Eliseo
Discepolo di Elia e suo successore nell'ufficio di profeta d'Israele (890-840): cfr. IV Reg. 2, 15-9, 37. D. lo menziona in If XXVI 35 (colui che si vengiò con li orsi), traducendo direttamente l'episodio biblico: " Ascendit autem inde in Bethel; cumque ascenderet per viam, pueri parvi egressi sunt de civitate, et illudebant ei, dicentes: Ascende, calve; ascende, calve. Qui cum respexisset, vidit eos, et maledixit eis in nomine Domini; egressique sunt duo ursi de saltu, et laceraverunt ex eis quadraginta duos pueros " (IV Reg. 2, 23-24), e impiegando un'arditissima perifrasi per testimoniare metaforicamente l'ascensione del maestro sul carro infuocato.
L'impiego di tale perifrasi, che esalta la similitudine della fiamma che invola i consiglieri fraudolenti, è significativa perché se da un lato comprova la certezza che il personaggio e l'episodio dovevano essere familiari ai lettori contemporanei della Commedia, dall'altro proprio per quella certezza il nome di E. e il binomio E.-Elia si aprono a istanze che superano nell'ambito della tradizione il dato immediato, offrendosi a una chiosa significativa ed esemplare che investa la finalità stessa del poema.
Ma per poter capire questo a pieno occorrerà, come sempre, interrogare più a fondo la tradizione esegetica e quella più vicina al poeta, e massime quella gioachimita che del binomio Elia-E. ha esaltato l'esemplarità. Come per Elia, anche per E. la tradizione esegetica ha elaborato due momenti del testo biblico: quello relativo alla sua umiltà e al transito del Giordano per cui E. è stato considerato una " figura Christi " e, dall'altro, quello più evidente di seguace di Elia per cui divenne insieme " figura Apostolorum ".
La prima figura formulata per la prima volta da s. Ambrogio (" Elisaeus, qui interpretatur salus Domini, quis est alius nisi Filius ejus qui et Salvator ubique vocatur. Idem propheta, projiciens se ut mortuum erigeret, exprimebat Christum qui de coelo descendens et seipsum humilians, mortalitatem nostram sanavit ", Patrol. Lat. XVI 1274; XVII 834), è stata raccolta e ulteriormente elaborata da s. Prospero (ibid LI 803-804), s. Gregorio Magno (ibid LXXV 895), s. Isidoro (ibid LXXXIII 113) e s. Bernardo (ibid 912).
La seconda figura aggiunta alla prima da s. Prospero - " Elisaeus Eliam sequens et ejus duplicem deposcens spiritum, apostolos Christum sequentes, et animam Deum sitientem repraesentat " - è stata ulteriormente elaborata soprattutto da Ruperto di Deutz (ibid CLXVII 1254-1255) e da Goffredo da San Vittore (ibid CLXXIV 334) per culminare nell'esegesi di Gioachino da Fiore che nella Expositio in Apocalipsim proprio in E. ha indicato di quelli che egli chiama " de tribus statibus mundi " il prefiguratore, attraverso il Cristo, del secondo stato destinato a terminare al tempo dello stesso Gioachino, cioè verso il 1260, anno d'inizio del terzo stato, quello dello Spirito Santo. Come già Elia anche E. dunque diventa cifra essenziale nell'interpretazione della Commedia, e benché valida soltanto ex silentio nei canti finali del Purgatorio, quelli appunto destinati a verificare i limiti apocalittici o gioachimiti del pensiero dantesco, la mancanza proprio del nome del profeta serve come da parametro per intendere il valore che la lista dei figuranti biblici assume nell'economia generale dell'opera di D. quando confrontata con la tradizione.