ELIMI
(XIII, p. 807)
Nuovi studi hanno contribuito a una migliore conoscenza degli E., popolazione anellenica insediata nella Sicilia occidentale in centri situati su montagne o colline difficilmente accessibili e quindi facilmente fortificabili. Sono fondazioni elime, secondo la tradizione letteraria greca, Segesta, Erice ed Entella. L'esistenza degli E. pone essenzialmente tre interrogativi, sulla specificità del loro ethnos e della loro cultura, sulla definizione della loro area, sulla durata nei secoli dello specifico ''elimo''. La storia della ricerca sugli E. si apre con Antioco di Siracusa (5° sec. a.C.), tramandatoci da Tucidide e da Pausania. Di essi si parla pochissimo nelle fonti classiche, mentre assai più note sono invece nelle stesse fonti le vicende delle loro città maggiori, Segesta, Erice ed Entella (v. in questa App.). Di fatto, il solo periodo in cui ci si sia interessati a fondo degli E. è il 5° sec. a.C., epoca durante la quale fecero il loro ingresso nella politica internazionale mediterranea e furono alleati di Atene contro Siracusa, come risulta anche dal trattato epigrafico fra Atene e le elime Segesta e Alicie (IG I2, 20=I3, 12). Tutta la tradizione letteraria posteriore, greca e latina, da Diodoro a Dionigi di Alicarnasso e a Virgilio, che nel v dell'Eneide (vv. 387-484) dedica particolare attenzione a Segesta e alle origini troiane degli E., non fa che ripetere quanto era noto agli storici greci del 5° sec. a.C. In età moderna la ricerca sugli E. rinasce con Tomaso Fazello (sec. 16°) e interessa per motivazioni diverse tutta l'erudizione dei secoli successivi. Più recentemente l'attenzione è stata posta soprattutto sul problema delle loro origini ''asiatiche'' (A. Holm), ''italiche'' (J. Beloch, G. De Sanctis), finché la scoperta dei graffiti elimi di Segesta da parte di V. Tusa ha posto il problema in termini nuovi e ha dato il via a moderne indagini archeologiche nei principali siti elimi.
L'antitesi fra le origini asiatiche (Antioco in Tucidide) o italiche, che si riflette anche nell'attenzione che i linguisti hanno a loro volta rivolto all'area asiatica o italica, è fondata sostanzialmente su una presunta antitesi fra il racconto di Tucidide (E. da Troia, con un nucleo di Focidesi − non di Focesi come si continua talora a leggere erroneamente in Tucidide − stanziati vicino ai Sicani) e un passo di Ellanico, sempre letto decontestualizzato, che li direbbe invece provenienti dall'Italia.
In realtà Tucidide ed Ellanico (che conosciamo da un excerptum di Dionigi di Alicarnasso, Ant. Rom. 1, 22, 3) alludono entrambi all'origine troiana, con la sola differenza che il primo parla del luogo remoto di partenza, il secondo della partenza degli E. per la Sicilia dopo la sosta in Italia con i compagni di Filottete. A questo equivoco su una presunta doppia tradizione antica sulla origine degli E., se ne aggiunge un altro, che vorrebbe gli E. di origine ligure, per il fatto che tre loro città (Segesta, Erice ed Entella) portano denominazioni che ricorrono nella moderna Liguria (Sestri, Lerici, Entella). Di fatto questi dati toponomastici confermano soltanto che gli E. si stanziarono in un'area sicana e mantennero una toponomastica locale. Di qui anche la tesi, non fondata, di una identità E.-Sicani (R. Van Compernolle, L. Braccesi). Quanto al loro etnico, sembra riconducibile al greco ἔλξμοψ=panìco, e potrebbe trattarsi di un blasone popolare greco denigrativo verso una popolazione barbarica consumatrice di panìco, in luogo di grano e orzo; né è privo di significato, in questo caso, il fatto che l'area di diffusione nel Mediterraneo della coltivazione del panìco per uso alimentare sia appunto la Frigia, indicata da Tucidide come terra di origine degli Elimi. Gli E. coltivarono la tradizione della loro origine troiana e in particolare la coltivò la maggiore città, Segesta, che come tale fu riconosciuta e favorita dai Romani all'epoca della loro conquista della Sicilia.
Alleati dei Fenici, che all'arrivo dei Greci in Sicilia si sarebbero arroccati nella Sicilia Occidentale, sia perché alleati degli E., sia perché più vicini a Cartagine (Tucidide), gli E. combatterono i Greci di Selinunte fino alla distruzione di quest'ultima, ma specie a causa della loro posizione strategica furono, fino alla conquista romana, di volta in volta conquistati da mercenari campani, dai Greci di Siracusa, dai Cartaginesi. L'apogeo della loro civiltà è da collocare nei secoli 6° e 5° a.C., allorché i maggiori centri elimi batterono moneta propria, talora, come a Segesta, con leggenda in elimo.
