ELLENISMO
(ἑλληνισμός; hellenismus). – Il termine e. sta a ellenico come classicismo (v.) sta a classico; significa, cioè, una derivazione e quindi una minor coerenza e unità stilistica e storica. Il termine fu introdotto da J. G. Droysen nel linguaggio storico moderno (v. bibliogr.) dando nuovo significato storico a un termine nato con significato linguistico (modo di dire, locuzione, costruzione che imitano modi, costruzioni proprî della lingua greca; oppure espressione greca usata in altra lingua, con significato analogo a grecismo) e poi dottrinale-teologico (distinzione dei cristiani parlanti greco da quelli parlanti ebraico). Tuttavia, anche nell'uso moderno occorre distinguere due valori diversi del termine, uno storico-cronologico (quello del Droysen) e uno stilistico, nel campo della storia dell'arte; e questo secondo è, a sua volta, inteso vanamente nel suo derivato ellenistico (v. greca, arte).
1. – Nel senso storico-cronologico e. indica il periodo che va dalla morte di Alessandro Magno (323 a. C.) alla conquista romana dell'Egitto, ultimo degli stati eredi di Alessandro (30 a. C.), oppure alla battaglia di Azio (31 a. C.) che di quella conquista fu la immediata premessa. Il fenomeno fondamentale dell'e. è la diffusione, avvenuta in questo tempo, della lingua greca, dei costumi greci, dell'arte, della letteratura, filosofia, religione e finanche degli oggetti di uso comune e quotidiano, insomma del modo di vivere dei Greci sull'intera area del Vicino e del Medio Oriente, dalla Macedonia sino ai confini dell'India, dalla costa settentrionale del Mar Nero e dall'arco del Danubio alla Nubia (antica Etiopia). Allo stesso tempo avviene che la civiltà greca assorba usi, idee religiose e filosofiche dei paesi orientali, modi linguistici e concetti culturali. Si formò in tal modo una unità assai più vasta di quella della Grecia vera e propria e da questa ricevette impronta tutta la civiltà antica, anche dopo la conquista romana, la quale diffuse l'e. in un'area ancora più vasta. L'influsso orientale sull'e. fu particolarmente importante nell'ambito della religione: da un lato si accentuarono le speculazioni misteriosofiche e i riti connessi; dall'altro il presupposto di ritrovare gli dèi greci in ogni divinità straniera, il riconoscere uno "Zeus dai molti nomi" fu veicolo per l'affermarsi dell'idea monoteistica.
2. – Per lo storico dell'arte antica il termine e. assume, oltre al valore cronologico, un valore stilistico; serve a indicare un determinato indirizzo di linguaggio formale nelle arti figurative, che si costituì nel periodo storicamente detto ellenistico. Ma vi è qualche differenza, che va tenuta presente, fra l'uso del termine da parte degli archeologi e da parte degli storici dell'arte medievale (specialmente dell'arte bizantina e della miniatura). Se in senso generico, culturale, si parla di arte ellenistico-romana o anche, senz'altro ellenistica, includendovi l'arte di età romana almeno sino al tempo di Adriano, ciò è giustificato dal fatto che effettivamente sino a quel tempo l'arte dell'Impero si muove fondamentalmente sopra una tradizione formale che risale all'ellenismo. Si potrà arrivare ad includere, in questa denominazione anche l'arte dell'età degli Antonini (138-192 d. C.). Ma dall'età severiana in poi l'estensione del termine "ellenistico" non potrà essere usato dall'archeologo senza distinguere, con esso, una determinata tendenza che non è più la sola che caratterizzi la civiltà artistica del tempo. Pertanto il termine "ellenistico" non si potrà più usare, dopo l'inizio del III sec. d. C., con valore generico, ma solo con preciso significato di determinazione stilistica.
