CAVALLI, Emanuele
Nacque a Lucera (Foggia) il 29 nov. 1904, gemello di Giuseppe, da Daniele, avvocato, e da Mariannina Cairelli. Nel 1921 si trasferì a Roma; dopo i primi studi all'istituto artistico industriale, entrò nello studio del pittore Felice Carena. Furono importanti per la sua formazione di pittore anche i lunghi soggiorni ad Anticoli Corrado, dove il giovane C. poteva incontrare, oltre a Carena, i pittori Onofrio Martinelli e Giuseppe Capogrossi, lo scultore Arturo Martini, Fausto Pirandello con il padre Luigi.
Nel 1924-25 il C. compì il servizio militare a Firenze (in sanità). Nel 1926 tre sue opere vennero accolte dalla giuria della Biennale di Venezia (da questo momento la sua partecipazione a questa rassegna sarà pressoché continua). L'esordio romano dell'artista si colloca nel 1927, quando insieme con Capogrossi e F. Di Cocco allestì una mostra presso la pensione Dinesen, suscitando un notevole interesse.
Nel 1928 il C. si recò in Francia, dove fu introdotto dall'amico 0. Martinelli nell'ambiente degli Italiens de Paris (De Pisis, De Chirico, Savinio ecc.), e compì alcuni viaggi ad Avignone e ad Orange. A Parigi il C. espose al Salon Bovy insieme a Pirandello e Di Cocco.
Tornato in Italia, trascorse un certo periodo in Puglia, presentando la sua prima personale al Circolo artistico di Bari nel 1930. Lo stesso anno si stabilì a Roma.
Gli anni 1931-33 furono fondamentali per l'elaborazione e l'affermazione del tonalismo, indirizzo estetico e pittorico che ebbe nel C. uno degli interpreti più raffinati e anche più consapevoli dal punto di vista teorico. Tale indirizzo si realizzò in un'importante serie di mostre alla Galleria di Roma (maggio e dicembre 1932: due collettive in cui sono già presenti, accanto al C., Cagli e Capogrossi), alla galleria milanese Il Milione (febbraio 1933: espongono nuovamente Cagli, Capogrossi e il C.), alla galleria parigina J. Bonjean (dicem bre 1933, con il pittore E. Sclavi in aggiunta ai tre già ricordati).
In questa brillante serie di mostre il gruppo ebbe l'appoggio dei galleristi P. M. Bardi (Galleria di Roma) e V. Ghiringhelli (Il Milione) nonché dello scrittore M. Bontempelli, zio di Cagli e teorico del "realismo magico", tendenza letteraria che ha più di un punto di contatto con la pittura dei giovani tonalisti. Notevole fu anche l'apporto di R. Melli, sia come pittore sia come critico, dal momento che furono i suoi articoli su Quadrivio a far conoscere ed apprezzare questa nuova tendenza della Scuola romana.
Il termine Scuola romana venne usato forse per la prima volta proprio in occasione della mostra parigina del 1933, quando il critico Waldemar George (nella presentazione pubblicata in catalogo) coniò la definizione école de Rome, un po' orecchiando la ben nota école de Paris, un po' per evidenziare i tratti comuni degli artisti espositori: il riferimento alla spazialità chiara di Piero della Francesca, un uso del colore che deve molto alla lezione di G. Morandi, ma soprattutto la "mediterraneità" del mondo descritto, con i suoi miti solari (si veda per il C. il quadro intitolato Icaro, un olio su tela di grandi dimensioni, oggi purtroppo distrutto; pubbl. in Benzi-Lucchese, 1984, p. 89), e l'indefinibile classicismo conferito alla rappresentazione dei mondo quotidiano e domestico dei giovani "fiumaroli" (sono noti i quadri dedicati da Capogrossi a questo tema). Profondi erano tuttavia anche le differenze e gli intendimenti dei tre pittori: il taglio sociale e politico che Cagli intendeva dare al "tonalismo", con la proposta della pittura murale e ciclica dedicata a temi attuali, non poteva essere accettato da Capogrossi e tantomeno dal C., che avevano dell'operazione pittorica un'accezione più strettamente filosofica e lirica.
Un primo scollamento nella coesione dei gruppo si verificò già negli ultimi mesi del 1933, quando Cagli non apparve tra i firmatari del Manifesto del primordialismo plastico (pubbl. da D. Purificato, in I colori di Roma, Bari 1967, pp. 20-22), in cui Capogrossi, il C. e Melli (in veste di critico) espressero le loro idee sul "principio plastico trascendentale" della pittura tonale, con una forte accentuazione del lato spirituale e astratto dell'operazione pittorica.
L'accezione della pittura come ricerca di armonia venne precisata dal C. due anni dopo, in occasione della II Quadriennaie. Presentando in catalogo la sua piccola personale (7 opere, che gli valsero un premio minore), il C. scrisse tra l'altro (p. 18): "Cerco di oggetivare con la massima chiarezza quello che sento della vita decifrandolo nel. suo valore universale, spoglio cioè, nei limiti del possibile, di tutte le contingenze. La ricerca in questo senso "umana" mi discosta dalla pittura astratta o estetizzante. Sono tuttavia d'opinione che i vari significati (anche i letterari), dovrebbero esserci tutti in un'opera completa, generati dalle necessità Costruttive: ecco perché il racconto diventa pretesto. È la plastica che dà forma al mito: l'interesse del racconto, col tempo cessa prima ancora delle qualità di superficie del quadro".
