ELIOT, George, pseud. di Mary Ann (o Marian) Evans
Nacque il 22 novembre 1819 ad Arbury Farm, nella parrocchia rurale di Chivers Cotton nel Warwickshire. Il padre Robert era il fattore di un ricco proprietario di terre. Trascorse gli anni della fanciullezza in campagna, nella casa paterna insieme al fratello Isaac, per il quale essa nutriva vivissimo affetto: i loro giochi e le loro bizze infantili ricompaiono nella prima parte del Mill on the Floss, ove è descritta la fanciullezza di Maggie Tulliver e del fratello Tom. Il padre le fece avere una buona educazione, mandandola in tre collegi privati della provincia, in uno dei quali strinse un'amicizia duratura con una delle maestre, miss Lewis.
Miss Lewis era una fervente evangelica non-conformista, e seppe rivolgere il sensibile animo della scolara all'entusiasmo religioso, che per molto tempo la dominò: i suoi primi versi (1840) sono appunto d'indole religiosa, e questo spiega la profonda impressione che sulla E., vivamente preoccupata del problema cristologico, doveva esercitare la lettura di un libro di critica storica sulle origini cristiane. Passata dall'intransigenza protestante all'intransigenza razionalistica, essa decise di non frequentare più la chiesa, ma finì per ritirare la decisione che aveva provocato una crisi nella sua famiglia e fortemente turbato il vecchio padre.
Il libro era la Inquiry concerning the origins of Christianity (1838) di Charles Hennell, di cui George Eliot aveva conosciuto la sorella, Mrs. Bray. L'opera era stata tradotta in tedesco e lodata dallo Strauss. Attraverso i coniugi Bray, George Eliot entrò in contatto con lo stesso Strauss, assumendosi la traduzione della sua celebre Vita di Gesù, pubblicata anonima nel 1846: lavoro lungo, laborioso, ch'essa compì tenendo un crocifisso sul suo scrittoio.
Queste sono le origini intellettuali ed erudite, le basi logiche e razionali della personalità matura di George Eliot, la quale ha sempre per sfondo un vasto panorama culturale, illuminato da una riflessione intensa sulla storia e sui grandi problemi ideali dell'umanità.
Sempre attraverso i Bray, essa venne a contatto con gli scrittori positivisti e radicali della Westminster Review, il primo cenacolo comtiano in Inghilterra. Mortole il padre nel 1849, la E. divenne collaboratrice e poi condirettrice della rivista, dove pubblicò una serie di acuti scritti critici e polemici (tra i primi, un'elegante smontatura di Young, il poeta delle Notti). Proseguì la sua propaganda razionalistica con la pubblicazione di una traduzione dell'Essenza del cristianesimo di Feuerbach (1854); attendeva anche a una traduzione da Spinoza, che però non venne mai pubblicata. Il suo ambiente era dominato dallo Spencer, che la presentò nel 1851 a G. H. Lewes, il più brillante e versatile dei positivisti, poligrafo e bohémien, pronto ad esporre con la medesima facilità Hegel e Comte. La E., dapprima aliena, poi attirata da quel temperamento così diverso dal suo, finì con lo stringere nel 1854 con lui quella relazione che durò fino alla morte del Lewes e che essa considerò sempre come un vero e proprio matrimonio. Al matrimonio legittimo si opponeva l'esistenza della moglie del Lewes, dalla quale egli aveva avuto già tre figli; anche Mrs. Lewes aveva già da due anni preferito al marito Thomton Hunt (figlio di Leigh Hunt, l'amico di Shelley e Keats), ma pare che il divorzio non fosse possibile, e per il resto della vita il Lewes continuò a mantenere la moglie e i figli, con i quali George Eliot fu sempre in buoni rapporti.
Questa celebre relazione, che destò scandalo tra i contemporanei, costrinse la Eliot ad una specie di isolamento sociale, di cui essa si consolava dicendolo favorevole alla calma di cui aveva bisogno la sua vita intellettuale, ma che forse la portò ad accentuare il suo tono, involontariamente difensivo, d'intensa serietà morale, quasi a confermare a sé stessa la perfetta legittimità della propria condotta. Comunque, al Lewes si deve l'avere incoraggiato la Eliot a scrivere romanzi, e l'avere accompagnato con la sua fida scorta protettiva tutta la sua carriera di scrittrice, allontanando da lei tutto ciò che la potesse turbare in fatto di critica o di polemica.
Cominciò con alcune novelle che descrivevano la vita dei clergymen di provincia, raccolte sotto il titolo: Scenes from clerical life (1858); la prima, The Sad Fortunes of the Rev. Amos Barton, è del 1856, e rappresenta al vivo gli stenti della famiglia povera e numerosa di un pastore, culminanti nella morte della moglie: c'è già il pathos etico-sociale del realismo eliotiano, con ricchezza di particolari vivi della vita di provincia.
Il romanzo Adam Bede (1859) è la storia di una Gretchen in un villaggio del centro d'Inghilterra; studio di ambiente provinciale, nonconformista, vittoriano. Harriet, fidanzata al protagonista Adam Bede (falegname del villaggio), viene sedotta da Arthur Donithorne, ricco giovine signore. Avendo fatto morire la sua creatura, viene condannata a morte. Nella cella dei condannati Dinah Morris, la fanciulla seria e religiosa, predicatrice metodista, perpetuo contrasto alla leggiera e vanerella Harriet, riesce ad avere da lei la confessione e il pentimento che essa fino allora aveva rifiutato. All'ultimo momento giunge il suo seduttore, che, avendo appreso la tragica situazione al ritorno da un viaggio, riesce a strapparla al patibolo, ottenendo che la pena venga commutata nella deportazione a vita. Il dramma ha lieto fine per Adam: egli sposerà Dinah Morris (epilogo assai criticato, suggerito dal Lewes). L'interesse psicologico sta nell'analisi dei caratteri, specie di Harriet e del seduttore: viene descritta la parabola discendente delle anime, in origine innocenti, che sono a poco a poco travolte per il nefasto influsso di una colpa commessa a cuor leggiero. Vivissimi e ricchi di umorismo sono i tipi e le macchiette di vita rustica, come la sentenziosa Mrs. Poyser.
