Elusione. L' 'abuso del diritto' in ambito fiscale
La Corte di Cassazione, dal 2005, ha affrontato il tema antielusivo nel diritto tributario elaborando due orientamenti. Dapprima ha utilizzato normative civilistiche (nullità per difetto della causa concreta o per frode alla legge). Successivamente, ha individuato un principio generale antiabusivo fatto derivare dal diritto comunitario o dall’art. 53 Cost. Tali orientamenti sono stati oggetto di critiche dottrinali solo in minima parte recepite dalla pronunce della Corte del 2011, la quale ha ribadito i propri precedenti. Essa ha però anche fornito importanti precisazioni sugli oneri motivazionali a carico degli uffici tributari e sui criteri di applicazione giudiziale del suddetto principio. L’evoluzione della disciplina antiabusiva va valutata in relazione sia alle prospettive di sviluppo della giurisprudenza (italiana e comunitaria) sia a possibili interventi del legislatore italiano (che potrà avvalersi delle esperienze francese e tedesca).
La Corte di Cassazione ha sostanzialmente confermato nel 2011 la propria giurisprudenza tributaria «antielusiva» e, in particolare, le sentenze delle S.U. nn. 30055 e 30057 del 23.12.2008. Prima di tali pronunce, la Corte aveva affrontato frammentariamente il tema antielusivo (piú per l’imposta di registro che per le imposte reddituali e l’IVA), fissando i seguenti principi di diritto1: a) non rilevabilità d’ufficio delle questioni non dedotte dalle parti, stante la natura e l’oggetto del processo tributario (in quanto l’atto impugnato è «veicolo d’accesso» al giudizio e, con i motivi di ricorso, delimita la materia del contendere); b) inapplicabilità, in funzione antielusiva, del combinato disposto degli artt. 1418 e 1344 c.c., non rivestendo le norme tributarie, in quanto «poste a tutela di interessi pubblici di carattere settoriale», il carattere di «imperatività » richiesto da tali disposizioni; c) irretroattività delle disposizioni antielusive speciali; d) inesistenza di un principio antielusivo generale di diretta applicazione giudiziale. Il primo, incerto sintomo di mutamento giurisprudenziale risale alla sent. 14.5.2003, n. 7457, che, in senso opposto al decisum di un precedente del 2001, fa derivare (con un’involuta argomentazione) l’invalidità della «causa» dei contratti del contribuente dal loro illecito «collegamento negoziale», avvinto da una finalità elusiva. Con questa pronuncia si instaura un orientamento favorevole: a) dapprima, all’utilizzazione di nullità civilistiche in funzione antielusiva (§ 2.1); b) poi, all’applicazione di una clausola generale di divieto dell’abuso del diritto derivata dal diritto comunitario (§ 2.2) o dall’art. 53 Cost. (§ 2.3).
Si passano in rassegna i principali passaggi che hanno connotato la accennata evoluzione giurisprudenziale.
2.1 La nullità per difetto della «causa concreta» o per «frode alla legge»
Il nuovo orientamento della Corte è inaugurato da tre sentenze del 2005 relative a contratti strumentali all’elusione imputata ai contribuenti. Con un overruling, la Corte statuisce: a) con le sentt. 21.10.2005, n. 20398 e 14.11.2005, n. 229322, la nullità dei contratti per difetto della causa «in concreto», stante la mancanza di una ragione economica diversa dal «risparmio fiscale» e tenuto conto che l’accertamento della causa di contratti collegati «deve essere effettuato «nel […] complesso», cioè «nell’intera operazione e non in ciascuna attribuzione patrimoniale separatamente considerata»; b) con la sent. 26.10.2005, n. 208163, l’applicabilità dell’art. 1344 c.c., considerato che «le norme tributarie appaiono norme imperative poste a tutela dell’interesse generale del concorso paritario alle spese pubbliche (art. 53 Cost.)».
