EMBRIOLOGIA (fr. embryologie; sp. embriología; ingl. embryology; ted. Embryologie, Entwicklungsgeschichte)
È quel ramo delle scienze biologiche che studia il processo di sviluppo d'un organismo dall'uovo, cioè la formazione dell'embrione. L'embriologia ha potuto svilupparsi soltanto dopo la scoperta del microscopio e progredire col perfezionarsi della tecnica microscopica.
La storia dell'embriologia comincia col sec. XVIII: le antiche idee intorno all'eredità non possono direttamente connettersi con l'evoluzione di questo importantissimo ramo delle scienze biologichei ma fin verso la metà del sec. XVIII ne rimase una traccia nelle dottrine preformistiche, secondo le quali la formazione dell'embrione dall'uovo era letteralmente un processo di evoluzione, cioè il rendersi a poco a poco patenti le varie parti che già erano "preformate" nell'uovo. La teoria della preformazione fu sostenuta secondo due diversi indirizzi: affermavano alcuni essere il corpo dell'individuo preformato nell'uovo, altri nello spermio; i primi furono detti ovisti, i secondi animalculisti (dall'appellativo di animalculi dato agli spermatozoi scoperti da A. v. Leeuwenhoek e dai suoi allievi). Queste due scuole rievocano in termini più precisi antiche opinioni di filosofi greci.
Furono ovisti convinti C. Bonnet, che spinse la teoria fino alle ultime conseguenze ammettendo l'emboîtement des germes, cioè che entro l'uovo fossero contenuti già pronti gli esseri delle successive generazioni, e L. Spallanzani, il quale credette di dimostrare l'esistenza dell'embrione di rana nell'uovo anche prima della fecondazione.
Alla teoria della preformazione si oppose quella della postformazione o epigenesi con la Theoria generationis pubblicata nel 1759 da G.F. Wolff, che ben si può dire l'iniziatore dell'embriologia moderna. L'embrione, secondo l'epigenesi, non è preformato, ma si va sviluppando attraverso una serie di processi successivi. Dapprincipio questa nuova teoria fu accolta con diffidenza, perché imperava ancora la filosofia naturale con le idee di L. Oken sostenute dal Rudolphi, e anche in Francia da E. Geoffroy-Saint-Hilaire e da A. Serres, secondo le quali l'evoluzione delle forme animali metterebbe capo all'uomo, e le forme inferiori rappresenterebbero stadî di arresto nel corso del processo evolutivo di un unico piano d'organizzazione.
K. E. Baer e il Cuvier si opposero vittoriosamente a queste assurde speculazioni ed ebbero il merito di mettere l'embriologia e l'anatomia comparata sulle solide basi dell'osservazione diretta dei fatti. Il Baer e Ch. H. Pander cui seguì una schiera di ottimi osservatori, fra cui spetta un posto d'onore all'italiano M. Rusconi, continuando sulla via indicata dal Woln, diedero nuovo impulso all'embriologia con la scoperta dei foglietti germinali (v. appresso), e della loro funzione nella formazione dei tessuti dell'embrione. Col perfezionarsi della tecnica microscopica e del microscopio stesso, e soprattutto con l'introduzione del metodo delle sezioni microtomiche in serie nello studio dello sviluppo embrionale, l'embriologia entrò in una nuova fase e si andò accrescendo il numero e la varietà degli animali di cui si rese noto lo sviluppo.
L'embriologia può opportunamente suddividersi in due parti: l'embriologia generale, che studia i primi momenti dello sviluppo, cioè i processi di segmentazione e di differenziamento dei tessuti, e l'organogenesi o sviluppo degli organi. In questo articolo si tratterà soltanto la prima parte; lo sviluppo dei varî organi dei Vertebrati sarà esaminato negli articoli che si riferiscono agli organi stessi. Particolari dell'embriologia delle varie classi di Vertebrati e d'Invertebrati si troveranno negli articoli dedicati alle medesime.
Cominceremo la descrizione del processo di sviluppo embrionale con quello d'un uovo di piccole dimensioni, di forma sferica e di composizione perfettamente omogenea - senza o con scarsissima quantità di materiali nutritivi o deutoplasma (v. uovo) - quale, presso a poco, quello d'un riccio di mare (fig.1) o quello dell'Anfiosso. Nei processi detti di maturazione dell'uovo, vengono emessi per successive divisioni ineguali dall'uovo i due corpuscoli polari o polociti i quali si separano dall'uovo in un punto che viene considerato come un polo di esso, e propriamente come polo animale, perché da questo punto comincia per lo più il processo di segmentazione. Il polo opposto si dice polo vegetativo: dal primo s'inizia l'attività formatrice o propriamente animale, mentre dalla parte opposta si accumula, più o meno abbondante, in molti casi, il materiale nutritivo con funzione puramente vegetativa.
Lo sviluppo dell'embrione s'inizia con il processo di segmentazione dell'uovo. La segmentazione fu descritta per la prima volta da J. L. Prévost e J.-B. Dumas nel 1824 sull'uovo della rana ed era già stata intravveduta da J. Swammerdam e da L. Spallanzani (1786). Vennero poi M. Rusconi (1826) e molti altri che nel corso del secolo illustrarono il processo nelle uova degli Anfibî, dei Pesci e di molti altri animali vertebrati e invertebrati. Il nucleo dell'uovo, nel caso delle uova partenogenetiche (v. partenogenesi), o quello formato dall'unione del pronucleo femminile con il pronucleo maschile introdotto con lo spermatozoo, quando allo sviluppo dell'uovo precede la fecondazione, si divide per divisione mitotica (v. cellula), formando il 1° fuso di segmentazione il cui asse è perpendicolare all'asse dell'uovo, cioè alla retta che unisce un polo all'altro e posto nel piano equatoriale. Mentre va compiendosi la diacinesi e si avvia il processo di ricostituzione dei due nuclei figli, si manifesta alla superficie dell'uovo un solco che comincia al polo animale e va estendendosi secondo un piano meridionale, fino a raggiungere il polo opposto, e al tempo stesso approfondandosi; cosicché finalmente divide la massa dell'uovo in due metà, o in due emisferi; ciascuna metà contiene nel suo interno uno dei nuclei figli e tende ad assumere la forma sferica. In ciascuna metà il nucleo si avvia a una nuova divisione mitotica, e il fuso nucleare si dispone nello stesso piano, con l'asse perpendicolare a quello del 1° fuso di segmentazione. Al processo di divisione nucleare segue la formazione d'un secondo solco, anch'esso meridionale, perpendicolare al primo. Ciascuna delle due metà separate dal primo solco ne vien divisa in due; cosicché si formano quattro parti, che tendono ad assumere la forma sferica. A questi prodotti della divisione, o segmentazione dell'uovo, si dà il nome di blastomeri. Ogni blastomero, come già l'uovo prima della segmentazione, ha il valore di una cellula. Al secondo solco segue un terzo, previa mitosi dei quattro nuclei i cui fusi si orientano ora in un piano parallelo all'asse dell'uovo sicché il terzo solco di segmentazione passa per il piano equatoriale e suddivide ciascuno dei quattro blastomeri in due. Si ha così lo stadio di otto cellule. Siccome i blastomeri tendono sempre ad assumere la forma sferica, rimane al centro di figura dell'uovo uno spazio che si dice cavità di segmentazione o blastocele. Succedendosi simili processi di divisione, dallo stadio di otto si passa a quello di sedici, da questo a quello di trentadue cellule, e la cavità di segmentazione va naturalmente allargandosi, mentre il volume dei singoli blastomeri va diminuendo a misura che il loro numero aumenta. I solchi successivi al terzo non sempre avvengono con la stessa regolarità e precisa orientazione dei primi tre; ma il risultato finale è la formazione d'un corpo di forma sferica presso a poco dello stesso volume dell'uovo all'inizio della segmentazione, costituito da un certo numero (pari, se le successive divisioni si compiono sempre contemporaneamente) di blastomeri equidiametrici, tangenti fra loro a due a due, in mezzo ai quali vi è una cavità di segmentazione, tanto più ampia quanto maggiore è il numero delle cellule che la circondano. Questa cavità centrale va di solito anche dilatandosi per l'accumularsi in essa di una certa quantità di liquido che vi versano le cellule, e questo liquido, esercitando pressione sulla faccia interna di queste, tende ad appianarla. Così pure ciascun blastomero, costretto fra i blastomeri adiacenti, tende ad assumere presso a poco la forma di un prisma esagonale, e dalla parte esterna, di una calotta sferica, che pur essa va appianandosi col procedere della segmentazione. Allo stadio in cui i blastomeri sono ancora presso a poco sferici e la cavità centrale angusta, si è dato il nome di morula perché l'aspetto dell'uovo segmentato ricorda allora un frutto di mora; quello successivo, con blastomeri prismatici e cavità di segmentazione (blastocele) più ampia, vien detto blastula, per l'aspetto che ha d'una vescichetta ben gonfia, la cui parete è fatta di blastomeri, cioè di un solo strato di cellule di aspetto epiteliale.
Segue un singolare fenomeno: una metà della blastula (e propriamente l'emisfero opposto a quello che corrisponde al polo dell'uovo da cui s'era iniziata la formazione dei due primi solchi) si va insaccando dentro l'altra metà. Ne nasce così una specie di coppa a doppia parete, che ha ricevuto il nome di gastrula, ossia piccolo stomaco (fig. 1 I-J).
La gastrula è così formata di due foglietti o epitelî embrionali: uno esterno, l'ectoderma (v.) e uno interno, l'endoderma (v.), detto anche intestino primitivo; e la cavità si apre all'esterno con la bocca primitiva o blastoporo. Agli orli del blastoporo, l'ectoderma si continua con l'endoderma; la cavità della blastula viene così ridotta dal processo d'invaginazione, fino a divenire in certi casi virtuale, per l'addossarsi dell'endoderma all'ectoderma.
Un processo di segmentazione e di gastrulazione presso a poco simile, s'incontra in alcuni casi, per es. nelle uova degli Echinodermi, delle Sagitte, e in quelle di Anfiosso (fig. 2). Quando l'uovo si segmenta a questo modo, la segmentazione si dice totale e eguale. Così avviene in generale nelle uova poco voluminose, con poca o nulla quantità di sostanze nutritive inerti, o deutoplasma (v. uovo). Un simile tipo di uovo perfettamente alecitico cioè privo di deutoplasma, e di costituzione omogenea in tutta la sua massa, si può dire che non esista in natura. C'è invece sempre una quantità più o meno grande di materiali di riserva accumulati nella cellula uovo, i quali si dispongono in modi diversi.
Se osserviamo un uovo di rospo o di rana (fig. 3) vediamo subito che esso ha un emisfero (o presso a poco) più oscuro (quasi nero nelle uova dei rospi) e uno chiaro, quasi bianco e in questo emislero chiaro si trova accumulata la massima parte del dentoplasma Ne consegue: 1. un'evidente polarità; 2. uno spostamento del nucleo dell'uovo verso il polo oscuro; 3. uno spostamento nel medesimo senso del terzo solco di segmentazione. Cosicché questo divide i quattro primi blastomeri in parti ineguali: quattro superiori più piccoli e quattro inferiori più grossi. Continuando il processo di segmentazione, i più piccoli blastomeri si moltiplicano più rapidamente; ne risulta una calotta verso il polo oscuro o polo animale, costituita di cellule più piccole (e più oscure) mentre le cellule dell'altra parte dell'uovo (polo chiaro e vegetativo), sono più grosse e chiare. Questo tipo di segmentazione si dice totale e ineguale e l'ineguaglianza fra i blastomeri dell'emisfero animale e quelli del vegetativo è tanto maggiore quanto più: abbondante è il materiale di riserva, il deutoplasma, che si accumula verso il polo vegetativo. La cavità di segmentazione di queste uova è naturalmente più o meno spostata verso il polo animale (fig. 4). I blastomeri più piccoli o micromeri, continuando a moltiplicarsi, vanno a poco a poco avvolgendo i più grossi o macromeri. Nell'uovo di rana questo fatto si vede molto bene, perché la parte bianchiccia dell'uovo va sempre più scomparendo sotto i micromeri oscuri che vi scivolano sopra. Rimane infine una piccola calotta bianca che spicca al polo vegetativo fra il nero del resto che la circonda come un anello, formandole intorno il cosiddetto blastoporo vitellino o ano del Rusconi, che finisce poi col chiudersi ricoprendo completamente i macromeri bianchi (figg. 5 e 6).
Anche in questo caso si compie un processo d'invaginazione o di gastrulazione che s'inizia in un punto del blastoporo che corrisponde alla futura faccia dorsale dell'embrione, detto labbro dorsale del blastoporo. Solo che, per l'asimmetrica posizione della cavità di segmentazione, anche la gastrula risulta asimmetrica, e la sua cavità, o intestino primitivo, è spostata anch'essa verso il polo animale. Si noti inoltre che le grosse cellule bianche, che daranno in parte origine all'epitelio intestinale, rimangono ricoperte dalle più piccole oscure, che costituiscono l'ectoderma; sicché il processo di formazione dell'endoderma è dovuto in minima parte a un'invaginazione, ma principalmente a una epibolia, cioè all'avvolgimento dei macromeri da parte dell'ectoderma (fig. 6).
Aumentando ancora la quantità di deutoplasma che si accumula verso un polo, la segmentazione diviene sempre più ineguale, e finisce col non invadere più tutta la massa dell'uovo, ma rimane limitata a una calotta più o meno estesa al polo animale, la quale forma alla superficie del resto dell'uovo stipato di vitello nutritivo uno strato di cellule, il cosiddetto blastoderma, che poi a poco a poco si va estendendo e avvolge il vitello nutritivo come in un sacco, il cosiddetto sacco vitellino. Simile tipo di segmentazione parziale o anche discoidale (perché nelle uova molto grosse il blastoderma in principio si vede come un disco più chiaro alla superficie del tuorlo), s'incontra nelle uova dei Pesci, dei Rettili, degli Uccelli e dei Monotremi fra i Mammiferi. L'uovo della gallina (fi. 7) è un ottimo esempin dì Vuesto caso e, per la facilità con cui si può ottenere e incubare, è stato spesso presLelto per lo studio dell'embriologia, e quindi da più tempo conosciuto nel suo sviluppo.
Un terzo tipo ci è dato dalle uova della massima parte degli Insetti e di altri Artropodi (fig. 8). Il vitello nutritivo si trova qui in quantità maggiore o minore uniformemente in tutta la massa; l'uovo non ha polarità. Il nucleo di segmentazione si trova al centro della massa dell'uovo, circondato da una certa quantità di protoplasma attivo. La segmentazione o, per meglio dire, la formazione dei blastomeri, comincia nel centro dell'uovo; poi questi blastomeri si allontanano l'uno dall'altro e, attraversando la massa del vitello nutritivo, vanno a disporsi alla superficie di questo formandovi un epitelio. Il vitello nutritivo rimane così chiuso in un sacco Questo tipo di segmentazione è stata detta centrolecitica o anche superficiale (riferendosi al risultato finale).
Quale che sia il tipo di segmentazione, si arriva per un graduale processo di differenziamento (v.) alla formazione di epitelî o foglietti embrionali, come quelli che caratterizzano la gastrula.
