CACCIAGUERRA, Eligio
Nacque a San Carlo di Cesena il 6 marzo 1878, in una famiglia piccolo borghese di radicata tradizione cattolica, penultimo di nove fratelli, da Davide (che possedeva lo spaccio di sali e tabacchi) e da Silvia Fabbri. Sulla sua formazione politico-religiosa furono determinanti l'influenza di un vivace prete cesenate, la frequentazione dell'abbazia benedettina di S. Maria al Monte e il contesto dei sommovimenti proletari romagnoli alla fine del secolo. Rimasto orfano di padre a sei anni, dopo aver frequentato le scuole elementari del paese, entrò nel seminario cesenate, frequentato allora anche da studenti secolari. Qui incontrò don Giovanni Ravaglia, insegnante culturalmente moderno e socialmente impegnato nella linea della Rerum novarum, nonché rinnovatore del movimento cattolico cittadino. Il C. gli restò accanto anche dopo la sua uscita dal seminario, al termine del corso ginnasiale, mentre frequentava il liceo statale impregnato dall'insegnamento positivista. Diventò anzi socio e poi segretario di quel "Club cesenate", il circolo cultural-sportivo ravagliano, aperto a giovani d'ogni orientamento, fra cui erano anche Renato Serra e altri che poi costituiranno un pugnace nucleo murriano a Cesena all'inizio del secolo. Nel contempo frequentava l'abbazia benedettina, dove in quel periodo si trovavano due monaci ricchi di un'esperienza religiosa internazionale: Bonifacio Wolff e Bonifacio Maria Krug.
Alla loro influenza il C. deve certamente la scoperta di quella problematica teologico-liturgica ed ecumenica che nel suo pensiero avrà in seguito tanto rilievo, da farne una voce originale e una delle espressioni più mature del laicato cattolico del tempo; problematica che, nel contesto delle prime battaglie sindacali nella zona cesenate, si mescolava dapprima con un impegno politico a carattere democratico, poi con l'attivismo organizzativo leghista a fianco dei socialisti, per restare infine predominante nei suoi interessi religioso-culturali.
Da ciò nacquero la precoce vocazione giornalistica, in funzione della propaganda ideologica, e la sua milizia democratico-cristiana. Nel settembre 1899, ancora studente universitario di legge nell'ateneo bolognese, il C. fu a Roma tra i fondatori della prima democrazia cristiana italiana a fianco di Romolo Murri, e poi relatore sia alla VI Adunanza regionale dei cattolici romagnoli a Faenza (novembre 1900), sia al I Convegno democratico cristiano a Imola (ottobre 1901). Non ancora ventitreenne assunse la direzione de Il Savio, il nuovo settimanale cesenate, fondato nel giugno 1899, ispirato alle idee murriane e disposto a un'intesa con la Camera del lavoro socialista giustificata da ragioni classiste. Nell'ambito cattolico regionale se non il primo motivo, certo il secondo, appariva per la prima volta, lasciando intendere, con scandalo dei clericali, di trascurare e subordinare l'anticlericalismo dei partiti di estrema sinistra alla necessità d'una lotta unitaria per il miglioramento dei patti agrari a favore dei contadini e dei mezzadri. In tal modo il C., spalleggiato da don Ravaglia e non senza la simpatia dei benedettini, e all'inizio perfino del giovane vescovo G. Cazzani, alimentava una corrente cattolica e democratica in netto contrasto con l'Opera dei congressi. Donde la polemica e il suo ritiro dalla direzione de Il Savio (22 novembre del 1904) non appena il murrismo entrava in crisi con l'incipiente restaurazione teocratica del pontefice Pio X.
