DE GREGORIO, Emanuele
Nacque il 18 dic. 1758 durante un viaggio per mare, da Napoli alla Spagna, intrapreso dai genitori al seguito di re Carlo di Borbone. Fu il terzogenito del messinese Leopoldo, marchese di Squillace dal 1755, favorito e principale ministro di Carlo, prima a Napoli e in seguito a Madrid; la madre era Maria Josepha Verdugo y Quijada, nobildonna di Barcellona, sposata da Leopoldo in seconde nozze. Correva voce, però, che il D. fosse un figlio naturale dello stesso re Carlo.
All'età di sette anni il D. fu mandato dal padre a studiare a Roma, presso il collegio Clementino retto dai padri somaschi e riservato ai nobili. Nel 1774 venne prescelto per pronunziare, nella cappella pontificia alla presenza di papa Clemente XIV, l'orazione latina per la festa della Ss. Trinità (De sacrosancta et individua Trinitate Oratio..., Romae 1774). Uscì dal collegio nel 1776, avendo già scelto e intrapreso la carriera ecclesiastica (non si conosce però la data della sua consacrazione sacerdotale). Pio VI lo nominò subito cameriere segreto soprannumerario, poi prelato domestico, infine abbreviatore del parco maggiore, carica cedutagli dal fratellastro Giovanni, che diverrà cardinale nel 1785. Nel 1780 il cardinale G. B. Rezzonico, arciprete della basilica lateranense, lo nominò suo vicario, e nel 1785 il papa lo promosse luogotenente civile del cardinale vicario: impiego, questo, che gli affidava particolari attribuzioni di sorveglianza politica e che ricoprì fino all'occupazione francese di Roma. Caduto, infatti, il potere temporale e deportato Pio VI a Siena, l'8 marzo 1798 il D. fu tra i cardinali e i prelati che vennero imprigionati nel convento delle Convertite in via del Corso. Ma già il giorno successivo, in seguito all'esborso di 4.000 scudi in cedole, veniva rimesso in libertà.
In questo periodo egli divenne involontario protagonista di una vicenda non ancora completamente chiarita. Secondo P. Baldassarri, che afferma di riferire quanto gli era stato raccontato dal D. stesso, questi sarebbe potuto uscire dalla prigione in seguito all'intervento di V. Cavazzuti, un avvocato modenese giunto a Roma al seguito dei Francesi. Questi informò il D., poco dopo la sua scarcerazione, di aver saputo dai generali francesi H. Vial e C. Dallemague che era intenzione del governo francese di costringere Pio VI a rinunziare al papato e di procedere poi all'elezione del nuovo "patriarca d'Occidente", da parte del clero inferiore e del popolo di Roma, secondo l'antica consuetudine della Chiesa. La persona prescelta come "nuovo papa di Roma" sarebbe stata appunto il D., in quanto particolarmente amato dal popolo romano e ben accetto agli stessi Francesi. Il piano sarebbe fallito perché il D., venutone a conoscenza anche da un'altra fonte, cioè dall'ex ambasciatore veneto a Roma, P. Pesaro, ottenne dal generale Vial un passaporto col pretesto di doversi recare a Venezia per questioni private, e fuggì a Siena, presso Pio VI, che venne informato di tutta la vicenda.
