GIARACÀ, Emanuele
Nacque a Siracusa il 22 ag. 1825 da Angelo e da Nunzia Chindemi. Il padre, capitano di marina, morì prematuramente lasciando la famiglia in condizioni finanziarie disastrate. Il giovane G. trovò però un punto di riferimento nello zio materno, Salvatore Chindemi (1808-74), che, oltre a comunicargli l'amore per le glorie e i monumenti antichi (e, probabilmente, a curarne gli studi, di cui non si ha notizia), lo coinvolse nell'attività politica dalla parte di quanti professavano principî liberali.
Nel 1837, durante l'epidemia di colera, a Siracusa scoppiò una rivolta antiborbonica, che fu soffocata nel sangue: punita con il declassamento, la città cessò di essere capoluogo. Questo cambiamento indusse il G. a trasferirsi a Noto, nuova sede del tribunale, per seguire un fratello, Salvatore, che era avvocato. A quest'epoca risalgono alcune composizioni - i sonetti A mia madre e Il giorno dei morti (1845) -, in cui i toni colmi di nostalgia per la casa natale si fondono con la mestizia per l'allontanamento da Siracusa, vissuto dal poeta come un esilio.
Il 1848 rappresentò per il G. un momento eroico. Durante l'insurrezione si esaltò nel vedere rinnovata nei concittadini l'antica fierezza. Partecipò con passione alle vicende politiche e il 6 genn. 1849 fu eletto segretario del Circolo patriottico, sorto a Siracusa per opera dello zio Chindemi. Intanto, su alcuni fogli politici pubblicava articoli e poesie che attestavano le sue posizioni moderate. Fallita la rivoluzione, perdette l'impiego che aveva nell'intendenza di Noto; i fratelli Salvatore e Saverio furono processati, mentre lo zio Chindemi, condannato a morte, si salvò con la fuga.
Per sopperire ai bisogni della famiglia, il G. aprì a Siracusa un istituto privato di educazione, che divenne presto rinomato. Dell'insegnamento si valse per diffondere i principî dell'indipendenza e della libertà nazionale: si formò così una generazione di giovani educati al sentimento della patria; uno dei suoi allievi, G.A. Costanzo, si segnalò come poeta, di gusto classico-romantico saturo di umori risorgimentali.
Nel 1860, conclusasi l'epoca delle cospirazioni, il G. fu nominato professore nel ginnasio siracusano e, convinto che anche nella nuova Italia le lettere potessero essere un mezzo di promozione civile e politica, rese vive con l'insegnamento le figure di Dante, Foscolo e Leopardi. Dopo qualche tempo ottenne la cattedra di letteratura italiana nel liceo Gargallo, di cui divenne preside nel 1877.
Il timore di censure e ritorsioni aveva interrotto l'attività di pubblicista del G., condannandolo a una "quiete sepolcrale" che aveva lasciato spazio soltanto alla scrittura, alla vita interiore e agli affetti di famiglia. Fu perciò solo nel 1861 che, giovandosi del nuovo clima politico, il G. poté dare alle stampe, a Siracusa, il volume Poesie, in cui la tensione patriottica, unita alla forza evocatrice della parola, si stempera nel lirismo. I versi, lodati per la nota civile ed educativa, furono diffusi da G.A. Costanzo, che nutrì sempre stima per il suo antico maestro. Ristampate a Napoli, nel 1862, con prefazione di A. Tari e l'aggiunta di alcuni canti inediti, le poesie ebbero una nuova edizione, accresciuta e intitolata Pochi versi, sempre a Napoli, nel 1874. Nella prefazione V. Imbriani, mentre esprimeva opinioni e sentimenti distanti dal poeta siracusano, riportava pure i giudizi di N. Tommaseo, che aveva definito i versi del G. "commendevoli per facilità non languida e per temperanza di sentimenti civili", e di L. Settembrini, che vi aveva trovato "argomenti nobili, poesia dell'anima, dire schietto, sentimenti generosi".
