BALBI, Emanuele
Nato a Genova l'11 febbr. 1739, da Giuseppe Maria, ricco banchiere, proseguì l'attività paterna; viaggiò molto stringendo relazioni con i più noti personaggi dell'epoca. Quando il corso C. Saliceti, commissario del Direttorio presso l'esercito d'Italia, andò nel 1796 a Genova, quale emissario e propagandista delle idee rivoluzionarie, per convincere il governo ad assumere un atteggiamento amichevole verso la Francia, il B. dimostrò le sue simpatie per le nuove idee di uguaglianza concedendogli un grosso prestito. Nel 1797, ai primi moti che miravano ad abbattere in Genova il governo aristocratico, il B., già noto per i suoi atteggiamenti democratìci, fu nominato membro di una giunta commerciale che entrò in carica il 4 giugno. In seguito alla convenzione di Mombello (5-6 giugno 1797) il Bonaparte ordinava ai deputati genovesi le dimissioni del governo aristocratico e l'istituzione di un governo democratico composto di due consigli, presieduti da un doge: il B. fece parte dei nuovo governo che accettava la protezione francese e voleva una costituzione repubblicana. Ma nel settembre del '97, scoppiata nelle valli genovesi una controrivoluzione mirante a rimettere i nobili al potere, il B., elemento moderato e benvoluto da entrambe le parti, si adoperò instancabilmente per calmare gli insorti e per ristabilire l'ordine tra la popolazione, evitando inutili stragi.
Una forma definitiva era stata intanto data al governo democratico, che comprendeva quattro comitati: polizia, finanze, guerra, relazioni estere; il B. fece parte del comitato delle finanze quale appartenente alla categoria dei negozianti. Nel febbraio del 1800 arrivò a Genova al comando di un'armata francese il Massena che, insediatosi in città, volle dare al governo della Repubblica ligure una fisionomia più spiccatamente filofrancese e ne chiamò a far parte il B. in sostituzione di uno dei cinque membri che avevano dovuto dimettersi perché erano apparsi troppo tiepidi fautori della Francia. La vittoria di Marengo contribuì notevolmente a rafforzare in Genova la potenza francese e l'inviato del Bonaparte, G.-Fr. Déjean, nominò membro di una consulta legislativa il B., oltre a L. Corvetto, G. Durazzo, C. Solari e Giacomo Mazzini. Diffusasi in Genova in quell'anno stesso una grave epidemia di peste, il B. si distinse per la generosità con cui mise a disposizione delle autorità sanitarie parte del suo cospicuo patrimonio per i soccorsi ai meno abbienti colpiti dal morbo. Nel luglio del 1802, entrata in vigore la nuova costituzione, il B. venne compreso fra i trenta senatori con l'incarico di presiedere alla navigazione. E quando Napoleone fu incoronato re d'Italia, egli faceva parte della deputazione inviata da Genova per esprimere i voti del senato e del popolo ligure a favore dell'annessione all'impero francese. Il B. in quell'occasione si dimostrò particolarmente zelante ed ottenne un riconoscimento ufficiale dei suoi meriti il 5 luglio dello stesso 1805, quando gli venne conferita solennemente una stella d'onore. Annessa la Liguria alla Francia (4 ott. 1805), l'inviato di Napoleone, arcitesoriere C.-F. Lébrun, lo chiamava a far parte del consiglio generale del dipartimento di Genova, presieduto da L. Corvetto.
Dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia, il B. ed A. Pareto, come rappresentanti della municipalità, si presentarono a lord Bentinck, che stava occupando a nome degli alleati la Liguria, per scongiurare il bombardamento di Genova. Occupata la città alla fine di aprile del 1814, il B. stesso con L. Solari andò a ringraziare l'ammiraglio inglese della moderazione usata verso la cittadinanza durante le operazioni di guerra. Nel successivo agosto fece parte del consiglio comunale della città. Quando nel congresso di Vienna si discuteva l'annessione della Liguria al Regno sardo, egli, facendosi interprete dell'ostilità di molti Genovesi a tale progetto, si batté per ottenere invece l'unione con la Lombardia, recandosi più volte a Milano dove strinse amicizia con F. Confalonieri e con altri, liberali lonibardi.
Fallita questa possibilità, il B. si ritirò per qualche anno dalla scena politica, pur continuando a nutrire aspirazioni liberali e nazionali: fu infatti assiduo frequentatore del cenacolo di G. C. Di Negro, con L. Gentile, G. Balbi Piòvera, G. Doria. Scoppiati in Piemonte i moti del marzo 1821, Carlo Alberto, divenuto principe reggente e nominata a Torino una giunta provvisoria, ne chiamava a far parte il Balbi. Avendo il proclama di Carlo Felice, che manifestava l'intenzione di reprimere l'insurrezione con l'aiuto delle corti alleate, provocato in Genova una violenta dimostrazione contro il governatore de Geneys, di cui si temeva l'eccessiva condiscendenza agli ordini del re, il B., noto per i suoi sentimenti liberali, fu invitato dallo stesso governatore ad adoperarsi per riportare la calma. L'insurrezione scoppiò ugualmente il 23 marzo e culminò con l'arresto del de Geneys e con la nomina di una commissione amministrativa di governo in cui prestò la sua opera anche il B., che riuscì a dominare la situazione. Da Torino gli giungeva intanto la nomina a membro del consiglio municipale che doveva reggere la città in sostituzione del soppresso decurionato.
Affermatosi il governo reazionario di Carlo Felice, il B. fu costretto a vivere appartato, a Genova, gli ultimi anni della sua vita. Si ignora l'anno della sua morte.
Bibl.: C. Tivaroni, L'Italia durante il dominio francese, Roma 1889, pp. 499, 500, 507; G. Bigoni, La caduta della Repubblica di Genova, in Giornale ligustico, XXII (1897), pp. 286, 292; E. Gachot, Le siège de Gênes, Paris 1908, p. 151; C. Bornate, L'insurrezione di Genova nel 1821, in Bibl. di storia ital. recente, XI, Torino 1923, p. 329; V. Vitale, Onofrio Scassi e la vita genovese del suo tempo, Genova 1932, pp. 89, 101, 208, 214, 309; Id., Breviario della storia di Genova, Genova 1955, I, pp. 481, 484, 536 s.; II, p. 213; Diz. del Risorgimento naz. II, p. 149.