Delle uova il cui sviluppo fu dapprima studiato e poi riesaminato da più recenti osservatori, quelle dei Pesci cartilaginei, degli Uccelli e dei Mammiferi, presentano la formazione dei foglietti embrionali o germinativi molto evidente. A un certo stadio dello sviluppo embrionale, si distinguono: 1. un foglietto esterno, o ectoderma; 2. un foglietto interno o endoderma; 3. un tessuto intermedio o mesoderma formato da due foglietti, l'uno che si stende sotto l'ectoderma, l'altro al disopra dell'endoderma e fra i due è racchiusa la cavità del celoma. I tessuti definitivi, che formeranno poi i varî organi, derivano da questi epitelî embrionali (figg. 9 e 10).
L'ectoderma darà il materiale per la formazione: a) dell'epidermide con i suoi derivati; b) del tessuto nervoso; c) degli epitelî sensorî; d) dell'epitelio del tratto anteriore del tubo digerente e di quello del tratto posteriore. Dall'endoderma derivano l'epitelio dell'intestino medio e le ghiandole annesse, compresi gli epitelî del fegato e del pancreas. Dal mesoderma si formano: a) la massima parte del tessuto muscolare; b) i varî tessuti di sostanza unitiva (connettivi, tessuti cartilaginei e ossei); c) il sangue e gli endotelî vascolari e cardiaci; d) gli epitelî renali; e) gli epitelî genitali, da cui si originano le uova e le cellule seminali.
La formazione degli epitelî embrionali e la loro ulteriore destinazione nello sviluppo dell'embrione, hanno dato luogo a non poche discussioni fra gli embriologi e a quella che è stata detta teoria dei foglietti germinativi". Gli ultimi decennî del sec. XIX hanno visto nascere e fiorire questa teoria che cercò, attraverso non poche né lievi dispute sull'interpretazione dei processi embriologici, di ricondurre la formazione dei foglietti a un processo di gastrulazione che si voleva comune a tutti gli animali pluricellulari, i quali tutti avrebbero attraversato nella loro filogenesi una fase di gastrula (v. gastrea, Teoria della). L'embriologia comparata fece così grandi progressi, sia per il numero di animali dei diversi gruppi di cui si venne a conoscere lo sviluppo embrionale, sia per la più completa analisi delle varie fasi dello sviluppo, resa anche più facile e precisa dal perfezionarsi della tecnica. E, a misura che procedeva l'analisi dei processi, sorgevano nuovi problemi e, come sempre accade nella ricerca scientifica, con l'accrescersi delle conoscenze, crebbe il bisogno di saperne di più. E ben presto nuove vie furono aperte e la teoria dei foglietti germinativi, pur conservando il suo posto nei trattati d'embriologia e nella terminologia, andò perdendo il suo valore come schema universale dello sviluppo embrionale. Furono soprattutto e in primo luogo le ricerche sulla genealogia cellulare (v.) che contribuirono a spodestarla e a mettere sotto altra luce il processo della segmentazione dell'uovo e del successivo differenziamento degli organi. Le uova di alcuni Anellidi policheti (Nereis), prima, poi quelle di alcuni Gasteropodi, offrirono un materiale prezioso per tali ricerche. Sono uova trasparenti, di dimensioni da poter essere contenute nel campo del microscopio, ma abbastanza grandi per permettere di seguirne le successive divisioni; e il processo si compie con una rapidità che rende possibile di osservarlo completamente sullo stesso uovo.
Prenderemo come esempio lo sviluppo dell'uovo di Nereis (fig. 11) che fu descritto per la prima volta da E. B. Wilson nel 1892. I primi due solchi meridionali dividono l'uovo in quattro blastomeri presso a poco della stessa grandezza ma gli assi dei due primi fusi non sono proprio perpendicolari all'asse dell'uovo, formando con questo un angolo minore di 90°. Il terzo solco spostato verso il polo animale dà origine a quattro micromeri verso il polo animale e quattro macromeri verso quello vegetativo. Per identificare questi otto blastomeri e seguirne la sorte ulteriore, si sono chiamati a, b, c, d i micromeri, e A, B, C, D i macromeri orientando l'uovo in maniera che, guardandolo dal polo animale, il primo solco divida un blastomero AB a sinistra, dall'altro CD un poco più grande a destra; quando il secondo solco avrà diviso AB in A e B e CD in C e D i quattro blastomeri si seguiranno da sinistra a destra in ordine alfabetico, cominciando da quello dell'emisfero a sinistra più vicino all'osservatore. Separati col terzo solco i quattro micromeri, questi saranno analogamente indicati con le rispettive minuscole.
È da osservare che, anche nella divisione di ciascuno dei quattro primi blastomeri in due, per passare dallo stadio di quattro a quello di otto cellule, l'asse del fuso mitotico non si dispone parallelamente all'asse dell'uovo, ma inclinato di un certo angolo rispetto a questo; ne risulta che il micromero a quando si separa da A, non viene a trovarsi situato su questo, in maniera che la retta congiungente i rispettivi centri sia parallela all'asse dell'uovo, ma spostato un po' verso il B; così pure il micromero b rispetto al B e il c rispetto al C e il d rispetto al D; si è dato a questi quattro micromeri il nome di primo quartetto, che è dunque ruotato di un certo angolo rispetto ai corrispondenti macromeri nel senso degli indici di un orologio, cioè da sinistra a destra. Una seconda divisione ineguale dei quattro grossi blastomeri designati ora come iA, iB, 1C, iD, mentre i corrispondenti micromeri vengono indicati con ia, ib, ic, id, dà luogo a un secondo quartetto - 2a, 2b, 2c, 2d - ruotato questa volta a sinistra. Subito dopo, con processo simile, si forma il terzo quartetto - 3a, 3b, 3c, 3d - e viene così a separarsi in questi tre quartetti il materiale destinato in massima parte a dare origine all'ectoderma dell'embrione e ai suoi derivati. I macromeri corrispondenti, 3A, 3B, 3C, 3D, contengono ora quanto è necessario e sulficiente a formare l'endoderma e il mesoderma. Quest'ultimo deriva da una cellula risultante da un'ulteriore divisione di 3D: la M o iniziale del mesoderma. Intanto i micromeri vanno moltiplicandosi per successive divisioni, e a poco a poco ricoprono i macromeri costituendo una gastrula per epibolia. Al polo vegetativo rimane il blastoporo, che diverrà poi l'ano della larva. Dalla divisione della M si originano due cellule, dette anche teloblasti, che si dispongono da una parte e dall'altra del blastoporo, fra l'ectoderma, risultante, come s'è detto, dalla proliferazione dei micromeri, e le grosse cellule 4A, 4B, 4C, 4D, che daranno origine all'endoderma. Dai due teloblasti, per successive divisioni, si forma da ciascun lato una striscia di cellule, da cui si origineranno i segmenti mesodermici e la cavità del celoma, con i nefridî segmentali (v. anellidi). I micromeri derivati dai tre quartetti contribuiscono, ciascuno secondo un destino precisamente determinato, alla costruzione dei vari organi ectodermici della larva: sistema nervoso, corona di cellule ciliate che costituiranno il prototroco, ecc. Si possono dunque, con l'attenta ispezione del processo di segmentazione, ricondurre tutte le parti, che si vanno a poco a poco differenziando per costituire l'organismo, a determinate cellule capostipiti. Una così completa genealogia cellulare si è potuta fare soltanto per lo sviluppo di alcuni animali: Anellidi, Ctenofori, Policladi, Gasteropodi. E in tutti questi casi si è potuta constatare una perfetta concordanza nel valore prospettico o presuntivo delle singole prime cellule in cui l'uovo si divide.
Ma la grande maggioranza delle uova poco o nulla si presta a una così minuziosa analisi. Per lo più la forma e le dimensioni dell'uovo, il rapido susseguirsi delle divisioni cellulari, e quindi il gran numero di blastomeri da sorvegliare, la durata dei processi, tanto più lunga quanto più grosso è l'uovo, la difficoltà o, spesso, l'impossibilità di esaminare tutto l'uovo sotto al microscopio, l'opacità dell'uovo, ecc., rendono impossibile l'applicazione di questo metodo d'indagine. Ma è lecito ritenere che il processo di segmentazione consista in tutti i casi in una graduale separazione di determinati territorî organogenetici, già in potenza predeterminati; a convalidare una siffatta supposizione è venuta opportunamente l'embriologia sperimentale, di cui qui appresso si esporranno la storia, i metodi e i risultati conseguiti. Vediamo così ritornare, sotto altra forma, la preformazione dei primi embriologi, che sembrava definitivamente seppellita dall'epigenesi.
Bibl.: F. Balfour, Traité d'embryologie et d'organogénie comparées, Parigi 1883; E. Korschelt e K. Heider, Lehrbuch der vergleich. Entwicklungsgesch., Jena 1890-1910; O. Hertwig, Handbuch d. vergleich. u. experim. Entwicklung der Wirbelthiere, Jena 1906; E. W. MacBridge e G. Kerr, Text-book of Embryology, Londra 1914; A. Brachet, Traité d'embryologie des Vertébrés, Parigi 1921; C. Dawydoff, Traité d'embryologie comparée des Invertébrés, Parigi 1928.
Embriologia sperimentale.
È la moderna embriologia che, adottando come metodo di studio e di ricerca un metodo puramente fisiologico, cerca di scoprire con l'esperimento le cause del processo mediante il quale si originano le forme e in particolare gl'individui, astrazione fatta dalla pura descrizione dei processi di sviluppo.
Generalità sui fenomeni dello sviluppo. - Che un essere vivente riproduca una forma simile a sé è un fatto ben noto; non altrettanto chiara è invece la conoscenza della graduale trasformazione dell'uovo, nell'organismo da cui esso deriva. È quindi compito dell'embriologo di osservare e riflettere sulla meravigliosa serie di cambiamenti attraverso i quali l'uovo, apparentemente privo di struttura e di forme, giunge a costituire il nuovo organismo, che nei limiti della variabilità, è simile al genitore. Questa serie di cambiamenti subiti dall'uovo rappresentano il suo sviluppo che si può perciò definire come la "produzione della forma specifica". Da un particolare uovo si origina normalmente un individuo specifico purché non intervengano condizioni inconsuete a produrre anomalie di sviluppo e quindi mostruosità: così mentre l'uovo è la base del materiale formativo del futuro organismo, i processi di sviluppo rappresentano il "meccanismo dell'eredità" (v. eredità). Nel suo significato più ampio per sviluppo s'intende non soltanto la formazione di un individuo da una cellula fecondata o no, ma anche tutti i processi di gemmazione e rigenerazione. Sotto un aspetto più limitato lo studio dello sviluppo si occupa solo dei primi fra questi processi e, se trattato da un punto di vista causale, rientra nel campo di studî ormai noto col nome di embriologia sperimentale che, perciò, oggi si usa distinguere da una morfologia sperimentale. Durante la sviluppo di un organismo si possono stabilire differenti periodi: il primo, l'accrescimento corrispondente all'aumento di massa e di volume del germe (Davenport); un periodo successivo, il differenziamento o aumento delle strutture. La moltiplicazione cellulare, la distribuzione delle cellule intorno a certe cavità, l'ineguale accrescimento ento di complessi eellulari, le modificazioni delle loro strutture, rientrano in tali fenomeni. Questi processi sono sempre accompagnati, nei Metazoi, dalla divisione del nucleo e dell'ooplasma che sono conseguenti ad una capacità caratteristica degli esseri viventi, la divisibilità. La divisione cellulare si continua negli stadî successivi di sviluppo e per tutta la vita dell'organismo e s'inizia con la segmentazione dell'uovo che è il segnale visibile, ma non il primo, della sopraggiunta attività dell'uovo dopo la fecondazione.
L'accrescimento, fenomeno caratteristico dell'embrione e degli stadî giovanili e il cui valore diminuisce, in genere, con il progredire dello sviluppo, si compie in diverso grado nelle varie cellule e talvolta, per un gruppo di cellule coincide con un fenomeno di differenziamento. Esso dipende da assorbimento di acqua o assunzione di altre sostanze che mantengono il turgore delle pareti delle cavità embrionali e vengono ad aumentare direttamente il volume del protoplasma cellulare. La segmentazione dell'uovo separa nelle varie cellule (blastomeri) il materiale embrionale che è eterogeneo in quanto costituito almeno di due sostanze visibili. il protoplasma e il deutoplasma o vitello, il primo detto anche plasma formativo, l'altro, plasma nutritivo. Il processo di accrescimento invece aumenta la massa dell'embrione che va soggetto di pari passo ai fenomeni del differenziamento il quale si compie attraverso una serie di stadî, di forma definita, che si susseguono gli uni agli altri per raggiungere una sempre maggiore complessità.
Quando la segmentazione è al termine, talora anche durante la segmentazione, certi gruppi di cellule o territorî cellulari embrionali, più tardivamente i cosiddetti foglietti germinativi si vengono a separare e a differenziare nell'embrione. Ciascuno di questi territorî, ciò che è estensibile anche ad un foglietto, contiene i materiali per la formazione di un gruppo definitivo di organi, così ad es. l'endoderma, negli embrioni dei Vertebrati, ha in sé i materiali per costituire l'intestino e i suoi derivati. Ciò fece pensare ad alcuni autori che un foglietto germinativo si potesse considerare come un organo embrionale elementare, origine prima degli organi secondarî. Il differenziamento dei foglietti che, secondo queste vecchie teorie, dovrebbe rappresentare la prima fase delle localizzazioni germinali, oggi non si può considerare come tale, poiché tanto negl'Invertebrati quanto nei Vertebrati, si sono potute rintracciare, in stadî precocissimi dello sviluppo, sia cellule (v. sopra) a destino predeterminato (teloblasti delle Spugne, cellule ectoblastiche delle uova dei Gasteropodi, mesomeri delle uova degli Anellidi i due neuroblasti di Clepsine, ecc.) sia territorî cellulari o aree ooplasmatiche che, in base alle osservazioni di genealogia cellulare, o per i Vertebrati, agli esperimenti fatti con le colorazioni vitali o con trapianti embrionali o asportazioni, si debbono ritenere come i presunti abbozzi degli organi: così la piastra neutrale, la corda, il mesoderma nelle prime fasi dello sviluppo degli Anfibî.
La successione regolare, nelle varie fasi dello sviluppo di un organismo, dei principali processi quali l'accrescimento, il differenziamento precoce e tardivo, fu indicata da H. Driesch con il nome di "ritmo" dello sviluppo. L'embriologia è quindi la scienza dello sviluppo e come tale indaga la storia del passato dell'individuo.
Origini e storia dell'embriologia sperimentale. - Dai Greci ai nostri giorni l'embriologia si è venuta fempre più trasformando e individualizzando come scienza a sé. Ai tempi di Aristotele si conosceva appena qualche stadio di sviluppo dell'embrione di pollo ma erano ignoti tutti gli stadî precoci che sono microscopici; tuttavia negli scritti di Aristotele si rinvengono idee e speculazioni sulla natura e sull'essenza dei fenomeni dello sviluppo. Nel sec. XVII, con G. Fabrici d'Acquapendente, William Harvey e Marcello Malpighi, si ebbero le prime descrizioni dello sviluppo degli organismi che però fornirono elementi molto incompleti a paragone di quelli delle conoscenze attuali. Lo sviluppo, sotto l'influenza delle idee di Aristotele, fu ritenuto svolgersi per epigenesi (Harvey), cioè per graduale apparizione delle varie strutture dell'organismo presenti potenzialmente nell'uovo (v. epigenesi).