Nella avvertenza dell'edizione del 1862 il G. rivelava i sentimenti vagheggiati negli anni della reazione e mostrava la sua delusione nei confronti dell'Italia postunitaria. La corruzione del ceto politico, le spinte sovvertitrici del popolo, la diffusione di falsi valori, le intemperanze della gioventù lo inducevano ad augurarsi un'opera di moralizzazione, che riteneva dovesse precedere la stessa introduzione delle nuove istituzioni, e rafforzavano in lui il convincimento che una partecipazione consapevole alla vita pubblica fosse possibile soltanto col rafforzamento della famiglia.
Il moralismo piccolo borghese del G. si esprime anche nella Carmelina, un racconto di seduzioni e sventure appesantito da ridondanti sdolcinature. Nelle poesie patriottiche il G. riprende, con il suo stile classicheggiante (in cui risuona la nota sarcastica ispirata a G. Parini e a G. Giusti), il repertorio canonico di temi e di intonazioni risorgimentali. Affetto e sdegno permeano il componimento in versi sciolti Storia di un cieco, che ritrae la ferocia delle soldatesche borboniche. Il forte grido di indignazione contro il regime si ripete nel canto Le rovine di Siracusa (1850; ebbe anche una versione francese: Torino 1865), in cui si percepiscono risonanze quasi leopardiane, impreziosite da frequenti rinvii alla tradizione aulica. Nelle ottave Siracusa e Roma il motivo ispiratore è la speranza che l'unità della nazione porti alla rigenerazione degli Italiani.
Nel 1878 il poeta pubblicò a Siracusa la traduzione del libro XIV delle Guerre puniche di Silio Italico. La versione non incontrò i favori della critica per la scarsa aderenza al testo originale, dal G. piegato a una scoperta esaltazione dell'antica Siracusa.
Assistito dai figli Francesco, Severino, Luigi ed Enrico (che ereditarono dal padre l'amore per gli studi classici e letterari), il G. spirò nella sua casa di Ortigia il 5 genn. 1881.
Siracusa proclamò il lutto cittadino e il poeta M. Rapisardi, che lo aveva conosciuto, lo definì "artista gentile, candida figura di galantuomo, impareggiabile esempio di educatore e di padre" (p. 129).
Altri scritti sono: Cenno necrologico del dott. Giacomo Monterosso di Siracusa, morto il 27 febbr. 1855, Siracusa 1855; Armonie, a cura di F. Guardione, Roma 1884; Lo sgombro delle truppe borboniche da Siracusa nel 1860, a cura di F. Guardione, in Rassegna storica del Risorgimento, V (1918), pp. 156-170; Nuovi scritti, con l'aggiunta di due canti editi, a cura di F. Guardione, Palermo 1918.
Fonti e Bibl.: Necr. in: Il Bersagliere e Fanfulla, 9 genn. 1881; Riforma, 10 genn. 1881; Lega e L'Opinione, 11 genn. 1881; Ordine, 16 genn. 1881; Illustraz. popolare, 23 giugno 1889, p. 394; E. Di Natale, Alla memoria di E. G.: omaggio dei Siracusani, Siracusa 1881; E. De Benedictis, Siracusa sotto la mala signoria degli ultimi Borboni. Ricordi, Torino 1861, p. 89; S. Privitera, Storia di Siracusa antica e moderna, II, Napoli 1879, pp. 409, 437; A. De Gubernatis, Diz. biogr. degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, p. 503; F. Guardione, Scritti, Palermo 1883, pp. 95-163; Id., Poeti siciliani del sec. XIX, Palermo-Torino 1892, pp. LIX s., 100-110; G.A. Costanzo, Il meriggio, Roma 1910, p. 7; E. Arculeo, In memoria di G.A. Costanzo, Palermo 1913, pp. 34-37, 40, 154; F.G. Ippolito, Un poeta educatore. Luigi Giaracà (1872-1913), in Arch. stor. per la Sicilia orientale, X (1913), pp. 414, 421 s.; M. Rapisardi, Epistolario, a cura di A. Tomaselli, Catania 1922, p. 129; G.A. Costanzo, Antologia di poesie e prose scelte, a cura di M.F. Sciacca, I, L'Aquila 1933, pp. XIII, 1; Diz. del Risorgimento nazionale, III, sub voce.