EMATOLOGIA (dal gr. αἶμα "sangue" e λόγος "studio")
È quella branca delle scienze medico-biologiche che s'occupa dello studio del sangue e dei suoi organi formatori in condizioni normali e patologiche. L'ematologia si suddivide in morfologica e sierologica.
L'ematologia morfologica normale comprende lo studio embriologico e anatomico delle cellule ematiche circolanti nel sangue e presenti negli organi ematopoietici; quella patologica le modificazioni quantitative e qualitative delle cellule del sangue negli stati morbosi. L'ematologia sierologica studia i costituenti chimici del plasma e del siero e le proprietà di tali liquidi in condizioni normali e patologiche. Dati i rapporti fra i costituenti dei tessuti dell'organismo e il sangue, con facilità il sangue risente l'influenza di modificazioni funzionali e patologiche dell'organismo animale: nel siero infatti si documenta fra l'altro l'esistenza di reazioni difensive (v. immunità) verso la maggior parte delle malattie infettive, e nei costituenti cellulari modificazioni numeriche e qualitative talvolta assai spiccate e tali da costituire per sé stesse delle sindromi morbose. Nella parte morfologica dell'ematologia vengono studiati i diversi elementi figurati del sangue e cioè i globuli rossi (eritrociti), i globuli bianchi (leucociti) e le piastrine. Nella branca sierologica i costituenti della parte liquida del sangue: albumine, globuline, grassi, lipoidi, sali ecc. e le proprietà del siero che in condizioni patologiche dimostra spiccatissime azioni antitossiche e antibatteriche. Da questo punto di vista anche tutti gli studî che si riferiscono all'immunità rientrano nel campo dell'ematologia.
Nel sangue si possono riscontrare in condizioni morbose i germi più disparati, molti dei quali sono facilmente dimostrabili con l'emocoltura; prendono il nome di setticemiche le malattie dov'è possibile documentare per un certo tempo e in una certa quantità microorganismi nel sangue periferico. Oltre ai batterî si trovano nel sangue Protozoi: ricordiamo, fra i principali, i parassiti della malaria e quelli del kala-azar, della malattia del sonno, delle spirochetosi, fra i più importanti la spirocheta della lue.
Per i caratteri morfologici delle cellule ematiche (eritrociti, leucociti, piastrine) e i loro rapporti con gli organi formatori del sangue (midollo osseo, ghiandole linfatiche e milza) v. sangue.
Ematologia forense.
È lo studio, a scopo medico-legale, del sangue, delle sue particolari qualità e della sua provenienza. Per lo più si tratta d'indagare su tracce (macchie) trovate sul luogo d'un reato, o su armi, indumenti o altri oggetti in sequestro giudiziale; e quest'indagine può esigere ricerche parallele di confronto fra sangue tratto dal vivente o dal cadavere. Altre volte si tratta d' indagini praticate direttamente su campioni di sangue pralevati al fine di diagnosticare, con mezzi di natura medico-ematologica (non chimici), determinati avvelenamenti, oppure, estendendo le ricerche ad aggregati familiari, le relazioni di filiazione (v. paternità).
In un buon numero di casi non sussiste alcun dubbio che si tratti di tracce realmente sanguigne, e anche il quesito giudiziario sulla loro più esatta natura e provenienza passa in seconda linea. Questi rilievi, talvolta di grande interesse, rientrano più nell'ambito della polizia giudiziaria che in quello dell'ematologia forense.
Occorre rilevare la disposizione, la forma, l'abbondanza delle tracce sanguigne, corredando l'esame con fotografie.