2.2 La «clausola generale antielusiva» di derivazione comunitaria
Nelle suddette pronunce del 2005 (motivate con la nullità della «causa concreta» dei negozi elusivi), si accenna anche ad un «principio tendenziale» di derivazione comunitaria, volto (quale «clausola generale antielusiva») a contrastare l’«abuso del diritto tributario». La menzione del principio («i singoli non possono avvalersi abusivamente delle norme comunitarie») costituisce una ulteriore discontinuità rispetto ai precedenti giurisprudenziali, anche se l’argomento rappresenta solo un «obiter dictum programmatico» − come si esprimono le sentenze −, «in attesa di ulteriori specificazioni della giurisprudenza comunitaria ». Da qui prende l’avvio il dialogo con la C. giust. CE, che, con la sent. Halifax del 20064 (sviluppando spunti del precedente Emsland-Starke5), imprime una svolta alla propria giurisprudenza. Nella pronuncia – dopo aver ribadito sia che la «certezza del diritto si impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare oneri finanziari» (punto 72) sia che il contribuente «ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale» (punto 73) – la Corte europea afferma, per la prima volta in modo espresso, il «divieto di abuso del diritto (comunitario)» come principio generale enucleabile dalla Direttiva IVA (cd. Sesta direttiva) e precisa che «perché possa parlarsi di comportamento abusivo, le operazioni controverse devono, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da quelle stesse disposizioni. Non solo. Deve altresí risultare da un insieme di elementi obiettivi che le dette operazioni hanno essenzialmente lo scopo di ottenere un vantaggio fiscale» (capo 2 del dispositivo). Il successivo riconoscimento da parte della Corte di Cassazione6 di questo (ormai espresso) principio antiabusivo comunitario culmina nella sent. 17.10.2008, n. 25374, basata (a seguito di rinvio pregiudiziale) sulla sent. Part Service emessa nello stesso anno dalla C. giust. CE7, nella quale il giudice comunitario, nel precisare il precedente Halifax, aveva stabilito che la sesta direttiva IVA «deve essere interpretata nel senso che l’esistenza di una pratica abusiva può essere riconosciuta qualora il perseguimento di un vantaggio fiscale costituisca lo scopo essenziale dell’operazione o delle operazioni controverse» (capo 1 del dispositivo): «essenziale», non «unico». La Corte italiana indica i seguenti due capisaldi del proprio nuovo orientamento: a) il divieto dell’«abuso del diritto» costituisce una «clausola generale antielusiva» (Generalklausel o General Anti-Avoidance Rule) di «derivazione comunitaria», operante per i tributi «armonizzati» e per quelli «non armonizzati»; b) la nozione di «abuso del diritto » rileva per la costruzione di uno «strumento di accertamento semplificato», analogo ad altri «meccanismi presuntivi di […] largo uso» e non ostativo a «strumenti piú penetranti, nei quali si fanno valere le categorie di patologia negoziale, quali la nullità nelle sue varie ipotesi».
2.3 Il fondamento costituzionale
Nello stesso 2008, le Sezioni Unite della Corte «revisionano» la giurisprudenza antielusiva8. Nel riconoscere il generale divieto di «abuso del diritto», esse ne individuano il fondamento: a) per i tributi «non armonizzati» (come le imposte reddituali), nella Costituzione italiana e, in particolare, nell’art. 53 Cost.(capacità contributiva e progressività); b) per i tributi «armonizzati» (come l’IVA), anche nel diritto comunitario. La Corte precisa (al pari della sent. n. 8772/2008) che il principio («il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale») è desunto da specifiche norme antielusive, considerate «sintomi» (§ 3.1) del principio stesso, e supera l’ostacolo della riserva di legge (art. 23 Cost.) sostenendo che «un generale divieto di abuso del diritto […] non si traduce nell’imposizione di ulteriori obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensí nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali ». La sezione tributaria si adegua (anche con le pronunce di cui al § 3.2)9.
2.4 Questioni procedurali
Nei casi decisi dalla «nuova» giurisprudenza nomofilattica, le rationes da essa utilizzate non erano state prospettate dalle parti né nella fase preprocessuale (atto impositivo) né in quella processuale. Per giustificare tale utilizzazione, la Corte «adatta» (con itinera argomentativi non sempre perspicui) le proprie risalenti asserzioni sulla natura e l’oggetto del processo tributario e sulle «posizioni processuali» delle parti, statuendo (con espresso riferimento a tecniche di verifica derivate da esperienze straniere10) che: a) l’onere di prospettazione/prova dell’elusione/abuso spetta all’amministrazione finanziaria; b) l’onere di allegazione/prova contraria spetta al contribuente (che deve addurre le «ragioni economiche» giustificatrici delle attività negoziali oggetto di sindacato antielusivo)11; c) il principio dell’efficacia «ultrattiva» del giudicato esterno oggettivo (art. 2909 c.c.12) deve cedere al divieto comunitario di «abuso del diritto»13.
Non poche le questioni problematiche che l’illustrata evoluzione pretoria ha prospettato.