Ancor più di questa dichiarazione aiutano a comprendere l'artista alcune testimonianze come quella di Melli (1933) che descrive la sua "espressione ascetica… frutto dell'innesto di astrazione concettuale, in che s'è trasformata la fantasia, sulla sostanza realistica", e quella di Lucchese (1984, p. 8) sul suo metodo di lavoro: "Emanuele aveva, fisicamente e moralmente, qualcosa che rammentava Tommaso d'Aquino e l'Angelico, il suo parlare quieto era pregno d'una saggezza che veniva da molto lontano (dalla Scuola pitagorica - per il pensiero - e dalla civiltà pompeiana - per la pittura e i suoi segreti). Le mie pose, al suo studio, erano sostenute da corroboranti tazze di tè e, soprattutto, dall'ascolto delle Toccate e Fughe di Giovanni Sebastiano Bach. Quest'accompagnamento eccezionale, quotidiano e ripetuto per ore, pareva trasfondere nel pittore il dono del tono. li suo lavoro diveniva concentrato, assorto. L'ambiente assumeva un clima quasi liturgico, gregoriano…". Il rapporto tra pittura e musica divenne col tempo piIá stretto e dichiarato: in un appunto stilato in occasione della Quadriennale del 1943, dove presentò una serie di nove figure femminili abbigliate ognuna in una tonalità differente, spiegò il suo lavoro in termini di "sensibilità contrappuntistica", paragonandolo ad una "raccolta di preludi e fughe nei toni maggiori e minori" (cfr. Benzi-Lucchese, 1984, p. 144).
Questi anni di intensa e feconda attività furono coronati da due importanti personali (alla galleria Leonardo da Vinci di Firenze nel 1939 e allo Zodiaco di Roma nel 1945) e dalla vittoria nel concorso per la cattedra per la pittura presso l'Accademia di belle arti di Firenze (1945). In questa città l'artista si trasferì con la moglie Vera Haberfeld che aveva sposato nel 1935 e la figlia Maria Letizia (nata nel 1936).
Il 1949, con il mancato rinnovo dell'incarico di insegnamento, segnò l'inizio di una profonda crisi, a cui non fu estraneo l'orientamento in senso astrattista che i suoi antichi compagni di strada, Cagli e Capogrossi, iniziavano allora a seguire.
Molti dipinti degli anni precedenti vennero distrutti dall'artista, che si impegnò anche in attività diverse dalla pittura. Nel 1949 e nel 1950 fu alla direzione artistica della galleria Vigne nuove di Firenze, e nel 1952 lavorò agli Uffizi come fotografo della Sovrintendenza ai monumenti. Continuò comunque a esporre, ottenendo diversi riconoscimenti (premio Maggio di Bari, 1951; premio acquisto al Fiorino, Firenze 1953; premio del ministero della Pubblica Istruzione alla VII Quadriennale di Roma, 1955; premio Lucera, 1957).
Nel 1960, ormai in piena ripresa, gli venne assegnato l'insegnamento alla Scuola libera del nudo di Firenze e tenne da allora una serie di personali.
Morì a Firenze il 15 marzo 1981.
Fonti e Bibl.: Per un'ampia bibl. cfr. F. Benzi-R. Lucchese, 1984, pp. 156-158. Ma vedi anche: P.M. Bardi, Cagli, Capogrossi, C. (catal., galleria Il Milione), Milano 1933; W. George, Exposition des peintres romains Capogrossi, C., Cagli, Sclavi (catal., galerie J. Bonjean), Paris 1933; R. Melli, Visite ad artisti: E. C., in Quadrivio, 10 dic. 1933; IlQuadriennale d'arte nazionale (catal.), Roma 93 5, p. 118; V. Guzzi, E. C. (catal., galleria Leonardo da Vinci), Firenze 1939; E. Maselli, E. C. allo Zodiaco, in Avanti!, 7 genn. 1945; F. Bellonzi, E. C. allo Zodiaco, in Domenica, I (1945), p. 3; O. Martinelli, E. C. (catal., galleria S. Croce), Firenze 1962; R. Lucchese, Alcune precisazioni sulla scuola romana (catal., galleria La Barcaccia), Roma 1964, pp. 5-ig; A. Boschetto, E. C. (catal., galleria La Gradiva), Firenze 1971; G. Petroni, E. C. (catal., galleria La Gradiva), Firenze 1971; F. Benzi, Tonalismo ed esoterismo nella pittura di E. C. (catal., galleria Arco Farnese), Roma 1984; F. Benzi-R. Lucchese, E. C., Roma 1984; F. D'Amico, in Roma 1934 (catal.), Modena 1986, pp. 1565.