Spesso viene richiesto a quale tempo risalga una macchia di sangue: quesito che si può risolvere solo approssimativamente in base alle variazioni progressive di colore e di solubilità che il sangue subisce invecchiando. Sono state costruite tavole cromatiche di riferimento approssimativo (L. Tomellini) che facilitano il giudizio. Molte volte gli oggetti o gl'indumenti macchiati sono stati lavati e la distribuzione delle tracce sanguigne non appare più; talora si può metterle in evidenza sulla biancheria, mediante fotografia attraverso schermi colorati (fotografia dell'invisibile, R. A. Reiss). Praticata l'indagine poliziesca, tutti gli oggetti sui quali s'accerti o si sospetti la presenza di sangue, vengono, ove ne sia il caso, sottoposti a indagini di laboratorio, le quali debbono tener presente che appunto mediante la lavatura possono essere state asportate le tracce più appariscenti; sicché sarà opportuno cercare il sangue negli abiti disfacendo le cuciture, e così pure nelle scarpe; gli strumenti (coltelli) dovranno essere smontati per esplorare attentamente gl'interstizî. Sugli imputati stessi conviene talvolta cercare nel sudiciume del letto ungueale.
L'esame ematologico-forense propriamente detto, cioè quello medico-biologico delle tracce, si propone successivamente svariati scopi; innanzi tutto occorre stabilire che una determinata traccia è costituita da sangue (diagnosi generica del sangue), in seguito (visto che le possibilità d'insudiciamento innocente da parte di sangue animale sono notevoli e vengono spesso allegate dagl'imputati) occorre stabilire da quale specie animale proviene il sangue riconosciuto e in particolare se sia sangue umano (diagnosi specifica). Se si tratta di sangue umano, si può domandare da quale regione del corpo esso provenga (diagnosi regionale, utile specialmente per il riconoscimento del sangue mestruale), oppure da quale individuo (dalla vittima o dall'imputato stesso).
a) La diagnosi generica del sangue si fonda sul riconoscimento della presenza o dei costituenti morfologici tipici del sangue, cioè dei globuli rossi (poiché i globuli bianchi si possono trovare in molti altri liquidi organici, quali pus, secrezioni mucose, ecc.), oppure su quella del costituente chimico caratteristico, vale a dire del pigmento emoglobinico. Questo pigmento ferruginoso, con qualche variazione nella composizione chimica, è quello che conferisce il color rosso al sangue di moltissimi animali superiori e inferiori, e la sua sola presenza non dà alcun utile criterio d'appartenenza specifica. Attualmente i metodi per l'identificazione del pigmento sanguigno si sono tanto semplificati e affinati che, ai fini della diagnosi generica, la ricerca dei globuli rossi, in passato usitatissima, non è quasi più affatto necessaria. Essa conserva tuttavia qualche indicazione per la diagnosi specifica e si continua perciò a praticare in alcuni casi speciali. Ai metodi di ripristinazione della compagine morfologica dei globuli rossi compresi nel sangue secco sono preferibili quelli mediante i quali detti globuli vengono esaminati in strato sottilissimo per il che il loro aspetto e la loro struttura sono direttamente apprezzabili. Ciò è particolarmente opportuno quando il sangue si sia spontaneamente disteso in sottilissimo velo sopra oggetti levigati e non assorbenti quali vetri, porcellane, legni verniciati, metalli, ecc. In tal caso il sangue essendosi prontamente essiccato dà luogo a un vero e proprio striscio analogo a quello usato nell'ematologia clinica. Tale striscio può essere esaminato direttamente, col grande vantaggio di non alterare menomamente l'oggetto, col metodo della cosiddetta epimicroscopia (A. Florence), cioè illuminandolo con un dispositivo microscopico a luce incidente ("opaco-illuminatore"; fig. 1). Questo sistema è particolarmente utile per l'esame delle armi bianche ripulite meccanicamente dal sangue, ove con altri mezzi difficilmente si riesce a identificare le tracce residuali di sangue. Equivalente a questo metodo è quello della cosiddetta epitranscopia (A. De Dominicis), applicabile quando la macchia sia spessa e opaca, oppure si trovi su oggetti voluminosi non sottoponibili a un esame microscopico diretto. Per la epitranscopia si dispone sul punto sospetto una soluzione densa di celloidina sciolta in acetato d'amile, e si lascia perfettamente essiccare. Si forma una sottile pellicola che, distaccata, asporta con sé uno strato sottilissimo di globuli rossi; essa viene esaminata per trasparenza come una consueta sezione microscopica.
