Embolia
In medicina, il termine embolia (dal greco ἔμβολος, "ciò che si inserisce") è riferito all'improvvisa ostruzione di un vaso sanguigno determinata da sostanze di natura varia, dette appunto emboli, che, trasportate nel torrente circolatorio, possono impedire il normale flusso dell'irrorazione sanguigna, provocando alterazioni regressive (infarto) nei tessuti divenuti ischemici. L'embolo trasportato nella corrente sanguigna è un materiale insolubile, di natura solida, liquida o gassosa, che va a occludere vasi di calibro inferiore al suo proprio. Gli emboli solidi sono quelli più frequenti e sono spesso costituiti da materiale distaccato da un trombo o da placche ateromatose. Gli emboli liquidi sono formati in genere da gocce di grasso che, prelevate dai loro depositi naturali, sono trasportate in circolo. Tale fenomeno è provocato talvolta da alcune fratture ossee, specialmente quelle del femore e del bacino, che consentono il passaggio di particelle di grasso nella circolazione dell'osso, e da qui nella circolazione generale. Emboli gassosi si possono formare nella circolazione dei subacquei, che fanno uso di autorespiratori, o negli individui che lavorano nei cassoni impiegati nei lavori subacquei e contenenti aria compressa a 2 o più atmosfere. Se l'individuo viene riportato rapidamente da questa pressione alla pressione atmosferica, l'aria, e più propriamente l'azoto disciolto nel sangue o nei tessuti, si libera sotto forma di bollicine che occludono i vasi provocando gravi danni soprattutto alle strutture nervose (la quantità di gas che si discioglie in un liquido è direttamente proporzionale alla pressione del gas: legge di Henry; v. immersione subacquea). Un'altra evenienza che può portare alla formazione di emboli gassosi è rappresentata dalle lesioni delle vene giugulari, da cui può essere aspirata aria che può seguire il circolo venoso fino al polmone o, per galleggiamento, essere trasportata in alto fino a occludere vasi cerebrali. I movimenti e il destino degli emboli dipendono dalla direzione della corrente sanguigna che li trasporta. Gli emboli delle cavità destre del cuore e del sistema venoso raggiungono i rami dell'arteria polmonare. Dal sistema venoso essi possono poi essere veicolati in quello arterioso in presenza di un difetto cardiaco che permette la comunicazione tra le cavità destre e quelle sinistre del cuore (difetto interatriale). Gli emboli che partono dalle cavità sinistre del cuore e dalle arterie si arrestano invece nei tessuti periferici irrorati dai relativi rami arteriosi.
L'embolia polmonare rappresenta la più frequente e grave complicazione delle trombosi venose profonde degli arti inferiori, specialmente del polpaccio. Caratteristica dell'embolia polmonare è la facilità con cui tende a recidivare. La sintomatologia è variabile e incostante. Spesso si rileva difficoltà respiratoria (dispnea) con aumento della frequenza del respiro (tachipnea), polso che incrementa progressivamente la propria frequenza (tachicardia ingravescente), emissione di sangue con la tosse (emottisi) e dolore toracico. Per la diagnosi ci si avvale della radiografia del torace, peraltro spesso negativa, e della scintigrafia polmonare, più attendibile se eseguita precocemente. L'obiettivo della terapia è quello di mantenere in vita il paziente durante l'episodio acuto, di arrestare la propagazione del trombo nel polmone e nella sede di origine, di favorire la rimozione e la lisi del trombo, di prevenire le frequenti recidive. La terapia anticoagulante rappresenta uno dei cardini del trattamento, se intrapresa precocemente e protratta per almeno sei mesi mantenendo il tasso di protrombina intorno al 25%. Le tecniche chirurgiche di rimozione del trombo dal circolo polmonare attraverso sternotomia, che registrano una mortalità altissima, sono appannaggio dei casi di estrema gravità e possono risultare utili solo se instaurate entro pochi minuti dall'inizio dell'episodio embolico. La prevenzione dell'embolia polmonare recidivante prevede tutte quelle procedure adottate per la profilassi della trombosi venosa profonda, e cioè la compressione elastica degli arti inferiori, il drenaggio posturale (sollevamento degli arti inferiori), la compressione pneumatica sequenziale, l'impiego di antiaggreganti piastrinici e anticoagulanti orali. È inoltre importante evitare l'allettamento prolungato con una precoce mobilizzazione dei pazienti dopo interventi chirurgici. Le modalità d'intervento si basano su diverse tecniche di interruzione cavale completa o incompleta, mediante filtri che possono essere introdotti, con l'ausilio di procedure radiologiche, direttamente nella vena cava attraverso cateteri venosi.
Le embolie che originano dalle cavità sinistre del cuore e dalle arterie possono localizzarsi in qualsiasi distretto corporeo, colpendo particolarmente la circolazione cerebrale (infarto cerebrale), degli arti inferiori (ischemie periferiche) e dei visceri addominali (infarto mesenterico). Se viene colpito il distretto cerebrale può svilupparsi una sintomatologia variabile da un deficit cerebrale transitorio al grave quadro dell'ictus conclamato (v. ictus). Se sono gli arti inferiori a essere coinvolti, si possono rilevare dolore improvviso, pallore cutaneo, senso di freddo, impotenza funzionale dell'arto. La terapia antiaggregante piastrinica è quella principe delle embolie cerebrali, mentre al fine di evitare le recidive è necessario un attento studio della circolazione arteriosa, alla ricerca della sede di origine dell'embolo. La rimozione chirurgica di placche ateromatose delle pareti delle arterie carotidee (endoarteriectomia carotidea), o di trombi localizzati in corrispondenza di dilatazioni aneurismatiche (aneurismi dell'aorta addominale, aneurismi poplitei), rappresenta un importante mezzo di prevenzione.
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