Il sec. XIX segna un grande passo nei progressi dell'embriologia con la scoperta dell'uovo e con il riconoscimento della vera natura dei fenomeni riproduttivi; non fu tuttavia bene inteso in questo periodo il valore delle cellule germinali nei fenomeni ereditarî. Per quanto la vera natura della fecondazione venisse studiata solo più tardi, le prime indagini esatte sullo sviluppo risalgono a questa epoca. In armonia con lo stato della tecnica microscopica di allora la prima fase delle ricerche embriologiche ebbe così metodi di ricerca assai diversi da quelli oggi in voga, e la scienza embriologica fu descrittiva. Le osservazioni anatomiche e morfologiche di embriologi (Reichert, Remak, Kolliker, Kovalevskij, Haeckel, ecc.), illustrarono lo sviluppo dei rappresentanti dei principali tipi animali e nacque così l'embriologia comparata.
K.E. von Baer nella prima metà del sec. XIX riconobbe la somiglianza fra gli stadî di sviluppo di organismi diversi e constatò, per primo, che mentre gli adulti differivano molto fra loro per caratteri morfologici e specifici, gli stadî embrionali corrispondenti potevano rassomigliare strettamente gli uni agli altri. E.H. Haeckel, sulle basi di tali osservazioni, espresse la sua "legge biogenetica fondamentale" asserendo che lo sviluppo dell'individuo ricapitola lo sviluppo della specie e ammise perciò che gli stadî di sviluppo d'un organismo rappresentassero gl'ipotetici stadî attraverso i quali era passata evolvendosi la specie (filogenesi).
Metodi di ricerca. - Il vecchio metodo delle ricerche embriologiche consisteva nell'osservare stadî successivi dello sviluppo d'un organismo descrivendone i cambiamenti e collegandoli fra loro. Tali cambiamenti visibili sono però preceduti da cambiamenti invisibili che il metodo descrittivo non poteva indicare, come quelli che si producono in seno alle cellule che da condizioni relativamente semplici e omogenee, passano con i fenomeni di differenziamento, a condizioni di sempre maggiore specializzazione. Lo studio comparativo dello sviluppo di differenti organismi ha tuttavia permesso di stabilire come i varî fenomeni si susseguano con gli stessi processi, fornendoci in pari tempo una quantità d'informazioni, come quelle che rendono possibile di fissare, in forme molto vicine, degli stadî comuni, difficilmente rintracciabili in forme più lontane. L'applicazione dell'embriologia comparata allo studio della storia della specie ha fatto supporre, come si è detto, che tutti i Metazoi abbiano avuto degli stadî di sviluppo pressoché simili e d'altro canto anche le classificazioni zoologiche hanno tratto vantaggi notevoli dalla conoscenza dello sviluppo dei tipi appartenenti ai più importanti gruppi animali. La fase moderna degli studî embriologici, più sperimentale che descrittiva, si basa su metodi ancora molto giovani, che non hanno più di quarant'anni di vita. L'uovo considerato come un "sistema di reazione" è adatto, come tale, a particolari condizioni esterne (luce, temperatura, pressione osmotica, composizione chimica dell'ambiente, ecc.), la cui alterazione muta fatalmente lo sviluppo normale: così nella ricerca delle cause e dei fattori dello sviluppo, si sono ottenuti risultati insperati e fondamentali variando, ad es., tali condizioni e indagando quel che succede. L'uovo fecondato è enormemente semplice, o per lo meno tale ci sembra rispetto all'organismo cui darà origine: d'altra parte uova dei più varî organismi si sviluppano nelle medesime condizioni producendo come risultato finale l'organismo specifico. Questo deve essere perciò determinato, oltre che dalle sopraddette condizioni, da fattori interni dipendenti dall'organizzazione dell'uovo: a questa facoltà che non siamo in grado di conoscere nelle cause, è associata quella capacità tipica dell'uovo che lo rende atto a estrinsecare le potenze necessarie per la formazione dell'organismo. Questi metodi preliminari hanno fatto conoscere, sebbene non completamente, le correlazioni tra i varî fattori dello sviluppo degli organismi e questi stessi, ma non hanno tuttavia reso possibile di determinare nulla di quel che riguarda le relazioni di causa fra uno stadio e il suo successivo. Solamente un'accurata analisi di questi fattori, sulla base di esperimemi adeguati, può farci conoscere queste relazioni causali e tale è il compito principale dell'embriologia sperimentale. Per i fattori esterni dello sviluppo, v. Sviluppo.
I pionieri dell'embriologia sperimentale. - Sebbene a esperimentare sull'uovo fossero stati primi fra gli altri Haeckel (1869) e Chun (1880), spetta un posto d'onore tra i pionieri di questa branca della biologia a Wilhelm Roux che basandosi sull'ormai celebre risultato sperimentale dello sviluppo di un mezzo embrione ottenuto con la distruzione di uno dei blastomeri dell'uovo di rana allo stadio di due cellule, formulò la "teoria del mosaico" da lui illustrata con successivi lavori apparsi dal 1883 al 1903. Nella sua teoria il Roux considerò lo sviluppo d'un organismo come il risultato di un processo di differenziamento spontaneo o autodifferenziamento delle singole parti determinate nell'uovo fecondato, ammettendo tuttavia una correlazione tardiva nello sviluppo di queste parti, le une agenti sulle altre. L'analisi del Roux, così concepita, ebbe per scopo quello di detemminare il tempo e il luogo secondo i quali si svolge il differenziamento di tali parti durante lo sviluppo del germe. Nell'uovo infatti si possono stabilire varî territorî che il processo di segmentazione separa nelle singole cellule e che dànno luogo alle varie strutture dell'embrione futuro, cosicché l'analisi del Roux si estese a determinare la distribuzione delle potenze nelle differenti parti dell'embrione. In complesso il Roux ritenne che i vari caratteri dell'organismo fossero presenti nel germe come in un mosaico e che molti di essi non fossero preesistenti, ma derivati da azioni che intercedono fra le varie parti dell'embrione, esclusi i fattori esterni i quali, secondo il Roux, non avrebbero valore nei fenomeni di differenziamento. Lo sviluppo sarebbe così nuovamente concepito per epigenesi in quanto i fattori, pochi, al principio, diverrebbero sempre più numerosi e complicati con lo svolgersi di tali processi.
Tre importanti scritti di E. Pflüger (in Arch. .f. gesamte Physiol., 1883-84) seguirono a quelli del Roux e in essi è dimostrato come l'uovo di rana è sostanzialmente isotropo, ogni sua parte, cioè, contrariamente a quanto era stato asserito dal Roux, è capace di dare origine a qualsiasi regione dell'embrione futuro. L'uovo raggiunge il proprio destino purché soggiaccia però continuatamente alle medesime condizioni esterne. Nel 1894 Hans Driesch nella sua Analytische Theorie der organischen Entwicklung (Lipsia 1894) emette delle vedute completamente opposte a quelle di Roux che suscitano una fioritura di nuove ricerche quali quelle di C. Herbst, O. Hertwig, E. Korschelt e K. Heider. L'ipotesi del Driesch si basa sulla somiglianza dei nuclei e sulla differenza del citoplasma nelle varie regioni dell'uovo; nega la preformazione di unità morfologiche nel germe, determinanti dei caratteri ereditarî; ammette invece l'evoluzione di queste parti predeterminate nell'uovo che si evolvono per le interreazioni fra loro e sotto lo stimolo dei fattori esterni. Roux e Driesch differiscono perciò completamente nell'interpretazione della natura dei fenomeni dello sviluppo, giacché il primo parte da un punto di vista esclusivamente meccanicista, mentre la concezione del secondo corrisponde a un concetto puramente vitalista che vede nei fenomeni di regolazione dell'uovo e dell'embrione, e negli stessi processi di rigenerazione degli adulti, la prova sostanziale dell'impossibilità di paragonare l'uovo o l'organismo a una macchina e quindi della necessità che costringe ad ammettere un principio direttivo, immateriale, regolatore dei fenomeni di generazione e rigenerazione, l'entelechia.
Da questo complesso di ricerche nasce così l'embriologia sperimentale, la cosiddetta "meccanica dello sviluppo o Entwicklungsmechanik del Roux, termine molto criticato da alcuni autori e in special modo dal Driesch il quale adottò quello di "fisiologia dello sviluppo" usufruendo questa scienza del metodo sperimentale, quindi fisiologico, applicato allo studio della funzione dell'organismo come produttore della forma specifica. Il termine "embriologia sperimentale" è oggi più in uso e certamente è il più felice poiché sta a indicare che soltanto nel metodo di analisi dei fatti questa disciplina differisce dall'embriologia propriamente detta. E tanto è l'incremento che ha subito in questi ultimi anni questa importante branca della biologia, che alcuni fra i principali periodici di biologia sperimentale raccolgono ora, quasi esclusivamente, la produzione scientifica su questi problemi: tali, ad es., il Journal of Experimental Zoology edito dal Wistar Institute of Anatomy and Biology di Filadelfia, e l'Archiv fu̇r Entwicklungsmechanik di Berlino, il primo al suo 28° anno di vita, l'altro al 124° volume. Importanti trattati quali quelli di E.B. Wilson, di T.H. Morgan, di J.W. Jenkinson, di W. Schleip, per non citare i più brevi compendî di A. Brachet, di G.R. De Beer, di J. Duesberg, di P. Weiss, ecc., espongono in rapida sintesi il cammino compiuto da questa scienza a cui si dedicano scuole e laboratorî specializzati, notevoli fra gli altri quello di R.G. Harrison a Yale negli Stati Uniti d'America e di Hans Spemann a Friburgo in Germania.
Teorie delle prelocalizzazioni germinali. - Uno dei problemi fondamentali dell'embriologia sperimentale è quello delle localizzazioni nel germe, cioè l'indagine di quei fattori contenuti potenzialmente nell'uovo che dànno luogo, con il progredire dello sviluppo, alle strutture e agli organi caratteristici dell'adulto.
Le varie teorie della preformazione, di Ch. Bonnet (1781) e di altri cosiddetti preformisti, quali, per esempio, J. Swammerdam (1679-82), spiegavano facilmente le localizzazioni in quanto vedevano il futuro organismo già preformato e predelineato nell'uovo: l'embrione in questo caso non doveva che subire il processo di accrescimento, essendo tutte le sue parti già completamente differenziate. Questa spiegazione troppo facilmente infirmabile fu contraddetta dal Malpighi (Deformatione pulli in ovo, 1673) e poi nel 1759 da G.F. Wolff nella sua Theoria generationis, che rimise in valore l'idea epigenetica dello sviluppo inteso come formazione graduale di nuove parti, pur rimanendo in vita la credenza che l'uovo potesse contenere regioni predestinate fatalmente a dare le diverse strutture dell'organismo futuro, ciò che risulta oggi chiaro dalle osservazioni delle uova che hanno un differenziamento polare e una bilateralità spiccati fin dai più precoci stadî dello sviluppo.
Nella fondamentale serie di lavori intitolati: Unsere Körperform und das physiologische Problem ihrer Entstehung, Guglielmo His nel 1874 gettava le basi della teoria delle localizzazioni germinali (organbildende Keimbezirke) esprimendo il principio che nel blastoderma dell'embrione di pollo si possono delimitare quelle regioni che rappresentano gli abbozzi degli organi futuri. Ognuno di tali organi, se non preformato, è prelocalizzato nel disco germinativo in un territorio non ancora morfologicamente definito che rappresenta l'abbozzo o germe dell'organo (vorgebildete Anlage); seguendo così gli stadi di sviluppo a ritroso queste regioni organo-formative si dovrebbero logicamente rintracciare nell'uovo in segmentazione e perfino nell'uovo insegmentato fecondato o no. Il concetto di His fu ampliato da Ray Lankester (1877), il quale ammise che la sostanza cellulare, per quanto apparentemente omogenea, contenesse varie sorta di molecole fisiologiche individualizzate: "Il processo visibile di segregazione è soltanto lo svolgersi di un differenziamento già stabilito e non visibile (precocious segregation) nell'uovo", e queste molecole fisiologiche "sono distribuite dalla segmentazione nelle varie cellule". La stessa tesi viene svolta da Ch. O. Whitman, che, utilizzando per lo studio l'uovo d'una sanguisuga del gen. Clepsine, viene ad ammettere che l'embrione pur non essendo predelineato nell'uovo, vi sia tuttavia predeterminato e che, col successivo processo di segmentazione, le cellule vadano sempre più specializzandosi, mantenendo un'invariabile e definita relazione con gli stadî antecedenti e susseguenti.
Successivamente le ricerche di C. Rabl (1879) e di E. van Beneden (1884) dimostrarono l'armonia di queste premesse con le teorie preformistiche ed evoluzionistiche, ma rimase tuttavia inspiegato il concetto di "organizzazione" dell'uovo nei confronti dell'organismo che da esso si origina. Ricerche successive permisero di rintracciare in zone più o meno delimitate e distinte dell'uovo le localizzazioni delle parti del futuro organismo, con la prova sperimentale che la distruzione parziale o totale di queste zone causa un difetto parziale o totale delle strutture corrispondenti dell'embrione.
La teoria dei determinanti di Weismann e lo sviluppo. - Il meccanismo dello sviluppo è intimamente collegato con i fenomeni del metabolismo e con la divisione cellulare, ciascun organismo essendo chimicamente specifico per la natura delle sostanze che lo costituiscono e nello stesso tempo dovendo provvedere, nelle successive generazioni, al mantenimento di questa essenza specifica. Qual'è la causa determinante l'apparizione dei caratteri della forma tipica in ordine di spazio e di tempo? In qual modo i fenomeni dello sviluppo sono così coordinati per dare origine a tale sistema prestabilito? Le due cellule germinali sono molto diverse di forma e di dimensioni e si originano entrambe nell'embrione. Rispetto al loro contenuto nucleare sono simili, e simile è anche il loro processo di maturazione. Notevoli differenze si riscontrano invece nel citoplasma: mentre le cellule germinali femminili si sviluppano in un uovo talvolta di dimensioni gigantesche, con un citoplasma di particolare complessità, quelle maschili dànno luogo ad uno spermio con relativa piccola quantità di citoplasma. Questa somiglianza di costituzione dei nuclei delle cellule germinali ha fatto pensare che attraverso il nucleo fossero trasmessi i caratteri ereditarî e che in esso risiedessero i determinanti di questi caratteri (Weismann, 1885). Su questa ingegnosa ipotesi che era succeduta alle prime speculazioni di K.W. Nägeli sull'idioplasma, il Roux poggiò la sua teoria del mosaico ammettendo che i fattori dello sviluppo di ogni organismo si potessero identificare in quei corpuscoli, i determinanti, che si differenziano durante la mitosi e che sarebbero distribuiti come in un mosaico alle varie cellule per la divisione nucleare qualitativa. Questi determinanti (unendosi fra loro) nello sviluppo contribuiscono a indurre la formazione dei differenti caratteri dell'organismo. Questa teoria sulla determinazione nei fenomeni di sviluppo si è dovuta in parte abbandonare, in parte modificare dopo che nuove ricerche hanno dimostrato che le divisioni nucleari non sono qualitative; i determinanti possono, è vero, esistere nella cromatina, ma non sono distribuiti già differenziati e in vario modo alle singole cellule. Nella teoria del Roux, l'ipotesi di A. Weismann sulla determinazione dei caratteri ereditarî è applicata solo all'embrione, ed è ormai modificata per quanto riguarda il nucleo, dopo le scoperte innumerevoli dimostranti il valore dell'ooplasma nei fenomeni della determinazione. Sul valore del nucleo nella determinazione embrionale, si sono seguiti in breve una quantità di esperimenti, i cui principali risultati verremo ora elencando.