La ricerca del pigmento emoglobinico può realizzarsi con metodi molteplici di valore assai ineguale. Esistono le cosiddette prove preliminari o d'orientamento, le quali si fondano tutte sulla proprietà dell'emoglobina di decomporre l'acqua ossigenata (H2O2) o l'ozono (O3) dando luogo a liberazione d'ossigeno nascente (azione catalasica del sangue). Questo si può vedere direttamente svolgersi in piccole bollicine (prova di C. F. Schonbein), ma per lo più lo si rivela facendo la reazione in presenza di sostanze incolori, che si colorano vivamente mediante ossidazione. La più antica di queste reazioni è quella della tintura di guaiaco, il cui componente attivo incolore, l'acido guaiaconico, si trasforma in un derivato di colore azzurro sotto l'azione dell'ossigeno nascente che il sangue libera dall'essenza di trementina vecchia (la quale contiene ozono) oppure dall'acqua ossigenata (reazione di J. Van Deen). Questa reazione è stata poi modificata in molti modi per aumentarne la sensibilità, e renderla adatta all'esame di piccole tracce sanguigne. Le si sono aggiunte in seguito numerose altre reazioni fondate sulla formazione di sostanze a potere colorante più elevato: tra queste la benzidina acetica (reazione di O. e R. Adler: azzurra), l'aloina (reazione di O. Rossel: rossa), la leucobase del verde malachite (verde), la fenolftaleina alcalina (reazione di K. Meyer: rosa), l'eosina alcalina (reazione di D. Ganassini: aranciato) e varie altre. Alcune di queste reazioni sono in verità assai sensibili poiché riescono a rivelare una soluzione di sangue a 1:1.000.000. E hanno avuto una notevole applicazione nella medicina clinica per la rivelazione del sangue latente negli escreti (feci, urine, ecc.). Peraltro in medicina legale il loro valore è assai scarso; poiché, nonostante la loro sensibilità, esse non sono punto specifiche; in modo che la reazione può riuscire positiva in assenza di sangue, per la presenza di sali minerali, di ruggine, di sostanze vegetali varie ad azione fermentativa (perossidasi). Sicché nella pratica forense tali reazioni sono quasi del tutto abbandonate.
Le reazioni di certezza del sangue (alle quali si suole ricorrere senza altro nella pratica), sono principalmente di due sorta: quelle chimiche e quelle spettroscopiche. Nell'ambito forense s'ha sempre a che fare con quantità assai limitate di sangue e perciò si sono prescelte quelle reazioni dell'emoglobina e quelle modalità d'esecuzione che consentano l'identificazione di siffatte minime tracce, preferendo sempre le microreazioni.
