MILLOSEVICH, Elia. –
Nacque a Venezia, nella parrocchia di S. Maria Formosa, il 5 sett. 1848, primogenito di Filippo e della nobildonna Elisabetta Morosini.
Il nonno omonimo del M., originario di Dobrota, presso Cattaro in Dalmazia, si era trasferito a Venezia verso il 1812, quando, causa il blocco continentale, più dura si faceva sentire la crisi economica dell’ex Dominante; qui era vissuto «nell’onorato esercizio di commercio e d’industria» (G.B. Contarini, Menzioni onorifiche dei defunti …, Venezia 1863, p. 40), avviando il figlio Filippo alla carriera di armatore e capitano di mare, che gli consentì di raggiungere una certa agiatezza.
Il M. fu avviato agli studi presso il ginnasio-liceo S. Caterina di Venezia, allora la migliore struttura educativa cittadina, ma un dissesto economico costrinse il padre ad abbandonare l’attività marinara per impiegarsi presso una filiale del Lloyd, cosicché il M. dovette lasciare la scuola.
Questo rapido tracollo delle fortune familiari è probabilmente riconducibile alla scomparsa del nonno (7 dic. 1863), seguita da quella del genitore (29 luglio 1865). Il secondo, morto a soli quarantaquattro anni, lasciò la moglie e tre figli: oltre al M., Maria e Carolina, appena tredicenne. Date le circostanze, il M. dovette trovarsi un lavoro e nel 1866 si impiegò presso l’Ufficio postale di Venezia, grazie alle conoscenze e alla reputazione di cui aveva goduto la sua famiglia; quindi si trasferì con la madre e le sorelle nella meno centrale parrocchia di S. Felice. Tuttavia proseguì gli studi da autodidatta e, pur mancando della laurea, nel marzo 1872 sostenne un esame pubblico nell’Università di Padova, dinanzi a una commissione presieduta dall’astronomo G. Santini. La prova sortì esito positivo e subito dopo il M. venne assunto come docente di astronomia nautica presso l’Istituto di marina mercantile di Venezia.
Nel luglio 1872 si unì in matrimonio con Vittoria Fanton, con cui ebbe tre figli: Filippo, nato nel 1873, Federico nel 1875 ed Emma nel 1878.
La passione per l’astronomia si rivelò ben presto elemento preponderante nell’esistenza del M., che il 20 marzo 1873 lesse all’Ateneo veneto una memoria stesa in collaborazione con A. Zambelli, insegnante nel suo stesso istituto (Determinazione delle coordinate di un punto terrestre. Coordinate di Venezia, in Atti dell’Ateneo veneto, s. 2, X [1873], pp. 99-110). Grazie alla collaborazione del suo preside e delle amministrazioni comunale e provinciale, nel 1876 riuscì a impiantare un piccolo osservatorio astronomico nella scuola dove insegnava e a realizzare le prime esperienze di astronomia pratica.
Innanzitutto il M. si preoccupò di determinare le coordinate dello stesso osservatorio, misurate dapprima con osservazioni in piano verticale, verificate poi con stelle in meridiano (le pubblicò l’anno dopo nelle Memorie della Soc. degli spettroscopisti italiani, VI [1877], Appendice, p. 108) con il titolo Longitudine dell’Istituto di marina mercantile di Venezia determinata con osservazioni dell’occultazione di Regolo (poi, con il titolo Determinazione della latitudine dell’osservatorio dell’Istituto di marina mercantile di Venezia …, in Atti del R. Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, s. 5, IV [1877-78], pp. 537-566). Diede alle stampe diversi altri saggi, per lo più didattici, secondo un impegno assunto con la presidenza dell’istituto (denominato, a partire dal 1873, tecnico e nautico «Paolo Sarpi») e le amministrazioni che avevano finanziato l’impresa; seguirono altre pubblicazioni più specialistiche su calcoli di orbite, occultazioni, passaggi sul disco solare, posizioni geografiche e vari problemi di meccanica celeste.