Valore del nucleo nello sviluppo. - Quale valore è da attribuire al nucleo come fonte di fattori regolatori dello sviluppo e origine dei fenomeni di differenziamento? Le ricerche condotte per chiarire tale questione hanno contribuito in pari tempo ad accreditare l'ipotesi cromosomica dell'eredità e a limitare l'influenza già attribuita alle localizzazioni ooplasmatiche almeno per quel che riguarda la determinazione di alcuni caratteri.
Le ricerche di Th. Boveri (1889) rappresentano il primo tentativo di questo genere: scuotendo delle uova di riccio di mare egli divise queste in frammenti, ciascuno dei quali poté essere secondariamente fecondato; fecondò così frammenti non nucleati e nucleati con spermî di altra specie scegliendo l'una che differisse dall'altra per caratteristiche dello scheletro, e constatò che quando si fecondano frammenti di uovo non nucleati, la larva mostra netti caratteri patroclini. Concluse così, in un primo tempo, che al solo materiale nucleare dovesse attribuirsi la determinazione dei caratteri larvali, ciò che fu messo poi in dubbio da ricerche di O. Seeliger e di T.H. Morgan, e lo stesso Boveri, in seguito, dovette ammettere che tali esperimenti non erano del tutto conclusivi soprattutto per la impossibilità di ottenere, con lo scuotimento, dei frammenti di uovo sicuramente anucleati. Per una più chiara analisi di questi fenomeni debbono qui essere presi in considerazione altri esperimenti che riguardano il comportamento dei cromosomi durante lo sviluppo. Vi sono quattro o cinque vie mediante le quali tale problema è stato affrontato: a) fecondazione fra specie diverse; b) partenogenesi artificiale combinata con la fecondazione e con gl'incroci c) studio dei frammenti di uovo (merogonia); d) studio delle uova dispermiche (doppiamente fecondate) e polispermiche; e) sviluppo dopo alterazioni provocate in una o in tutte e due le cellule germinali per mezzo di sostanze radioattive o azioni chimiche varie. Sono soprattutto le ricerche del gruppo d, quelle che dimostrano essere i cromosomi diversi qualitativamente.
Il valore dei diversi cromosomi. - Spetta al Boveri (1902-1907) il merito di avere analizzato, in Sphaerechinus granularis e in Echinus microtuberculatus, lo sviluppo delle uova dispermiche nelle cosiddette larve tricariotiche le cui cellule, cioè, posseggono nuclei triploidi. Operando la fecondazione in eccesso di sperma, si ha un uovo provvisto di due pronuclei ♂ e di uno ♀, nel quale la prima mitosi di segmentazione anziché bipolare è tetrapolare, più raramente tripolare (fig. 12). L'uovo si divide simultaneamente in 4 o 3 blastomeri, rispettivamente nelle uova quadripartite e tripartite, quindi la segmentazione procede come di norma fino allo stadio di blastula che non viene però oltrepassato. Se tuttavia le blastule riescono a proseguire nello sviluppo si ha una varietà di forme mostruose che difficilmente possono ricondursi allo stadio di pluteo: tutte sono larve anormali. La causa di questi risultati, fra i più notevoli dell'embriologia sperimentale, fu rintracciata dal Boveri nell'anomala distribuzione dei cromosomi alle singole cellule in seguito alla mitosi multipolare (fig. 12), e tale reperto fu trovato in armonia con il controllo statistico. Infatti nella anafase delle mitosi tripolari e tetrapolari i nuclei che si ricostituiscono nei blastomeri derivati dalla divisione, ricevono un numero vario di cromosomi come risulta dall'osservazione delle cellule costituenti le larve anomale, che posseggono nuclei di differenti dimensioni. Poiché un difetto o un aumento nel numero dei cromosomi non causa una variazione del tipo morfologico (specie tetraploidi e poliploidi) e poiché le stesse uova di echini possono dare larve normali con un numero di cromosomi aploide, triploide, poliploide, le profonde alterazioni dello sviluppo delle uova dispermiche, non possono essere che determinate da un differente assortimento dei cromosomi alle singole cellule; i cromosomi cioè non sono simili, ma diversificano qualitativamente fra loro.
Rapporto nucleo-plasmatico. Molto importante è a questo proposito lo studio delle relazioni quantitative fra la massa nucleare e quella plasmatica che rendono costante o modificano il rapporto nucleo-plasmatico in condizioni normali e in condizioni indotte artificialmente. Nel primo caso, quando la divisione citoplasmatica è ineguale e la segmentazione produce cellule di differente grandezza, i nuclei, che sono invece eguali, aumentano di volume per ristabilire l'equilibrio nel rapporto fra nucleo e citoplasma. Sperimentalmente si è potuto modificare tale rapporto variando, p. es., il volume del citoplasma dell'uovo. Hanno mirato a chiarire più specialmente questo punto gli esperimenti di Driesch (1898, 1900), Morgan (1901, 1903) e Boveri (1905) sulle larve nane sviluppate da blastomeri isolati o da frammenti di uova di riccio di mare (fig. 14).
Le larve nane derivate da un blastomero isolato allo stadio di due cellule posseggono cellule delle stesse dimensioni, ma metà del numero normale; quelle ottenute da un blastomero separato allo stadio di 4 cellule, hanno le cellule delle stesse dimensioni ma 1/4 del numero normale. Nelle larve giganti ottenute per fusione di due uova il numero delle cellule è doppio del normale (Morgan e Driesch). Questi risultati dimostrano come durante la divisione sia avvenuto un processo di regolazione del rapporto nucleoplasmatico e come la segmentazione produca una dimensione tipica delle cellule che sono in numero fisso per un determinato stadio.
Nei casi riferiti il fattore variabile è il plasma dell'uovo; in quelli seguenti, è invece il nucleo. I risultati di queste ricerche sono raccolti nel numero 5 della serie di studî cellulari (Zellenstudien, Jena 1905-1907), del Boveri e, con i seguenti, pubblicati nel numero 6, sono i più importanti in questo campo, costituendo un'analisi molto particolareggiata delle relazioni fra il numero dei cromosomi e i processi dello sviluppo normale nelle larve di Echinus. Vediamo come il Boveri sia riuscito a stabilire quali relazioni intercedono fra modificazioni del volume nucleare (numero di cromosomi) e dimensioni dell'embrione in rapporto al numero delle sue cellule e quali relazioni quantitative sussistano fra nucleo e plasma di queste cellule. La quantità della cromatina del nucleo, cioè il numero dei cromosomi, può essere modificata in varî modi. Una larva con nuclei aploidi nelle sue cellule (monocariotica) si può ottenere da un uovo provvisto d'un sol nucleo (aploide: n cromosomi) che può provenire dalla ♀ nelle uova artificialmente partenogenetiche (larve emicariotiche telicariotiche) o dal ô (larve emicariotiche arrenocariotiche) in quelle derivate da frammenti di uovo anucleati e poi fecondati (merogonia). Una larva con nuclei diploidi (dicuriotica o anficariotica) si ottiene con la fecondazione normale di un uovo (diploide: 2n cromosomi). Un individuo con nuclei triploidi (tricariotico) si può ottenere da uova dispermiche provviste cioè di due nuclei ♂ e uno ♀ oppure fondendo due uova insieme e operando la fecondazione normale: si ha in tal caso un uovo con 2x di materiale citoplasmatico e 3x di quello nucleare. Per ottenere un individuo tetracariotico e diplocariotico si produce un monaster scuotendo l'uovo durante la preparazione del primo fuso di segmentazione. Si ha così una mitosi monocentrica con il raddoppiamento del numero dei cromosomi che da 2n diventano 4n. Se lo scuotimento è discontinuo si costituiscono i due aster con lo stesso risultato del raddoppiamento del numero dei cromosomi e, impedendo così la prima divisione cellulare, si ha come risultato finale un numero di cromosomi che, rispetto al citosoma, è 4 volte maggiore del normale (fig. 14).
Un individuo parzialmente aploide (emicariotico) può essere ancora prodotto in varî modi: se due spermî penetrano nell'uovo, uno può divenire il centro di formazione di un fuso, l'altro, fondendosi con il pronucleo dell'uovo, costituisce un altro fuso. Con la segmentazione si producono due gruppi di cellule che possiedono alcune un numero aploide di cromosomi, n, derivati da uno dei pronuclei ♂; altre con nucleo combinato 2n. Le larve che si originano da queste uova presentano nuclei di differenti dimensioni, più piccoli quelli della regione emicariotica della larva, più grandi quelli del lato anficariotico (fig. 13).
Dall'analisi delle dimensioni cellulari, di quelle dei nuclei e del loro numero, in queste larve, il Boveri dedusse che l'area (in superficie) dei nuclei sta in ragione diretta al numero dei cromosomi; i nuclei sono infatti più piccoli nelle larve aploidi; più grandi nelle tetraploidi, di dimensioni varie in quelle derivate da uova dispermiche; nelle larve monocariotiche, derivate cioè da uova partenogenetiche, ove il numero dei cromosomi (n) è metà del normale (2n), le cellule sono pari in dimensioni alla metà di quelle degli stadî normali, ma in numero doppio; nelle larve sempre monocariotiche, ma originate da frammenti di uovo, i nuclei e le cellule sono normali nelle dimensioni, ma il loro numero è ridotto proporzionalmente alla grandezza del frammento, rispetto all'uovo intero. Nel primo caso i nuclei piccoli devono dividersi più volte per ripristinare il rapporto nucleo-plasmatico normale e il numero delle cellule così aumenta; ciò infatti si 2 verificato contando il numero de] le cellule mesenchimatiche che nelle larve monocariotiche sono in maggior numero che nelle dicariotiche, ma più piccole. Appare dunque chiaramente che sia che varino le dimensioni del citosoma e quindi dell'embrione (Driesch e Morgan) rimanendo costante la grandezza delle cellule e dei nuclei, sia che varino le dimensioni di questi, il processo di segmentazione ristabilisce l'equilibrio del rapporto nucleo-plasmatico. Le osservazioni da lui compiute, seguite e confermate da nuove ricerche di C. Herbst e di F. Baltzer, condussero il Boveri a concludere che il volume delle cellule è direttamente proporzionale al numero dei cromosomi e cioè alla superficie del nucleo, conclusione che fu particolarmente confermata nelle condizioni naturali dai risultati delle ricerche di C. Artom su un crostaceo fillopode, l'Artemia salina uni- e bivalens, razza l'una diploide, l'altra tetraploide. Il rapporto nucleo-plasmatico può periodicamente anche variare (dimostrazione di Ed. G. Conklin in Crepidula), per es. in relazione alla presenza di tuorlo nelle cellule o alla durata dell'intercinesi; deve essere perciò calcolato per due differenti organismi e per due differenti cellule nel medesimo stadio. Anche nelle piante, infine, è stata dimostrata una relazione di proporzione tra valore del nucleo e superficie cellulare, così in Spirogyra (Gerasimov), in alcune razze di banane (Tischler), nell'Oenothera (Gates), ecc.
Le larve ibride. - L'azione determinante dei cromosomi nello sviluppo è stata dimostrata inoltre mediante lo studio dei risultati della fecondazione fra specie diverse di echini e di incroci più eterogenei, contribuendo questi ultimi anche a far conoscere, in parte, il meccanismo dell'attivazione dell'uovo. Le varie specie di echini hanno fornito un materiale ottimo per questi studî, in quanto le loro larve, i plutei, si distinguono molto chiaramente per differenze assai notevoli dello scheletro e ricchissima è la serie di ibridazioni compiute dalle prime esperienze del Marion (1873), a quelle più recenti (Köhler, Tennent, Vernon, Debaisieux, ecc.).
L'incrocio Sphaerechinus granularis × Paracentrotus lividus mostra che il risultato è diverso a seconda che si usino spermî dell'una o dell'altra specie. Così nel caso di uova di Sphaerechinus fecondate da sperma di Paracentrotus i plutei presentano caratteri ibridi, intermedî cioè fra i due genitori (Driesch, Hertwig, Morgan, Vernon, ecc.). L'incrocio in senso contrario dà luogo, invece, a larve con distinti caratteri matroclini. Il Baltzer (1909-1910) ha potuto dimostrare che mentre nel primo incrocio si ha un normale processo cariogamico, nel secondo, non tutti i cromosomi paterni prendono pane all'anfimissi (fig. 15). In questo caso le larve posseggono nuclei più piccoli, per l'avvenuta eliminazione dei cromosomi di Paracentrotas durante la prima e seconda segmentazione dell'uovo. Talvolta questa eliminazione si suppone avvenga più tardivamente nello sviluppo perfino nello stadio di blastula durante quelle caratteristiche depressioni che si osservano nelle colture, nelle quali le blastule superstiti mostrano di aver subito una diminuzione delle dimensioni dei nuclei delle loro cellule e presumibilmente una riduzione nel numero dei cromosomi. Risulta quindi che cromosomi di una specie non possono, talora, esercitare alcuna influenza nel plasma di un'altra specie la cui larva non manifesta perciò caratteri patroclini in seguito alla avvenuta eliminazione dei corrispondenti cromosomi: in questo caso, di quelli determinanti le caratteristiche dello scheletro. I cromosomi dunque sono diversi fra loro nelle qualità possedute, cioè, nel nostro esempio, come determinanti di alcuni caratteri larvali. Risultati notevoli a questo riguardo si sono ottenuti con gli esperimenti d'incrocio fra specie diverse di echini facendo precedere alla fecondazione l'attivazione sperimentale dell'uovo. Lo stesso incrocio Sphaerechinus granularis × Paracentrotus lividus ♂ che nelle condizioni normali produce plutei ibridi, intermedî cioè fra i genitori, qualora si sottoponga l'uovo all'azione d'un acido grasso e poi si fecondi, dà un risultato simile a quello ottenuto con l'incrocio in senso inverso: cioè una netta matroclinità delle larve (figg. 15 e 16).
Le indagini citologiche compiute da Herbst (1909) hanno messo in luce, anche in questi casi, un'incapacità dei cromosomi paterni a unirsi con il pronucleo femminile, per cui durante la prima mitosi di segmentazione i cromosomi di Paracentrotus si distribuiscono irregolarmente nel fuso e i blastomeri derivati dalla segmentazione vengono a ricevere un gruppo di cromosomi paterni incompleto o addirittura nessun cromosoma paterno. Le larve mostrano infatti nuclei di differenti dimensioni; sono le cosiddette "larve a mosaico" con caratteri matroclini in una regione a nuclei più piccoli, con caratteri ibridi dal lato ove i nuclei sono più grandi. La matroclinità delle larve può essere ancora più spiccata qualora si raddoppii o si moltiplichi il numero dei cromosomi dell'uovo di Sphaerechinus per una o più mitosi monocentriche (prodotte da varî agenti partenogenetici come, ad esempio, acido valerianico, CO2, ecc.) e si fecondi con spermî di Paracentrotus (fig. 15). Sembra probabile, anche in questo caso, un'eliminazione di cromosomi paterni di fronte all'aumentato numero di quelli materni, e infatti il numero di cromosomi nei nuclei delle cellule delle larve derivate da questo incrocio è inferiore a quello che dovrebbe essere, cioè meno di 58, nei plutei derivati da uova diploidi di Sphaerechinus (20 + 20), fecondate da sperma di Paracentrotus (18).