La tradizione antica non parla di una ᾽Ελξμία come di una loro area, ma le recenti ricerche archeologiche permettono di considerare elime le attuali provincie di Trapani e di Palermo: oltre a Segesta, Erice ed Entella, sono sicuramente elime almeno Alicie (Salemi), Monte Castellazzo di Poggioreale, Monte Maranfusa, Monte Bonifacio, Monte Iato. Caratteristica della cultura elima, oltre la lingua (v. oltre), è certamente una sorta di ceramica impressa, presente nell'area e di produzione locale, caratterizzata da figurazioni antropomorfiche e teriomorfiche, che possono essere accostate a produzioni anatoliche e cipriote, portate dagli E. in Sicilia al tempo del loro arrivo o recepite dalle frequentazioni anatoliche delle coste della Sicilia occidentale, con mediazione fenicia, tenuto conto che le due economie complementari (agricola l'elima, commerciale la fenicia) garantirono i tradizionali buoni rapporti fra E. e Fenici. L'influenza fenicia sul mondo elimo è particolarmente forte a Erice. Molto diffuso nell'area elima e di produzione locale è anche un tipo di ceramica dipinta, detta anch'essa ''elima''. La persistenza dello specifico ''elimo'' sembra accertata almeno fino alla romanizzazione, come si ricava da elementi cultuali e culturali comuni messi in luce da recenti ricerche archeologiche, fra le quali un'iscrizione di Nacona che prevede forme di ridistribuzione delle terre connesse a procedure di sorteggio e affratellamento, ignote al mondo greco, o a tegole sacre identiche, ellenistiche, da Monte Iato e da Entella che fanno pensare a magistrati comuni addetti ai santuari. Poco sappiamo sulla loro religione, che da alcuni indizi sembra prevedesse anche culti a cielo aperto.
Alfabeto e lingua degli Elimi. − Sono attestati soltanto epigraficamente da graffiti su materiali ceramici, per ora provenienti in massima parte da Segesta, ma presenti anche a Entella, Monte Castellazzo di Poggioreale e Montelepre. L'alfabeto dei graffiti ha molte analogie con l'alfabeto greco di Selinunte ed è ormai nota la precoce alfabetizzazione dei centri elimi, come attestano iscrizioni bustrofediche greche da Monte Castellazzo di Poggioreale e da Entella. La lingua presenterebbe "una generica indoeuropeità" (L. Agostiniani), o una "origine balcanico-anatolica" (M. Durante). Secondo R. Ambrosini la lingua dei graffiti manifesta, accanto a una generica indoeuropeicità, "elementi chiaramente anatolici".
Bibl.: A. Holm, Storia della Sicilia, i, Torino 1896, pp. 194 ss.; G. De Sanctis, Storia dei Romani, i, ivi 1907, p. 66; J. Beloch, Griechische Geschichte, i, Strasburgo 1912, p. 250, n. 3; V. Tusa, La questione degli Elimi alla luce degli ultimi rinvenimenti archeologici, in Atti del I Congresso Internazionale di Micenologia, iii, Roma 1968, pp. 1197 ss.; L. Braccesi, La Sicilia prima dei Greci. Trattazione storica, in AA.VV., Storia della Sicilia. La Sicilia antica, I, 1, Napoli-Palermo 1980, pp. 33 ss.; G. Nenci, Troiani e Focidesi nella Sicilia Occidentale (Thuc., 6,2,3; Paus., 5,25,6), in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, s. 3a, 17 (1987), pp. 921-33; F. Bondì, Gli Elimi e il mondo fenicio-punico, in Gli Elimi e l'area elima, Atti del Seminario di Studi (Palermo-Contessa Entellina, maggio 1989), in Archivio storico siciliano, s. 4a, 14-15 (1988-89), pp. 133 ss.; S. De Vido, Per una carta teotopica dell'area elima, ibid., pp. 203 ss.; D. Musti, La storia di Segesta e di Erice tra il VI e il III sec. a.C., ibid., pp. 155 ss.; G. Nenci, Per una definizione dell'area elima, ibid., pp. 21 ss.; S. Tusa, Preistoria e protostoria nel territorio degli Elimi: la genesi di un ethnos e di una cultura, ibid., pp. 31 ss. (con ampia bibliografia); V. Tusa, Il territorio degli Elimi. Stato attuale degli studi e delle ricerche, ibid., pp. 10 ss.; R. Van Compernolle, Segesta e gli Elimi, quarant'anni dopo, ibid., pp. 73 ss.; G. Nenci, L'etnico ῎Ελξμοι e il ruolo del panico nell'alimentazione antica, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, s. 3a, 19 (1989), pp. 1255-65; S. De Vido, L'immagine degli Elimi nella storiografia moderna: qualche sondaggio, in Atti delle Giornate internazionali di studi sull'area elima (Gibellina settembre 1991), Pisa-Gibellina 1992.
Sulla lingua: M. Durante, Sulla lingua degli Elimi, in Kokalos, 7 (1961), pp. 81 ss.; R. Ambrosini, Problemi ed ipotesi sulla lingua dei graffiti di Segesta, in Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, 25 (1970), pp. 123 ss.; L. Agostiniani, Iscrizioni anelleniche di Sicilia. Le iscrizioni elime, Firenze 1977.