3.1 La critica dottrinale alle sentenze
La dottrina ha per lo piú criticato tali sentenze. In generale, si è evidenziata la problematicità del rapporto (§ 2.3) tra la «clausola generale » e le singole disposizioni antielusive, specie quella «semigenerale» di cui all’art. 37 bis del d.P.R. n. 600/1973, e si è osservato che l’applicazione giudiziale della clausola non offre al contribuente le garanzie procedimentali preprocessuali previste dalla disposizione speciale14. In particolare, con riferimento alle prime pronunce (§ 2.1), si è negata sia la rilevabilità d’ufficio della nullità/inopponibilità degli atti negoziali «di elusione»15 sia la fondatezza del ricorso alle invalidità civilistiche16. Con riferimento alla «derivazione comunitaria » del principio (§ 2.2), si è obiettato che: a) vi è distonia tra la nozione di «abuso del diritto» (comunitario) della C. giust. CE e quella della Corte italiana: pur essendo comune alle due Corti l’obiettivo di contrastare i negozi aventi lo «scopo essenziale» di risparmio fiscale, nella nozione «interna » manca il riferimento (presente, invece, nella giurisprudenza comunitaria) alla «contrarietà allo spirito delle fonti normative comunitarie» delle concrete fattispecie elusive17; b) il principio comunitario antiabusivo è inapplicabile alle imposte «non armonizzate», sia perché il diritto «primario » dell’Unione (Trattati) non prevede (come emergerebbe dalla sent. C. giust. CE Kofoed del 200718) una «clausola generale antiabuso» tributaria, sia perché in materia di tributi «non armonizzati» la «sequenza» degli artt. 37 bis del d.P.R. n. 600/1973 e 23 Cost. (riserva di legge) costituirebbe una doppia «barriera normativa» (ordinaria e costituzionale) all’applicazione del principio19. Con riferimento alla derivazione del principio dall’art. 53 Cost. (§ 2.3), si è osservato che «il fondamento della norma non è ancora la norma»20 e che le sentenze mostrano una «motivazione insufficiente»21. Infine, il principio contrasterebbe con la riserva di legge di cui all’art. 23 Cost., che pone il legislatore quale «mediatore necessario» ed esclusivo per concretizzare il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), riservandogli la scelta dei «fatti-indice» (in particolare, dei «presupposti» del tributo) di tale capacità (cómpito precluso all’amministrazione finanziaria ed al giudice22). Solo alcuni commentatori hanno espresso opinioni favorevoli alle sentenze, con accenti che vanno dall’adesione piena23 a posizioni piú sfumate e problematiche24.
3.2 Le prospettive
L’ord. 21.3.2011, n. 6428 e la sent. 12.5.2011, n. 10383 della Corte di cassazione non si discostano dai precedenti. La sentenza n. 1372 del 2011, pur ribadendo i fondamenti «comunitario» e «costituzionale» del principio generale antielusivo, puntualizza, però, che: a) il «disegno elusivo» contestato al contribuente deve essere «spiegato [recte: motivato] comparativamente » nell’atto impositivo; b) il giudice deve applicare il principio con «particolare cautela», ricercando una «giusta linea di confine» tra elusione e «libertà di scelta delle forme giuridiche », quale espressione della libertà d’impresa. Può dubitarsi che tale pronuncia abbia esattamente inquadrato la fattispecie25, tuttavia le puntualizzazioni costituiscono, se non rationes decidendi, quantomeno obiter utiliter dicta, che − sviluppando spunti della sent. n. 1465/2009 − aprono ad una duplice esigenza, già sottolineata dalla dottrina: a) l’«onere» (recte: obbligo) della «motivazione comparativa» dell’atto impositivo (per far emergere il raffronto tra il disegno patologico elusivo/ abusivo e quello fisiologico non elusivo), con le conseguenti ricadute processuali; b) l’attenzione alle dinamiche attuative delle imposte, particolarmente a quelle, spesso sofisticate, in materia di reddito d’impresa e di IVA26. Ciò costituisce indizio di una possibile «linea interna» di sviluppo giurisprudenziale27. Un altro impulso evolutivo potrebbe provenire dalla C. giust. UE a séguito del rinvio pregiudiziale effettuato dalla Corte di cassazione in tema di definizione agevolata delle liti tributarie ultradecennali (art. 3, co. 2 bis, d.l. n. 40/2010)28. La Corte italiana, infatti, ha chiesto alla C. giust.UE di precisare (tra l’altro) se il divieto dell’«abuso del diritto» sia un «principio generale» valevole, oltre che per le imposte «armonizzate», anche per quelle «non armonizzate». Una risposta positiva al quesito comporterebbe il superamento della «linea costituzionale » di cui al § 2.3, salva l’opponibilità di eventuali «controlimiti » di diritto costituzionale interno all’«espansione/primazia » del diritto comunitario. Un mutamento potrebbe essere imposto (nonostante le difficoltà tecniche della materia ed i vincoli comunitari e costituzionali) anche dal sopravvenire di leggi. I legislatori francese e tedesco hanno da tempo «aggiornato» le proprie (risalenti) «clausole generali antielusive», adeguandosi alla giurisprudenza comunitaria29. Seguire tale esempio sarebbe utile non solo per recepire il diritto comunitario e per soddisfare esigenze di certezza, ma anche per stemperare la polemica sorta sulla «supplenza del potere giudiziario».