Il progetto, molto discusso dagli storici, secondo R. De Felice sarebbe stato animato, d'accordo con le autorità militari francesi e con l'ambasciata spagnola, dall'abate C. Della Valle, responsabile della politica ecclesiastica della Repubblica Romana fino all'aprile 1798, e andrebbe collegato al tentativo di riforma della Chiesa in senso evangelico-giacobino da lui avviato. V. E. Giuntella invece insiste sulla fantasiosità del progetto e sulla impossibilità che esso potesse tradursi in atto nella situazione romana.Fermatosi in Toscana, il D. divenne uno fra i più stretti collaboratori di Pio VI: contribuì infatti a convincere il pontefice ad accettare le dimissioni dei cardinali T. Antici e V. M. Altieri, ed ebbe un ruolo importante, insieme con l'abate Domenico Sala, nella preparazione della bolla Quum Nos (13 nov. 1798) con la quale il papa, tenuto conto delle particolari circostanze in cui si trovava la Chiesa, provvide ad emanare nuove disposizioni per il caso di sede vacante e a regolare le modalità di convocazione di un eventuale prossimo conclave. Il D. si adoperò, inoltre, per convincere il maggior numero di cardinali a trasferirsi, secondo il desiderio del papa, nell'ex Stato veneto, sotto la protezione imperiale, sempre in vista di una prossima elezione. Dopo la breve occupazione napoletana di Roma nel novembre-dicembre 1798, infine, venne incaricato da Pio VI di consegnare una lettera di ringraziamento a Ferdinando IV re di Napoli. Nell'ottobre del 1799 si trovava a Firenze, come facente veci del nunzio (G. A. Sala, Diario Romano, III, p. 129).
Il nuovo pontefice, Pio VII, eletto a Venezia il 14 marzo 1800, scelse subito il D. quale segretario della Congregazione deputata di Governo, composta dai cardinali legati a latere A. Roverella, G. F. Albani e G. M. Della Somaglia, che venne inviata a Roma per ristabilire l'antico governo e per assumere i poteri prima dell'arrivo del papa. Successivamente Pio VII lo nominò segretario della Congregazione del Concilio ed esaminatore dei vescovi. Verso la fine del 1801 al D. venne conferito il primo importante incarico politico: infatti nell'ottobre venne inviato nuovamente a Firenze, presso il nuovo re di Etruria, Lodovico I di Borbone Parma, in qualità di pronunzio, col compito di rafforzare la posizione e l'influenza della S. Sede in Toscana e, soprattutto, di cercare di ottenere la revoca della legislazione ecclesiastica leopoldina.
Con l'appoggio di O. Salvatico e di N. Viviani, ministri di Lodovico I, e sfruttando abilmente la debolezza del re e l'influenza esercitata su di lui dalla corte del padre Ferdinando e dal suo ex precettore, il predicatore e vescovo Adeodato Turchi, il D. riuscì ad imporre al sovrano, pur senza figurarne come l'autore, un progetto di editto in materia ecclesiastica, concordato segretamente con la corte paterna e con Roma. Venne così promulgato l'editto del 15 apr. 1802 che annullava la legislazione ecclesiastica emanata da Pietro Leopoldo e ristabiliva le antiche prerogative della S. Sede in Toscana; esso scatenò l'ira del plenipotenziario francese, generale Clarke, il quale ne denunciò subito al Talleyrand, quali principali responsabili, il D. e il vescovo Turchi. Il D. rappresentò dunque in Toscana l'elemento di punta di un tentativo romano di completa restaurazione del passato, talmente spinto da indurre il Consalvi a richiamare il nunzio a maggiore prudenza. Questi infatti, non solo si adoperò per la nomina di vescovi antigiansenisti e fedeli a Roma, ma non esitò a caldeggiare la restaurazione dei tribunali del S. Uffizio e della nunziatura. Si oppose inoltre, contro il parere del Consalvi, al rientro nello Stato papale dei patrioti romani rifugiatisi in Toscana.
