TERABUST, Elisabetta
– Nacque a Varese il 4 agosto 1946 da Guido Magli, consulente aziendale napoletano, e da Charlotte Terabust, truccatrice francese, attiva nel mondo del cinema. Prese il cognome della madre, poiché il padre, in ottemperanza alle norme del codice civile dell’epoca, non poté riconoscerla in quanto sposato con un’altra donna; dopo l’affiliazione, avvenuta nell’adolescenza, Terabust divenne Magli, ma volle comunque mantenere il cognome originario come nome d’arte.
Gli esordi nella danza si ebbero a Roma, dove fu iscritta dal padre, appassionato di balletto, alla scuola del teatro dell’Opera, frequentata prima sotto la guida di Teresa e Placida Battaggi, e in seguito sotto quella di Attilia Radice, allieva di Enrico Cecchetti.
Dopo un periodo di difficoltà, durante il quale rischiò di essere allontanata dalla scuola da Radice, che la giudicava non idonea alla professione, Terabust si diplomò nel 1963, salutata da Gino Tani nel Messaggero come «un’artista già completa, innanzi alla quale i signori e le signore del corpo di ballo sono pregati di inchinarsi» (cfr. Burrafato, 2013, p. 29). L’accanimento della direttrice nei suoi confronti la segnò comunque profondamente, al punto da suscitare in lei un atteggiamento di assoluto rigore nello studio, «quasi furore» (cfr. Ottolenghi, 1981, p. 18), che la portò, fin da giovanissima, ad approfondire la sua preparazione anche in altri centri, come quello di Rosella Hightower a Cannes. Qui si rese conto delle trasformazioni che la tecnica accademica aveva subito rispetto alla sua formazione cecchettiana, e da allora continuò ad aggiornare i suoi studi all’estero.
Entrò nella compagnia dell’Opera di Roma nel 1964, momento che si rivelò per lei propizio, grazie al notevole progetto di aggiornamento e rilancio del corpo di ballo del direttore artistico Massimo Bogianckino, il quale si era assicurato la collaborazione di un’équipe del Royal Ballet (dame Ninette de Valois, Robert Helpmann e Claude Newman), e del ballerino Erik Bruhn, a cui commissionò anche alcune coreografie. Selezionandola fra una ristretta cerchia di giovani promesse, Bogianckino affidò a Terabust, tra il 1964 e il 1965, i ruoli principali dei balletti Giselle, Les Sylphides, Carriera di un libertino e La Bella addormentata; mentre nel 1966 fu Bruhn a sceglierla per interpretare i pas de deux da La Sylphide e Romeo e Giulietta, in cui Terabust si mise in evidenza per una «lucidità e sicurezza tecnica sorprendenti», a dispetto della giovane età (cfr. Ottolenghi, 1966, p. 13). A seguito dei riscontri avuti da pubblico e critica, Bogianckino la nominò prima ballerina nel 1966, a soli vent’anni; festeggiò il debutto danzando con Bruhn il pas de deux di Infiorata a Genzano (29 febbraio 1967).
La sua nomina coincise con il ritorno al teatro dell’Opera, in qualità di direttore del ballo, del coreografo Aurel Milloss, il primo a rendere evidente la predisposizione di Terabust ad affrontare un repertorio più moderno, quello che sarebbe stato in seguito il più riconosciuto dalla critica: la tendenza a quella specie di «virtuosismo libero accademico prediletto dalla coreografia più avanzata di quei giorni» (cfr. Burrafato, 2013, p. 37). Di Milloss Terabust interpretò La Rosa del sogno (musica di Alfredo Casella, scene di Franco Laurenti, 1966), La Follia d’Orlando (musica di Goffredo Petrassi, scene di Giacomo Manzù, 1967), Jeux (musica di Claude Debussy, scene di Corrado Cagli, 1967), Estri (musica di Petrassi, scene di Cagli, 1968) – quest’ultimo creato per Terabust in occasione dell’XI Festival dei due Mondi di Spoleto – e Pazzia Senile (musica di Adriano Banchieri, scene di Piero Sadun, 1970). Contemporaneamente apparve in Giselle (1968, prima nel ruolo di Mirtha, al fianco di Vladimir Vasiliev ed Ekaterina Maximova, poi nel ruolo principale), in Les Sylphides, e nel pas de deux del Don Chisciotte (entrambi in coppia con Bruhn, 1968), perfezionandosi con Marika Besobrasova e Zarko Prebil. Negli stessi anni si legò al ballerino Giancarlo Vantaggio, sposato nel 1970.
Le rapide affermazioni le valsero prestigiosi riconoscimenti: l’invito a danzare in Paquita con James Urbain per celebrare la nascita del nuovo Ballet de l’Opéra di Montecarlo (1968), il conferimento dei premi Léonide Massine per l’arte della danza (Positano 1969), le Noci d’oro (Lecce 1970), la Maschera d’argento (Roma 1972) e, infine, la nomina a étoile del teatro dell’Opera di Roma (1972).
