FORBICINI, Eliodoro
Nacque probabilmente a Verona intorno al 1533: in un documento del 1545 è infatti nominato come dodicenne e figlio di Ippolito "ricamatore" e di Lucrezia (Di Canossa, 1910). Degli esordi del F. non si sa nulla. È necessario tuttavia considerare l'ambiente nel quale il giovane si formò: intorno al quinto decennio del secolo Verona rappresentava infatti una sorta di crocevia nel quale venivano ad incontrarsi la cultura tosco-romana, importatata da Giulio Romano nella vicina Mantova, e la veneta.
Il Vasari ([1568], 1881) alla fine della vita di M. Sanmicheli menziona una serie di pittori veronesi, tra i quali il F., elogiandolo quale artista abilissimo "particolarmente nel far grottesche" e ricordando, a tal proposito, gli interventi nei palazzi Canossa a Verona e Thiene a Vicenza. In palazzo Canossa, realizzato dal Sanmicheli negli anni Trenta, il F. dipinse grottesche in un camerino decorato con medaglioni mitologici di B. India e stucchi di B. Ridolfi: si tratta probabilmente di una delle sue prime imprese artistiche, databile forse intorno all'inizio degli anni Cinquanta. Da questo momento in poi l'attività artistica del F. sembra concentrarsi soprattutto in edifici palladiani, ma stabilire la reale entità dei suoi interventi è assai difficile. Il Palladio non lo nomina mai tra i suoi collaboratori né nelle descrizioni delle sue opere.
Al sesto decennio dei secolo si può far risalire l'intervento del F. in palazzo Thiene a Vicenza, decorato tra il 1552 e il 1558 anche da A. Canera, B. Ridolfi, A. Vittoria. In particolare, il Vasari (p. 368) attribuisce al F. l'esecuzione delle grottesche nel salone decorato da B. India con "la favola di Psiche", ma la sua mano è stata rintracciata solo nell'elaborato soffitto a cassettoni dell'ambiente adiacente a tale sala nel quale compaiono grottesche a tempera con edicole classicheggianti.
Nella seconda metà del sesto decennio il F. lavorò in palazzo Chiericati a Vicenza, come risulta dal testamento di G. Chiericati (Zorzi, 1965), decorando, insieme con D. Brusasorci, la sala con il Carro del Sole e della Luna e un altro piccolo ambiente al pian terreno.
Lo schema della decorazione, impostato in maniera rigidamente simmetrica su fondo chiaro, appare arricchito da motivi di carattere naturalistico, come i vivaci cesti di fiori e frutta, o di carattere marcatamente classico, come i cammei antichi su fondo scuro definiti da un segno netto e sottile.
Al F. sono state attribuite (Saccomani, 1972) anche le grottesche della colombaia della villa Trissino a Meledo. Di tale edificio, progettato dal Palladio tra il 1553 e il 1555, furono costruite solo le colombaie. Nell'unica rimasta, da un arabesco di grottesche fitto e regolare, affiorano elementi naturalistici che ricordano quelli di palazzo Chiericati.
Da un estimo della città di Verona del 1558 il F. risulta abitare da solo in contrada San Sebastiano ed è dichiarato pittore (Di Canossa, 1910). Circa nello stesso anno partecipò probabilmente alla decorazione di palazzo Mocenigo a Padova, insieme con G.B. Zelotti, con il quale aveva già lavorato in palazzo Chiericati.
Nelle grottesche dipinte a tempera sulle pareti e sulla volta della scala ricompaiono i cammei antichi come in palazzo Chiericati o le figurine appese ai festoni simili a quelle della colombaia della villa Trissino. Al F. sono state attribuite anche le grottesche che decorano la loggia posta a sud e i quattro camerini che con questa fanno angolo, all'interno della villa Emo Capodilista a Montecchia di Salvezzano. Realizzato da D. Varotari, l'edificio fu decorato nell'ottavo decennio del Cinquecento. I soffitti, dipinti con colori luminosi, sono spartiti in riquadri triangolari, racchiusi in comici con cani, cavalli ed elementi vegetali.
Tra l'ottavo e il nono decennio del secolo il F. lavorò forse anche all'interno della villa Capra, la cosiddetta Rotonda, a Vicenza, realizzando grottesche nei quattro piccoli ambienti al pian terreno. L'attribuzione al F. è tuttavia controversa: i dipinti sono stati pesantemente ritoccati nel '700 e i colori originari ormai perduti. È tuttavia assodato che la decorazione originaria della villa fosse a grottesche come testimonia I. Jones, che la vide nel 1613. Non si può pertanto escludere che l'autore delle pitture originarie sia stato proprio il F. o un "maestro legato ai modi del F. ma con un diverso orientamento di gusto" (Rossi, 1988).
Non si conoscono il luogo e la data di morte.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite... (1568), a cura di G. Milanesi, VI, Firenze 1881, pp. 368 s.; B. Dal Pozzo, Le vite de' pittori degli scultori, et architetti veronesi, Verona 1718, p. 77; S. Maffei, Verona illustrata, Verona 1732, III, p. 300; D. Zannandreis, Le vite del' pittori, scultori e architetti veronesi, Verona 1891, p. 127; L. Di Canossa, Studi e ricerche intorno al palazzo Canossa, in Madonna Verona, II (1908), pp. 63-71; Id., Notizie intorno a E. F. pittore veronese del secolo XVI, ibid., IV (1910), pp. 158-164; G.G. Zorzi, "La Rotonda" di Andrea Palladio, in Questa è Vicenza, Vicenza 1954, p. 15; Id., Contributo alla datazione di alcune opere palladiane, in Arte veneta, IX (1955), p. 106; L. Crosato, Gli affreschi nelle ville venete del '500, Treviso 1962, pp. 159, 206; G. Zorzi, Le opere pubbliche e i palazzi privati di A. Palladio, Venezia 1965, pp. 198, 208; L. Grossato, Affreschi del Cinquecento a Padova, Milano 1966, pp. 271 s.; C. Semenzato, La Rotonda di A. Palladio, Vicenza 1966, p. 34 n. 33; L. Magagnato, Palazzo Thiene, Vicenza 1966, p. 131; Id., I collaboratori veronesi di A. Palladio, in Bollettino del Centro internaz. di studi di architettura A. Palladio, 1968, pp. 170-187; E. Saccomani, Le grottesche venete del '500, in Atti dell'Ist. veneto di sc., lett. ed arti, CXXIX (1970-71), p. 336; Id., Le grottesche di B. India e di E. F., in Arte veneta, XXVI (1972), pp. 59-72; F. Barbieri, Brusasorci, Domenico, in Diz. biogr. degli Italiani, XIV, Roma 1972, p. 687; S. Marinelli, I collaboratori veronesi di A. Palladio, in Palladio e Verona, Verona 1980, p. 188; P. Rossi, Gli affreschi, in La Rotonda, Milano 1988, p. 151; E. Saccomani, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, pp. 203, 719.