The Mill on the Floss (Il mulino sul Floss, 1860) comprende, come si è detto, molte scene autobiografiche: ma in esso Tom e Maggie Tulliver, fratello e sorella, sono separati da un sospetto d'immoralità che grava ingiustamente su Maggie (la quale invece ha sacrificato la propria felicità per uno scrupolo morale), e si riconciliano solo nella catastrofe dell'inondazione che li porta ambedue a morte.
Silas Marner (1861) traccia di nuovo l'influsso deleterio di una colpa sul carattere e sulla felicità di un colpevole; e, ingieme, l'influsso benefico di un affetto gentile nell'animo dell'amareggiato e misantropo Silas, anch'egli ostracizzato per una falsa accusa.
Nel 1860 George Eliot era venuta in Italia col Lewes, fermandosi per due settimane a Firenze, dove le venne l'idea di un romanzo intorno a Savonarola. Tornò a Firenze nel 1861 per un mese (4 maggio-7 giugno) lavorando a questo soggetto con la consueta coscienziosità: la sua lunga e laboriosa preparazione (studio di monografie, fonti, documenti) sarebbe stata sufficiente per la compilazione di un saggio storico: se pur tale non si vuole considerare il massiccio romanzo a cui le sue fatiche misero capo: Romola (1863).
L'ambiente fiorentino del Rinascimento vi è ritratto con vivezza e con fedeltà: non è l'intelligenza storica che manca a George Eliot; il Machiavelli, per citare solo una delle figure secondarie, è assai più persuasivo di quello del Macaulay. La trama del romanzo si svolge intorno a Tito Melema, il giovane umanista greco che col suo ingegno e la sua cultura conquista Firenze, e sposa Romola Bardi. Egli commette un grave peccato d' ingratitudine, lasciando nella schiavitù Baldassarre, il suo vecchio maestro, che gli aveva fornito i mezzi per riscattarlo. Quando questi, che si sa tradito, riesce finalmente a fuggire e a venire a Firenze, la rovina di Tito è segnata; egli ha già sedotto con un finto matrimonio l'ingenua contadinotta Tessa, si è gettato nella politica turbinosa del 1497-98 con una serie di raggiri, complotti e astuti tradimenti, finché, tradito a sua volta e fuggitivo, egli cade per mano di Baldassarre. Romola assurge dal dolore a una visione religiosa della vita, che è sacrifizio: essa accoglie in casa Tessa e i figli illegittimi del marito, che saranno la sua cura per l'avvenire. Romola è stata giudicata concordemente da critici inglesi e italiani come un'eroina piuttosto inglese che italiana: in realtà essa è il tipo consueto eliotiano di donna austera e altruista.
Nei romanzi posteriori predomina sempre più l'elemento analitico etico-sociale, sull'elemento immaginativo. Felix Holt the Radical (1866) è, al solito, ammirevole dipintura storica: la descrizione della società provinciale all'epoca della rivoluzione industriale è precisa e concreta; macchinosa la trama del romanzo, ove ritroviamo sempre la colpa e la retribuzione inevitabile. In Middlemarch (1872), nome di un'ipotetica città di provincia, l'analisi di ambiente è accuratissima, e nel duplice intreccio assistiamo di nuovo al deteriorarsi dei caratteri sotto lo stimolo delle circostanze esterne; e Rosamond Vancy, la figlia del sindaco, sta in contrasto con Dorothea Brooke un po' come già Harriet e Dinah. Daniel Deronda (1876) è un giovane aristocratico inglese, che, avendo scoperto di esser figlio di un'ebrea, si dedica tutto al sionismo.
Il 28 novembre 1878 moriva il Lewes. Trascorso un anno e mezzo, dopo avere curato le sue opere postume e la fondazione di una borsa di studio in suo nome, George Eliot sposava, sessantenne, il quarantenne banchiere J. W. Cross. Si conoscevano già dal 1869; avevano riletto insieme l'Inferno di Dante (nel testo italiano, e "non da dilettanti, ma analizzando ogni periodo"); il 6 maggio 1880 fu celebrato il matrimonio. Viaggiarono nel continente, a Milano, poi a Venezia. Ma dopo sei mesi di matrimonio George Eliot moriva nella sua casa di Chelsea (22 dicembre 1880).
Opere: Opere complete, Londra 1878-86 e 1901-3. Tra queste vi sono delle composizioni poetiche (The Spanish Gipsy, 1868; Jubal and other poems, 1876). A cura di G. Biagi venne pubblicata un'edizione di Romola con introduzione e note e numerose illustrazioni storiche (Londra 1907).
Bibl.: V. i saggi critici di H. James, in Partial Portraits, Londra 1888; di L. Stephen, Londra 1902; di Gaetano Negri, 2ª ed., Milano 1903. Cfr. la biografia a cura del marito, J. W. Cross, Londra 1883 (composta di lettere e diarî). V. anche F. Brunetière, Le roman naturaliste, Parigi 1884; E. J. Pond, Les idées morales et religieuses de G. E., Parigi 1927; H. S. Haldane, G. E., Londra 1927.