L'identificazione chimica si raggiunge con la preparazione di certi derivati dell'emoglobina, facilmente cristallizzabili in forme d'agevole riconoscimento; i cristalli s'ottengono in preparato microscopico, appunto per poterli identificare al microscopio anche in quantità minima. La reazione principale, ormai classica, è quella dei cristalli di cloridrato di ematina, o emina, detti del Teichmann (fig. 2). Piccole tracce di sangue fresco o vecchio vengono scaldate tra copri- e porta oggetti con acido acetieo anidro fin verso la temperatura d'ebollizione di questi, in presenza di qualche cristallino di cloruro di sodio. Precipita l'emina sotto forma di tavolette rombiche di colore marrone più o meno scuro, con angoli di 60° e 120°, pleocromiche alla luce polarizzata, spesso disposte a croce o a rosette. Talvolta gli angoli sono arrotondati fino alla forma lenticolare. Anziché il cloridrato d'ematina si può preparare il bromidrato o lo iodidrato, sostituendo al cloruro di sodio il bromuro, l'ioduro; oppure anche aggiungendo acido iodidrico all'acetico (V. Stryzowski). La comparsa di questi cristalli accerta la presenza di sangue; la loro assenza non è dimostrativa della mancanza di sangue perché la precipitazione può talora avvenire amorfa, per effetto di sostanze eterogenee, tra queste l'acqua (l'acido acetico deve essere difatti anidro), la ruggine (il che rende la ricerca difficile sulle armi), il sapone, la potassa, ecc. Anche la putrefazione avanzata, l'eccessivo riscaldamento del sangue inibiscono la reazione. Un altro dei derivati emoglobinici, l'emocromogeno (v. emoglobina) è facilmente cristallizzabile e si presta pertanto all'identificazione del sangue. Specialmente coi metodi di preparazione che includono l'uso della piridina s'ottengono cristalli accertabili microscopicamente. Tali cristalli non hanno una forma definita, ma sono ciò nonostante dimostrativi del pigmento sanguigno, peraltro, come per l'emina, essi possono mancare pure in sua presenza, per ragioni non sempre precisabili. Comunque, la preparazione dell'emocromogeno ha un gran pregio su quella dell'emina, in quanto permette la dimostrazione del sangue, anche se la cristallizzazione non riesce, mediante l'indagine spettroscopica.
Il metodo spettroscopico è difatti quello che ha preso il sopravvento su tutti gli altri per la diagnosi generica del sangue in ematologia forense; ciò grazie alla sua semplicità, sicurezza ed estrema sensibilità, che supera di gran lunga quella di tutti gli altri metodi. Si ritiene che una quantità di sangue pari a una dozzina di globuli rossi (macchia sulla punta di un agol) si possa agevolmente riconoscere. Le proprietà spettroscopiche dell'emoglobina e dei suoi derivati sono trattate sotto la voce emoglobina. Importa qui ricordarne quanto interessa l'ematologia forense. Gli spettri dell'ossiemoglobina e dell'emoglobina ridotta, per ottenere i quali occorre che il sangue sia solubile nell'acqua, non hanno in genere interesse per le ricerche medico-legali in cui ordinariamente abbiamo sangue secco già più o meno trasformato in ematina. Per questo sangue secco è sempre più conveniente la procedura microscopica (v. appresso). La procedura macroscopica (uso di spettroscopî comuni, o a visione diretta e di vaschetta a facce piane-parallele per le soluzioni) più che per l'identificazione del sangue, è utilizzata in medicina forense per il riconoscimento di certe alterazioni d'origine tossica del sangue stesso e principalmente la presenza di carbossiemoglobina (avvelenamento per ossido di carbonio) e di metaemoglobina (avvelenamenti per nitriti, nitrobenzolo, clorati, anilina, ecc.), che dànno spettri caratteristici. L'identificazione forense delle tracce di sangue s'ottiene nel modo più rapido e sicuro, e col maggior risparmio di materiale con il cosiddetto microspettroscopio od oculare spettroscopico, che è strumento prettamente medico-legale (fig. 3). Si tratta d'un oculare da microscopio, nel quale è allogato un prisma d'Amici a visione diretta e una fessura spettroscopica regolabile, entro alla quale s'osserva l'immagine d'un preparato microscopico fornita da un obiettivo (che può essere anche a forte ingrandimento). Il fascetto di luce che traversa il punto contenente la traccia sanguigna è analizzato dallo spettroscopio in modo da riconoscere le bande d'assorbimento caratteristiche. Lo strumento comprende pure uno spettro di paragone e una scala per le lunghezze d'onda. In regola generale la traccia sanguigna compresa nel preparato viene trasformata in emocromogeno (mediante potassa, o meglio piridina e un riduttore quale solfuro ammonico, idrazina, ecc.) perché questo derivato fornisce lo spettro di maggiore chiarezza e sensibilità. L'esito positivo, che è pressoché costante, è assolutamente dimostrativo. Solo quando il sangue sia stato iperriscaldato e parzialmente carbonizzato può non riuscire; e in tal caso si ricorre alla preparazione dell'ematoporfirina acida, mediante trattamento della traccia con acido solforico concentrato caldo. Lo spettro che così s'ottiene, per quanto caratteristico, è notevolmente meno sensibile. È stata utilizzata pure la spettrografia (fotografia spettrale) nella regione dell'ultravioletto (E. Ziemke) ove soluzioni assai diluite di derivati emoglobinici dànno ancora bande d'assorbimento caratteristiche.
