Vedi ELORO dell'anno: 1960 - 1973 - 1994
ELORO (v. vol. iii, p. 322)
Le campagne di scavo che P. Orsi condusse ad E. nel 1899 e nel 1927, ebbero come obiettivo principale, nel 1899, la individuazione e la parziale messa in luce delle mura urbiche sul lato settentrionale e lo scavo di alcuni complessi di sepolcri delle necropoli a N-O della città. Nel 1927 le indagini dell'Orsi si volsero all'area urbana vera e propria e precisamente al suo settore sud-occidentale, nei pressi, cioè, del teatro che già aveva preso in esame nel 1899. Furono allora portate alla luce le fondamenta di un tempietto e si esplorarono delle case di abitazione di presumibile epoca ellenistica.
Fra il 1958 e il 1965 altre campagne di scavo hanno interessato tratti dei lati N e O della cinta muraria, fu ripresa l'esplorazione del teatro, furono individuate parzialmente le strutture di una stoà a breve distanza dal teatro e si ampliarono le ricerche nei pressi del tempietto scoperto dall' Orsi.
Di notevole importanza fu nel 1964 la scoperta e la esplorazione di un santuario extra moenia a N della città.
Dal 1967 la Soprintendenza alle Antichità ha iniziato, con campagne di scavo annuali, la sistematica esplorazione del settore meridionale della città. Ripreso e ultimato lo scavo della stoà, si è esplorata tutta l'area ad essa antistante fino al ciglio meridionale del colle, ove è stato individuato e seguito il tracciato delle mura urbiche fino alla torre Stampaci nei pressi della quale è stato localizzato il sito di una porta urbica, la meridionale.
Le risultanze delle recenti esplorazioni rendono possibile la presentazione di complessi monumentali di prim'ordine, e consentono un notevole arricchimento dei dati relativi ai varî periodi di vita della città, mentre risultano migliorate le conoscenze riguardanti l'organizzazione del suolo urbano antico.
Ben conservati e di notevole interesse sono i paramenti murarî della fortificazione messi in luce sul lato N, protetti da torri quadrate quasi completamente aggettanti rispetto al corpo delle mura che su questo lato sarebbero da riportare al IV sec. a. C.
Nei pressi della porta urbica N e sul lato occidentale, si hanno tratti della cinta muraria più antica datata al VI sec. a. C., che in alcuni tratti è stata riutilizzata per la costruzione di età ellenistica. La cinta arcaica è costruita in tecnica pseudoisodomica, con due cortine colmate da èmplekton, e aventi una larghezza di m 2,80. In essa, sul lato occidentale, si apriva una porta di cui si conserva un'ala e che fu chiusa con le opere di ricostruzione del IV secolo. Ulteriori, recentissimi saggi, hanno documentato, come era facile intuire, che tutta la collina su cui è situata la città, aveva un sistema di fortificazione che seguiva il ciglio del colle. Si è accertata infatti la continuità del circuito murario anche sul lato meridionale della città. Dei saggi infatti hanno mostrato che su questo lato, laddove il colle non è stato tagliato per la costruzione di un canale di bonifica (1932), sono affiorate le strutture relative alla fortificazione, e gli incassi in roccia sui quali esse poggiavano.
Il sito di una porta è stato messo in luce, come si è detto, nei pressi della torre Stampaci. Buona parte di essa è stata asportata nel corso della costruzione del canale di bonifica. Ma una strada profondamente incassata nella roccia e che è conservata fino al punto di intersezione con la linea della fortificazione, indica l'imboccatura di una porta dalla parte interna.
Cosicché, da un capo all'altro della fortificazione, su un asse N-S, si hanno due punti di riferimento ben precisi che offrono ora, con la immancabile scoperta dell'arteria stradale principale in senso N-S, indicazioni più che valide per l'indirizzo delle future ricerche relative alla organizzazione dell'impianto urbano. Le due porte permettevano il collegamento con i due punti più importanti di riferimento esterni della città: a N l'allacciamento della città con la ῾Ελορίνη e cioè con Siracusa, e con la zona immediatamente a N di E. di notevole importanza per la presenza delle latomie sulla collina che fronteggia da settentrione E. e del santuario sulla spiaggia a meno di 100 metri dalle mura urbiche; a S, il collegamento con la foce del Tellaro.