Il 22 giugno 1802, probabilmente anche in seguito all'ostilità che si era venuta a creare intorno a lui e alle sue iniziative, ebbe termine la pronunziatura del D., che venne sostituito da mons. G. Morozzo. Tornato a Roma, riprese le antiche cariche che mantenne fino al 1809. In seguito alla seconda occupazione francese di Roma e alla deportazione di Pio VII, il D. successe per breve tempo al cardinale M. Di Pietro, anch'egli deportato in Francia, nella carica di delegato apostolico a Roma: ma già il 31 genn. 1810 fu costretto a partire alla volta di Parigi, ove giunse nella primavera dello stesso anno. Il 2 genn. 1811 venne imprigionato a Parigi come reo di trame contro lo Stato, e successivamente fu rinchiuso nella fortezza di Vincennes, insieme con i cardinali C. Opizzoni, G. Gabrielli, M. Di Pietro e con il barnabita F. Fontana. Venne liberato, insieme con gli altri, il 1° apr. 1814, dopo l'entrata a Parigi delle armate antinapoleoniche, ma dovette trattenersi ancora nella capitale francese, avendogli il papa conferito l'incarico di negoziare col nuovo governo la restituzione dei tesori e dei documenti vaticani trafugati a Roma dai Francesi. Conclusa con successo la sua missione, lasciò Parigi alla fine di maggio e, dopo una breve sosta presso la corte di Torino, presentò personalmente al papa il triregno e l'anello pescatorio da lui recuperati. Nel concistoro dell'8 marzo 1816 Pio VII lo creò cardinale attribuendogli il titolo presbiteriale dei Ss. Alessio e Bonifacio (29 aprile) e, il 23 settembre dello stesso anno, venne nominato da Ferdinando IV (I) re delle Due Sicilie archimandrita del monastero basiliano di S. Salvatore di Lingua presso Messina. Membro delle principali congregazioni cardinalizie, nel novembre del 1818 divenne prefetto della Congregazione della Immunità ecclesiastica e, nel maggio del 1820, prefetto di quella del Concilio; fu anche protettore del collegio di Trevi e dell'Ordine gerosolimitano.
Nel conclave del 2-28 sett. 1823 il D. ricoprì un ruolo importante: membro di prestigio del gruppo di cardinali anticonsalviani e conservatori, i cosiddetti "zelanti", che, in opposizione al gruppo dei "politici", capeggiati da Giuseppe Albani, sostenevano la candidatura dell'oltranzista Severoli, in seguito all'esclusiva posta dall'Austria nei confronti di quest'ultimo, operò per l'elezione dell'amico e "zelante" card. Della Genga.
Il D. fu subito annoverato fra i più stretti collaboratori di Leone XII entrando a far parte della ristretta Congregazione consultiva, composta solo da cardinali "zelanti", che venne istituita già il 29 settembre, al fine di consigliare il papa negli affari tanto politici quanto ecclesiastici e che si proponeva di limitare i poteri della segreteria di Stato e, soprattutto, di rovesciare la linea politica consalviana del precedente pontificato.
Nell'estate del 1824 entrò nella importante Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari, della quale rimase membro fino alla morte. Inoltre, successivamente al riordinamento degli studi universitari imposto da Leone XII nell'agosto del 1824, fu inviato a Bologna per curare l'applicazione della riforma in quella università, dove, attenendosi al clima di vigilanza e di rigorismo del nuovo, pontificato, si oppose all'ammissione di "ebrei, protestanti e scismatici" nell'ateneo. Mentre si trovava a Bologna, nel novembre 1824, il papa gli propose la nomina a legato, al posto del cardinale Spina, ma il D. rifiutò, intuendo probabilmente la manovra dei moderati di allontanarlo da Roma e di richiamarvi" invece lo Spina (Colapietra, La Chiesa, pp. 228-231). Partecipò, infine, alla congregazione cardinalizia che, nei primi mesi del 1828, fu riunita per deliberare sul processo intentato agli attentatori del card. Rivarola, legato a latere di Ravenna.