b) La diagnosi di provenienza specifica del sangue può, nelle linee generali, ottenersi con l'esame microscopico, il quale può dare indicazioni circa la forma e la struttura (globuli rotondi e ovali, anucleati o nucleati), in modo da distinguere i Mammiferi (i primi) dagli altri Vertebrati, e fra ognuno di questi, l'una dall'altra, certe specie a dimensioni globulari diversissime (fig. 4). Ma la via generalmente seguita dalla diagnosi specifica è quella delle reazioni biologiche. La principale fra esse è la sieroprecipitazione, introdotta da P. Uhlenhuth in ematologia forense (1900). Mediante iniezioni ripetute nel coniglio (o nel pollo) di sangue (o siero) d'una determinata specie s'ottiene dal coniglio stesso un siero immune, o antisiero contenente degli anticorpi capaci di legarsi specificamente con l'albumina (o antigene) della stessa specie di quella iniettata. Il prodotto della reazione (praticata con determinate modalità) è insolubile, e dà luogo a una precipitazione fioccosa, o a un intorbidamento del liquido. Questa sieroprecipitazione è specifica nel senso che essa si verifica solo quando l'antisiero corrisponde all'antigene. A vero dire questa specificità non è assoluta, ma relativa. Si distingue una reazione di parentela che riesce positiva allorquando l'antisiero si fa reagire con un antigene di specie parente a quella che ha servito per la preparazione, p. es., siero antiuomo con sangue di scimmia antropoide, siero antimontone con sangue di capra, siero anticoniglio con sangue di lepre, ecc., o viceversa. Questa comunanza, per lo meno qualitativa, di sieroprecipitazione è indice appunto della parentela zoologica, e a tale titolo è stata utilizzata dai naturalisti. La reazione di parentela s'è spesso potuta eliminare adoperando una delle specie parenti quale fornitrice dell'antisiero (immunizzazione crociata). Così il siero antilepre di coniglio non dà la reazione col coniglio stesso, mentre la dà il siero antilepre di pollo. V'è poi la reazione eterologa la quale dà esito positivo anche con specie lontane da quelle che servirono per la preparazione dell'antisiero; ma essa ha luogo solo in determinate condizioni quantitative e cioè quando la soluzione da saggiare ha concentrazione troppo elevata. Occorre per evitarla sicuramente che la diluizione raggiunga almeno l'1: 1000.
