BISHOP, Elizabeth
Poetessa statunitense di origine canadese, nata a Worcester, Massachusetts, l'8 febbraio 1911, morta a Boston il 6 ottobre 1979. Rimasta presto orfana di padre, la madre ricoverata qualche anno dopo in una clinica psichiatrica, la B. compie gli studi universitari e comincia a viaggiare in Europa e in Africa del Nord, poi in Messico (dove entra in amicizia con P. Neruda) e in Brasile, a Rio de Janeiro, dove vive quasi ininterrottamente dal 1952 al 1972, e conosce e traduce opere di V. de Moraes, C. Drummond de Andrade e O. Paz (cfr. An anthology of twentieth-century Brasilian poetry, 1972). Ha vinto nel 1956 il premio Pulitzer, il National Book Award nel 1969 e il Books Abroad/Neustadt nel 1976.
Amica di M. Moore e di R. Lowell, ai quali era legata da profonde affinità, non lontana dalle vedute modernistiche sull'arte espresse da R. Frost e W. Stevens, fa rivivere nella sua poesia lo spirito metafisico di E. Dickinson. In North and South (1945) alla dimensione spaziale si sovrappone l'ordine metaforico, al topos letterale il complesso simbolico, al segno grafico quello linguistico. La fissità della carta geografica − in Maps − rivela un mondo pulsante, dove l'inusuale ravviva all'improvviso il familiare. Nelle nuove poesie della raccolta A cold spring (1955) la conoscenza del territorio si arricchisce della conoscenza della storia. Con l'esperienza brasiliana, tradotta poeticamente in Questions of travel (1965), la vastità del continente America s'impone nella poesia della B., ma non riesce a occupare interamente il suo spazio interiore: la sua ricerca continua, in un percorso sempre più approfondito, dentro l'essere. Sul paesaggio domestico di Geography III (1976) si affaccia delicatamente la presenza dell'impenetrabile e si afferma il senso di mistero universale.
Modernista nel rendere l'irrazionale o il prerazionale ricorrendo al mito e nel riproporre lo stato del linguaggio primitivo, la poesia della B. può dirsi postmoderna nella costruzione di uno spazio linguistico culturale entro il quale l'io si mette in gioco e si definisce fino a identificarsi con l'umanità intera.
Una scelta di poesie è stata tradotta in italiano: L'arte di perdere (1982).
Bibl.: C. W. MacMahon, E. Bishop: a bibliography 1927-1979, Charlottesville (Virginia) 1980. Si vedano inoltre: A. Stevenson, E. Bishop, New York 1966; L. Schwartz, S. P. Estess, E. Bishop and her art, Ann Arbor (Michigan) 1983; E. Bishop, a cura di H. Bloom, New York 1985.