1 Cass., 3.9.2001 n. 11371 e 7.3.2002 n. 3345.
2 In casi, rispettivamente, di dividend washing (acquisto/retrocessione di azioni “depurate” dal dividendo) e di dividend stripping (usufrutto azionario).
3 Altro caso di dividend stripping.
4 C. giust. CE, 21.2.2006, C-255/02.
5 C. giust. CE, 14.12.2000, C-110/99.
6 Cass., 29.9.2006, n. 21221 (in materia di imposte reddituali e non di IVA); Id., 7.4.2008, n. 8772; Id., 21.4.2008, n. 10257; Id., 15.5.2008, n. 12237; Id., 21.11.2008 n. 27646; Id., 25.2.2009, n. 4503.
7 C. giust. CE, 2.2.2008, C-425/06.
8 Cass. civ., S.U., 23.12.2008, nn. 30055 e 30057 (rispettivamente, in casi di dividend washing e di dividend stripping)
9 Cass. civ., sez. Tributaria, 25.2.2009, n. 4503; Id., 20.3.2009, n. 6800; Id., 8.4.2009, n. 8481; Id., 10.6.2009, n. 13338; Id., 9.12.2009, n. 25726; Id., 26.2.2010, n. 4737; Id., 1.2.2010, n. 2299; Id., 21.1.2011, n. 1372; Id., 12.5.2011, n. 10383; Id., 27.7.2011, n. 16428.
10 § 42 dell’Abgabeordung tedesca; art. 64 del Livre des procedures fiscales francese; business purpose test; step transaction doctrine. Cass. civ., sent. n. 25374/2008.
11 Cass. civ., 13.10.2006, n. 22023; Id., 7.4.2008, n. 8772; Id., 21.1.2009, n. 1465; Id., 21.1.2011, n. 1372.
12 Cass. civ., S.U., 16.6.2006, n. 13916.
13 Cass. civ., 19.5.2010, n. 12249, in applicazione di C. giust. CE, 3.9.2009, C-2/08.
14 Zizzo, Clausola antielusione e capacità contributiva, in Rass. trib., 2009, 486 ss..; Lupi-Stevanato, Tecniche interpretative e pretesa immanenza di una norma generale antielusiva, in Corr. trib, 2009, 403 ss.; fedele, Assetti negoziali e forme d’impresa tra opponibilità, simulazione e riqualificazione, in Riv. dir. trib., 2010, I, 1120 ss.; fransoni, Abuso di diritto, elusione e simulazione: rapporti e distinzioni, in Corr. trib., 2011, 13 ss.
15 Beghin, Proventi derivanti da operazioni di «dividend washing» e problematiche processuali, in GT – Riv. giur. trib., 2006, 223; Glendi, Elusione tributaria e bisogno di certezza giuridica, in GT – Riv. giur. trib., 2006, 925; Tesauro, La rilevabilità d’ufficio della nullità dei contratti elusivi nel processo tributario, in Corr. trib., 2006, 3128 ss.; Cantillo, Profili processuali del divieto di abuso del diritto: brevi note sulla rilevabilità d’ufficio, in Rass. trib., 2009, 2, 476 ss., fedele, Assetti negoziali, cit., 1123-1124; Consolo, Il percorso della Corte di Giustizia, la sentenza Olimpiclub e gli eventuali limiti di diritto europeo all’efficacia esterna ultrannuale del giudicato tributario (davvero ridimensionato in funzione antielusiva IVA il divieto comunitario di abusi di libertà negoziale?), in Riv. dir. trib., 2010, I, 1143 ss.