In pratica si prepara dunque una soluzione dall'1: 1000 (valendosi della schiumosità, del colore, del contenuto in albumina) della traccia sospetta, ove la diagnosi generica di sangue sarà già stata eseguita; questa soluzione (resa perfettamente limpida per filtrazione o centrifugazione) viene trattata con l'antisiero conveniente (per lo più antiumano) in tubetti o in capillari (reazione di Hauser) osservando dopo qualche tempo (fino a ½ ora) se si forma intorbidamento. La reazione si fa mescolando i due liquidi, o meglio sovrapponendoli cautamente (reazione zonale) nel qual caso l'intorbidamento appare come un sottilissimo disco d'opacità nel limite fra i due liquidi. È da tenersi presente che essa non identifica il sangue come tale, sibbene come proteina generica. L'identificazione vera e propria del sangue umano mediante la reazione di sieroprecipitazione s'è raggiunta con l'uso delle cosiddette eritroprecipitine; cioè di sieri preparati non con l'iniezione di sangue intero, ma di globuli rossi e reagenti soltanto su questi (D. Mirto). La reazione deve essere eseguita con tutti i debiti controlli e ha grande valore nella maggior parte dei casi medico-legali di ricerche nelle tracce sanguigne. In certe circostanze nessuna reazione precipitante può essere praticata; quando, p. es., il sangue è diventato insolubile per età o per eccessivo riscaldamento. In tali casi il legame specifico, che ancora può aver luogo, tra anticorpo e antigene si rivela, anziché con la precipitazione, mediante la reazione di deviazione del complemento (Bordet-Gengou). L'antigene (della traccia sospetta) unito all'anticorpo omologo diventa capace di fissare il complemento e questa fissazione specifica si mette in evidenza in quanto il complemento viene a mancare in un sistema emolitico (siero antimontone-emazie di montone) aggiunto quale reattivo, ove dunque l'emolisi non avrà luogo. In ematologia forense è stata pure usata ai fini della diagnosi specifica per il sangue insolubilizzato la reazione d'anafilassi (v.); usando quale iniezione preparante o sensibilizzante (nella cavia) una sospensione della traccia sanguigna ignota e quale iniezione scatenante il siero di quella specie animale da cui si sospetta provenga la traccia stessa. Questo metodo richiede numerosi animali e lunga preparazione, sicché è stato molto scarsamente usato nella pratica.
c) Diagnosi regionale. - Occorre spesso riconoscere se una macchia di sangue umano sia o no mestruale; essendo questa una giustificazione abbastanza frequentemente allegata. La distinzione si fa identificando nella traccia, accanto agli elementi del sangue, altri elementi provenienti dalla mucosa genitale (decidua mestruale, cellule vaginali). L'identificazione non è decisiva in base al semplice aspetto morfologico, ma per un particolare carattere biochimico di questi elementi durante il periodo mestruale. Essi appaiono carichi di zolle di glicogene. Trattando quindi la traccia sanguigna opportunamente macerata o decolorata con soluzione iodoiodurata si mettono in evidenza gli elementi glicogenici (reazione del Wiegmann).
d) Diagnosi individuale. - In numerosi casi non è contestato che una traccia di sangue sia umana; occorre invece riconoscere da quale fra parecchi individui essa provenga (p. es. sangue trovato sugl'indumenti d'un imputato, sospetto essere della vittima e attribuito invece a epistassi), sangue trovato sul luogo del reato di cui si cerca di riconoscere la provenienza da uno fra varî imputati, ecc. Il riconoscimento si riesce a ottenere mediante determinazione nelle tracce di sangue umano del cosiddetto gruppo sanguigno, introdotta in ematologia forense da L. Lattes (1915). Il sangue dei diversi uomini non è identico, ma differisce fisiologicamente per la presenza o l'assenza di certi antigeni e di certi anticorpi i quali dànno luogo alle cosiddette isoreazioni. K. Landsteiner (1900) ha riconosciuto che tutti gli uomini si suddividono in gruppi sanguigni. Questi sono quattro, secondo che ci siano o no nelle emazie due antigeni denominati A e B; e nel plasma due anticorpi rispettivi denominati anti-A (α) e anti-B (β); verificandosi la regola che nel plasma esistono quegli anticorpi che sono incapaci d'agire sulle emazie dello stesso sangue.
I quattro gruppi si schematizzano dunque nel modo seguente: 1. mancanza d'antigene nell'emazie, presenza dei due anticorpi α e β nel plasma (Oαβ); 2. presenza di A nelle emazie, di β nel plasma (Aβ); 3. presenza di B nelle emazie, di α nel plasma (Bα); 4. presenza di A e di B nelle emazie; mancanza di iso-anticorpi nel plasma (fig. 5).
