Elusione. La nuova disciplina del transfer price
Il saggio affronta i punti salienti della normativa che ha introdotto l’esimente relativa alle rettifiche dei prezzi di trasferimento infragruppo. L’analisi muove dall’esame della normativa interna per soffermarsi sulla rilevanza data da questa alla Guidelines OCSE e sull’onere della prova nelle rettifiche da transfer price.
Con l’introduzione, ad opera dell’art. 26 d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. con modificazioni dalla l. 30.7. 2010, n. 122) e del provvedimento direttoriale attuativo del 29.9.2010, di un’apposita esimente relativa alle rettifiche dei prezzi di trasferimento infragruppo, esimente fondata sulla consegna nel corso dell’attività istruttoria di una idonea documentazione di supporto la tenuta della quale sia stata comunicata all’Amministrazione finanziaria, il nostro ordinamento si è di fatto allineato alle giurisdizioni fiscali più evolute in tema di transfer price completando l’iter avviatosi con l’art. 8 d.l. n. 269/2003 concernente il ruling internazionale. Tale ultimo istituto nasceva avendo come «principale riferimento», tra l’altro, il regime dei prezzi di trasferimento ed ha finito per fornire indirettamente copertura normativa interna, anche mercé il provvedimento direttoriale attuativo del 28 luglio 2004, alle Guidelines dell’OCSE sui prezzi di trasferimento, l’ultima versione delle quali è del luglio del 2010. Com’è noto, costituisce argomento tradizionalmente dibattuto quello dei rapporti tra le norme sulla determinazione del valore normale di cui all’art. 9 t.u.i.r. e le previsioni in tema di prezzo di libera concorrenza di cui alle suddette Guidelines, per alcuni autori le seconde non trovando ingresso nel nostro ordinamento, se non forse per il metodo del confronto del prezzo, il cd. CUP (Comparable Uncontrolled Price)1, o, al limite, per i metodi tradizionali, quantomeno senza il filtro di un trattato bilaterale conforme al modello OCSE2. A ben vedere in senso opposto a tale orientamento si poneva già l’introduzione di una procedura di ruling di standard internazionale quale quella disciplinata dal suddetto art. 8 d.l. n. 269/2003, ispirata agli advance pricing agreements (unilaterali) contemplati nelle citate Guidelines dell’OCSE3, procedura volta alla determinazione concordata del valore normale nelle transazioni soggette all’applicazione del settimo comma dell’art. 110 t.u.i.r.4. Ed invero una procedura siffatta se non può certo giustificarsi in funzione dell’applicazione delle scarne previsioni dedicate alla determinazione del valore normale contenute nel terzo comma dell’art. 9 t.u.i.r.5, assume ben altra utilità quando rapportata alla complessa gestione delle Guidelines dell’OCSE e della pluralità di metodi di determinazione del prezzo di libera concorrenza ivi contemplati. Con la disciplina attuativa dell’esimente introdotta con il citato art. 26 d.l. n. 78/2010 le Guidelines dell’OCSE irrompono definitivamente nell’ordinamento interno giacché il contenuto della documentazione su cui si fonda l’esimente medesima, quale risulta dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29 settembre 2010, risente fortemente delle predette direttive. Ma procediamo con ordine. Con il citato art. 26 d.l. n. 78/2010 è stato inserito, all’interno dell’art. 1 d.lgs. 18.12.1997, n. 471, concernente le violazioni relative alla dichiarazione delle imposte dirette, un nuovo comma, il 2 ter, nel quale si prevede che, «In caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle operazioni di cui all’art. 110, co. 7, d.P.R. 22.12.1986, n. 917 da cui derivi una maggiore imposta o una differenza del credito», la sanzione relativa al caso di infedele dichiarazione dei redditi «non si applica qualora, nel corso dell’accesso, ispezione o verifica o di altra attività istruttoria, il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria la documentazione indicata in apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati »; e ciò sempreché della tenuta della documentazione sia data comunicazione all’Amministrazione finanziaria secondo le modalità ed i termini indicati nel predetto provvedimento («In assenza di detta comunicazione », si legge ancora nell’ultimo periodo del nuovo comma 