QUERINI, Elisabetta
QUERINI, Elisabetta. – Nacque a Venezia da Francesco chiamato ‘il bello’, figlio di Girolamo, e da Lucrezia Badoer di Orso, dal ramo dei Querini discendente da Baldovino di Ismerio. Non si conosce la data di nascita di Elisabetta, ma sappiamo che nel 1512 era già sposata, pertanto è ipotizzabile sia stata tra il 1496 e il 1498. Ebbe un fratello, Girolamo, sposatosi nel 1517 con Betta Zorzi di Marin. Dai tre testamenti sappiamo che ebbe una sorella naturale, Maria, denominata ‘di Feltre’, a cui lasciava del denaro per i suoi bisogni e per sua figlia Angela «in segno di amor».
Di rilevante bellezza, era dotata di un’ottima educazione e cultura e fu sin dalla giovane età una candidata ambita per un matrimonio di un patrizio di casa prestigiosa. La scelta ricadde su Lorenzo Massolo, di Pietro, appartenente a un ramo che per affari si spostò a vivere a Candia. I Massolo avevano cospicue proprietà nel distretto di Canea dell’isola, ma non avevano beni nella Dominante; il matrimonio di Lorenzo con una giovane Querini, una delle case più rilevanti del patriziato, rappresentava la volontà di reinserimento a pieno titolo dei Massolo a Venezia. Dopo il matrimonio del 1512 (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, VII.156 (=8492): Barbaro, Libro di nozze patrizie, cc. 253v-256v) e la morte del padre Pietro, avvenuta nel 1519, Lorenzo cercò con l’aiuto dell’influente prozio Girolamo Querini, dal 1515 console alla Canea, di vendere le proprietà a Candia e reinvestire il capitale finanziario. Ci riuscì nel 1531 e acquisì terreni nel Trevigiano, a Sant’Elena di Silea, come si evince dal suo testamento del 1548 e in quello finale di Elisabetta, a cui aveva destinato tali possedimenti.
La coppia viveva in una casa nel sestiere di Cannaregio, a S. Cancian, ed ebbe un primo figlio, una bambina vissuta pochi anni. La sua morte procurò un grande dolore nei coniugi, tanto da essere ricordata nelle loro ultime volontà, chiedendo entrambi di essere seppelliti con lei e destinando alla sua balia un lascito annuo. Il 18 luglio 1518 nacque Pietro Paolo, secondo e unico figlio maschio. Agiati e ben inseriti nei circuiti culturali – Lorenzo stesso è ricordato come autore di un’opera in latino di elogio della storia (Foscarini, 1752, p. 396) – entrarono nella cerchia di conoscenze di Pietro Bembo, grazie all’amicizia che già legava da anni il letterato al prozio Girolamo Querini.
L’amicizia con i coniugi Massolo divenne assidua dal 1537 e fu soprattutto il rapporto con Elisabetta ad assumere un ruolo centrale nella vita di Bembo: da Padova iniziò infatti a recarsi con più frequenza a Venezia, rimanendovi per lunghi mesi, intrecciando con la donna un’intima relazione fatta di doni reciproci e confidenze. Bembo le dedicò versi e soprattutto chiese a Tiziano di ritrarla: un ritratto che suscitò l’ammirazione di Pietro Aretino, il quale, spronato dal pittore, compose un sonetto alla dama (Tiziano, L’Epistolario, a cura di L. Puppi, 2012, n. 69).
Attraverso la fama del letterato i Massolo rafforzarono i contatti con il milieu culturale più in vista a Venezia, i cui esponenti erano Aretino, Fracesco Sansovino e Tiziano. Di questo cenacolo Elisabetta divenne la musa, come provano i rapporti epistolari di Bembo, Carlo Gualteruzzi, Tiziano, Aretino. Tale rete di relazioni le permise di affrontare con risolutezza la sciagura che si abbatté sulla casa Massolo nell’estate del 1537 all’indomani del matrimonio del figlio Pietro Paolo con una giovane di illustre famiglia patrizia, Chiara Trevisan di Stefano, che recava in dote 4000 ducati. Le nozze furono celebrate il 16 aprile e Pietro, di soli 19 anni, non poté sottrarsi, ma dopo poco più di due mesi di convivenza uccise in modo efferato la moglie e fuggì da Venezia. La Quarantia criminale emise la condanna alla pena capitale e da quel momento i Massolo, e in particolare Elisabetta, si sforzarono, grazie alle loro influenti amicizie, di ottenere il decadimento della pena del figlio, cercando anche di sanare il rancore della famiglia Trevisan. Bembo si rivolse all’abate del monastero di S. Benedetto Po in cui si era rifugiato Pietro Paolo, che prese i voti nel 1538 con il nome di Lorenzo, per richiedere che lo seguisse negli studi.