L'azione dell'anticorpo del plasma (o del siero) si manifesta con l'agglutinazione (ammassamento in zolle; fig. 6) dell'emazie sensibili, e anche con la loro emolisi. Ordinariamente si pratica la reazione d'agglutinazione, per cui si parla anche di "gruppi d'isoagglutinazione", e di isoagglutinine. Le emazie sono agglutinate da queste ultime quando si trovino liberamente in sospensione nei liquidi fisiologici; ma anche se il sangue sia allo stato secco, oppure cotto, è capace d'assorbire specificamente le isoagglutinine d'un siero, il che si riconosce dal fatto che questo diventa inattivo sulle emazie fresche sensibili. La reazione è semplice da eseguire sul sangue tratto dal vivente o dal cadavere per confronto; poiché basta saggiare l'agglutinabilità delle emazie e il potere isoagglutinante del siero mediante campioni preventivamente noti. Nelle tracce sanguigne esistenti sui corpi di reato si possono cercare le isoagglutinine o preparando estratti del sangue secco, oppure facendo reagire frammenti d'esso in preparati microscopici su sospensioni di convenienti emaziecampioni, e verificando se ha luogo l'agglutinazione. Se la macchia è vecchia e insolubile si polverizza finemente e si fa digerire con sieri α e β, ricercando se essa è capace d'assorbire l'una o l'altra agglutinina. È bene del resto, per evitare errori, combinare in ogni caso i due metodi. Riconosciuto il gruppo sanguigno della macchia, occorre confrontarlo con quello degl'individui sospetti. Se i gruppi sono differenti, è raggiunta in modo sicuro la diagnosi negativa, cioè l'esclusione. Se i gruppi sono uguali, ciò non può valere che come indizio, ma non come prova che si tratti proprio di quell'individuo, in quanto potrebbe trattarsi di qualsiasi altro individuo appartenente al medesimo gruppo sanguigno. Tuttavia quando la provenienza della macchia di sangue non possa attribuirsi che a pochissime persone (per esempio vittima oppure imputato) la combinazione di un'opposizione e di una coincidenza del gruppo sanguigno porta a una conclusione peritalmente e giudiziariamente positiva. È teoricamente possibile distinguere individui appartenenti al medesimo gruppo sanguigno, mediante altre proprietà esistenti talora nelle emazie, che si possono mettere in evidenza con complesse procedure d'immunizzazione di conigli. Ma questa possibilità non è stata per ora applicata.
La dottrina dei gruppi sanguigni e il riconoscimento di questi nel vivente ha avuto altre importantissime applicazioni giudiziarie, dopo che s'è riconosciuto che detti gruppi sono ereditarî secondo norme mendeliche ben definite. Essi servono al riconoscimento, o per dir meglio, all'esclusione della paternità. Dal punto di vista puramente ematologico si tratta in questi casi di determinare il gruppo sanguigno nel figlio, nella madre, e nel presunto o contestato padre; mediante i sieri campioni e le emazie campioni appartenenti ai gruppi A e B; premunendosi beninteso contro tutte le cause d'errore che tendono a oscurare la delicata reazione.
Rientrano nei compiti dell'ematologia forense le ricerche d'indole medico-biologica praticate sul sangue al fine di rivelare certi avvelenamenti. Fu già accennato sopra alle indagini spettroscopiche sulla carbossiemoglobina e la metaemoglobina e il loro valore tossicologico. Anche reperti della classica ematologia clinica-morfologica possono assumere notevole valore medico-legale; tra questi i quadri anemici da avvelenamento subacuto da toluilendiammina, pirogallolo, e cronico da ossido di carbonio; la presenza d'emazie punteggiate, cui spetta tanta importanza pratica quale segno caratteristico dell'intossicazione cronica da piombo.
Bibl.: O. Leers, Die forensische Blutuntersuchung, Berlino 1910; F. Dervieux e J. Leclercq, Le diagnostic des taches en médecine légale, Parigi 1912; Th. Lochte, Gerichtärztliche und Polizeiärztliche Technik, Wiesbaden 1914; A. v. Domarus, Methodik der Blutuntersuchung, Berlino 1921; R. Douris, Guide pratique pour l'analyse du sang, Parigi 1925; L. Lattes, L'individualité du sang, 3ª ed.Parigi 1929 (1ª ed. ital., Messina 1923).