Incroci più eterogenei hanno portato a conoscenza altri elementi che riescono a valorizzare maggiormente le conclusioni del Boveri sul nucleo come principale origine della determinazione dei caratteri larvali. Così E. Godlewski (1911) riuscì a fecondare uova di Sphaerechinus con sperma di un anellide polichete del gen. Chaetopterus, previo trattamento degli spermî e delle uova con acqua di mare ipertonica, e a ottenere dei plutei. Questi risultati non sembra tuttavia che costituiscano prove sufficienti per dimostrare l'azione determinante dei cromosomi nello sviluppo, perché, sebbene sia stato dimostrato che la cromatina dell'anellide viene eliminata prima dell'iniziarsi della segmentazione e che i nuclei del pluteo che si sviluppa sono di conseguenza aploidi (per lo meno approssimativamente), non si può escludere tuttavia l'influenza dell'organizzazione ooplasmatica sui caratteri della discendenza.
Ciò vale per tutti gli altri incroci eterogenei fra echini e stelle di mare, fra echini e ofiure, fra echini e molluschi, fra echini e anellidi, attuabili modificando l'ambiente esterno (acqua di mare leggermente alcalina, concentrazione lievemente modificata) e che dànno sempre discendenza matroclina con degenerazione della cromatina paterna con la formazione di uno spermaster e di un anfiaster o addirittura con la mancata risoluzione del pronucleo maschile in cromosomi. Si ha in questi casi di attivazione di uova con spermî eterogenei (classe e tipi diversi) lo sviluppo di larve provviste soltanto di cromosomi materni come quelle derivate da uova partenogenetiche. In un caso d'incrocio fra varî generi di echini (Sphaerechinus, Paracentrotus, Echinus) e un crinoide, l'Antedon (v.), reso possibile dall'applicazione del metodo di J. Loeb (usato nel 1903 nell'incrocio Strongylocentrotus x Asterias), cioè rendendo più alcalina l'acqua di mare con l'aggiunta di idrato di sodio, il Godlewski (1906) fecondò le uova del riccio, con gli spermî del crinoide e dimostrò la mancata eliminazione dei cromosomi paterni nonostante che la larva che si sviluppava fosse un pluteo, cioè evidentemente matroclina. È naturale come in questi casi di permanenza di cromosomi paterni in discendenza matroclina si debba ricercare prevalentemente la causa determinante dei caratteri larvali nell'ooplasma: ipotesi confermata poi anche dal fatto che il tipo di segmentazione, di formazione del mesenchima e dello scheletro (non presente nella larva di Antedon) è nettamente matroclino; di più è stato dimostrato che se anche si utilizzano per lo stesso incrocio frammenti anucleati di Paraechinus e si fecondano con spermî di Antedon si ottengono, per merogonia, larve pluteiformi cioè a tipo nettamente matroclino, soggette ad alta mortalità. Eccettuate queste ipotesi, del resto abbastanza verosimili, per spiegare questi risultati contraddittorî, non rimarrebbe che ammettere che i cromosomi di Antedon siano incapaci nell'ooplasma di Paraechinus di funzionare come determinanti, essendo probabilmente più o meno precocemente eliminati quando si manifestano nelle colture delle blastule le depressioni suddette, oppure che venga a mancare la regolazione del rapporto nucleo-protoplasma.
L'influenza del citoplasma nei fenomeni di determinazione dello sviluppo è stata, sempre dallo stesso Boveri (1914), esclusa attraverso l'analisi fatta degl'ibridi prodotti dalla fecondazione di uova giganti (ottenute per fusione di due uova o per raddoppiamento del numero dei cromosomi) di Sphaerechinus con spermî di Paracentrotus, i quali si manifestano nettamente matroclini. Ciò dipenderebbe secondo il Boveri dalla preponderanza dei cromosomi materni (40 anziché 20); nonostante che la quantità di ooplasma sia anche doppia rispetto a quella delle uova semplici. Ma anche le uova ove il numero dei cromosomi è stato raddoppiato per un monaster, pur rimanendo invariata la grandezza dell'uovo, dànno luogo a plutei matroclini, e così anche si comportano i frammenti di uovo: la matroclinità delle larve in tutti questi casi sarebbe dunque indipendente dalle dimensioni citoplasmatiche.
Gli stessi incroci si possono ottenere (Boveri 1889, 1896) fecondando frammenti anucleati di Sphaerechinus con spermî di Paracentrotus: in assenza di cromosomi materni si dovrebbe rilevare nella discendenza una somiglianza spiccata per la specie paterna, ciò che infatti il Boveri riscontrò in poche (12) larve di questo tipo che possedevano nuclei più piccoli, presumibilmente contenenti la metà del numero normale dei cromosomi. Tale risultato è stato però, come si è detto, infirmato per il fatto che spesso anche negl'incroci normali si ha dominanza di caratteri paterni e d'altra parte i presunti frammenti anucleati, ché come tali almeno appaiono in vivo, non lo sono realmente. Infatti nelle sezioni colorate di frammenti di uova si trovano tracce di cromatina nel plasma dovute al collasso del nucleo a causa dello scuotimento subito dall'uovo. Il Boveri, tornato nel 1918 sui risultati di queste esperienze, ammise che nei precedenti esperimenti la cromatina materna non fosse stata di fatto del tutto eliminata e concluse che, se si tratta di frammenti effettivamente non nucleati, l'incrocio Sphaerechinus granularis ♂ × Poracentrotus lividus ♂ produce sempre larve ibride con nuclei di grandezza diploide; dimostrò altresì che lo sviluppo di larve merogoniche da frammenti sicuramente anucleati, varia nei diversi casi a seconda delle specie impiegate.
Ricerche analoghe a queste precedentemente descritte e illustranti anch'esse i fenomeni di attivazione dell'uovo, sono quelle sulla cosiddetta "fecondazione parziale" scoperta nel 1888 dal Boveri nelle uova di Echinus, nelle quali il nucleo spermatico, occasionalmente, pur penetrando nell'uovo, non prende parte alla cariogamia e solo l'aster dei centrosoma si unisce al pronucleo femminile. La partecipazione della cromatina paterna all'atto fecondativo accade soltanto allo stadio di due cellule, durante il quale il nucleo maschile si unisce al nucleo di un blastomero, e la segmentazione continua fino allo stadio di blastula. Questa viene così a possedere nuclei aploidi di origine materna e diploidi provenienti da entrambi i genitori, condizione che ricorda quella delle larve ibride Sphaer. ♀ × Parac. ♂ che hanno nuclei di due dimensioni, materni i più piccoli (aploidi), di origine doppia i più grandi (diploidi).
Mentre nella fecondazione parziale la cariogamia, se non all'atto della penetrazione dello spermio, si compie allo stadio di 2, di 40 di 6 cellule, nella cosiddetta ginogenesi lo spermio penetra nell'uovo, talora attivandolo, ma senza partecipare allo sviluppo. Questo fenomeno che si osserva normalmente in natura in due nematodi, il Rhabdites aberrans e il R. pellio, e che si considera come il passaggio tra la fecondazione (v.) e la partenogenesi (v.) si verifica in alcuni casi patologici come quelli d' incroci eterogenei e incompatibili fra loro, studiati specialmente negli Anfibî (Bataillon, G. Hertwig) e nei Pesci (Neumann, Morris, G. e P. Hertwig), oppure quando lo sperma è stato incapacitato, ad es. mediante la radioemanazione (O., G. e P. Hertwig), alla cariogamia.
Valore del plasma nello sviluppo. - Il processo di segmentazione dell'uovo, che era stato considerato come una semplice separazione di cellule indifferenti, fu, in seguito agli studî di genealogia cellulare, interpretato come il risultato dell'autodifferenziamento di cellule specifiche (blastomeri) a destino predeterminato. La cellularizzazione dell'uovo è quindi corrispondente alla separazione di regioni, e dei materiali in esse contenuti, che si differenziano nelle varie strutture dell'essere futuro. Si chiama potenza reale di un blastomero il complesso di fattori che lo fanno evolvere, nello sviluppo normale, in quelle determinate parti dell'embrione, questa potenza essendo sempre più limitata a misura che si procede nella segmentazione; si definisce invece potenza totale, l'insieme delle proprietà, per le quali in date condizioni, il blastomero può dar luogo a qualche cosa di più che nello sviluppo normale.
La limitata potenza delle varie parti dell'uovo è scaturita dagli esperimenti quasi contemporanei, ma indipendenti, di L. Chabry e di W. Roux, che dimostrarono come il primo piano di segmentazione dell'uovo rappresenti il piano di simmetria bilaterale dell'embrione futuro. Lo Chabry (1887) sulle uova di ascidie semplici (Ascidieha aspersa) uccidendo con la puntura di un ago un blastomero dell'uovo allo stadio di 2 cellule o due blastomeri allo stadio di 4 cellule, riscontrò in ambo i casi che dal blastomero o dai blastomeri sopravvissuti si sviluppava una larva difettosa di metà delle strutture della larva normale, cioè un emiembrione laterale, dimostrando che in ogni blastomero, in queste condizioni, la potenza reale coincide con la potenza totale. Il Conklin successivamente (1905, 1911) sempre sulle ascidie (figg. 26 e 27) confermò e ampliò su vasta scala questi risultati, già in parte previsti, nelle stesse ascidie, da E. van Beneden e C. Julin su Clavelina (1884).
Il Roux (1888), similmente, nell'uovo di rana con la cauterizzazione di uno dei primi due blastomeri ottenne dei mezzi embrioni: emimorule, emiblastule, emigastrule, cioè una metà sinistra o destra dell'embrione normale (fig. 17). Successivamente il blastomero cauterizzato tende a riorganizzarsi per un fenomeno paragonabile ad una rigenerazione embrionale che il Roux chiamò postgenerazione e il mezzo embrione tende così a regolarsi, come del resto accade negli emiembrioni di ascidie che possono giungere a regolarsi in larve nane, quasi complete. L'uovo di rana venne così considerato dal Roux, nella sua teoria dello sviluppo a mosaico, come costituito da parti capaci di differenziarsi indipendentemente, il primo solco di segmentazione venendo a distribuire, come in un mosaico, alla sua destra ed alla sinistra, i materiali formativi per la parte destra e sinistra dell'embrione futuro. Che se questi materiali, come ricerche più recenti hanno messo in luce, vengono spostati e distribuiti diversamente, ad es. mediante la centrifugazione, lo sviluppo che ne risulta è anormale (Th. Morgan, M. Konopacka, J.W. Jenkinson, ecc.). Il problema della simmetria dell'uovo di rana, è stato ripreso e in parte risolto dal Brachet (1904).
In altri gruppi animali fu dimostrata la limitata potenza dei blastomeri e il conseguente sviluppo a mosaico dell'uovo (figg. 18, 19): così nei Ctenofori (Beröe), nei Molluschi (Patella, Ilyanassa), negli Anellidi (Chaetopterus), ecc. con l'isolamento dei blastomeri nei varî stadî della segmentazione, fu analizzata l'organizzazione degli embrioni parziali ottenuti, i quali dimostravano la possibilità al differenziamento spontaneo di parti specifiche del germe che segmentandosi come una parte dell'intero uovo si sviluppavano in embrioni incompleti. Nei Ctenofori, ad es., per le ricerche di Chun (1892) confermate poi da Driesch e da Morgan (1895), ampliate da A. Fischel (1898-1903) e da Yatsu (1911-12), si è potuto stabilire, ormai con certezza, che le larve originate da 1/2 uovo (un blastomero isolato allo stadio dì 2 cellule dell'uovo in segmentazione) risultano difettose di metà delle 8 serie di coste di palette vibratili e dei canali meridionali; quelle sviluppate da un blastomero isolato allo stadio di 4 cellule hanno due serie di palette; da un blastomero 1/8 si sviluppa una larvetta con una sola costa di palette vibratili. Ciò dimostra che ogni serie delle 8 coste meridionali di palette vibratili che caratterizzano il ctenoforo è definita dai solchi meridionali di segmentazione dell'uovo i cui blastomeri dànno luogo, se separati, a quanto avrebbero originato come parte nell'uovo intero, o poco di più. Secondo il Fischel il materiale formativo per le serie di palette è localizzato nei micromeri allo stadio di 16 cellule, e ciò fu confermato dallo Spek (1926) che mostrò come le localizzazioni si fissino nell'uovo di Beröe dopo il 3° solco di segmentazione, quando con la divisione in 8 cellule, una sorta di ooplasma di color verde smeraldo (osservazione in campo oscuro) si raccoglie corrispondentemente ad una aumentata viscosità in una zona da cui si separeranno i micromeri.
Stanno in apparente contraddizione con questi risultati sullo sviluppo a mosaico delle uova suddette, quelli classici del Driesch (1891-1896) sulle uova di riccio di mare nelle quali un blastomero isolato allo stadio di 2, 4 e perfino 8 cellule, talora pur segmentandosi dapprima come una parte dell'intero uovo, dà origine a un embrione più piccolo del normale, ma completo: il blastomero si manifesta cioè totipotente, e l'uovo è isotropo. Simili condizioni sono state rinvenute dallo Zoia (1895) nelle uova di Idromeduse (Clytia), dal Wilson (1903) in quelle di Nemertini (Cerebratulus; fig. 21), dallo stesso Wilson (1893) in Anfiosso (fig. 22) e nei Vertebrati, negli Anfibî (Herlitzka, 1895; Spemann, 1901) e dal Morgan (1895) nei Pesci (Fundulus) mentre anche l'uovo dei Molluschi in stadî assai precoci, s'è dimostrato isotropo. Il Driesch, in base alle sue ricerche sugli Echini formulò così l'ipotesi che la segmentazione fosse da ritenere come separazione di blastomeri indifferenti. il cui destino dipende esclusivamente dalla posizione che essi assumono nel germe.
Uova regolative e uova a mosaico. - Nelle uova di "tipo ascidie", la potenza dei singoli blastomeri è assai limitata nei confronti di quella delle uova di riccio di mare, di idromeduse, di anfiosso, ecc., dove la potenza totale del blastomero supera di gran lunga quella reale. La segmentazione delle uova del primo tipo si dice determinata in contrapposizione allo sviluppo indeterminato delle uova "tipo echino" nelle quali un blastomero possiede la capacità di sviluppare l'intero individuo. A queste due categorie di uova, tra le quali ricerche più moderne hanno permesso di inserire varî gradi di passaggio (øufs intermédiaires di Brachet) venne attribuito dal Heider (1900) l'appellativo di uova a mosaico e di uova regolative. Si pone così il problema del perché i singoli blastomeri possiedano, nei differenti casi, questa capacità a evolversi nell'intero individuo o in una parte di esso. Tale questione è stata appunto la base dello studio moderno delle localizzazioni germinali, ritornato sotto un altro aspetto, nel campo delle ricerche embriologiche, dopo gli studî e le speculazioni precedenti di Ch. O. Whitman e del Lankester.
Con ricerche condotte tanto sulle uova regolative quanto su quelle a mosaico, veniva così dimostrata sperimentalmente in ambo i casi, l'eterotropia di organizzazione dell'uovo che nelle varie regioni dell'ooplasma aveva localizzati i materiali formativi delle differenti parti dell'organismo futuro e che quindi la determinazione dei varî blastomeri era dipendente dai materiali che essi contenevano. Questo modo di vedere contrastava di fatto con le idee del Roux e dei suoi seguaci, che suggestionati dall'ipotesi del Weismann, volevano ammettere che soltanto nel nucleo risiedessero i determinanti dello sviluppo. La divisione nucleare di carattere qualitativo avrebbe distribuito alle varie cellule diversi gruppi di cromosomi che determinavano i caratteri di queste cellule. Ma il valore di questa tesi fu alquanto scosso dopo che altri esperimenti del Driesch sugli Echinodermi, nonché di Wilson, Ziegler e Yatsu su uova di altri gruppi, dimostrarono che se per compressione di un uovo in segmentazione, si portavano i nuclei a migrare in cellule che normalmente non li ricevevano, queste ciò nondimeno restavano determinate a evolversi normalmente, il che dimostrava come la loro specificità dipendesse dall'ooplasma e non dal nucleo.