2 ter, art. 1, d.lgs. n. 471/1997, «si rende applicabile il comma 2»). La ratio della previsione in oggetto, come si legge nella relazione illustrativa al decreto-legge, consiste in ciò che la tenuta di una documentazione sui prezzi di trasferimento infragruppo standardizzata consente di incrementare l’efficacia dell’azione di controllo dell’Amministrazione finanziaria sulle operazioni infragruppo cui si riferisce l’art. 110, co. 7, t.u.i.r., controllo reso oggi difficile, «in mancanza di un’adeguata collaborazione da parte del contribuente, essendo caratterizzato da elementi di rilevante complessità, anche tecnica». La previsione medesima, si legge ancora nella relazione illustrativa, «costituisce una efficace leva motivazionale nei confronti di tutte le imprese residenti appartenenti a gruppi multinazionali per adeguarsi all’onere imposto per legge, senza attendere il momento del controllo o della verifica» ed è «in linea con i principi fondamentali che disciplinano il rapporto tra Fisco e contribuente». Per quanto riguarda specificamente l’obbligo di comunicare all’Amministrazione finanziaria la tenuta della documentazione, la relazione illustrativa lo giustifica nel senso di «consentire all’Amministrazione fiscale, di procedere ad una più efficace analisi preliminare dello specifico rischio fiscale, soprattutto con riferimento a quei soggetti privi della stessa»6. In altri termini, non tenere la documentazione aumenta le possibilità di innesco del controllo.
Come opera l’esimente? Per quanto riguarda i soggetti cui la stessa si rivolge, trattasi evidentemente di tutte le imprese residenti che rappresentano il polo interno degli scambi infragruppo transnazionali soggetti alla regola di cui all’art. 110, co. 7, t.u.i.r. (sono dunque fuori le imprese minori cui tale disposizione non risulta applicabile). Nel concetto di impresa residente dovendosi peraltro ricomprendere anche la stabile organizzazione italiana del soggetto non residente7. L’inserimento dell’esimente nell’art. 1 d.lgs. n. 471/1997 consente innanzi tutto di affermare come essa operi con riferimento alla sola sanzione amministrativa (inclusa quella relativa all’infedele dichiarazione IRAP8) laddove, invece, la rettifica del valore normale ai sensi dell’art. 110, co. 7, t.u.i.r., secondo l’opinione che prevale in dottrina, parrebbe poter assumere rilevanza penale (quantomeno ai sensi dell’art. 4 d.lgs. 10.3.2000, n. 74, il quale prevede come delitto, al superamento di certe soglie di imposta evasa ed imponibile occultato, il fatto di chiunque indichi in dichiarazione annuale «elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi»)9. Trattasi di un profilo che probabilmente non va sopravvalutato considerato che le ipotesi di reato di cui all’art. 4 d.lgs. n. 74/2000 che possono venire in considerazione nella specie sono delitti punibili a titolo di dolo specifico e che, in presenza di una documentazione sui prezzi di trasferimento che non sia artatamente volta all’ottenimento di un determinato risultato reddituale (perché, ad esempio, fondata su comparables inesistenti), l’elemento soggettivo (l’aver agito al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto) dovrebbe normalmente difettare. Oltretutto vi è in dottrina chi, valorizzando la funzione di supporto per l’esatta comprensione del valore di taluni componenti del conto economico di fatto svolta dalla documentazione cui fa riferimento il nuovo comma 2 ter, art. 1, d.lgs. n. 471/97, ritiene possa trovare applicazione nella specie l’art. 7, co. 1, d.lgs. n. 74/2000 secondo cui non costituiscono fatti penalmente sanzionabili «le rilevazioni e le valutazioni estimative rispetto alle quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati in bilancio». Coprendo la sola rettifica «del valore normale dei prezzi di trasferimento», l’esimente in questione non trova applicazione nel caso in cui il prezzo di trasferimento non sia deducibile per l’impresa residente in ragione vuoi del difetto di inerenza, vuoi della mancanza di effettività della stessa10. Il che evidentemente diminuisce molto l’appeal dell’esimente se si considera che molte rettifiche concernenti i prezzi di trasferimento riguardano casi di servizi infragruppo in cui i verificatori contestano