RAIMONDI, Eliseo
RAIMONDI (de Raymondis), Eliseo (Giovanni Eliseo). – Nato a Cremona presumibilmente tra il quinto e il sesto decennio del XV secolo da Marco, commerciante di stoffe, ebbe due figli, Giovanni Niccolò, figlio naturale avuto da Camilla Raversano (legittimato nel 1492), e Barbara (Visioli, 2001, p. 19). La fama di Raimondi è sancita a partire dal XVIII secolo dalla storiografia cremonese, che delinea la figura di un umanista e dilettante di architettura. Si deve specialmente a Francesco Arisi (seguito da Giambattista Biffi) una prima biografia di Eliseo nella sua Cremona Literata (Arisi, 1702, pp. 375 s.), che lo segnala dedito alle arti liberali e allo studio, specialmente dell’architettura, conoscitore dei trattati antichi e moderni, tanto da essere autore di un volgarizzamento del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti.
Questo giudizio ha pesato sulla storiografia successiva, fino alla puntuale disamina documentaria di Monica Visioli, che traccia in più occasioni il profilo di Raimondi, i suoi legami con il contesto cremonese e la storia del palazzo di Eliseo nella vicinìa di S. Silvestro a Cremona (Visioli, 1993; 2001; 2008; posizioni riprese nella sostanza in Martinis, 2014).
Il 2 agosto 1474 Raimondi compare per la prima volta, insieme al fratello Tommaso, in un contratto stipulato dai due fratelli del padre, Andrea e Antonio, con Pietro Della Manna per l’acquisto di un terreno in località San Vito, avendo Eliseo e Tommaso sostituito il padre defunto nella società di famiglia, attiva nel commercio di stoffe. Il 29 aprile 1482 Eliseo è inoltre menzionato quale esecutore testamentario di Andrea Raimondi, insieme allo zio Antonio, in un atto che ricorda la fondazione della chiesa di S. Monica (Visioli, 2001, p. 30 n. 1).
Nel 1485, in seguito alla divisione dei beni e alla cessione allo zio Antonio delle botteghe e dell’emporio in strada Arcidiaconi, Raimondi continuò l’attività presso la sua casa nella vicinìa di S. Silvestro e compare tra i massari dell’Arte del pignolato nel 1494 (p. 19). Iscritto al rango nobiliare almeno dal 15 gennaio 1482 (p. 30 n. 5), entrò nel 1500 tra i decurioni della città di Cremona, ottenendo il titolo di «eques auratus» (Cremona, Biblioteca statale, Libreria civica, Decuriones Cremonae ab anno 1387; Bresciani, 1652, p. 34).
Durante il passaggio della città sotto il governo della Serenissima, egli fu tra i dodici oratori inviati dal Consiglio cittadino a Venezia, dove si trattenne per circa cinque mesi per attendere la conferma da parte del doge dei capitoli di dedizione della città (Sommi Picenardi, 1866, pp. 47-51).
Nell’ultimo decennio del secolo (i primi documenti datano al 1490) Raimondi si fece promotore di un intervento di riqualificazione e ampliamento del suo palazzo, collocato lungo la «strada magistra» presso S. Silvestro (oggi corso Garibaldi 178), che godette di una notevole fortuna critica grazie ai suoi caratteri architettonici del tutto singolari nel panorama cittadino. Si tratta di un’ampia casa da nobile organizzata intorno a un cortile, con facciata su strada su due ordini scanditi da lesene binate trabeate, che si alternano a finestre rettangolari con cornice superiore e basamenti aggettanti. La facciata è interamente ricoperta da bugne quadrate a punta di diamante in marmo di Rezzato, per le quali consta un contratto del 3 gennaio 1495 (Visioli, 2001, p. 53).
