di Curia con le corti d'Italia e fuori d'Italia: nel dicembre del 1410 Enrico IV invitò in Inghilterra il B. perché vi assumesse la carica di suo medico personale. Il B. accettò di buon grado l'offerta e si recò nell'isola accompagnato da dieci inservienti.
Molto probabilmente si era fatto scortare da un così numeroso seguito, non tanto per assicurarsi l'indispensabile aiuto nelle faccende domestiche e professionali, quanto perché gli fosse possibile celebrare ovunque l'ufficio religioso al completo, secondo le prescrizioni della religione ebraica.
Il soggiorno del B. in Inghilterra non fu lungo: un anno, dopo il quale egli rientrò in Italia, stabilendosi (o riprendendovi dimora) a Fermo; dal suo ritiro lo distolse, nel 1417, la nomina ad archiatra pontificio fattagli pervenire da Martino V. Non sembra, tuttavia, che la cura della salute del pontefice 19 abbia obbligato ad una residenza stabile, in Roma, ma certamente egli si dovette recare abbastanza spesso in questa città, come è dimostrato dai due salvacondotti che gli furono. rilasciati nel 1420 e nel 1421. E nella sua casa di Roma venne tradotta in tedesco la famosa bolla di protezione degli ebrei promulgata, il 20 febbr. 1422, dallo stesso Martino V, bolla che il pontefice dovette con ogni probabilità consegnare personalmente al Beer.
In quanta considerazione e stima il B. fosse tenuto dal papa Martino V ci rivela un oscuro episodio, avvenuto nel 1424, sul quale, purtroppo, non siamo che parzialmente informati. Nel 1424, dùnque, il B., sulla base di "certe informazioni", venne arrestato; ma, dimostrata l'inconsistenza delle accuse, il pontefice non solo ordinò che il medico fosse immediatamente scarcerato, ma lo munì di una sua lettera autografa di piena riabilitazione che volle consegnata personalmente dal B. ai priori di Ferino, al suo ritorno in quella città.
Dal maggio 1427 all'agosto 1430 il B. si trattenne fuori d'Italia, nella Repubblica di Ragusa, in Dalmazia; da lì passò successivamente nei paesi limitrofi, spingendosi sino nell'Erzegovina, evidentemente incaricato di una missione diplomatica, di cui non conosciamo né gli obbiettivi, né il mandante né il destinatario. Solo riflettendo a quante volte potenze cattoliche e potenze musulmane si sono servite di abili intermediari ebrei per allacciare contatti e relazioni segrete tra loro, si può arguire che il B., in questo viaggio, rappresentasse il papa presso il sultano. Le trattative da lui condotte dovettero fin dagli inizi essere molto ben apprezzate a Roma, se, già dall'ottobre 1427, egli figura insignito del titolo di "miles" (uno dei quattro ebrei che, nel corso di un secolo, ottennero questo alto riconoscimento).
Morto Martino V (1431), il suo successore, Eugenio IV, che pure non era altrettanto benevolo nei confronti degli ebrei, confermò al'B. la cittadinanza romana e tutti i privilegi di cui godeva precedentemente, elevandogli inoltre a 30 ducati la rendita vitalizia (dicembre 1433). Intorno al 1435 il B. si trovava a Milano, come medico personale del duca Pilippo Maria Visconti e della sua famiglia. Da un decreto ducale del 20 ag. 1439 apprendiamo che già da qualche tempo era stato creato "giudice unico, generale e di ultima istanza" per tutte le cause - civili e penali - che si dibattevano fra gli ebrei del ducato: contro le sue decisioni e sentenze non era ammesso che il diritto di appello al duca in persona.
Per il Milanese questo ufficio di giudice supremo degli ebrei era una novità destinata a non aver seguito, mentre esempi di magistrature analoghe si erano avuti (e si avevano) in Sicilia e a Roma: nella quasi totalità dei casi ne veniva investito un medico ebreo. In ogni caso, sebbene il numero degli ebrei sottoposti alla sua giurisdizione non dovesse essere molto grande, tale magistratura aumentò notevolmente il prestigio e l'influenza del B., che, nel periodo milanese, raggiunse l'acine della sua carriera di medico e di dignitario di corte.
Nel 1445 il B. si ritirò a Ferrara circondato dalla stima di personalità insigni e dall'affetto che si era saputo conquistare con la sua, molteplice attività., Lionello d'Este gli testimoniò il suo personale rispetto nel decreto del 9 ott. 1445, con cui concedeva al B. quanto questi. gli aveva umilmente richiesto: di esser trattato come tutti gli altri ebrei di , Ferrara e di poter erigere un oratorio. religioso nella sua casa. Qui il B. trascorse gli ultimi anni della sua vita (morì dopo il 1460), immerso negli studi, circondato da una vasta e preziosa biblioteca, di cui ci rimangono ancora numerosi codici.
Bibl.: M. Stern, Urkundliche Beiträge über die Stellung der Päpste zu den Juden, Kiel 1893, I, pp. 25, 26, 36; A. Berliner, Geschichte der Juden in Rom..., Frankfurt a. M. 1893, I, 1, p. 64; H. Vogelstein-P. Rieger, Gesch. der Juden in Rom, I, Berlin 1895, pp. 320 s.; II, ibid. 1896, pp. 5-6; H. Friedenwald, The Jews and Medicine, Baltimore 1944, I, pp. 566 s.; L. Münster, Maestro Elia di Sabbato da Fermo, archiatra pontificio, in Scritti in memoria di Sally Mayer, Gerusalemme 1956, pp. 224-58; C. Roth, The Jews in the Renaissance, Philadeliphia 1959, pp. 38, 210, 215; A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963, p. 629.