l’utilità ovvero il beneficio dagli stessi ritraibile onde disconoscere l’inerenza dei relativi costi. L’esimente in questione, inoltre, non esclude che vengano in considerazione, in materia di rettifiche da transfer price, altre cause di non punibilità, ad esempio quella contemplata nell’art. 6, co. 1, d.lgs. 18.12.1997, n. 472 per cui «non si considerano colpose le violazioni conseguenti a valutazioni estimative ... se differiscono da quelle accertate in misura non eccedente il cinque per cento» (alla quale corrisponde nel d.lgs. n. 74/2000 la previsione contenuta nell’art. 7, co. 1, secondo cui «non danno luogo a fatti punibili a norma degli artt. 3 e 4 le valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al dieci per cento da quelle corrette »). Può darsi infatti il caso del contribuente non munito di documentazione che, nel determinare erroneamente il prezzo di trasferimento dell’operazione infragruppo transnazionale, non superi la soglia di tolleranza prevista nella causa di non punibilità da ultimo citata. La non applicazione della sanzione di cui all’art. 1, co. 2, d.lgs. n. 471/1997 risulta peraltro condizionata non solo alla consegna della documentazione al personale ispettivo previamente comunicata all’Amministrazione finanziaria ai militari della Guardia di Finanza) 11, ma anche alla sua «idoneità». Il nuovo comma 2 ter del suddetto art. 1, infatti, prevede che il contribuente debba consegnare all’Amministrazione una documentazione che risulti «idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati». Dunque non una documentazione purchessia funge da esimente, ma una documentazione che in concreto appaia dotata di un certo grado di affidabilità, tale essendo, almeno sotto un profilo formale, quella individuata nel citato provvedimento direttoriale attuativo.
Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29.9.2010, in conformità a quanto previsto dal comma 2 ter, art. 1, d.lgs. n. 471/1997, prende posizione sul set di documentazione astrattamente idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nonché sulle modalità e sui termini della comunicazione all’Amministrazione finanziaria relativa alla tenuta della documentazione medesima12. Il modello di riferimento relativo al set di documentazione ed al relativo contenuto è quello di cui alla Sezione 1 dell’Allegato del Codice di condotta sulla documentazione sui prezzi di trasferimento UE approvato con la risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 27.7.2006 composta dal cd. Masterfile e dalla documentazione nazionale (country specific documentation) 13. Il primo documento riguarda le informazioni generali relative a tutte le imprese del gruppo multinazionale (descrizione generale del gruppo, struttura organizzativa, strategie generali, flussi delle operazioni, operazioni infragruppo, funzioni svolte, beni strumentali impiegati e rischi assunti, transfer pricing policy e APA o ruling ottenuti: v. il punto 2.1 del provvedimento), mentre il secondo quelle relative all’impresa residente coinvolta dall’applicazione dell’art. 110, co. 7, t.u.i.r. (descrizione generale della società, settori in cui opera, struttura operativa, strategie generali, operazioni infragruppo con l’indicazione dell’analisi di comparabilità e del metodo di determinazione del prezzo di trasferimento adottato e gli accordi per la ripartizione di costi cui la società partecipa: punto 2.2 del provvedimento). È chiaro che è quest’ultimo documento quello destinato a contenere le informazioni più direttamente attinenti al processo di formazione dei prezzi praticati nelle transazioni infragruppo in cui è parte l’impresa residente controllata. L’onere documentale varia, secondo quanto previsto dal provvedimento, in funzione del tipo di impresa residente che viene volta a volta in considerazione e questo in ragione del fatto che il livello di informazioni richiesto deve tener conto della capacità di accesso alle stesse da parte della singola impresa. Ed invero il polo domestico dell’operazione attratta nel raggio di applicazione dell’art. 110, co. 7, t.u.i.r. può consistere, a seconda dei casi, in una holding residente, in una sub-holding residente, in una partecipata residente ovvero ancora in una stabile organizzazione