Seguendo il dettato delle iscrizioni poste ai lati del portale di ingresso (ROMA/NAE AR/CHITECTURAE / AEMULUM OPUS HELISEO REI/MO[n]DO AUCTORE A FU[n]DA/ME[n]TIS EXTRUCTUM IM/ PERA[n]TE LUD[ovico] SF[orcia] / M[edio-lani] D[uce] VII / MCCCCLXXXXVI; IO[hannis] GA/LEACII / SFORCIE / M[edio]L[ani] DUCIS SEXTI IMPE/RIO HELISEUS REIMON/DUS A FUNDAME[n]TIS AU[c]TO/R ARCHETYPI HUIUS / MCCCCLXXXXVI), una consolidata tradizione attribuisce il progetto direttamente a Raimondi, ipotesi che gli studi più recenti tendono a ridimensionare, considerando da un lato la presenza documentata del maestro cremonese Bernardino De Lera e dall’altro la possibilità di rapporti con altri maestri allora attivi in città, come Alberto Maffioli da Carrara (pp. 73 s.), senza voler negare la possibilità che Raimondi abbia fornito precise indicazioni su modelli di riferimento dichiaratamente romani (da valutare a questo proposito i rapporti formali con il palazzo della Cancelleria).
Nel febbraio del 1495 Raimondi ospitò nel suo palazzo cremonese Margherita Colleoni, moglie di Gian Giacomo Trivulzio (p. 20 e n. 14), prima attestazione di un rapporto duraturo con il futuro maresciallo di Francia, tanto che una lettera al luogotenente di Cremona del luglio dello stesso anno manifesta la preoccupazione del duca Ludovico Maria Sforza rispetto a certe affermazioni fatte da Raimondi stesso, ossia di voler ospitare, una volta terminato il suo palazzo, Trivulzio con tutto il suo seguito e riservare maggiori favori a questi piuttosto che a Marchesino Stanga, anch’egli cremonese e allora segretario ducale (p. 32, doc. II, 1, 2).
Raimondi compare più volte tra il 1506 e il 1509 nei libri delle provvisioni della città di Cremona, investito di cariche pubbliche durante il governo della Serenissima (p. 30 n. 16); nel 1509 fu imprigionato dai francesi a Lodi insieme a Gaspare Stanga (Sanudo, 1882; Visioli, 2001, p. 20) e nel maggio dello stesso anno fu ostaggio a Venezia, da dove fuggì alcuni mesi dopo (Sommi Picenardi, 1866).
Il 26 maggio 1508 Raimondi stipulò con l’impresario Bernardino De Lera il contratto con allegato un disegno, oggi perduto, per la realizzazione della nuova cappella maggiore della chiesa di S. Francesco di Cremona (Visioli, 2001, p. 33, doc. II, 2, 1).
Il nuovo coro era rappresentato da una struttura triconca che si sarebbe innestata nell’area presbiteriale ove, secondo il testamento dello stesso Raimondi redatto il 6 giugno 1508 (pp. 33-35, doc. II, 2, 2), si sarebbe dovuto realizzare il coro ligneo nella cappella maggiore a est, nella cappella sud un altare dedicato a s. Eliseo profeta con il sepolcro marmoreo di Raimondi e in quella a nord un altare dedicato a s. Marco evangelista con i sepolcri di Francesco e Giovanni Raimondi, figli dello zio di Eliseo, Antonio.
Tra i maestri coinvolti nell’impresa si trova Francesco Pampurino (p. 25), ricordato anche un anno più tardi, quando, con Francesco, detto Riccio della Torre e lo scultore Giovan Pietro da Rho, fu accusato di bestemmia e falsa testimonianza in favore dell’impresario Bernardino De Lera: di tutti loro si dice che erano soliti frequentare la casa di Eliseo Raimondi in occasioni conviviali (Scotti, 1985, pp. 381-384).
Tra gli artisti del tempo con cui Raimondi intrattenne rapporti si annoverano, inoltre, gli intarsiatori Tommaso e Paolo Sacca, per i quali egli è documentato più volte come garante (Bonetti, 1919, p. 21 e doc. V; Visioli, 2001, p. 22).
Ulteriore testimonianza dei legami tra Raimondi e l’architettura è il contratto del 15 dicembre 1511, stipulato da Bernardino De Lera per la costruzione della nuova chiesa di S. Anna, da lui progettata, occasione in cui Eliseo fu nominato garante della buona esecuzione dell’opera «pro homine probo et experto et experientiam habente de aedifficando et aedifficari faciendo» (Scotti, 1985, p. 375; Visioli, 2001, p. 60).