16 Giuliani, Su talune categorie privatistiche evocate da tre pronunce del Supremo Collegio in tema di elusione- evasione, in Riv. dir. trib., 2006, II, 711 ss.; Stevanato, Le «ragioni economiche» nel dividend washing e l’indagine sulla «causa concreta» del negozio: spunti per un approfondimento, in Rass. trib., 2006, 295 ss.; Zizzo, Nullità negoziali ed elusione tributaria, in Corr. trib., 2006, 2143 ss.; fedele, Assetti negoziali, cit., 1101-1102; per una opinione favorevole, Gallo, Prime riflessioni su alcune recenti norme antielusione, in Dir. prat. trib., 1997, I, 1764 ss.
17 Carpentieri, L’ordinamento tributario tra abuso ed incertezza del diritto, in Riv. dir. trib., 2008, I, 1067; Poggioli, Il modello comunitario della “pratica abusiva” in ambito fiscale: elementi costitutivi essenziali e forza di condizionamento rispetto alle scelte legislative ed interpretative nazionali, in Riv. dir. trib., 2008, IV, 260; Beghin, Evoluzione e stato della giurisprudenza tributaria: dalla nullità negoziale all’abuso del diritto nel sistema impositivo nazionale, in Quad. della Riv. dir. trib., n. 4, Milano, 2009, 38.
18 C. giust. CE, 5.7.2007, C-321/05; Zizzo, L’abuso dell’abuso del diritto, in Riv. giur. trib, 2008, 465; Carpentieri, L’ordinamento tributario, cit., 1061-1063; ficari, Elusione ed abuso del diritto comunitario tra «diritto» giurisprudenziale e certezza normativa, in Boll. trib., 2008,1777; Pistone, Il divieto di abuso come principio del diritto tributario comunitario e la sua influenza sulla giurisprudenza tributaria nazionale, in Quad. della Riv. dir. trib., n. 4, Milano, 2009, 321-331.
19 Sul limite ex art. 37bis, d.P.R. n. 600/1973, Salvini, L’elusione IVA nella giurisprudenza nazionale e comunitaria, in Corr. trib., 2006, 3097 ss.; Zizzo, Abuso del diritto, scopo di risparmio d’imposta e collegamento negoziale, in Rass. trib., 2008, 873; ficari, Elusione ed abuso, cit., 1778. Sull’art. 23 Cost. quale “controlimite”, Beghin, L’inesistente confine tra pianificazione, elusione e «abuso del diritto », in Corr. trib., 2008, 1777 ss.; contrari: Gallo, Ordinamento comunitario e principi costituzionali tributari, in Rass. trib., 2006, 407 ss.; C. cost., sent. 1.1.1973, n. 183; Carpentieri, L’ordinamento tributario, cit., 1067.
20 Moschetti, Avvisaglie di supplenza del giudiziario al legislativo, nelle sentenze delle Sezioni Unite in tema di «utilizzo abusivo di norme fiscali di favore», in Riv. giur. trib., 2009, 200.
21 Lupi-Stevanato, Tecniche interpretative, cit.; Zizzo, Clausola antielusione, cit.
22 Moschetti, Avvisaglie, cit., 200- 201; Beghin, Evoluzione, cit., 44 ss.; Lupi-Stevanato, Tecniche interpretative, cit., Zizzo, Clausola antielusione, cit.
23 Lovisolo, Spetta al contribuente provare le ragioni economiche che escludono l’abuso del diritto, in Riv. giur. trib., 2009, 229 ss.
24 fransoni, Abuso di diritto,cit., 13 ss.; fedele, Assetti negoziali, cit., 1120 ss.
25 Stevanato, Ancora un’accusa di elusione senza «aggiramento» dello spirito della legge, in Corr. trib., 2011, 673 ss.
26 Beghin, Evoluzione, cit., 36 ss.; Lupi-Stevanato, Lease back infragruppo e «paradosso di elusività senza vantaggio fiscale», in Corr. trib., 2009, 1923 ss.; Stevanato, Ancora un’accusa di elusione, cit., 677.
27 Basilavecchia, L’autonomia contrattuale recupera sull’abuso del diritto, in Riv. giur. trib., 2011, 287 ss.; Villani, Quando il leasing non vuol dire «abuso», in Riv. dir. trib., 2011, IV, 166 ss.
28 Cass. Civ., ordd. 4.8.2010, n. 18055 e 3.11.2010, n. 22309.
29 Pedrotti, Abuso del diritto e IVA, in Riv. dir. trib., 2009, 1023-1024.