italiana di un soggetto non residente (la definizione di tali soggetti è contenuta nell’art. 1 del provvedimento). Ebbene, per la partecipata residente documentazione formalmente «idonea » è solo quella nazionale laddove per la holding, la sub-holding e la stabile organizzazione italiana di un soggetto non residente, a sua volta qualificabile come holding o sub-holding, entrambi i suddetti documenti rilevano ai fini dell’applicazione dell’esimente; nel caso della sub-holding, peraltro, il Masterfile può contenere le sole informazioni che interessano il sotto-gruppo al cui vertice è posta la sub-holding medesima ed è ammessa la produzione (anche in lingua inglese) del Masterfile relativo all’intero gruppo cui appartiene la sub-holding predisposto da altro soggetto non residente (e residente nella UE o, comunque, in un Paese con il quale esiste un trattato contro le doppie imposizioni ovvero un accordo per lo scambio di informazioni14) in conformità ai contenuti del Codice di condotta (salvo integrarlo qualora rechi minori informazioni relative al sotto-gruppo facente capo alla sub-holding rispetto a quelle desumibili dallo schema di Masterfile contenuto nel provvedimento). Il contenuto dei due documenti che rilevano ai fini dell’applicazione dell’esimente (Masterfile e documentazione nazionale) ricalca sostanzialmente quello indicato nell’Allegato del Codice di condotta e risulta arricchito da una serie di «istruzioni» sulla relativa confezione15. Per quanto attiene alla documentazione nazionale, centrale è il ruolo destinato ad essere svolto dall’analisi di comparabilità con i cinque fattori che assumono rilevanza nella confrontabilità tra operazioni infragruppo ed operazioni effettuate tra parti indipendenti (trattasi dei seguenti fattori: a) caratteristiche dei beni e dei servizi, b) analisi delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni strumentali utilizzati, c) termini contrattuali, d) condizioni economiche ed e) strategie d’impresa) e dalla selezione del metodo adottato per la determinazione del prezzo di trasferimento. A quest’ultimo proposito, in una prospettiva di perdurante sostanziale gerarchia tra i diversi metodi di determinazione del prezzo ad arm’s lenght di cui alle Guidelines dell’OCSE, il provvedimento direttoriale, nel § 5.1.3, punto 2.2 relativo al «Metodo adottato per la determinazione dei prezzi di trasferimento delle operazioni», prevede che, se viene selezionato un metodo transnazionale reddituale in presenza del potenziale utilizzo di un metodo transazionale tradizionale, la mancata utilizzazione di tale ultimo metodo va motivata. Così come, ancora, se si utilizza un metodo diverso dal confronto del prezzo (Comparable uncontrolled price method) in presenza di un suo potenziale utilizzo, occorre motivare la mancata selezione di tale ultimo metodo. Come dire che il metodo del confronto del prezzo viene prima di tutti gli altri metodi ed i metodi transazionali reddituali vengono dopo quelli transazionali tradizionali. La conformità sul punto alle citate Guidelines dell’OCSE è evidente considerato che ivi (v. § 2.3 del II Capitolo) si prevede che: a) «where (...) a traditional transaction method and a transactional profit method can be applied in an equally reliable manner, the traditional transaction method is preferable to the transactional profit method»; b) «where (...) the comparable uncontrolled price method (CUP) and another transfer pricing method can be applied in an equally reliable manner, the CUP method is to be preferred» (poco prima, nel § 2.2, leggendosi peraltro che «No one method is suitable in every possible situation, nor is it necessary to prove that a particular method is not suitable under the circumstances»). Condivisibilmente l’Agenzia delle Entrate, nella circolare esplicativa dei nuovi oneri documentali, ha chiarito che «l’eventuale sindacato in sede di verifica della scelta del metodo e/o delle ragioni addotte dal contribuente a difesa delle proprie scelte, in nessun caso costituisce presupposto autonomamente idoneo all’esclusione dal regime premiale stabilito dalla norma». Ragionando diversamente ossia escludendosi l’operatività dell’esimente sol perché sia discutibile la selezione del metodo adottato dal