E poiché in uova di alcune specie i blastomeri isolati in varî stadî della segmentazione possono svilupparsi in un embrione nano, ma intero, laddove uova di altri gruppi, con nucleo integro, ma rese difettose di una particolare zona ooplasmatica, si sviluppano in un embrione privo delle strutture che si originano normalmente da quella regione (v. sotto), si giunge alla conclusione che non la diminuita quantità di ooplasma interferisce con lo sviluppo normale, bensì la perdita di particolari materiali e l'assenza totale o parziale di capacità regolative dell'uovo. Sulla base di questi reperti si è svolta tutta una serie ricchissima di esperimenti sullo sviluppo di frammenti di uovo, i cui risultati hanno definitivamente dimostrato senza alcun dubbio l'esistenza di sostanze cosiddette organo-formative che rappresenterebbero la prima origine della determinazione di ciascun blastomero.
Le sostanze organo-formative. - Tra le numerose ricerche che si sono seguite in tale campo, ricordiamo quelle sulle uova di Dentalium, un mollusco scafopode, la cui larva trocofora, molto simile a quella degli Anellidi, si presta assai bene allo studio delle localizzazioni germinali. L'uovo insegmentato, talvolta ancora prima della maturazione, presenta un'estesa fascia pigmentata rossiccia o verdastra che delimita ai due poli due aree, una polare animale, l'altra inferiore più estesa priva di tuorlo, al polo vegetativo, la cosiddetta area del lobo polare (fig. 23, nn. 1 e 2). Prima che la segmentazione abbia inizio si costituisce infatti al polo vegetativo dell'uovo, un lobo polare e al termine del primo solco, con la formazione dei due primi blastomeri AB e CD, questo passa interamente nel blastomero CD mentre l'uovo attraversa uno stadio cosiddetto "trifogliato" durante il quale il lobo polare sembra un blastomero a sé (fig. 23, n. 3). Il materiale del lobo polare è così incorporato nel blastomero CD che è quello posteriore
Con i soccessivi solchi di segmentazione, che è del tipo spirale, dal blastomero CD e particolarmente dalla regione del lobo polare si separano le due cellule 2d e 4d che sono le capostipiti di tutta la regione post-trocale della larva. Questa è fusiforme, con un organo apicale provvisto di lunghe ciglia, un pennello di ciglia al polo opposto e una tripla corona cigliata all'equatore, il prototroco.
L'asportazione del lobo polare nello stadio di due cellule, porta alla formazione di una larva priva di organo apicale, con regione post-trocale difettosa o assente, priva di bande mesodermiche, la quale non costituirà il caratteristico guscio e finirà col perire. Risultati simili si sono ottenuti con le uova di Gasteropodi del gen. Ilyanassa (Crampton), del gen. Crepidula (Conklin) e di un anellide polichete, il Myzostoma (H. Driesch, D. Carazzi). Se si separano, sempre nell'uovo di Dentalium, i due blastomeri AB e CD, AB segmentandosi parzialmente, dà un risultato simile a quello ottenuto dall'uovo privato del lobo polare e cioè una larva malformata; il blastomero CD si sviluppa invece in una trocofora che sebbene più piccola del normale, non è affatto difettosa, provvista cioè di regione post-trocale e di organo apicale.
Si può infine dividere l'uovo in due parti, l'una contenente l'area polare chiara, l'altra senza, e fecondare così i due frammenti: si ottengono anche in questo caso risultati corrispondenti ai precedenti, e cioè il frammento privato dell'area del lobo polare produce sempre una larva difettosa (fig. 24). Risulta perciò da questi 3 tipi d'esperimento, come la formazione della regione post-trocale, del tronco della larva e dell'organo apicale, sia intimamente legata al materiale del lobo polare che è qualitativamente definito per le parti che da esso si originano.
I classici risultati che abbiamo riferito di E.B. Wilson (1903, 1904) su Dentalium, così come quelli di E.G. Conklin (1905) sull'ascidia, Styela partita, sono principalmente quelli che hanno messo in evidenza l'esistenza delle sostanze organo-formative nell'uovo, che il processo di segmentazione distribuisce ai varî blastomeri nei quali fissano e determinano la potenza prospettica. La divisione ooplasmatica, rispetto alla distribuzione di queste sostanze nei varî blastomeri, può essere perciò qualitativa e quantitativa; le sostanze organo-formative sono contenute nel protoplasma dell'uovo e non nel nucleo (Roux) e a esse si deve la progressiva specializzazione dei blastomeri.
Vennero a tutta prima ritenuti come sostanze organo-formative, gli stessi materiali visibili inclusi nel citoplasma dell'uovo nel quale fanno distinguere le varie regioni; ma questa supposizione si è dovuta escludere dopo che numerosi esperimenti eseguiti mediante la centrifugazione delle uova hanno dimostrato chiaramente che gl'inclusi citoplasmatici visibili, come i granuli di pigmento, le sferule vitelline, sostanze lipoidi varie, materiali di riserva, ecc., possono essere spostati, separati, distribuiti in altra maniera o sedimentati, secondo il loro peso, lungo un nuovo asse dell'uovo, l'asse secondario o di centrifugazione, senza che lo sviluppo dell'uovo ne risulti per nulla alterato (fig. 25). Sono classiche a tale riguardo le ricerche di Lyon (1895, 1906), Morgan (1909), Morgan e Lyon (1907), di Lillie (1906, 1909), di Conklin (1917), ecc., per le uova di echinodermi, anellidi (Chaetopterus), gasteropodi (Crepidula), bivalvi (Cumingia), che hanno messo in luce come gl'inclusi visibili non siano essi stessi le sostanze organo-formative ma soltanto rappresentino gli esponenti di una eterogeneità di costituzione dell'uovo. Sono cioè gl'indici di un'organizzazione ooplasmatica la cui origine prima deve essere ricercata molto più profondamente nella sostanza fondamentale del plasma dell'uovo, quella che il Lillie definì ground-substance nell'uovo di Chaetopterus e che recentemente (Pasquini, 1927) è stata dimostrata base della polarità permanente nelle uova centrifugate dei ricci di mare (Arbacia). Secondo il Conklin (1917) la ground-substance corrisponderebbe a una sorta di protoplasma più viscoso, più gelificato, lo spongioplasma, la cui rigidità, anche di fronte ai traumi prodotti dalla centrifuga, non permetterebbe l'alterazione delle localizzazioni germinali. Per altre uova invece, p. es. quelle delle ascidie, lo spostamento di alcune particolari zone dell'ooplasma mediante la centrifugazione, determina l'alterazione di particolari organi della larva i quali risultano spostati (Conklin, in Cynthia); e il Duesberg (1913-15, 1925) dalla coincidenza della localizzazione dei mitocondri in queste zone, sarebbe propenso ad attribuire un valore organogenetico a tali elementi.
La divisione citoplasmatica e le localizzazioni. - Ma anche nelle uova tipicamente totipotenti, nelle uova di riccio di mare ad esempio, che furono considerate in passato come chiaramente isotrope, si è potuto stabilire per le stesse ricerche del Boveri, su Paracentrotus lividus, la presenza di localizzazioni nell'uovo corrispondenti a una distribuzione particolare dei materiali organo-formativi. L'uovo possiede un asse polare passante per il micropilo situato al polo animale: dopo l'espulsione dei globuli polari, il pigmento rosso bruno che era distribuito uniformemente in una calotta periferica nell'ooplasma, si raccoglie in una fascia subequatoriale che viene così a determinare nel citoplasma tre zone normali all'asse dell'uovo (fig.1, pag. 869). Queste dal polo animale a quello vegetativo, hanno il valore di ectoblasto, endoblasto e mesoblasto ed infatti soltanto i frammenti contenenti parte della fascia pigmentata giungono a gastrulare. Il pigmento che indica, così, la localizzazione dell'archenteron non è naturalmente la sostanza organo-formativa per l'endoderma, e infatti uova di altre specie di echini non presentano questa colorazione caratteristica della zona sub-equatoriale e nelle stesse uova di Paracentrotus, talvolta, quest'area si presenta molto chiara. Tuttavia l'esistenza di queste localizzazioni organo-formative dell'uovo degli echini non è più dubbia e il concetto di isotropia delle uova di questo tipo si è venuto modificando dopo che anche gli esperimenti di separazione dei due quartetti di blastomeri hanno dimostrato come nelle uova di Nemertini (Zeleny) e degli Echinodermi (Driesch) il risultato varii a seconda che si tratti del quartetto inferiore o di quello superiore: nei Nemertini ad es. i 4 blastomeri del quartetto inferiore dello stadio di 8 cellule, si sviluppano in una gastrula, priva di organo apicale, mentre quelli del quartetto superiore non giungono a gastrulare. Così per i blastomeri isolati allo stadio di 8 cellule delle uova di riccio di mare, il Driesch (1900), utilizzando il metodo di Herbst (1900) dell'acqua di mare decalcificata per ottenere la dieresi dei blastomeri, ha potuto far rilevare che se essi sono derivati dall'emisfero inferiore gastrulano molto più frequentemente di quelli del quartetto superiore. Il Driesch mise in relazione questo risultato con il fatto che la zona endoblastica, pur essendo per la massima parte distribuita dal terzo solco ai 4 blastomeri vegetativi, rimane in piccola parte inclusa nel quartetto superiore; ché se artificialmente si sposta verso il basso il terzo solco (con acqua di mare diluita) si può fare aumentare la percentuale di gastrulazione dei blastomeri isolati del quartetto superiore. Tali reperti sono stati di recente riesaminati, e brillanti ricerche di Runnström, del von Ubisch, di Hörstadius, Plough, utilizzando tecniche più moderne, hanno permesso di stabilire, nell'uovo degli echinodermi, la localizzazione germinale del materiale scheletrico nonché gl'indici del differenziamento polare consistenti nelle localizzazioni germinali lungo l'asse dell'uovo; di più hanno permesso di mettere in chiaro interessanti analogie dei centri d'induzione morfogenetica nell'uovo e nei primi stadî larvali, con gli organizzatori (v. sotto), delle strutture assiali dei Vertebrati (L.V. v. Ubisch, 1929; S. Hörstadius, 1931). Studiando così uova di varî tipi, classificabili in base alla distribuzione delle localizzazioni, si è giunti a definire con sicurezza come la potenza dei varî blastomeri dipenda fondamentalmente dalla quantità e qualità di materiali che la segmentazione in essi distribuisce.
La teoria dello sviluppo a mosaico viene così trasferita dal nucleo al citoplasma: negli Echinodermi il tipo di segmentazione (fig. 1) fa sì che, con le prime divisioni dell'uovo, ectoblasto, endoblasto e mesoblasto, siano ripartiti egualmente nei primi 4 blastomeri i quali risultano perciò totipotenti; con il terzo solco interviene la divisione qualitativa perché sia quasi tutto l'endoblasto sia tutto il mesoblasto, passano nel quartetto inferiore dell'uovo ed è perciò che i blastomeri del quartetto superiore (mesomeri), se vengono separati dall'emisfero inferiore (macro- e micromeri), pur sviluppandosi in una blastula vescicolare cigliata, non giungono mai a gastrulare (Hörstadius). Nelle uova di anellidi e di molluschi la presenza dell'area polare al polo vegetativo e l'esclusiva distribuzione dei materiali in essa contenuti a uno soltanto dei due blastomeri dopo la prima segmentazione che è qualitativa, limita la potenza dei primi due blastomeri che sono determinati per dare la parte anteriore e quella posteriore della larva fino dallo stadio di due cellule. La divisione qualitativa interviene nell'uovo delle ascidie al secondo solco, poiché la sostanza della semiluna, il mesoblasto, passa interamente in due dei quattro blastomeri, che sono quelli posteriori. Dopo la maturazione e la fecondazione, nell'uovo di Styela (Cynthia), il Conklin, infatti, ha osservato che avvengono degli spostamenti nella distribuzione dei materiali dell'uovo che diviene così precocemente eterotropo, per cui il cosiddetto mesoplasma giallognolo si localizza, insieme con l'ectoplasma chiaro, da un lato (il posteriore) dell'uovo e il materiale grigio dell'endoplasma si raccoglie al polo inferiore. A termine del primo solco le attività localizzatrici, secondo il Conklin, avrebbero portato alla separazione di sei qualità di materiali citoplasmatici formativi delle varie strutture e dei varî organi della larva: dei muscoli, della coda, della corda, della piastra neurale, dell'endoderma e dell'ectoderma. Questa precisa conoscenza delle localizzazioni spiega come la potenza dei blastomeri, sia fino dai primi stadî molto limitata, talché col loro isolamento la potenza prospettiva o reale, si dimostra coincidere con quella totale (v. figg. 26 e 27).
Processi regolativi nello sviluppo. - Il paragone fra le condizioni rinvenute nelle uova di ascidie, anellidi, molluschi, echinodermi ecc., mostra, ora, come nei riguardi delle localizzazioni iniziali vi sia perfetta corrispondenza fra uova regolative e uova a mosaico: il comportamento di uova rese difettose (frammenti o blastomeri isolati) varia, per quanto si è detto, secondo il tipo di segmentazione. Si aggiunga il fatto, dedotto sempre dall'esperimento, che anche nel tipico sviluppo a mosaico una parte dell'uovo tende a regolarsi per i cosiddetti processi di post-generazione. Questo fatto, che accade all'evidenza negli embrioni di rana, si verifica anche quando un blastomero dell'uovo di echino o dei nemertini si faccia sviluppare isolato dall'altro: esso si segmenta come fosse ancora una parte dell'uovo e solo più tardi la blastula aperta (emiblastula) si chiude regolandosi nell'embrione intero (figg. 20 e 21). Fatti di questo genere di sviluppo parziale di blastomeri isolati si possono riscontrare nelle uova totipotenti per eccellenza, come ad es. quelle di idromeduse (P. Maas).
Questa tendenza alla regolazione degli embrioni parziali si ritrova anche nelle uova di anellidi e di molluschi, dove però il processo regolativo non giunge a ricostruire le parti mancanti; è invece come si è detto spiccatissima nell'uovo degli anfibi anuri, dove un embrione completo si può ottenere da un blastomero se l'uovo è stato capovolto: avviene in tal caso come è stato descritto da O. Schultze (1894) e dal Morgan (1895) una regolazione dei materiali ovulari che prima orientati per dare la parte sinistra o quella destra, assumono in seguito al capovolgimento una nuova orientazione, che è quella caratteristica dell'intero uovo.
I fenomeni regolativi nello sviluppo sono maggiormente noti in base ai risultati della fusione di uova e la conseguente formazione di larve giganti come quelle che si sono ottenute (Morgan) negli echinodermi (Sphaerechinus) per fusione di due uova, due blastule o due gastrule (Driesch): anche in questi casi, come nella regolazione di una larva perfetta ma nana da un frammento, si dimostra una certa plasticità o indeterminazione delle localizzazioni ooplasmatiche, o dei territorî cellulari della blastula. Questo risultato che sembra in contraddizione con la tesi, ormai esposta, che tutte le uova seguano uno sviluppo a mosaico non va preso alla lettera, perché la perfetta regolazione della larva duplice dipenderebbe secondo il Boveri (1901), dall'orientazione reciproca delle uova o delle blastule fuse insieme.