Negli anni seguenti l’amicizia tra Pietro ed Elisabetta, anche per il definitivo allontanamento del letterato divenuto cardinale, perdute le connotazioni amorose, rimase un riferimento importante, tanto da convincere il letterato, seguendo il suggerimento di Elisabetta che gli aveva indicato l’opportunità di abbracciare il volgare, a fare tradurre la sua Historia veneta, come le comunicava nella lettera del febbraio del 1544 (P. Bembo, Lettere, a cura di E. Travi, IV, 1993, n. 2413).
Un’altra figura entrò in quello stesso anno nella vita di Elisabetta: Giovanni Della Casa, che giunse a Venezia in veste di nunzio apostolico nell’agosto del 1544. Egli era già a conoscenza dei meriti e della bellezza di Elisabetta, tanto da essersi fatto prestare da Gualteruzzi il ritratto che Tiziano aveva fatto alla donna e che Elisabetta aveva donato al caro amico di Bembo: Della Casa lo aveva inserito nel camerino della sua dimora romana dove Bembo lo ammirava in qualità di ospite. Se all’inizio della sua permanenza veneziana Della Casa esibì un’inspiegabile resistenza alla frequentazione di Elisabetta, che invece gli inviava doni e arredi, poi dietro insistenza di Bembo ne divenne un assiduo frequentatore e un intimo amico. La relazione di Della Casa con Elisabetta costituì una sorta di legame con Bembo, esplicitato attraverso la corrispondenza con il comune amico Gualteruzzi, ma anche dalle lettere del cardinale a Girolamo Querini. I due carteggi trattano infatti sovente della dama, chiamata «Magnifica», delle rime che Della Casa aveva composto per Elisabetta e che sottoponeva al giudizio di Bembo, e del secondo ritratto che il nunzio aveva richiesto a Tiziano. Ma Della Casa non le dedicava solo sonetti e omaggi d’arte: nell’aprile del 1546, con l’avvallo della S. Sede, si assunse il compito di tentare una riappacificazione con Stefano Trevisan, che tuttavia non andò a buon fine. I Massolo decisero allora di commissionare a Tiziano una pala d’altare per la chiesa dei Crociferi, di cui era procuratore laico Stefano Tiepolo, e che doveva rappresentare un’offerta di pace alla famiglia offesa (Sherman, 2013, pp. 47 s.). Il quadro è nominato nel testamento di Lorenzo Massolo del novembre 1548, in cui egli esprimeva la volontà che venisse completato. Il Martirio di san Lorenzo del Tiziano sarebbe stato però completato o consegnato solo dopo la morte dei due coniugi, perché ancora nell’ultimo testamento dell’8 marzo 1557, Elisabetta dava istruzioni precise ai monaci a riguardo: «voglio et ordino che se l’arca et Pala di Crosecherj non sea finita la faccia finir con quella più prestezza sera possibile».
Il 18 gennaio 1547 morì Pietro Bembo ed Elisabetta iniziò a battersi insieme con il prozio affinché l’Historia veneta fosse stampata a Venezia, contrariamente alle volontà di Gualteruzzi, designato dal cardinale insieme con Querini come commissario dei suoi scritti. Alla fine della contesa, in cui fu coinvolto anche Della Casa, la versione volgare uscì a Venezia nel 1552 dedicata alla «Magnifica et valorosa madonna Isabetta Quirini» dal curatore Gualteruzzi, anche se appare firmata dallo stampatore Gualtiero Scoto. In quelle pagine Elisabetta veniva ringraziata sia per aver difeso l’integrità dell’opera e avere convinto Bembo che fosse tradotta in volgare, sia per essere stata la tramite della pubblicazione (cc. [3 s.]).
Della Casa continuò a frequentare Elisabetta sino alla fine del suo incarico, nel dicembre del 1549. Ritornò a Roma dove nel 1550 dalla cortigiana Ippolita gli nacque un figlio, Quirinetto, tenuto a battesimo dai coniugi Massolo, che lo ospitarono in casa per qualche anno. Elisabetta si affezionò al bambino, tanto da lasciargli nell’ultimo testamento la cospicua somma di 500 ducati, oltre a un rubino e ai doni d’argento che aveva ricevuto dal nunzio, destinando anche cinque ducati alla donna che gli aveva fatto da balia. Un attaccamento che alcuni (Gallo, 1935, p. 173) hanno interpretato come prova della propria maternità di Quirinetto, ma che contrasta con l’età piuttosto avanzata della donna e le informazioni sul parto di Ippolita.