contribuente, infatti, diminuirebbe enormemente l’appetibilità del nuovo regime. Quanto all’aspetto relativo alle modalità ed ai termini della comunicazione all’Amministrazione finanziaria concernente la documentazione in questione, questa, secondo quanto prevede il provvedimento direttoriale attuativo, va redatta annualmente per singolo periodo d’imposta relativamente alle operazioni poste in essere dal contribuente che siano soggette alla citata regola del valore normale (piccole e medie imprese, tuttavia, possono non aggiornare alcuni dati), nonché comunicata all’Agenzia delle Entrate con la presentazione della dichiarazione dei redditi16. Per i periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 maggio 2010 la comunicazione per via telematica, ove non effettuata entro il 28 dicembre 2010, può sempre essere effettuata sempreché preceda l’inizio di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento (relative al comparto impositivo cui si riferisce il regime in oggetto17) delle quali il soggetto abbia avuto formale conoscenza18. La documentazione in oggetto va redatta in lingua italiana e, come detto, è ammessa la lingua inglese nel solo caso della sub-holding residente nel nostro Paese che esibisca, non il Masterfile del gruppo che ad essa faccia capo, ma quello relativo all’intero gruppo. Sia il Masterfile che la documentazione nazionale devono essere siglati in ogni pagina dal legale rappresentante del contribuente onerato o da un suo delegato e firmati in calce all’ultimo foglio dal medesimo o autenticati mediante firma elettronica19. Quanto poi alle modalità di consegna della documentazione, il provvedimento direttoriale di settembre 2010 (v. punto 8) prevede innanzi tutto che la documentazione vada consegnata entro e non oltre dieci giorni dalla richiesta con la possibilità di fornire informazioni supplementari entro una settimana dalla relativa domanda e che «decorsi i suddetti termini, l’amministrazione … non è vincolata all’applicazione» dell’esimente. Il che apre le porte all’interrogativo di cosa accada nel caso in cui la documentazione venga presentata oltre il termine, ma prima che si concludano le operazioni investigative; una lettura nel senso che in tal caso l’amministrazione, qualora non concordasse con i risultati cui è pervenuto il contribuente in punto di determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo, possa decidere discrezionalmente se irrogare o meno la sanzione, presenta invero profili di dubbia legittimità costituzionale20. La documentazione va inoltre presentata in formato elettronico ossia è richiesta la presentazione di un documento digitalizzato in formato non modificabile, sebbene l’esibizione in formato cartaceo non escluda l’applicazione dell’esimente ove la documentazione sia resa disponibile entro un termine congruo assegnato dagli incaricati del controllo. Fermo quanto sopra relativamente agli aspetti formali, il set documentale in oggetto, rende applicabile l’esimente ovviamente solo se anche «sostanzialmente idoneo». Al riguardo il punto 8.3 del provvedimento direttoriale attuativo non elimina del tutto le perplessità derivanti dall’aver congegnato, il legislatore, un’esimente che opera solo previa valutazione del contenuto della documentazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Ed invero, secondo quanto previsto dall’anzidetta disposizione del provvedimento, la presentazione della documentazione non vincola l’Amministrazione e l’esimente non viene dalla stessa applicata allorquando, pur essendo rispettata la struttura formale di cui ai punti 2.1 (Masterfile) e 2.2 (documentazione nazionale), i contenuti informativi non risultino completi e conformi alle disposizioni del provvedimento ovvero le informazioni fornite non corrispondano in tutto o in parte al vero. Ed anche se è precisato che «omissioni o inesattezze parziali e tali da non pregiudicare l’analisi dei verificatori e la correttezza degli esiti di detta analisi e l’omissione degli allegati indicati nel punto 2.2 non costituiscono causa ostativa all’applicazione dell’esimente»21, non si può escludere che sulla completezza e veridicità del contenuto della documentazione le opinioni di contribuente ed Amministrazione finanziaria divergano.