Si potrà parlare di tradizione ellenistica là dove si troveranno conservati i caratteri fondamentali del gusto sorto durante l'ellenismo. Si dirà ellenistico quanto risente ancora della evidente organicità strutturale propria in modo costitutivo dell'arte greca e della tendenza naturalistica con la quale essa si manifestò nell'età ellenistica. Questa organicità fa sì che ogni parte di un'opera singola, sia essa la raffigurazione di un corpo umano, un ornato di origine vegetale, o una membratura architettonica, sia retta da una consequenziale logica interna, prenda forma seguendo una intima legge di connessione e che tale organicità risulti sempre chiara e distinta, anche dove non venga espressa da una materiale continuità della forma (come avviene, per esempio, nell'impressionismo pittorico dell'età flavia, dove l'articolazione dell'organismo formale viene solo accennata, ma risulta evidentissima; e, pertanto, esso rappresenta già un'incrinatura nell'organicità classica e come tale fu avversato quando fece le sue prime apparizioni nella pittura ellenistica del III sec. a. C., v. alessandrina, arte; pittura). Perciò il rendere schematica una forma di natura, è all'opposto dell'e., come usare la figura umana in modo ornamentale, geometrizzandola e, soprattutto, il rompere l'armonia della sua costruzione di membra organicamente connesse, toglierle il suo volume e il suo peso (v. copta, arte). E così pure è estraneo all'e. lo sforzare e tanto più il deformare la connessione organica naturalistica a profitto dell'espressione (v. espressionismo) o di quelle forme che valgano a suggerire uno stato d'animo. Tutto ciò avviene, invece, nel trapasso fra arte antica e arte bizantina o, in complesso, medievale, per opera di un articolato processo nel quale, accanto ad impulsi e modi che vengono dall'Oriente agisce come decisiva una corrente d'arte "popolare" che ha le sue radici nell'ambito stesso dell'e., ma ne rappresenta la recezione incolta, volta soprattutto al narrativo; rozza, ma vivace ed espressiva.
Quando questi elementi avranno preso il sopravvento (e ciò avviene nel corso del III sec. d. C. con una crisi finale in età tetrarchica, alla fine del secolo) lo storico dell'arte antica non parlerà più di e., ma di arte tardo-antica (Spätantike, v.). Invece, per lo storico dell'arte bizantina e medievale, sovente e. è sinonimo di riecheggiamento dell'antico, anche tardo, e talora include il concetto di "orientale", perché a Costantinopoli certi schemi formali di origine ellenistica rimasero più lungamente in vita e appaiono "ellenistici" in opposizione a quelli, ormai "barbarici", dell'Occidente. Per l'archeologo l'e. viene concepito sovente in opposizione alle influenze orientali; esso ha stanza, soprattutto, in Grecia e in Italia. Tuttavia, mentre si delinea in questo campo la tendenza ad applicare con maggior rigore la estensione cronologica del termine di e. e a non includervi più, come una volta, senz'altro tutta l'arte di età romana, il termine "ellenistico" ha acquistato sempre meglio un definito valore di caratterizzazione stilistica, analogamente ai termini di "gotico", "barocco" e simili.
Bibliografia:
J. G. Droysen, Geschichte Alexanders d. G., 1883-84; id., Gesch. d. Hellenismus, 2 voll., 1836-47; A. Momigliano, Genesi storica e funzione del concetto di E., in Giorn. Critico d. filosofia ital., XVI, 1935, p. 10 ss. (ristamp. in Contributo alla Storia di Studî Classici, Roma 1955, p. 165 ss.); ivi anche p. 263 ss., sul Droysen e p. 335 ss., sul Rostovzev); G. Pasquali, in Enciclopedia Italiana, s. v. Ellenismo; R. Bianchi Bandinelli, Ellenistico, in La Critica d'Arte, I, 1935-36, p. 259 ss.; M. Rostovzev, Social a. Economic History of the Hellenistic World, 3 voll., Oxford 1941, specialm. II, p. 1032 ss., 1301 ss.