La svolta decisiva nella carriera scientifica del M. avvenne nel 1879, allorché il modenese P. Tacchini lo chiamò a Roma, dove, nel febbraio dell’anno seguente, gli fece ottenere il posto di vicedirettore dell’Ufficio centrale di meteorologia, da lui stesso appena fondato e annesso all’osservatorio del Collegio Romano. Lo stipendio era alquanto modesto, sì che nei primi tempi il M. dovette offrirsi come supplente in qualche scuola e impartire lezioni private.
Nei primi anni romani, i lavori del M. furono dunque rivolti alla meteorologia, con particolare riferimento ai fenomeni atmosferici. Nel 1882 comparve infatti un apprezzato saggio Sulla distribuzione della pioggia in Italia, seguito nel 1883 da una lunga Appendice (in Annali dell’Ufficio centrale di meteorologia, s. 2, III [1881], 1, pp. 3-143; V [1883], 2, pp. 3-105); si trattava di uno dei primi lavori del genere, che forniva dati sino allora sconosciuti sulla quantità e distribuzione delle precipitazioni atmosferiche nelle diverse regioni della penisola. Tuttavia, dal 1885 circa il M. poté dedicarsi sempre più alle ricerche di astronomia. Quando poi, nel luglio 1891, la specola venne scorporata dall’Ufficio centrale di meteorologia, il M. ne fu nominato vicedirettore e quindi, il 25 ag. 1902, direttore, succedendo a Tacchini che, per motivi di salute, aveva lasciato da pochi mesi la guida dell’osservatorio. Da allora il M. poté finalmente dar prova delle sue non comuni doti di osservatore e di appassionato calcolatore di orbite; degni di nota risultano, a tale proposito, tre cataloghi stellari, frutto di sistematiche osservazioni: il primo, in collab. con V. Cerulli, raggruppa 1291 stelle australi fino a 9.3° inclusivo (in Memorie del R. Osservatorio astronomico del Collegio Romano, s. 3, I [1892]); il secondo, in collab. con il torinese D. Peyra, concerne 2491 stelline australi comprese tra le grandezze 9,1 e 9,5, la cui posizione non era ancora esattamente fissata (ibid., s. 3, II [1896]); il terzo, in collab. con E. Tringali, è un catalogo di 412 stelle fra 49° 52’ e 54° 5’, osservate al circolo meridiano Salmoiraghi (in Memorie della Soc. degli spettroscopisti italiani, XXXIII [1904], pp. 76-88).
Le stelle considerate in questi cataloghi erano buoni punti di riferimento per le osservazioni dei piccoli pianeti e delle comete attraversanti la loro zona, e in particolare per ricerche sui loro moti propri e sul moto di traslazione del sistema solare, trattandosi di corpi celesti compresi fra Marte e Giove. In riconoscimento di tale apporto, nel giugno 1898 l’Accademia dei Lincei assegnò al catalogo realizzato in collaborazione con Peyra il premio per l’astronomia, che il M. avrebbe conseguito una seconda volta nel 1904.
Dopo aver portato a termine una nuova determinazione della latitudine dell’osservatorio, più esatta di quella che padre A. Secchi aveva eseguito nel 1855, il M. fu incaricato dalla Commissione geodetica italiana di verificare la latitudine del segnale trigonometrico di Monte Mario, scelto quale origine delle coordinate geodetiche della rete italiana. I valori ottenuti da lui e da altri che eseguirono l’identica operazione sembrarono a prima vista discordi da quello trovato da L. Respighi nel 1874; ma, introdotte nelle posizioni delle stelle (date dal catalogo di cui si valevano allora gli osservatori per le operazioni della Commissione del grado) le correzioni calcolate da A. von Auwers, la media dei nuovi valori risultò pressoché identica a quella ottenuta da Respighi, che nella determinazione della latitudine di Monte Mario si era servito del cannocchiale zenitale da lui inventato.
L’opera più ponderosa del M. è frutto della sua passione per il calcolo, che lo portò a compiere faticosi lavori sulle orbite di comete e di pianetini.