Trasferitosi a Ravenna nel 1908, vi assunse la direzione del settimanale Il Risveglio (firmava gli articoli con lo pseudonimo Eca) per continuare, con minore fortuna, il suo movimento novatore. In coerenza con queste posizioni si presentò candidato alle elezioni politiche del 1909 e del 1913 come democratico cristiano autonomo. Non venne eletto, però ottenne una significativa affermazione nonostante l'opposizione dei cattolici tradizionali (i preti gli negavano perfino i sacramenti) e dei socialisti. Frattanto, dopo qualche titubanza, aderì alla Lega democratica nazionale: ne organizzò il congresso di Rimini (settembre 1908), e nel congresso di Imola (settembre 1910), in cui il Murri, già deputato, aveva tentato di trascinare la lega su posizioni radicali e antichiesastiche, il C. si oppose fermamente a tale linea a nome della minoranza, di cui assunse la leadership; l'anno dopo promosse una Costituente a Firenze per ricomporla sulla linea religiosa e sociale invitandovi quanti nei riguardi della Chiesa non intendevano essere "né ribelli, né schiavi". Per la Lega, ribattezzata democratica cristiana, fondò insieme con Giuseppe Donati L'Azione, cioè l'organo di stampa che soppiantava e sostituiva quello precedente, apparso a Bologna nell'anno 1906.
L'Azione sistampò a Cesena, eccetto qualche pausa temporanea a Firenze e a Roma, sempre sotto l'ispirazione e la guida del C., il quale per sette anni, settimanalmente, vi espose tutti quegli elementi evangelici divenuti poi patrimonio di quel singolare gruppo (un migliaio circa di aderenti attivi) che nel 1919 costituirà il secondo partito d'ispirazione cattolica in contrapposizione a quello di don Sturzo, accusato di eccessiva soggiacenza ecclesiastica da una parte e di conservatorismo sociale dall'altra.
Il C. ha definito i suoi scritti, esclusivamente giornalistici, "psicagogici" cioè improntati alla formazione delle coscienze per sottrarle alle "teogonie clericali". Nel suo pensiero, però, si è avuto un processo evolutivo che rispecchia le diverse fasi della maturazione: da un inizio teocratico e poi attivista a un periodo democratico e poi propriamente mistico. Indubbiamente quest'ultimo è il piùricco di elaborazioni e riflessioni teologiche vivificate da una coraggiosa esperienza di fede, resa fra l'altro credibile dalla scelta celibataria e da una intensa pratica sacramentale.
Al conilitto mondiale, giudicato - sulla linea di Paul Sabatier - come catarsi dell'umanità e vissuto con mistica sofferenza, si deve certamente quest'ultima svolta del suo pensiero, che si concretò anche nell'opposizione all'obiezione di coscienza avanzata dal gruppo torinese de Il Savonarola. Egli ebbe peraltro "l'umiliante e doloroso tormento" di essere dichiarato inidoneo al servizio militare: tormento in parte placato, dopo reiterate domande, dall'arruolamento nei servizi sedentari presso il distretto di Rimini. Comunque, dalle pagine de L'Azione, egli visse intensamente e profondamente il dramma divenendo il confidente spirituale dei combattenti, affiliati alla Lega e il loro confortatore.
Le lettere inviate e ricevute, i temi dei motivi trattati restano un documento d'altissima religiosità. Affiancato redazionalmente dal padre Semeria (suo pseudonimo Solari), da don Brizio Casciola, dal p. Trinchero, da don Mazzolari, il C. seppe esprimere, con stupefacente anticipo, motivi di autentica ecclesiologia moderna, quali il cristocentrismo nel culto liturgico e la partecipazione dei battezzati al sacerdozio del popolo di Dio, a cui viene collegata con penetranti richiami evangelici l'autonomia laicale nell'ordinata e ortodossa armonizzazione della libertà e dell'autorità dentro la Chiesa. La polemica antiecclesiastica poi appare sempre delicata e sofferta, biblicamente nutrita e dottrinalmente impeccabile.
In genere la storiografia, avendo finora mescolato il personaggio con l'avventura politica della Lega democratica, lo ha coinvolto in un unico giudizio d'ambiguità velleitaria e astratta. Ma una più attenta analisi permette di considerare autonomamente l'opera e l'azione del C. collocandole in una prospettiva religiosa ed ecclesiale che è poi quella per la quale egli ha operato negli ultimi anni di vita all'interno della famiglia dei credenti. In questa più corretta interpretazione appare la sua originalità che è un tentativo in parte riuscito di far partecipare all'autentico mistero cristiano, con piena libertà interiore, una certa élite cattolica, premessa indispensabile per liberarla dall'ipoteca clericale e per avviarla all'assunzione di responsabilità proprie nella sfera politica.
Il C. morì a Rimini il 24 ottobre del 1918.
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