Come si è sopra anticipato, dalla disciplina dell’esimente in questione emerge la centralità delle Guidelines dell’OCSE sui prezzi di trasferimento, metodi inclusi. La rilevanza delle direttive OCSE così, passando per l’applicazione dell’esimente, si estende indirettamente alla determinazione dell’imponibile dell’impresa residente coinvolta dalla regola del valore normale di cui all’art. 110, co. 7, t.u.i.r. Potrebbe in effetti dubitarsi circa la legittimità di una siffatta rilevanza. La norma sostanziale relativa alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi scambiati nelle transazioni infragruppo transnazionali ossia l’art. 9 t.u.i.r. (cui rinviano i commi 2 e 7, art. 110, t.u.i.r.) non è cambiata con l’introduzione dell’esimente e dunque i criteri di determinazione del suddetto valore normale dovrebbero essere solo quelli ivi indicati (salvo forse il caso in cui i metodi OCSE trovino ingresso per l’operare della copertura di un trattato contro la doppia imposizione tipo OCSE). Si potrebbe insomma sostenere che un conto è la funzione esimente della documentazione conforme agli standard OCSE, altro imporre al contribuente le previsioni di cui alle Guidelines dell’OCSE che impattano sulla determinazione dell’imponibile e tra queste anche quelle contenute nel nuovo capitolo IX relativo alle Business Restructurings. Una tale imposizione non potendo realizzarsi, né operando sulla concreta disciplina dell’esimente, né a livello di ruling internazionale, bensì con una diretta modifica vuoi dell’art. 110, co. 7, t.u.i.r., vuoi dell’art. 9 dello stesso. Quale invece l’impatto dell’esimente sul tema dell’onere della prova nelle rettifiche da transfer price che riguardano la determinazione del valore normale? La tentazione di ricavarne l’effetto di invertire l’onere della prova, nel caso che ne occupa ordinariamente ricadente sull’Amministrazione finanziaria22, è forte. Ed invero documentare l’analisi di comparabilità e la selezione del metodo di determinazione del prezzo di trasferimento in effetti rappresenta molto in termini di assolvimento dell’onus probandi. Non direi, tuttavia, che lo esaurisca ove si ponga mente al fatto che l’onere della prova nella materia che ne occupa, in cui si ha a che fare con valori, va inteso come onere argomentativo. In presenza della documentazione esimente spetta dunque all’Amministrazione finanziaria argomentare lo scostamento tra valore normale e dichiarato allegando eventuali vizi nel percorso logico che ha condotto alla selezione del metodo di determinazione del prezzo di trasferimento ed alla individuazione di determinati comparables. Il tema è comunque sfuggente giacché la regola del valore normale nelle transazioni infragruppo transnazionali è rivolta al contribuente prima ancora che all’Amministrazione finanziaria. Trattandosi di regola sostanziale sulla determinazione dell’imponibile, è il contribuente che alla stessa deve uniformarsi nel momento in cui redige la dichiarazione dei redditi, ciò da cui è logico dedurne che dovrebbe essere in grado di dare a sé la prova dell’osservanza della regola; senza considerare il fatto che un problema di osservanza della regola si potrebbe porre già a livello di bilancio d’esercizio se è vero come è vero che, da un lato, l’art. 2427 c.c. prevede al n. 22 bis che la nota integrativa debba indicare «le operazioni realizzate con parti correlate, precisando l’importo, la natura del rapporto e ogni altra informazione necessaria per la comprensione del bilancio relativa a tali operazioni, qualora le stesse siano rilevanti e non siano state concluse a normali condizioni di mercato» e, dall’altro, la delibera CONSOB 12.3.2010, n. 17221, nel disciplinare le operazioni con parti correlate, prevede, tra l’altro, che il documento informativo relativo a dette operazioni debba «descrivere le modalità di determinazione del corrispettivo dell’operazione, nonché le valutazioni sulla congruità dello stesso rispetto ai valori di mercato di operazioni simili».
1 Così Cass., sez. trib., 31.3.2011, n. 7343.
2 Tra gli altri v. Cordeiro Guerra, La disciplina del transfer price nell’ordinamento italiano, in Riv.dir. trib., 2000, I, 421 ss. (spec. 438 e 439) e Tosi, Transfer pricing - disciplina interna e regime convenzionale, in Fisco, 2001, 2184 ss. (spec. 2190 e 2191).
3 Cfr. Romano, Il ruling internazionale, in Tesauro (a cura di), Imposta sul reddito delle società (IRES), Bologna, 2007, 990 ss.
4 Determinazione vincolante, secondo quanto prevede il secondo comma dell’art. 8, «per il periodo d’imposta nel corso del quale l’accordo è stipulato e per i due periodi d’imposta successivi, salvo che intervengano mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti al fine delle predette metodologie e risultanti dall’accordo sottoscritto dai contribuenti ».
