Swedenborg, Emanuel
Filosofo e mistico svedese (Stoccolma 1688 - Londra 1772). Figlio di Jesper Swedberg, che fu rettore dell’univ. di Uppsala e vescovo luterano, fu educato in ambiente saturo di esperienza religiosa, che lo portò presto a forme di misticismo in lui accompagnate da particolari stati psichici. Studiò scienze a Uppsala, sotto la guida del cognato E. Benzelius, poi a Londra, dove frequentò le lezioni di Newton. Tornato dopo altri viaggi in patria, fu creato assessore al Collegio reale delle miniere e insignito di un titolo nobiliare (cambiò allora in S. il suo cognome originario Swedberg).
I primi lavori di S. mostrano le sue preoccupazioni fisico-matematiche, che sfociano in una concezione meccanicistica del mondo (Principia rerum naturalium, 1734; Prodromus philosophiae ratiocinantis de infinito, 1734). Ma l’attenzione ai fenomeni della vita psichica (che permise a S. di conseguire importanti scoperte sulle localizzazioni dei processi cerebrali), le personali esperienze di vita mistica, l’influenza dei naturalisti-teosofi del Rinascimento, lo portarono a costruire una nuova concezione organica del mondo che spiegasse la continuità tra sensibile e soprasensibile: la dottrina dell’Oeconomia regni animalis (2 voll., 1740-41) è un evoluzionismo di tipo emanatistico (denominato da S. «dottrina delle serie e dei gradi») in cui, nella funzione di principio fondamentale, al «punto naturale» dei Principia si sostituisce il fluidum spirituosum (o vis formatrix; l’archaeus di Paracelso). Emanato direttamente dalla luce divina, esso costituisce il più alto «grado», della realtà ed è in potenza la totalità dell’Universo, il quale ne è l’ultima esplicazione in forma di macrorganismo, e più precisamente di macroantropo. Espressione del fluidum è l’anima, recondita potenza di intuizione universale, che costituisce la diretta continuità con Dio, per recuperare la quale è sì necessaria la grazia, ma senza alcun pregiudizio per la libera iniziativa umana (di qui la rottura col dogma luterano). Un ultimo tentativo di ristabilire speculativamente la continuità tra l’infinito e la realtà contingente si riflette nella dottrina delle «corrispondenze», che fu abbozzata sin dal 1740 (Clavis hieroglyphica arcanorum naturalium et spiritualium per viam repraesentationum et correspondentiarum, 1748, pubblicata a Londra nel 1784). Ispirata da ideologie neoplatoniche e cabalistiche, questa dottrina stabilisce un’analogia costante tra le forme dell’essere nella sfera divina (exemplaria), in quella intellettuale (typi) e in quella fisica (simulacra). Di qui il valore di simbolo attribuito in tal modo a ogni fatto del mondo terreno e al linguaggio.
Le visioni e ispirazioni, che egli da quel momento credette essere la fonte esclusiva delle sue dottrine, erano la continuazione immediata delle sue speculazioni anteriori, sicché, mentre lo scienziato cercava ancora di spiegare per via empirico-induttiva il rapporto dell’anima col corpo (Regnum animale, I-II, 1744; III, 1745, incompiuto), il mistico puntava tutto sulla via dell’estatica visione per attingere il mistero del mondo e vincere ogni risorgente dualismo (importante il diario di quest’epoca: Swedenborgs drömmar, ed. 1859). Già durante la pubblicazione del Regnum animale S. si sentiva chiamato a comporre un «libro divino», l’opera religioso-poetica De cultu et amore Dei. L’opera, iniziata dopo una «visione» di Cristo (1744), rimase incompiuta: una seconda «visione» di Cristo (1746), che introdusse una nuova e ormai continua serie di esperienze allucinatorie, determinò S. a un completo mutamento della forma di vita e degli interessi speculativi: egli dette le sue dimissioni dall’ufficio fino ad allora coperto e nell’eremitaggio della Hornsgata trascorse il resto della sua vita, regolata con semplicità ascetica. La sua esegesi biblica, influenzata dai metodi di Filone e Origene e in genere dalla tradizione esegetica allegorizzante e cabalistica, tende a mettere in rilievo, oltre al senso letterale, un duplice significato, spirituale (relativo al processo psico-cosmologico) e celeste (processo psico-teologico). Il suo sistema teosofico, esposto in questa forma, compì una lunga evoluzione (Arcana coelestia, 8 voll., 1749-56; De coelo et inferno..., 1758; trad. it. Cielo e inferno: l’aldilà descritto da un grande veggente) e fu fissato definitivamente solo un anno prima della sua morte, nella Vera christiana religio (1771; trad. it. La vera religione cristiana), libro canonico della «Chiesa» da lui fondata. La nuova dottrina teologica che egli proclama è tutta concentrata sul tema dell’incarnazione che ha divinizzato l’uomo, superando nella prospettiva soteriologica ogni dualismo; mentre tutte le tradizionali dottrine cristiane sfumano in una teologia neoplatonica in cui Dio, essenza infinita e indeterminata, racchiude infinite qualità, tra cui primeggiano Amore e Sapienza; la creazione è eterna emanazione; il male ha origine dal peccato, che mutò la coscienza intuitiva in quella razionale; la storia sacra narra la graduale caduta della prima Chiesa e la progressiva riascesa dell’umanità all’unione con Dio. Oltreché nel campo scientifico e in quello religioso (sussiste tuttora la Chiesa svedenborghiana), il pensiero di S. ebbe vaste ripercussioni sulle correnti filosofiche e poetico-speculative: va soprattutto ricordato il suo influsso su Saint-Martin, su Goethe e, per tramite di F.Ch. Oetinger, sui romantici.
Biografia