Conclusione. - Per il complesso di studî di embriologia sperimentale, cui si è fugacemente accennato, si è ora in possesso del fatto, che è teoricamente assai importante, della presenza di una maggiore o minore capacità regolativa nelle uova, nonché della diversa distribuzione e separazione delle sostanze organo-formative per opera del tipo di segmentazione. Fra le condizioni che si rinvengono nelle uova regolative e in quelle a mosaico esistono però gradi intermedî (uova degli Anfibî): mentre le prime manifestano un'alta capacità regolativa e in pari tempo subiscono tardivamente la divisione citoplasmatica qualitativa, nelle uova a mosaico, invece, i blastomeri isolati o i frammenti di uova, hanno poteri regolativi assai ridotti. Di più la divisione qualitativa in queste uova interviene assai precocemente, talché i primi blastomeri ricevono alcuni materiali e non tutti, con la conseguenza d'una potenza limitata e il risultato finale di embrioni parziali che non giungono a regolarsi.
Il problema delle localizzazioni viene così a essere in buona parte chiarito. Una prima questione messa in giusta luce riguarda il significato della segmentazione: nel differenziamento dell'organismo futuro, più che la segmentazione ha valore il tipo di localizzazione germinale nell'uovo. Si è ottenuto infatti, impedendo artificialmente la segmentazione, o meglio la divisione citoplasmatica, il differenziamento di larve unicellulari apparentemente simili a quelle normali costituite di molte cellule (F. Lillie, Chaetopterus). Ma rimane ancora in discussione l'origine delle localizzazioni e del differenziamento: è stata da alcuni attribuita, in questi fenomeni, importanza al nucleo o a prodotti nucleari migrati nel citoplasma; da altri è sostenuta l'esclusiva origine citoplasmatica delle localizzazioni, e vi sono per l'una e per l'altra ipotesi prove sperimentali adeguate; per la prima ad es. i risultati di Lillie e di Conklin che vogliono ricercare il valore formativo della "sostanza residuale" che nelle uova dei molluschi, degli anellidi e delle ascidie, passa dal nucleo a fornire il materiale per una localizzazione citoplasmatica.
E neanche può escludersi, in alcuni casi almeno, che la penetrazione dello spermio possa essere uno dei fattori delle localizzazioni, meglio un fattore complementare, nei casi ad es. dove si riscontra una coincidenza fra la zona di penetrazione dello spermio nell'uovo e il primo solco di segmentazione (Nereis, Echinodermi). E l'esperimento anche in questo caso ha portato a risultati conclusivi, come quelli ottenuti provocando artificialmente una fecondazione localizzata, nel qual punto o in una zona vicina, viene a passare il primo solco meridiano di segmentazione dell'uovo.
La meccanica dello sviluppo dei vertebrati. - L'applicazione del metodo sperimentale all'embriologia dei Vertebrati ha permesso di mettere in luce, sulla base delle conoscenze acquisite dall'embriologia comparata, la determinazione (v.) degli organi durante lo sviluppo; il loro differenziamento (v.), precoce e invisibile, quello tardivo e funzionale, nonché la potenza delle diverse parti dell'uovo nei varî stadi.
È stato di valido aiuto per lo studio di questi problemi, il perfezionarsi continuo delle varie tecniche e il sorgere di nuovi metodi: tali le colture dei tessuti (R.G. Harrison, 1907), che permettono di isolare e mantenere in vitro (v. espiantazione), frammenti di tessuti embrionali o di adulti nutrendoli con siero, plasma, ecc., e studiandone così i poteri di differenziamento e d'accrescimento; gli impianti di parti isolate del germe sull'allantoide nell'embrione di pollo (F. Peebles, J.B. Murphy, ecc.); le operazioni sugli embrioni mediante aghi, anse di capello, micropipette, forbicine, con i quali si possono isolare, asportandole, regioni ben circoscritte dell'embrione, trasferirle in altri territorî e controllare così la loro potenza formativa (metodo dei trapianti embrionali: G. Born, R.G. Harrison, H. Spemann); l'introduzione del micromanipolatore nella cosiddetta micrurgia cellulare (T. Peterfi, R. Chambers e W.R. Taylor), e il metodo delle colorazioni vitali (Vitalfarbmarkierung) introdotto da H.B. Goodale (1911), per mezzo del quale si può contrassegnare un determinato territorio dell'uovo o dell'embrione seguendolo e rintracciandolo in vivo negli stadî successivi dello sviluppo.
Come materiale per questi studî si sono dimostrati particolarmente adatti gli anfibî, gli embrioni di pollo, alcune specie di uova di teleostei e più recentemente simili ricerche furono estese anche alle uova di alcuni mammiferi (ratto, coniglio).
Esperimenti sulla struttura e sulle potenze dell'uovo. - Le uova della maggior parte degli animali, in quanto sferiche, posseggono un'asse che ne indica la cosiddetta "polarità". Nell'uovo di rana (figg. 3 e 28), che prenderemo come esempio tipico, l'asse polare che passa per il polo animale e quello vegetativo è corrispondente a una particolare distribuzione del tuorlo raccolto a questo polo e inoltre a una distinta stratificazione dei materiali. In tutti gli anuri la differenza esteriore fra il polo animale e quello vegetativo è palesata dalla diversa pigmentazione dei due emisferi: il pigmento raccolto nell'emisfero animale, ove si trova anche il nucleo, quasi sempre sull'asse, talora fuori dell'asse, risiede nello strato corticale dell'uovo e si ritrova nell'ectoderma dell'embrione, questa pigmentazione embrionale non avendo però a che vedere con quella definitiva dell'animale.
Mentre l'uovo prima della fecondazione è radialmente simmetrico, dopo la fecondazione, per una migrazione caratteristica del pigmento, diviene bilaterale e questo piano di simmetria corrisponde in genere al piano di simmetria dell'embrione futuro (fig. 28). Il primo indice della simmetria bilaterale dell'uovo è quindi conseguente alla penetrazione dello spermio. Come è stato dimostrato sperimentalmente dal Roux, e 30 anni prima da G. Newport (1851-1859), con fecondazioni localizzate, operate con un pennellino in una zona diametralmente opposta al punto di entrata dello spermio, si ha la formazione della cosiddetta semiluna grigia, descritta per la prima volta da O. Hertwig, successivamente con maggiori particolari da O. Schultze, da T.H. Morgan nelle uova di specie americane e più recentemente, dal punto di vista citologico, da R. Weigmann (1927). La semiluna grigia che non è ben visibile in tutte le specie di Anfibi (in Triton ad es. non si vede), segna il piano di simmetria bilaterale dell'uovo e cioè la parte anteriore, posteriore e i lati del futuro embrione (fig. 28).
Il problema delle relazioni fra la simmetria dell'uovo e il futuro piano di simmetria fu particolarmente illustrato dal Roux che descrisse come lo spermio segua una determinata direzione lungo l'asse dell'uovo (traccia di penetrazione) cambiando poi direzione (traccia di copulazione) per raggiungere il pronucleo femminile. Il primo fuso di segmentazione, probabilmente per i movimenti dell'ooplasma conseguenti allo spostamento dello spermio, viene a disporsi perpendicolarmente a questa seconda direzione. Quando il piano dell'uovo è fissato, il punto mediano del labbro dorsale del blastoporo (nella gastrula) apparirà in coincidenza della metà della semiluna grigia. Questi fatti non sono necessariamente connessi né vi è costante relazione fra piano di simmetria dell'uovo e primo piano di segmentazione (J. W. Jenkinson, 1909). Il primo solco infatti può coincidere con il piano di simmetria bilaterale o essere normale a questo o a 45° da questo. Il Brachet (1905) ha potuto sperimentalmente dimostrare che cauterizzando con un ago riscaldato uno dei blastomeri dei primi due, nell'uovo di rana, il risultato varia a seconda della direzione del primo solco: si ottiene cioè nel primo caso un emiembrione laterale, nel secondo un emiembrione anteriore o posteriore, oppure nel terzo caso un emiembrione obliquo (fig. 29). Ciò dimostra che la bilateralità dell'uovo non dipende dalla direzione dei solchi di segmentazione - la cui successione può del resto venire mutata eon la compressione dell'uovo, senza che ne venga alterato il normale sviluppo (Hertwig, 1893) - ma è già stabilita fin dall'inizio dal modo in cui i materiali organo-formativi sono distribuiti, dalla comparsa cioè della semiluna grigia, primo segno della determinazione dell'uovo, e forse prima della stessa fecondazione.
Per la successiva evoluzione dell'uovo si riteneva esistessero delle notevoli dissomiglianze fra Anuri e Urodeli, ma O. Schotté (1930), ha dimostrato contro la tesi del Brachet (1923), che l'uovo di rana è simile per la sua organizzazione a quello di Triton.
Significato dei territori presuntivi del germe. - La segmentazione dell'uovo di rana è, come si è detto, oloblastica (fig. 3): la semiluna grigia corrisponde alla regione in cui apparirà negli stadî successivi il labbro dorsale del blastoporo della gastrula (v.). Con le colorazioni vitali W. Vogt (1923) e K. Goerttler (1925) nella blastula degli Anfibî misero in evidenza i movimenti delle masse cellulari che si compiono in superficie e che conducono al processo di gastrulazione con l'invaginazione del materiale endodermico superficiale (figg. 30 e 31). E per merito specialmente di queste ricerche, seguite e controllate da altri autori (Vintemberger), si sono con certezza identificate sia negli Anuri (O. Schotté, 1930) sia negli Urodeli, negli stadî di blastula e all'inizio della gastrulazione, le regioni corrispondenti (fig. 32) agli organi dell'embrione futuro (piastra midollare, corda, mesoderma della piastra laterale, dei muscoli della coda, branchie, arti anteriori, ecc.), così che apportando dei difetti si determinano i difetti corrispondenti nei rispettivi organi della larva (Suzuki). La potenza di queste zone è labile nei primi stadî dello sviluppo, e solo in seguito si determina divenendo irreversibile, più precocemente negli Anuri, più tardi negli Urodeli.
È merito appunto dello Spemann e della sua scuola di aver controllato con una serie di esperimenti di trapianto ormai divenuti classici, il valore dei territorî presuntivi, cioè a dire la potenza prospettiva degli abbozzi degli organi principalmente di quelli assili dorsali, nella blastula e nella gastrula di Triton; di avere cioè stabilito a quali periodi dello sviluppo del germe corrisponde la loro determinazione. Si ricordano a tale proposito le operazioni di scambio (su Triton alpestris e T. taeniatus combinati con cristatus, per la diversa pigmentazione degli embrioni) di epidermide presuntiva del ventre con presuntiva piastra midollare che dànno come risultato lo sviluppo del pezzo trapiantato secondo la nuova sede d'impianto, se l'operazione è fatta all'inizio della gastrulazione, oppure indipendentemente dai territorî adiacenti e secondo la propria origine, se l'operazione è eseguita in fase più avanzata della gastrulazione. Ciò dimostra l'esistenza di qualche fattore localizzato nella nuova sede e che influenza il differenziamento dei pezzi trapiantati (Spemann, 1927).
Gli organizzatori dello sviluppo. - I risultati riferiti, insieme con quelli ottenuti dividendo una giovane gastrula secondo il piano equatoriale e rotando l'emisfero animale di 180° su quello vegetativo, diedero lo spunto allo Spemann (1916-18) per gettare le basi di quella che doveva essere poi la teoria degli organizzatori dello sviluppo. Nella rotazione della metà dorsale della blastula o giovane gastrula e conseguente reimpianto sull'emisfero vegetativo, lo Spemann osservò che il territorio presuntivo della piastra midollare non dà più luogo alle pieghe midollari, mentre il materiale presuntivo dell'epidermide ventrale che viene a trovarsi, per la rotazione subita, anteriormente alla regione del labbro dorsale del blastoporo, si differenzia nella piastra midollare, cioè in una struttura alla quale non avrebbe dato origine nello sviluppo normale. Il differenziamento della piastra midollare è quindi influenzato dal distretto blastoporale. Ciò fu successivamente dimostrato in modo cruciale da un'esperienza brillantissima di Spemann e Hilda Mangold (1924) che trapiantando un pezzo del labbro dorsale del blastoporo sul fianco di una gastrula ottennero dal pezzo impiantato - che s'invagina per autodifferenziamento sull'embrione ospite - la formazione della corda, dei somiti e della parete archenterica; di più l'ectoderma presuntivo ventrale dell'ospite si trasformava in piastra, poi in tubo midollare, con il risultato finale dello sviluppo di un embrione secondario sul fianco dell'ospite (fig. 33).
Con un'organica e ininterrotta serie di prove fu possibile allo Spemann e ai suoi allievi individuare il centro d'induzione del labbro blastoporale che è capace di organizzare, autodifferenziandosi e inducendo, le fondamentali strutture del germe. Questi risultati trasportati alla normale ontogenesi, hanno permesso d'intravedere l'origine delle cause interne dello sviluppo nei centri organizzatori: per la piastra midollare e per gli organi dorsali dell'embrione nel materiale endodermico della volta archenterica (Marx e Lehmann). Sulla natura dello stimolo organizzatore non si ha ancora un'idea precisa: esperimenti di Geinitz (1925) che hanno dato come risultato la trasmissione del potere organizzatore in epidermide presuntiva indifferente, quando questa è trasferita nella regione del labbro dorsale del blastoporo, sembrerebbero parlare a favore della natura chimica dello stimolo inducente. Questo non risulterebbe specifico, poiché l'induzione può avvenire fra specie, generi, ordini diversi, e permetterebbe anche alle strutture già organizzate d'indurre alla loro volta una struttura simile per una azione di contatto, più propriamente forse per la trasmissione di una certa energia dal centro inducente al territorio indotto, come avverrebbe nell'induzione omoiogenetica della piastra midollare (Mangold, 1926), la quale consiste nel differenziamento di una tale struttura sotto l'azione inducente della stessa piastra midollare, trapiantata nel blastocele al disotto di epidermide presuntiva.
Negli Urodeli così è stato possibile individuare un'intima struttura del centro organizzatore, una sua lateralità, una cosiddetta struttura regionale, fattori questi che negli Anuri, per difficoltà tecniche, non si sono potuti controllare: ma il Brachet (1923) ha scoperto sperimentalmente nella semiluna grigia un centro di differenziamento spontaneo omologabile all'organizzatore del blastoporo degli Urodeli, che del resto esperimenti di Bautzmann (1926), di Ruud (1925), ecc., dimostrerebbero latente già nello stadio di blastula e forse fin dai primi stadî della segmentazione. Da queste fasi dello sviluppo l'agente organizzatore funzionerebhe poi, secondo Mangold, per un periodo notevolmente esteso.
Differenziamento degli organi. - Anche per lo sviluppo degli abbozzi di varî organi più specializzati, l'embriologia sperimentale ha portato un largo contributo. Gli esperimenti furono specialmente fortunati nei primi stadî di sviluppo di embrioni di Anfibî, ma risultati anche notevoli si sono raggiunti nell'embrione di pollo, per il quale sono state illustrate le potenze delle varie parti del blastoderma e rintracciato il valore presuntivo dei varî territorî. Così Hoadley (1926) indagò la capacità al differenziamento di parti isolate del blastoderma, che varia, anzi aumenta, con il progredire dello sviluppo, che egli interpretò ammettendo l'esistenza di segregazioni embrionali primordiali e di una progressiva dicotomia differenziale nel differenziamento degli organi, come è stato anche prospettato da F. Lillie nel 1929.