5 Sul quale v. da ultimo la citata Cass. n. 7343/2011, secondo cui «le cd. «remise», ovverosia le riduzioni percentuali del prezzo praticate nei soli rapporti economici («operazioni») con società considerate nell’art. 110, co. 7, del cit. t.u.i.r., non costituiscono gli «sconti d’uso» contemplati dall’art. 9, co. 3, t.u.i.r. perché le riduzioni percentuali del prezzo di «listino» e/o di «tariffa» che la norma prende in considerazione quali «sconti d’uso» sono unicamente quelle usualmente praticate dal «soggetto» sui propri «listini» o sulle proprie «tariffe» (se esistenti) per le operazioni concluse «in condizioni di libera concorrenza», ovverosia per le operazioni economiche concluse con soggetti estranei al proprio gruppo economico».
6 Un’espressione analoga si rinviene nel § 1 della Sezione 1 dell’Allegato del Codice di condotta relativo alla documentazione su prezzi di trasferimento UE approvato con risoluzione del Consiglio del 27.6.2006 (2006/C 176/01).
7 Cfr. il § 11 della Sezione 2 dell’Allegato del citato Codice di condotta. È interessante notare come l’Amministrazione finanziaria ritenga applicabile l’art. 110, co. 7, t.u.i.r. anche al caso di operazione infragruppo che intervenga tra società (una residente ed una non residente) entrambe controllate da una persona fisica laddove, diversamente, la predetta disposizione fa riferimento alla sottoposizione a comune controllo da parte di società (ossia il comune controllante deve essere una società): in tal senso v. il § 4.1 della Circolare dell’Agenzia delle Entrate 21.6.2011, n. 28/E.
8 Come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 58/E/2010: il chiarimento, tuttavia, desta qualche perplessità giacchè, per effetto dell’art. 1, co. 50, l. n. 244/2007, la determinazione dell’imponibile IRAP delle società di capitali e degli enti commerciali residenti si basa oggi quasi integralmente sui dati del bilancio d’esercizio onde non dovrebbe applicarsi in tale ambito impositivo la previsione di cui all’art. 110, co. 7, t.u.i.r. (sicchè il chiarimento andrebbe letto nel senso di riferirsi a periodi d’imposta ante 2008).
9 Sugli eventuali effetti sanzionatori penali della violazione dell’art. 110, co. 7, t.u.i.r., cfr. Trabucchi, Le nuove sanzioni penali ed il transfer pricing, in Lupi. (a cura di), Fiscalità d’impresa e reati tributari, Milano, 2000, 140 ss.; Romita - Procita, Italian criminal tax aspects of transfer pricing, in Dir. prat. trib. int., 2003, 813; Troyer, Il transfer pricing tra elusione ed evasione, in Dialoghi dir. trib. n. 4/2007, 471; Stevanato, La rilevanza penale del transfer pricing: una questione ancora aperta, ivi, 477; Valente-Caraccioli, Rischi penal-tributari potenzialmente configurabili nel «transfer pricing», in Corr. trib., 2011, 2616 ss.
10 Nel senso della non applicazione dell’esimente nel caso di deduzione di costi non inerenti v. il § 4.5 della citata Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E/2011.
11 Che la predisposizione della documentazione debba precedere la comunicazione all’Amministrazione finanziaria effettuata con la dichiarazione annuale diversamente risultando inapplicabile l’esimente è sostenuto, tra gli altri, da v. Gaffuri, op. cit., 6 del dattiloscritto (è chiaro che in questa prospettiva occorre porsi il problema di come provare la predisposizione anteriore alla comunicazione); la tesi, cui aveva inizialmente aderito anche chi scrive, appare, tuttavia, eccessivamente severa ed anche alla luce della circostanza che la consegna ai verificatori deve avvenire entro e non oltre dieci giorni dalla richiesta, è preferibile ritenere che la predisposizione della documentazione possa avvenire anche dopo la «comunicazione».