Riuscì in tal modo a scoprire, il 12 febbr. 1891, l’asteroide n. 303 e, il 1° marzo, il n. 306, che chiamò rispettivamente Josephina e Unitas, quest’ultimo in omaggio alle aspirazioni risorgimentali; ma l’evento che richiamò l’attenzione di tutti gli studiosi di astronomia teorica e gli diede fama internazionale fu lo studio del pianetino Eros (n. 433), connesso al calcolo della distanza del Sole, dal momento che Eros, asteroide «near-earth» della fascia principale del sistema solare, è uno dei corpi celesti che possono più avvicinarsi alla Terra. Era stato scoperto con la fotografia contemporaneamente a Berlino, dall’astronomo dilettante C.G. Witt, e a Nizza dal più esperto A. Charlois, la notte del 13 ag. 1898; il primo calcolo dell’orbita, realizzato da A. Berberich, rivelò che Eros orbita intorno al Sole a una distanza media compresa tra quella di Marte e quella della Terra, compiendo la sua rivoluzione in 665 giorni. Per la forte eccentricità, l’orbita si avvicina alla Terra a 15/100 circa della distanza media della Terra dal Sole e la sua parallasse, nelle opposizioni più favorevoli alle osservazioni, può salire fino a un 1’, offrendo un’ottima opportunità per determinare la parallasse solare. Partendo dagli elementi forniti da Berberich, il M. si accorse che una di queste grandi opposizioni si sarebbe verificata in breve, cioè nel 1900. Intuendo il vantaggio che se ne sarebbe potuto ricavare per la determinazione dell’unità astronomica, si dispose a calcolarne l’orbita esatta. A tale scopo, con nuovi calcoli accompagnati dallo studio delle caratteristiche dell’orbita di Eros, dedusse che si sarebbero potute trovare altre tracce del pianetino in lastre fotografiche esistenti nelle specole dove già si era iniziato il lavoro per realizzare la carta fotografica del cielo. La previsione si rivelò esatta e la traccia del pianetino risultò presente in alcune fotografie celesti prese due anni prima, nel 1896. Servendosi allora delle posizioni assunte da Eros nel 1898 (epoca della sua scoperta) e di quelle ritrovate nel 1896, il M. ne calcolò l’orbita definitiva, senza tener conto delle perturbazioni, grazie anche alla collaborazione del direttore dell’Istituto di calcolo di Berlino. Gli elementi così raccolti consentirono di realizzare un’effemeride esatta delle posizioni di Eros, che allora rappresentava quanto di meglio potesse essere messo a disposizione degli studiosi, che in tal modo sarebbero in breve tempo giunti a una nuova e più precisa determinazione della parallasse solare, confermante la distanza del Sole dalla Terra in 149 milioni e mezzo di km. Dopo tre anni di intenso lavoro, il M. pubblicò il saggio Sull’orbita del pianeta Eros (in Atti dell’Acc. nazionale dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 5, VIII [1899], 2, pp. 230-235) che fu anche premiato dalla stessa Accademia.
Il M. non fu solo studioso ed erudito, ma anche un efficace comunicatore e un vivace conferenziere. In possesso di buona cultura storica, ne trasse sovente argomento per le proprie dissertazioni, tra le quali si segnalano il discorso tenuto ai Lincei in apertura dell’adunanza solenne del 2 giugno 1912 (Dalla torre di Babele al laboratorio di Groninga …) e quello che lo stesso M. riteneva poter essere il suo testamento scientifico, apparso nel 1917: Il sorgere eliaco di Sirio, con qualche accenno di paleocronologia egizia (in Memorie e osservazioni del R. Osservatorio astronomico al Collegio Romano, s. 3, VII [1919], 1, pp. 3-25). Notevoli anche i suoi studi di astronomia dantesca e sull’anno di origine delle Olimpiadi.
Nella lunga carriera il M. pubblicò in riviste italiane ed estere 449 lavori. Il primo comparve come opuscolo a Venezia nel 1870: Della distanza della Terra dal Sole e dei passaggi di Venere; l’ultimo, un ricordo di G.V. Schiaparelli nell’anniversario della scomparsa, uscì postumo. Un elenco completo segue alla Commemorazione tenuta in occasione della morte da E. Bianchi (1920); uno parziale è in Ateneo veneto. Indici dei lavori comparsi nelle sue pubblicazioni dal 1812 a tutto il 1900, a cura di C. Musatti, Venezia 1902, pp. 13-15, 51 s. Per circa quarant’anni, inoltre, il M. pubblicò i calendari del Collegio Romano, volumetti densi di notizie, tra le quali le concordanze fra il computo gregoriano e quelli giuliano, maomettano, giudaico, abissino e copto.