Il cambio di direzione artistica del teatro – Bogianckino si era dimesso nel gennaio del 1968 – aveva però comportato una netta riduzione degli spettacoli di balletto nella stagione e solo pochi degni di nota; Terabust apparve in Carnaval di Massine (1969), Les Biches di Bronislava Nijinska (1969), Apollon Musagète e Sinfonia in Do di George Balanchine (1970 e 1972), Cenerentola di Prebil (1972), riscuotendo i consensi più alti sempre nell’interpretazione di lavori maggiormente moderni, poiché «Terabust è certo un’incantevole danzatrice romantica, ma le sue corde e il suo volto sono moderni, drammatici, tragici addirittura, [...] ogni passo, ogni gesto, in partenza “astratti” acquistano attraverso il suo volto un’espressività e una drammaticità intensa, più di quanto non avviene talvolta in personaggi esplicitamente narrativi» (cfr. Ottolenghi, 1973, p. 23). La scarsità di titoli, l’esiguo repertorio della compagnia, la mancanza di un direttore del ballo stabile e il rischio di rallentare la sua crescita artistica, la spinsero verso nuovi orizzonti. Nel 1973, approfittando dei pochi impegni con il teatro dell’Opera, avviò proficue collaborazioni con il Ballet de Marseille di Roland Petit e con il London Festival Ballet (oggi English National), diretto da Beryl Grey. Di Petit interpretò Le loup, Notre Dame de Paris, Carmen, L’Arlesienne, Coppelia (in coppia con Petit, Rudy Bryans, Denys Ganio), mentre al London Festival apparve in Giselle, Lo Schiaccianoci, Coppelia e La Bella addormentata (con Patrice Bart). La compagnia inglese le diede la possibilità di riscuotere piena credibilità nei grandi classici del repertorio, mentre la collaborazione con Petit le consentì di lavorare con uno dei maggiori coreografi europei. Il numero di rappresentazioni superiore a quelle del teatro dell’Opera di Roma e la visibilità garantita da tournées in tutto il mondo provocarono una lucida presa di coscienza; per questo, quando il teatro dell’Opera iniziò a negarle i permessi per danzare come ospite di quei complessi stranieri, Terabust, con molto rincrescimento, si dimise dal suo incarico e accettò la proposta di danzare stabilmente con Petit, che nel 1976 creò per lei una nuova versione dello Schiaccianoci. Il suo allontanamento da Roma coincise con la fine del matrimonio con Vantaggio, con cui mantenne comunque un affettuoso legame.
Dal 1977 fu principal dancer del London Festival Ballet in cui ottenne consacrazione internazionale danzando in tutti i ruoli principali del repertorio classico: Giselle, Lago dei cigni, Don Chisciotte, La Sylphide, Romeo e Giulietta, La Bayadère, Cenerentola; apparve inoltre in La Sonnambula di Balanchine, Petruška di Michail Fokine, Romeo e Giulietta di Frederick Ashton; nello stesso anno fu a Chicago al fianco di Michail Baryšnikov in Le Corsaire. Fortunate le sue esibizioni in coppia con Rudolf Nureyev in Romeo e Giulietta e Bella addormentata (entrambe con coreografia di Nureyev), Giselle e Konservatoriet di August Bournonville, Sherazade e Le spectre de la rose di Fokine; con Nureyev si esibì in Australia, Europa, Stati Uniti (Metropolitan di New York e Kennedy Center di Washington), e per loro fu appositamente allestita una Giselle (coreografia di Evgenij Polyakov) alla Fenice di Venezia nel 1978. Condivise con Nureyev l’interesse per il metodo di Stanley Williams, evoluzione della tecnica accademica sviluppatasi in America dall’incontro fra Williams e Balanchine, e che Terabust fu tra le prime a diffondere in Italia. Negli oltre dieci anni di permanenza al London Festival, apparve ancora, tra gli altri, in Onegin di John Cranko, Études di Harald Lander, Tchaikovsky pas de deux di Balanchine, Fantaisie di Barry Moreland, Three Preludes di Ben Stevenson, e interpretò con successo balletti di Glen Tetley come Sphinx, Greening e Pulcinella. Fu la prima italiana a danzare nel ruolo di Teresina in Napoli di Bournonville, allestito per lei e Peter Schaufuss al National Ballet of Canada (1981), e al teatro San Carlo di Napoli (1988); dello stile Bournonville Terabust fu una delle interpreti più ammirate.
La capacità di affrontare ruoli del repertorio sia classico sia contemporaneo, qualità poco comune a ballerine della sua generazione, l’elevato rigore stilistico e le speciali doti interpretative le fecero riscuotere i più alti consensi all’estero e trovare una propria originale collocazione nel panorama della danza italiana, dominato in assoluto in quegli anni dall’immagine ‘romantica’ di Carla Fracci (cfr. Pitt, 1993, p. 1410).