12 Sul funzionamento della nuova esimente v., tra gli altri, Ferranti, Finalità ed effetti degli oneri documentali per il transfer pricing, in Corr. trib., 2011, 173 ss.; Valente, Valutazioni sulla comunicazione sul possesso della documentazione nel «transfer pricing»: casistica, ivi, 2011, 2124 ss.; Committeri-Scifoni, Forma, efficacia e idoneità dei documenti che «giustificano» i prezzi di trasferimento, ivi, 2011, 191 ss.; Avolio-Santacroce, La comunicazione transfer pricing «premia» il contribuente anche sotto verifica, ivi, 2011, 186 ss.; Cordeiro Guerra-Dorigo, La documentazione dei prezzi di trasferimento, ivi, 2010, 2732.
13 Sul Codice di condotta, cfr. AA.VV., Transfer Pricing Documentation: The EU Code of Conduct Compared with member State Rules, in Intertax, 2006, Vol. 34, Issue 6/7 e Issue 8/9, rispettivamente 305-313 e 406-417.
14 Cfr. il § 6.1. della citata Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 58/E/2010.
15 L’art. 8.1. del provvedimento prevede la possibilità di inserire le informazioni di cui alla documentazione nazionale nel Masterfile sempreché si tratti di informazioni di consistenza non inferiore a quelle richieste dal provvedimento per la documentazione nazionale medesima.
16 La predisposizione con cadenza annuale della documentazione non risulta in linea con il divieto comunitario di imporre al contribuente oneri di compliance eccessivamente gravosi (ex plurimis v. la sentenza della C. giust. UE, SGI del 21.1.2010, causa C-311/08), né con il contenuto del Codice di condotta il quale non contempla alcun onere preventivo limitandosi a prevedere la messa a disposizione della documentazione su richiesta, indipendentemente dal momento e dalle modalità concrete con le quali essa sia stata predisposta (in questi termini Cordeiro Guerra-Dorigo, La documentazione dei prezzi di trasferimento, cit., i quali notano come anche le Guidelines dell’OCSE lascino al contribuente ampia discrezionalità in punto di storage della documentazione in oggetto).
17 Così la citata circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E/2011, § 4.3.
18 V. il punto 9.2 del provvedimento attuativo (per «formale conoscenza» dovrebbe intendersi «notifica »: sul punto cfr., ex plurimis, circolare 1.10.2001, n. 85/E, § 9, in Banca Dati BIG; Id. 10.10.2009, n. 43/E, § 10, ivi); uno speciale regime transitorio è delineato nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 58/E/2011 quanto a verifiche in corso e accertamenti già notificati.
19 Cfr. 8.1 del provvedimento.
20 V. Gaffuri, La nuova disciplina, cit., 4 del dattiloscritto, secondo cui la decisione dell’Amministrazione, discrezionale, andrebbe assunta «tenendo conto presumibilmente e prioritariamente dell’entità del ritardo e delle cause di giustificazione addotte»; la mancata tempestiva consegna della documentazione pone l’ulteriore problema, per il quale si rinvia ancora ad Gaffuri, op. e loc. cit., dei rapporti con l’art. 32, co. 4, del d.P.R. n. 600/73 secondo cui «le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta».
21 Gli allegati cui fa riferimento il punto 8.3. del provvedimento sono quelli relativi al diagramma di flusso destinato a descrivere i flussi delle operazioni e la copia dei contratti scritti in base ai quali le operazioni di cui ai capitoli 5 e 6 sono regolate.
22 Cfr. Cass., 19.1.2007, n. 11226 e Cass., 13.10.2006, n. 22023, (la fattispecie su cui si è espressa la Suprema Corte è quella dei costi sostenuti da una società italiana per l’acquisto di autovetture da una propria «consorella» estera); tuttavia nel senso che «la determinazione del valore normale dei singoli beni, necessario per la valutazione dei ricavi relativi alle vendite alle società estere consociate, è compito del contribuente» v. Comm. trib. prov. di Milano, Sez. XXXI, 13.3.2009, n. 87. Sull’opzione interpretativa secondo cui nel caso il prezzo di trasferimento rilevi come costo per l’impresa residente, questa debba dimostrane la congruità, sia consentito rinviare al mio Art. 110, co. 2 e 7, in Tinelli (a cura di), Commentario al Testo Unico delle imposte sui redditi, Padova, 2009, 1022 ss., cui da ultimo adde Marcheselli, «Transfer price» e differenze inventariali: le garanzie dei contribuenti, in Corr. trib., 2011, 1594 ss.