Nel febbraio del 1512 Raimondi firmò la delibera del Consiglio cittadino di Cremona per la riscossione di una tassa straordinaria destinata a far fronte alle necessità di guerra, mentre il 16 giugno dello stesso anno fu nominato responsabile del quartiere di S. Agata nella stesura dell’estimo generale (pp. 20 s.). Egli morì però la sera del 19 giugno, in seguito a un’aggressione da parte di alcuni uomini nelle vicinanze della chiesa di S. Faustino, lungo la strada maestra, di rientro da una seduta del Consiglio cittadino (Cremona, Biblioteca statale, Libreria civica, Bordigallo, 1576; Visioli, 2001, p. 33, doc. II, 1, 4) e venne sepolto nella chiesa cremonese di S. Francesco dove, nel XVIII secolo, è attestata una lapide pavimentale (Vairani, 1796, p. CLVIII n. 1124; Visioli, 2001, p. 31 n. 23).
Fonti e Bibl.: Cremona, Biblioteca statale, Libreria civica, ms. Aa.8.24: Decuriones Cremonae ab anno 1387; ms. Civ. 264, f. 178v: D. Bordigallo, Historia di Cremona, 1576; G. Bresciani, Il collegio dei dottori della città di Cremona, Cremona 1652, p. 34; F. Arisi, Cremona Literata, seu in Cremonenses doctrinis et literariis dignitatibus eminentiores chronologicae adnotationes, I, Parmae 1702, pp. 375 s.; G.B. Zaist, Notizie istoriche de’ pittori, scultori ed architetti cremonesi, I, Cremona 1776, pp. 48 s.; T. Vairani, Inscriptiones Cremonenses Universae, I, Cremonae 1796, p. CLVIII n. 1124.
G. Sommi Picenardi, Cremona durante il dominio de’ veneziani (1499-1509), Milano 1866, pp. 47-51; M. Sanudo, Diarij, VIII, Venezia 1882, pp. 54, 67, 237; E. Signori, Il Palazzo Raimondi a Porta Milano, in Il Torrazzo, 25 maggio 1900, pp. 2-4; F. Malaguzzi Valeri, Arte retrospettiva: l’architettura a Cremona nel Rinascimento, in Emporium, 1901, vol. 14, n. 82, p. 283; Id., Dagli archivi. Note storiche sull’arte cremonese, in Rassegna d’arte, II (1902), 9, p. 140; E. Gussalli, La casa di un umanista architetto. Il Palazzo Raimondi a Cremona, ibid., XII (1912), 12, pp. 181-185; C. Bonetti, Intarsiatori cremonesi. Paolo del Sacha (1468-1537), Cremona 1919, p. 21 e doc. V; G. Bresciani, Uomini insigni cremonesi. Libro secondo, parte terza di Giuseppe Bresciani dal manoscritto autografo, a cura di R. Barbisotti - A. Puerari, III, Cremona 1976, pp. 64 s.; D. Lana, Palazzo Raimondi, in I Campi. Cultura artistica cremonese del Cinquecento (catal., Cremona), a cura di M. Gregori, Milano 1985, pp. 393-396; A. Scotti, Architetti e cantieri: una traccia per l’architettura cremonese del Cinquecento, ibid., pp. 371-384; G. Biffi, Memorie per servire alla storia degli artisti cremonesi, a cura di L. Bandera Gregori, Cremona 1989, pp. 71-73; M. Visioli, Documenti per palazzo Raimondi, in Artes, I (1993), pp. 84-87; Ead., Palazzo Raimondi. Nuove ricerche in occasione dei restauri alla facciata, Viareggio 2001; J. Gritti, Una vita in cantiere. Materiali per Bernardino de Lera architetto, in Arte lombarda, n.s., 2006, nn. 146-148, pp. 102 s.; M. Visioli, L’architettura, in Storia di Cremona. Il Quattrocento. Cremona nel Ducato di Milano (1395-1535), a cura di G. Chittolini, Cremona 2008, pp. 269-272; R. Martinis, Il palazzo di E. R. a Cremona: abitare all’antica tra Milano e Venezia alla fine del Quattrocento, in Modernamente antichi. Modelli, identità, tradizione nella Lombardia del Tre e Quattrocento, a cura di P.N. Pagliara - S. Romano, Roma 2014, pp. 257-285.