Dal 1980 ebbe numerose occasioni di riesibirsi in Italia, fu étoile ospite del teatro alla Scala in Giselle, in coppia con Schaufuss (1983), e del Maggio musicale fiorentino in Schiaccianoci, con Patrick Dupond (1981); fu inoltre ospite fissa dell’Aterballetto di Amedeo Amodio, dove si esibì in lavori ideati per lei, come Artifact II di William Forsythe (poi rinominato Steptext), Verdi Variation di Kenneth MacMillan, Romeo e Giulietta, Schiaccianoci, Ai limiti della notte, Psiche a Manhattan di Amodio. All’interno della compagnia emiliana danzò ancora in Allegro Brillante, Agon e Raymonda pas de dix di Balanchine, Love songs di Forsythe, The river di Alvin Ailey, Twilight di Hans van Manen. Le sue ultime esibizioni furono legate a Petit che creò per lei Charlot danse avec nous (Ballet de Marseille, 1991) e La valse triste ou le retour des cygnes (teatro dell’Opera di Roma, 1992).
Nell’estate del 1990, Bruno Cagli, direttore artistico del teatro dell’Opera di Roma, le affidò la direzione della scuola di ballo del teatro, a cui seguì dopo qualche mese anche la guida della compagnia (1990-93); Terabust decise quindi di terminare la sua carriera di danzatrice e di dedicarsi completamente a compiti direttivi; a seguire fu direttrice del corpo di ballo del teatro alla Scala (1993-97), del Maggio musicale fiorentino (2000-02), del teatro San Carlo di Napoli (2002-05), e quindi di nuovo della Scala (2007-08). Il suo impegno, nel tentativo di migliorare le condizioni della danza italiana, si concentrò su più fronti: ampliare e aggiornare il repertorio, scardinare regole che, a suo avviso, rallentavano il percorso di vita già breve di un danzatore, incentivare un cambiamento di mentalità fra le giovani leve, diffondere la propria concezione stilistica, derivata da una personale sintesi dei metodi Cecchetti, Vaganova e Williams, e in linea con le posizioni di personaggi come Nureyev e Polyakov. Al teatro dell’Opera Terabust convocò Alexander Floris, docente esperto della tecnica Williams, ancora quasi sconosciuta in Italia; alla Scala inaugurò il Progetto contemporaneo (1993) che, nel segno della sperimentazione e della ricerca, portò per la prima volta nel tempio della danza classica italiana autori come Virgilio Sieni, Enzo Cosimi, Massimo Moricone. Sempre alla Scala, con il fermo appoggio del sovrintendente Carlo Fontana, riuscì a nominare primi ballerini (direttamente dal corpo di ballo), Massimo Murru e Roberto Bolle, derogando alla tradizione, mai infranta in teatro, dei passaggi di categoria, dovuti fino a quel momento esclusivamente ad anzianità di ruolo. Tali riforme incontrarono spesso resistenze sindacali, causando scontri che portarono alle dimissioni di Terabust durante il suo primo mandato alla Scala, nel 1997. Questo epilogo, cui si arrivò nonostante i risultati raggiunti dal punto di vista qualitativo, l’incremento del numero di rappresentazioni e il lancio di numerosi giovani talenti, spinse il sovrintendente del teatro, Fontana, a promuovere nel 1997 il convegno Quale futuro per il balletto, che propose per la prima volta in maniera sistematica riflessioni sulle condizioni, le problematiche e le specificità del balletto all’interno degli enti lirici italiani (cfr. Quale futuro..., 1998, pp. 22 s). Per gli alti meriti artistici, nel 2012 le fu conferita la medaglia di Roma e fu nominata direttrice onoraria della Scuola di ballo del teatro dell’Opera di Roma.
Morì a Roma in seguito a una malattia il 5 febbraio 2018.
Fonti e Bibl.: Ampie raccolte di recensioni e saggi dedicati a Elisabetta Terabust (1964-2012), sono custodite presso gli archivi del teatro dell’Opera di Roma, del teatro alla Scala e della compagnia Aterballetto.
V. Ottolenghi, T. e Rainò, in Paese sera, 18 aprile 1966; Ead., Con il balletto si può anche ridere, in Sipario, aprile 1973, p. 23; Ead., Elisabetta la nostra stella, in Balletto Oggi, maggio 1981, p. 18; A. Testa, Storia della danza e del balletto, Roma 1988, pp. 174-181; F. Pitt, E. T., in International Dictionary of ballet, a cura di M. Bremser, II, Detroit 1993, pp. 1407-1410; Quale futuro per il balletto. Atti del Convegno... 1997, a cura di M. Guatterini, Milano 1998, pp. 22 s.; E. Burrafato, E. T., l’assillo della perfezione, Roma 2013.