Nel conclave del 23 febbraio-31 marzo 1829 il D. sfiorò l'elezione. Appoggiato dalla corte di Torino (il rappresentante sardo a Roma, marchese M. Crosa di Vergagni lo definì "di moltissimo ingegno, attività negli affari e fermezza di carattere", benché di "severità troppo rigorosa": L. Caffo Alberti, p. 42) e ben visto anche dalla Francia e dal suo ambasciatore a Roma, Chateaubriand, egli era il candidato ufficiale dei cardinali "zelanti" e antiaustriaci, capeggiati da T. Bernetti, contro il partito dei "politici", filoaustriaci, ancora guidati da G. Albani. La candidatura del D. (che non era né un moderato, come lo definisce il Dardano, p. 25, né un "liberale" o un liberaleggiante, come affermano il De Felice, p. 233, e in parte anche, il Colapietra, in Critica storica, pp. 519 e ss., ma un vero "zelante", sia pure non oltranzista né filogesuita) sfumò per la scarsa coesione degli "zelanti" e perché non sufficientemente appoggiata dalla Francia. Venne quindi eletto F. S. Castiglioni (Pio VIII) che, il giorno stesso, cedette al D. la sua carica di penitenziere maggiore, e, nel concistoro del 18 maggio 1829, lo promosse cardinale vescovo di Frascati, pur consentendogli di mantenere il titolo di S. Alessio. La consacrazione vescovile l'aveva ricevuta il 31 marzo, per mano del card. G. M. Della Somaglia.
Anche nel conclave del 15 dic. 1830-2 febbr. 1831 il D. fu il candidato degli "zelanti", ancora una volta sostenuto dal Bernetti e vigorosamente osteggiato dall'Albani. Fallite le sue possibilità, egli contribuì all'elezione di M. Cappellari, che aveva appoggiato anche nel conclave precedente. Nel nuovo pontificato continuò a ricoprire un ruolo politico eminente: fu chiamato a far parte della Congregazione straordinaria, o di Stato, convocata da Gregorio XVI, all'inizio del suo pontificato, che doveva costituire una sorta di consiglio del papa per gli affari più importanti, e fu tra i più ascoltati collaboratori del pontefice che riconosceva anche a lui il merito della propria elezione. L'11 dic. 1834, lasciata la prefettura del concilio, fu nominato segretario ai Brevi e gran cancelliere dell'Ordine di S. Gregorio, e il 2 ott. 1837 vescovo di Porto, S. Ruffina e Civitavecchia. Sottodecano del Sacro Collegio, membro delle più importanti congregazioni, era anche protettore del monastero del Bambin Gesù di Roma e delle città di Bologna e Frascati. Socio di molte accademie, dal catalogo della sua biblioteca, posta in vendita nel 1840, risulta una raccolta di circa millecinquecento volumi, indicativa di svariati interessi (teologia, morale e storia sacra, ma anche medicina, storia naturale, geografia, agricoltura), e d'impronta settecentesca.
Morì a Roma il 7 nov. 1839 (6 novembre secondo il Barluzzi, p. 39).
Fonti e Bibl.: Nell'Arch. Segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Firenze 183, 184, 189A, 243, si conservano i dispacci e le cifre del D., in parte pubblicati da P. Finzi, Il Regno di Ludovico I d'Etruria in un carteggio diplomatico inedito, Roma 1911, pp. 60, 62 ss., 68 s., 71 s., 77 ss., e da G. Drei, Il Regno d'Etruria (1801-1807), Modena 1935; nello stesso Archivio, Spogli del card. E. De Gregorio, bb. 1-3, sono documenti relativi alle cariche ricoperte in Curia, soprattutto durante il cardinalato. Per la biografia si vedano: Saggio geneal. della casa De Gregorio, Roma 1828, p. 20; Diario di Roma, 1839, 89, p. 1; 90, p. 1; P.Baldassarri, Relazione delle avversità e patimenti del glorioso papa Pio VI …, in Continuaz. delle Mem. di relig., di morale e di letter., IV, Modena 1834, pp. 64, 71, 79, 86-96, 316-320, 352, 383 (2 ed., III, Modena 1842, pp. 102-113); G. Barluzzi, Elogio stor. del card. E. D., Roma 1840 (su cui si è modellato quasi testualmente, con alcune integrazioni e correzioni, G. Moroni, Diz. di erud. stor.