Dopo la morte del marito Lorenzo, avvenuta il 25 gennaio 1557, Elisabetta, malata, andò a vivere a casa del prozio Girolamo, dove morì il 1° febbraio 1559.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, Matrimoni patrizi per nome di donne, II, p. 524; ibid., Matrimoni con notizia di figli, ad nomen; Notarile, Testamenti, notaio G. Canal, b. 190, n. 244: testamento di E. Q., 1° maggio 1537; notaio A. Marsilio, b. 1207, n. 270, testamento di E. Q., 25 maggio 1547; n. 683, testamento di Lorenzo Massolo; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Cod. It., VII-17 (=8306): G.A. Cappellari Vivaro, Campidoglio Veneto, c. 52r, 274v; VII.928 (=8597): M.A. Barbaro, Genealogie delle famiglie patrizie venete, c. 40v; VII.156 (=8492): Id., Libro di nozze patrizie, cc. 253v-256v; Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3423, fasc. Massolo, all’interno ultimo testamento di E. Q., 8 marzo 1557; P. Bembo, Historia veneta, Venezia 1552, cc. [3 s.], p. 114; G. Palazzi, La Virtù in gioco, overo dame patritie di Venetia famose per nascita, per lettere, per armi, per costumi, Venezia 1681, pp. 47-49; M. Foscarini, Della letteratura veneziana, Venezia 1752, p. 396; Corrispondenza Giovanni Della Casa - Carlo Gualteruzzi (1525-1549), a cura di O. Moroni, Roma 1986, ad ind.; P. Bembo, Lettere, a cura di E. Travi, IV, Bologna 1993, nn. 1837, 1930, 2007, 2100, 2104 a., 2110, 2117, 2125, 2147, 2152, 2270, 2383, 2413; Tiziano, L’epistolario, a cura di L. Puppi, Firenze 2012, n. 69.
P. Molmenti, Un poeta uxoricida del secolo XVI, in Nuova Antologia, s. 7, CLI (1927), pp. 129-141. R. Gallo, Per il “San Lorenzo Martire” di Tiziano. I committenti, la datazione, in Rivista di Venezia, I (1935), pp. 155-174; C. Terribile, Il doge Francesco Donà e la Pala di San Giovanni Elemosinario di Tiziano, in Venezia Cinquecento, VII (1997), pp. 79 s., 123-126; C. Berra, Le lettere di Giovanni Della Casa a Girolamo Querini, in Studi dedicati a Gennaro Barbarisi, a cura di C. Berra - M. Mari, Milano 2007, pp. 215-257; C. Whistler, Uncovering beauty: Titian’s Triumph of love in the Vendramin Collection, in Renaissance studies, XXVI (2012), pp. 218-242; C. Berra, Una corrispondenza ‘a tre’: Della Casa, Gualteruzzi, Bembo (e tre stanze piacevoli di Della Casa), in Giornale storico della letteratura italiana, CXC (2013), pp. 552-587; D. Gasparotto, Danese Cattaneo, in Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento, a cura di G. Beltramini et al., Venezia 2013, pp. 377 s.; L. Puppi, Peripezie della committenza: il contesto, i protagonisti, le occasioni, in La notte di San Lorenzo. Genesi, contesti, peripezie di un capolavoro di Tiziano, a cura di L. Puppi - L. Lonzi, Crocetta del Montello 2013, pp. 64-89; A. Sherman, La collocazione originale del Martirio di san Lorenzo di Tiziano: la chiesa scomparsa di Santa Maria Assunta dei Crociferi, ibid., pp. 16-43; Id., Murder and martyrdom: Titian’s Gesuiti Saint Lawrence as a family peace offering, in Artibus et historiae, LXVIII (2013), pp. 39-54; G. Romanelli, Il pittore prigioniero, Venezia 2014, pp. 67-77; Id., Tra Giovanni Battista Cima e Riccardo Perucolo. Un cinquantennio speciale a Conegliano, in Un cinquecento inquieto: da Cima da Conegliano al rogo di Riccardo Perucolo, Venezia 2014, p. 35.