Il santuario extra moenia scoperto sulla spiaggia immediatamente a N della città, con la quale doveva senz'altro essere collegato, si ergeva su una duna sabbiosa ed era costituito da diversi ambienti, 6 dei quali conservati ed esplorati.
Le numerosissime statuette rappresentanti Demetra con face e porcellino, alcune delle quali rinvenute ancora in situ, appoggiate alle pareti dei varî ambienti, fanno riconoscere nel santuario un Korèion la cui fase arcaica è rappresentata da un sacello composto da due ambienti. Davanti al santuario erano alcuni bòthroi anch'essi ricchi di ex voto.
Passando al suolo urbano, per quanto concerne il problema relativo alla fondazione della città, mancando chiare indicazioni cronologiche delle fonti antiche, si può affermare, in base ai dati archeologici fino ad oggi acquisiti, che la presenza greca è a E. documentata già dagli inizî del VII se non dalla fine dell'VIII sec. a. C. Lo dimostrano i frammenti ceramici del protocorinzio geometrico provenienti dai livelli arcaici di recentissimi saggi stratigrafici (agosto 1970).
È da acclarare se questa documentazione rinvenuta in un contesto ricco di ceramica di imitazione, significhi colonizzazione vera e propria o contatto di un mondo indigeno con un vicino centro coloniale greco che è da ravvisare senz'altro in Siracusa.
Pur ponendosi il problema, i documenti ci mettono tuttavia in condizione di affermare che Siracusa, prima ancora di volgere lo sguardo e le sue mire espansionistiche verso l'interno del triangolo sud-orientale dell'isola sulla direttiva Akrai-Kasmene, verso Gela, consolidò la sua posizione sulla costa in un importante punto strategico presso la foce del Tellaro, con l'intento non secondario di tutelare la fascia costiera a S di Siracusa, molto ricca fra l'altro dal punto di vista agricolo.
In questo senso è da ritenere che E. rappresenti una delle prime espressioni subcoloniali nella politica espansionistica di Siracusa in epoca arcaica.
Sono di piccola entità, da attribuire in massima parte alla ristretta area del suolo urbano finora esplorato, i resti di strutture riferibili ad epoca arcaica. Si tratta di piccole case i cui vani sono costituiti da ambienti quadrangolari: i muri sono composti da lastre di pietra calcarea compatta, messe per diritto a mò di ortostati. Non è possibile finora avere un'idea della loro distribuzione e del loro assetto. Solo nella zona antistante alla monumentale Stoà riportata in luce nel settore sud-occidentale della città, sono affiorati i resti di case, ed essi rappresentano ovviamente poca cosa per fare un discorso di carattere generale.
L'esame dei materiali ceramici provenienti dai saggi stratigrafici sembrerebbe indicare uno stato di decadenza della città nel corso del V sec. a. C., mentre abbondante è la documentazione per tutto il VII fino alla metà del VI sec. a. C., e a partire dal IV sec. e per tutto il periodo ellenistico.
Sempre nella zona davanti alla stoà il suolo era occupato in epoca ellenistica da case di abitazione che costituiscono un sistema di costruzioni omogeneamente organizzate. Queste costruzioni vennero ad essere tagliate per l'impianto di un tempio di cui è conservato quasi completamente lo stereobate. L'orientamento è E-O. Le sue dimensioni sono di circa m 20 × m 10,50: doveva trattarsi probabilmente di un tempio prostilo, tetrastilo.
Nella zona a N e a O del tempio costituente il tèmenos del medesimo furono costruiti degli ambienti destinati ad accogliere gli ex voto, secondo lo stesso sistema adottato nel Korèion extramurale, cioè ambienti di forma rettangolare con panchine interne ed esterne su cui furono deposti i materiali che costituivano gli ex voto. Fra di essi sono stati raccolti alcuni esemplari di statuette fittili che esibiscono una figura di divinità stante, panneggiata, con pòlos e la face in una delle mani. Si tratta dello stesso tipo di divinità venerata nel santuario extramurale. Ci si trova cioè di fronte a un complesso di carattere sacro in cui veniva esercitato il culto di Demetra come dimostra anche un'iscrizione su un'arula fittile rinvenuta in frammenti a nord del tempio.