-eccl., XXXIII, pp. 10-16); Catalogo della libreria già appartenuta all'em.o cardinale E. D. che si venderà ... il giorno ... 10 giugno 1840, Roma 1840; F. Petruccelli della Gattina, Histoire diplom. des conclaves, IV, Paris 1865, pp. 337, 339-342, 373-382, 395-408 e passim; P.Dardano, Diario dei conclavi del 1829 e del 1830-31, a cura di D. Silvagni, Firenze 1879, pp. 23 ss., 26 ss., 32-46, 50, 53, 56, 59, 66, 73, 74-81, 83-87, 89, 91; L. Boglino, La Sicilia e i suoi cardinali. Note storiche, Palermo 1884, p. 79; L. Caffo Alberti, La corte pontificia vista dal rappresentante sardo a Roma (1824-1836), in Rass. stor. del Risorg., XIX (1932), p. 42; U. G. Oxilia, Tre conclavi, ibid., XX (1933), pp. 565, 567, 571-74, 577 s.; P. Savio, Devozione di mons. A. Turchi alla S. Sede. Testo e DCLXXVII documenti sul giansenismo ital. ed estero, Roma 1938, pp. 194, 1003 ss.; E. Morelli, La politica estera di T. Bernetti segretario di Stato di Gregorio XVI, Roma 1953, pp. 17, 40, 172, 185, 223, 225, 234, 241, 250, 253, 258; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, Milano 1954, II, p. 86 (sub nomine De Gregori); V. E. Giuntella, Di un progetto di eleggere a Roma un antipapa durante l'esilio di Pio VI, in Rass. stor. del Risorg., XLII (1955), pp. 69, 71; Assemblee della Repubblica Romana (1798-1799), I, a cura di V. E. Giuntella, Bologna 1955, pp. LXXXIII s.; Stanislao da Campagnola, A. Turchi. Uomo, oratore, vescovo (1724-1803), Roma 1961, pp. 383-386, 388; R. Colapietra, Il diario Brunelli del conclave del 1823, in Archivio stor. ital., CXX (1962), pp. 77, 88, 93 s., 101, 104 s., 107 s., 111, 113, 115, 117, 120-131, 133, 136 s., 140 ss., 144; Id., Il diario Brunelli del conclave del 1829, in Critica stor., I (1962), pp. 519-522, 524-530, 532 ss., 536-541, 636-660 passim; Id., La Chiesa tra Lamennais e Metternich. Il pontificato di Leone XII, Brescia 1963, ad Indicem; R. De Felice, Italia giacobina, Napoli 1965, pp. 227 ss., 232 s., 236, 279 (vi si trova ristampato l'articolo dello stesso De Felice, L'evangelismo giacobino e l'abate Claudio Della Valle, già pubbl. in Riv. stor. ital., LXIX [1957]); D. Silvagni, La corte e la società romana nei secoli XVIII e XIX, Napoli 1967, II, p. 416; III, pp. 80, 166 s., 171 s., 176, 190 ss., 318 ss.; L. Pásztor, La Congregazione degli affari eccles. straordinari tra il 1814 e il 1850, in Arch. hist. pontificiae, VI (1968), pp. 206, 245, 248 s., 259, 261, 270 s., 278, 284; G. Pignatelli, Aspetti della propaganda cattolica a Roma da Pio VI a Leone XII, Roma 1974, pp. 243, 310; R. Aubert-J. Beckmann-R. Lill, Tra rivoluzione e restaurazione. 1775-1830, in Storia della Chiesa, a cura di H. Jedin, VIII, 1, Milano 1977, p. 110; Scritti di G. A. Sala, pubbl. sugli autografi da G. Cugnoni, Roma 1980, I, p. 50; III, p. 129 (sub nomine De Gregori); IV, 2, pp. 48, 50, 121; Enciclopedia cattolica, IV, col. 1332; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, VII, Patavii 1968, ad Indices.