Il M. morì a Roma il 5 dic. 1919.
Nonostante le avversità che funestarono la sua giovinezza e la precoce perdita del primogenito Filippo, grazie a uno spirito di sacrificio non comune il M. riuscì a inserirsi da autodidatta nel campo dove poté far valere l’innata propensione per gli studi matematici e astronomici. Specchio dei suoi tempi, a detta di tutte le fonti, il M. fu padre e marito esemplare, onesto, schivo, modesto, integro e animato da spirito patriottico; prima di morire ebbe anche la gioia di vedere il secondogenito, Federico, avviato a una prestigiosa carriera che lo avrebbe portato a divenire rettore della «Sapienza», vicepresidente dell’Accademia d’Italia e senatore.
Membro di numerose accademie italiane e straniere, il M. fu inoltre socio corrispondente dei Lincei dal 1893, nazionale dal 1905 e segretario della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali nel novembre 1906 (poi confermato nel 1912 e 1919), nonché membro (e amministratore dal 1909) della Società italiana delle scienze detta dei XL.
Fonti e Bibl.: Venezia, Arch. storico del Comune, Anagrafe, Rubrica generale 1857, s.v. Millosovich Filippo, 4516: Scheda famiglia Cannaregio; Registro della popolazione di Venezia, n. 43, s.v. Millosevich Elia; Ibid., Arch. della Curia patriarcale, sez. moderna, Matrimoniorum, b. 194/634 (il documento, che riporta il processo matrimoniale del M., è segnato 18 luglio 1872, e perlomeno fino a questa data la versione invalsa del nome è «Millosovich»); Ibid., Arch. dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Soci corrispondenti, Nomine, bb. 27, f. 18; Morti, b. 29, f. «M». Le principali testimonianze sul M. sono costituite dalle commemorazioni e dai necrologi delle accademie e istituti che lo ebbero socio; oltre ad A. Di Legge, Commemorazione del socio E. M., in Atti dell’Acc. nazionale dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 5, XXIX (1920), pp. 76-81, si vedano: V. Cerulli, in Memorie della Soc. degli spettroscopisti italiani, s. 2, VIII (1919), 10, pp. 99-103; G. Bordiga, in Atti del R. Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, s. 9, LXXIX (1919-20), pp. 23-27; G. Abetti, in Riv. geografica italiana e Boll. della Società di studi geografici e coloniali in Firenze, XXVII (1920), 1-3, pp. 43-46; E. Bianchi, in Memorie e osservazioni del R. Osservatorio astronomico al Collegio Romano, s. 3, VII (1920), 2, pp. VII-IX: con ritratto ed elenco cronologico delle pubblicazioni (pp. 11-29). Si vedano inoltre: A. De Gubernatis, Piccolo Dizionario dei contemporanei italiani, Roma 1895, p. 611; G. Naccari, Astronomia, in L’Ateneo veneto nel suo primo centennio (1812-1912), Venezia 1912, pp. 156, 166-168, 170-176, 180-185; D. Giordano, Cronaca dell’Ateneo veneto nella solenne chiusura dell’a.a. 1919-1920, in L’Ateneo veneto, XLIII (1920), p. 9; G. Armellini, Astronomia, in Un secolo di progresso scientifico italiano. 1839-1939, I, Roma 1939, pp. 442, 447 s., 451 s., 454, 472; F.G. Tricomi, Matematici italiani del primo secolo dello Stato unitario, in Memorie dell’Acc. delle scienze di Torino, cl. di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 4, I (1962), pp. 74 s.; La corrispondenza degli astronomi, a cura di A. De Simone - G. Monaco, II, Roma 1997, pp. 205-247 (sono elencati, in forma di succinta scheda, i dati archivistici relativi a 659 lettere intercorse fra il ministero della Istruzione pubblica e il M., e ancora fra quest’ultimo e colleghi astronomi italiani e stranieri, per il periodo compreso tra il 1882 e il 1918); Lessico universale italiano, XIII, p. 653.
G. Gullino