Tutto il complesso di cui si è detto è inquadrato da una monumentale stoà, la quale è stata completamente portata alla luce dopo tre campagne di scavo. La costruzione fu eseguita incidendo e spianando, su tutto il settore occidentale del monumento, il banco roccioso digradante da N a S nella zona, cosa che portò alla quasi totale eliminazione delle tracce di vita e della documentazione precedenti alla creazione del monumento che avvenne agli inizî del II sec. a. C.
La stoà è del tipo a paraskènia organizzata in senso longitudinale su due navate e con pilastri centrali di forma quadrangolare con lato di cm 57 alla base e colonne doriche sulla fronte con diametro di cm 60 circa. La larghezza massima del monumento, nel punto centrale, è di m 7,40. I due paraskènia non sono simmetrici nel senso che quello orientale, a causa di un adattamento a una situazione edilizia precedente, viene a trovarsi spostato in avanti, verso 5, rispetto all'altro paraskènion del quale presenta le medesime dimensioni (m 12 × 8), così come si deduce dai resti delle fondazioni.
La lunghezza complessiva della stoà è di circa m 68. Essa è meglio conservata nella parte occidentale dove resta qualche assisa di spiccato dei muri perimetrali mentre nella parte orientale per lo più si conservano le assise di fondazione o gli incassi in roccia per l'alloggio di queste ultime.
I rinvenimenti delle ultime campagne di scavo (1969 e 1970) relativi al colonnato di prospetto, ai pilastri dell'interno, ai blocchi costituenti il soffitto, ai frammenti di mutuli, metope, cornici, anche se non numerosi, sono però tali da permettere con ogni probabilità uno studio ricostruttivo dell'elevato del monumento. Ora che si hanno la ricostruzione planimetrica completa dell'edificio, e le indicazioni precise relative alla sua cronologia, indicazioni dedotte sia dalle pecurialità architettoniche del monumento che dai dati particolarmente significativi che lo scavo stratigrafico ha offerto, ci si accorge che la stoà elorina ha un interesse che supera i limiti del suolo urbano in cui è inserita, costituendo un punto di riferimento per le conoscenze dell'architettura ellenistica in Sicilia. Il carattere del monumento, il complesso architettonico costituito dal tempio, con gli edifici sacri annessi, dalle opere di fortificazione e dal vicino teatro, complesso di cui la stoà è l'elemento cardine dal punto di vista compositivo, portano la mente inevitabilmente e sempre con sorprendenti corrispondenze e analogie alle scenografiche realizzazioni architettoniche del mondo greco-orientale.
I suggerimenti e le influenze che tale realizzazione monumentale pone, possono indirizzare su nuove strade chi si occupa di problemi di architettura e di urbanistica specialmente quando si analizza un periodo in cui (III-II sec. a. C.) si è abituati a considerare la Sicilia area marginale ove scarsi e vaghi sono i documenti relativi a opere monumentali.
Emerge inoltre un nuovo dato per la storia di Eloro. Evidentemente la piccola città sulla costa orientale siciliana, non solo nel II sec. a. C. poteva permettersi la costruzione di grossi complessi architettonici dimostrando di essere viva e vitale, ma deve anche essere stata in epoca ellenistica un vero centro di vita religiosa in Sicilia; vi si esercitavano infatti i culti in onore di Demetra e Kore che particolare seguito e sviluppo ebbero nell'isola, e principalmente in quei siti sacri della costa orientale, fra cui la Heloria Tempe, dove, a detta di Ovidio (Fasti, iv, 483-4), Demetra ‟..... modo "Persephone !" modo "filia" clamat/ clamat et alternis nomen utrumque ciet".
Resti di una basilica bizantina edificata sul settore orientale della stoà e con materiali riadoperati di questo monumento rappresentano le strutture più tarde finora messe in luce nell'area della città. La basilica di cui restano sole le fondazioni, in più punti lacunose, è a tre navate con abside centrale e fornita di nartece.
Bibl.: A. Di Vita, La penetrazione siracusana nella Sicilia sud-orientale, ecc., in ΚΩΚΑΛΟΣ, II, 2, 1956, pp. 183 ss.; P. Orsi a cura di M. T. Currò, Eloro, in Mon. Ant. Lincei, XLVII, 1956, coll. 207-340; M. T. Currò, in Boll. d'Arte, 1966, pp. 97-98; G. Voza, in Atti del II Congr. Intern. di Studi sulla Sicilia Antica (ΚΩΚΑΛΟΣ, XIV-XV, 1968-69), pp. 360-362.