Negli Anfibî è stato chiarito così da un punto di vista causale lo sviluppo del sistema nervoso, degli organi di senso, degli arti, del cuore, ecc., con l'intervento, nei varî casi, di correlazioni diverse fra centri organizzatori e territorî indotti come, ad es., nel caso degli organizzatori cosiddetti di "secondo ordine", quale l'abbozzo oculare nell'induzione dell'ectoderma formatore della lente. Per l'occhio (fig. 34), si è potuto identificare la localizzazione del suo abbozzo pari nella piastra midollare; la sua capacità all'autodifferenziamento, la dipendenza del cristallino nella sua origine ed evoluzione, almeno nella maggior parte dei casi, dall'abbozzo oculare sottostante. E a questo proposito si è prospettata una stretta relazione fra differenziamento dipendente e indipendente degli abbozzi come capacità l'una supplementare dell'altra. Il principio della "doppia sicurezza", già enunciato dal Rhumbler, consiste appunto nell'ammettere che un abbozzo è autodifferenziabile non per qualità proprie sorte spontaneamente, ma perché ha già subito, in un determinato momento, l'influenza di agenti induttori.
La meccanica di sviluppo dei Vertebrati ha permesso infine di controllare il potere regolativo e rigenerativo di alcuni abbozzi embrionali, che, come quello dell'arto o come quello dell'occhio sono riferibili a sistemi armonici equipotenti in tutte le loro parti, nonché d'identificare almeno per alcuni abbozzi complessi, i fattori intrinseci del loro differenziamento nei confronti di quelli estranei al territorio e dipendenti dalle strutture adiacenti.
Riassunto. - L'analisi dello sviluppo compiuta dalle ricerche di embriologia sperimentale ha riportato in campo le antiche questioni della preformazione e della epigenesi. Della prima ipotesi si può dire soltanto che essa sussista in quanto si ammette che certi determinati fattori siano preesistenti nell'uovo, particolarmente nel nucleo ed ereditati di generazione in generazione per permettere lo svolgimento dei processi dello sviluppo normale. Ma fondamentalmente il sorgere graduale di tutti i fattori dello sviluppo, l'apparire delle localizzazioni secondo una successiva segregazione (F. R. Lille) sono un processo di epigenesi a favore del quale parlano la comparsa non simultanea nell'uovo di energie e sostanze organo-formative, la graduale determinazione e il progressivo differenziamento di certi territorî dipendenti da centri precocemente determinati, capaci di organizzare altre strutture: è cioè una trasmissione continua di stimoli formativi dagli stadî iniziali a quelli successivi dello sviluppo. L'embriologia sperimentale non ha con questo spiegato lo sviluppo degli organismi ma ha servito a chiarire le leggi che ne governano i punti nodali: ha fatto conoscere la natura degli stimoli esterni che controllano lo sviluppo e i fattori interni che lo regolano in ordine di spazio e di tempo. Ha dimostrato infine, col sottoporre l'uovo a condizioni anormali, alcune delle proprietà indispensabili all'uovo perché questo raggiunga il risultato finale. È sorta così una nuova filosofia dello sviluppo fondata sui risultati dell'indagine sperimentale, ma i problemi oscuri sono ancora numerosi e lungo è il cammino che deve compiersi per risolverli.
Per la teoria dei gradienti assiali e gli altri studî ad essa relativi v. rigenerazione; sviluppo.
Bibl.: W. His, On the principles of animal morphology, in Proceed. Royal Soc., Edimburgo 1887; W. Roux, Gesammelte Abhandlungen über Entwicklungsmechanik, Lipsia 1894; Ch. B. Davemport, Experimental Morphology, New York 1897-99; C. Herbst, Formative Reise in der tierischen Ontogenese, Lipsia 1901; E. Korschelt e K. Heider, Lehrbuch der vergleichenden Entwicklungsgeschichte, Jena 1902, I; H. Driesch, Philosophie des Organischen, Lipsia 1903; W. Roux, Die Entwicklungsmechanik, ein neuer Zweig der biologischen Wissenschaft, Lipsia 1905; T. H. Morgan, Experimentelle Zoologie, Lipsia 1907; H. Spemann, Zum Problem der Correlation in der tierischen Entwicklung, in Verhandl. d. deutsch. zool. Ges., 1907; J. W. Jenkinson, Experimental Embryology, Oxford 1909; C. Herbst, Entwicklungsmechanik der Tiere, in Handwört. d. Naturwiss., Jena 1913, III; O. Hertwig, Allgemeine Biologie, Jena 1923; E. B. Wilson, The cell in development and eredity, 2ª ed., New York 1925; E. Fauré-Fremiet, La cinétique du développement, Parigi 1925; G. R. De Beer, An introduction to experimental embryology, Oxford 1926; J. Duesberg, L'øuf et ses localisations germinales, Parigi 1926; W. Schleip, Entwicklungsmech. und Vererbung bei Tieren, in Handb. d. Vererbungswiss., Berlino 1927; H. Spemann, Organizer in animal development, in Proceed. Royal Soc., Londra 1927; G. R. De Beer, The mechanics of Vertebrate development, in Biological Rewiews, II (1927); E. Korschelt, Regeneration und Transplantation, Berlino 1927-31, T. H. Morgan, Experimental Embryology, New York 1927; R. G. Harrison, On the status and significance of tissue culture (X Congr. intern. di zool.), Budapest 1928; O. Mangold, Probleme der Entwicklungsmech., in Die Naturwiss., Berlino 1928; W. Schleip, Die Determination der Primitiventwickl., Lipsia 1929; B. Dürken, Grundr. d. Entwicklungsmech., Berlino 1929; G. Levi, Determinazione e specificità dei tessuti, in Arch. ital. di anat. e istol. pat. (1930); A. Brachet, L'øuf et les facteurs de l'ontogenèse, Parigi 1931; J. Needham, Chemical Embryology, Cambridge 1931.
Embriologia vegetale.
L'embriologia vegetale, intesa attualmente in un senso molto ampio, studia non soltanto i primi stadî di sviluppo di un nuovo individuo, ma anche la produzione dei germi (gameti, spore, ecc.) dai quali esso proviene; e siccome nella grande maggioranza delle piante esiste un ciclo alterno con un gametofito e uno sporofito, l'embriologia si occupa dell'una e dell'altra generazione, identificandosi perciò con lo studio dell'ontogenesi. I botanici riserbano il nome di embriogenesi a un piccolo capitolo dell'embriologia, a quello cioè che segue l'edificazione dell'embrione dal germe.
Gli antichi autori non ebbero affatto idea di quella che è l'attuale embriologia vegetale; lo stesso Malpighi, che nel campo degli animali fece interessanti osservazioni sullo sviluppo dell'embrione di pollo, si limitò per le piante alla descrizione dell'embrione adulto e dei primi stadî di germinazione della piantina. Per scorgere gli albori della moderna embriologia bisogna giungere fino al principio del sec. XIX quando, tuttavia, insieme con le prime idee esatte di qualche studioso sullo sviluppo degli apparecchi della riproduzione nelle piante, le affermazioni più stravaganti venivano ingenuamente accolte dagli scienziati; così, per es., la trasformazione di alcune piante in animali, la quale coincideva con l'istante in cui da un'alga fissa al substrato sciamavano corpicciuoli dotati di attivo movimento, essendo allora radicata la convinzione che una delle principali differenze fra piante e animali fosse l'assenza o la presenza di movimento. Lo stesso M. Schleiden, l'autore della teoria cellulare, sosteneva che nelle piante fanerogame l'ovulo non rappresentasse altro che un sacco adatto per lo sviluppo dell'embrione, prodotto asessualmente per ingrossamento dell'estremità del tubo pollinico; per cui insorgeva vivacemente contro l'Amici che aveva dimostrata assurda la sua teoria. G.B. Amici infatti, che nel 1823 aveva scoperto la formazione del tubo pollinico dai granelli di polline aderenti alle papille stimmatiche di Portulaca oleracea e nel 1830 ne aveva descritto il percorso fino all'ovulo, doveva anche avere il merito di mostrare, nel Congresso degli scienziati italiani a Genova nel 1846, che l'embrione proviene da un corpo esistente nell'ovulo, la vescichetta embrionale, la quale assorbe il liquido fecondatore apportato dal tubo pollinico. La controversia fra lo Schleiden e l'Amici non lasciò indifferenti i botanici; H. von Mohl, K. Mu̇ller e W. Hofmeister, nella Botanische Zeitung del 1847, dove veniva tradotta la memoria dell'Amici, confermavano l'opinione dell'autore italiano.
Nel 1849 W. Hofmeister, ritenuto a giusta ragione come il fondatore dell'embriologia vegetale, pubblicò una serie di osservazioni in cui seguì lo sviluppo dell'ovulo dal suo primo apparire sulla placenta fino allo stato adulto; distinse nel sacco embrionale un gruppo micropilare di tre cellule, un gruppo antipodale e un nucleo centrale; descrisse il percorso del tubo pollinico e l'atto della fecondazione, che egli riteneva effettuarsi per osmosi attraverso le pareti del tubo pollinico e del sacco, e da ultimo le prime divisioni della vescichetta embrionale fecondata per la produzione dell'embrione. A queste ricerche ne succedettero altre, tra il 1851 e il 1861, estese, oltre che alle fanerogame, alle muscinee e alle felci e condotte sempre con lo stesso metodo di studio dell'intero ciclo ontogenetico; la qual cosa permise al Hofmeister di fare la scoperta dell'alternanza di generazione nei vegetali, e di stabilire conseguentemente un nesso filogenetico fra i diversi gruppi di piante, prima rigidamente distinti fra loro, poiché egli scorgeva una netta omologia da una parte fra la piantina del musco, il protallo delle felci e il contenuto del granello di polline maturo e quello del sacco embrionale delle fanerogame, tutti rappresentanti la generazione gametifera, dall'altra fra l'urna dei muschi, la pianta di felce e la pianta di pino o di quercia, tutte produttrici di sporangi e di spore e quindi rappresentanti la generazione sporifera.
Stabilita su salde basi dal Hofmeister, l'embriologia ebbe un nuovo e forte impulso specialmente per opera di E. Strasburger, la cui attività iniziatasi verso il 1870 si continuò ininterrotta per oltre quarant'anni. Egli fu uno dei primi fra i biologi a occuparsi della divisione nucleare ed eliminò anzitutto l'errore commesso dal Hofmeister della formazione libera dei nuclei nell'interno del sacco embrionale, errore determinato dall'opinione allora dominante della scomparsa del nucleo al momento della divisione cellulare e della formazione ex novo dei nuclei in seno al citoplasma delle cellule figlie. Sezionando materiale indurito precedentemente in alcool, a differenza dei suoi predecessori che avevano lavorato soltanto su materiale a fresco, egli riuscì a colpire tutti gli stadî di differenziazione del gametofito femminile nell'interno del sacco embrionale delle Angiosperme e osservò che il nucleo primario del sacco si divide regolarmente per mitosi in due nuclei figli, i quali si portano agli estremi opposti del sacco stesso, dove ciascuno subisce una doppia divisione; tre dei quattro nuclei di gruppo superiore o micropilare formano l'apparato sessuale risultante dell'oosfera e di due cellule compagne o sinergidi; tre dei nuclei del gruppo inferiore o calazale formano le antipodi, e i due rimanenti (nuclei polari) si muovono incontro, si saldano e costituiscono il nucleo endospermico (nucleo secondario) del sacco. Questo schema di costruzione del tipo ordinario di gametofito ♀ delle Angiosperme fu interpretato con tale precisione dallo Strasburger, che in seguito non solo non ha subito alcuna modificazione, ma è stato confermato in tutti i suoi particolari dagli studiosi posteriori (fig. 35, 1-9).
Anche nelle Gimnosperme lo Strasburger studiò lo sviluppo del gametofito femminile e osservò che il nucleo primario del sacco non scompare, come ammetteva il Hofmeister, ma si divide ripetute volte, e i numerosi nuclei così prodotti si portano alla periferia del sacco dove formano uno strato parietale. Fra questi nuclei compaiono simultaneamente le membrane in seno a filamenti citoplasmatici e poi, progredendo le divisioni cellulari dalla periferia al centro, il sacco rimane riempito di un tessuto, l'endosperma o parte vegetativa del gametofito. All'estremità micropilare del sacco, per evoluzione di singole cellule dell'endosperma, si sviluppano gli archegonî, ciascuno costituito da un collo e da una porzione dilatata o ventre, il quale poco prima della maturazione si divide e dà una piccola cellula detta del canale del ventre e una grande cellula, l'oosfera (fig. 35, 10). Queste osservazioni ebbero anch'esse piena conferma dalle ricerche di altri autori.
Quando lo Strasburger si accinse allo studio della germinazione dei granelli di polline o microspore delle Angiosperme, nulla di preciso si sapeva sulla loro interna struttura. Con appropriati mezzi di fissazione e di colorazione egli scorse che in seguito a divisione del nucleo si formano due cellule non separate da membrana, l'una piccola, detta cellula generativa perché dividendosi ulteriormente genera due spermî, l'altra grande, detta sifonale perché dà il tubo pollinico. Tale è la struttura del gametofito ♂ ridottissimo delle Angiosperme (fig. 35, 11-14) che, messa in evidenza dallo Strasburger, si è dimostrata molto uniforme in queste piante. Nelle Gimnosperme invece, secondo le ricerche dello Strasburger medesimo, di J.M. Coulter, C.J. Chamberlain, W. J. Land, W. Belaieff, A. Lawson, K. Miyake, G. Lopriore e altri botanici moderni, il gametofito ♂ varia nella sua costituzione a seconda dei gruppi ed è più complicato che nelle Angiosperme, sia per la presenza di cellule vegetative, sia per il fatto che la cellula generativa prima di dare gli spermî distacca una cellula sterile o parietale (fig. 35, 15-17).
Fino al 1874 sul processo di fecondazione nelle piante non si avevano che poche idee esatte. J. Sachs nella IV edizione del suo trattato ripeteva ancora al riguardo delle Angiosperme l'opinione emessa circa trent'anni prima dall'Amici, e confermata dal Mohl e dal Hofmeister, che il contatto del tubo pollinico con l'estremità del sacco embrionale permettesse la diffusione della "sostanza fecondante" attraverso le pareti per la impregnazione della cellula ovo. Anche a tale questione lo Strasburger portò il suo contributo. Egli scorse che il tubo pollinico non si arresta contro la parete del sacco, ma vi penetra e si apre alla sua estremità per versarvi il suo contenuto insieme con gli spermî, uno dei quali attraversa il citoplasma dell'oosfera e si unisce col suo nucleo. Avendo notato che in questo processo l'elemento maschile partecipava soltanto col suo nucleo, mentre era escluso il citoplasma, egli già nel 1884 era spinto a considerare il nucleo come il solo portatore dei caratteri ereditarî. Questa idea, che doveva essere tanto feconda di risultati nel campo della citologia applicata alla genetica, appartiene dunque allo Strasburger, sebbene nello stesso anno e indipendentemente da lui anche Oscar Hertwig giungesse per gli animali alla medesima concezione. In appoggio alle sue vedute lo Strasburger nel 1888 esprimeva l'ipotesi che nell'atto della fecondazione il nucleo maschile e quello femminile portassero lo stesso numero di cromosomi. Questa ipotesi veniva confermata nelle piante da L. Guignard, che nello zigoto di Fritillaria contava 24 cromosomi, dei quali 12 appartenevano all'oosfera e 12 allo spermio.
Lo Strasburger nelle Angiosperme aveva sempre notato che dei due spermî versati dal tubo pollinico nel sacco uno solo si univa all'oosfera, quindi supponeva che l'altro avesse un semplice ufficio di sostituzione. Sennonché nel 1898 il botanico russo S. Nawašin, studiando la fecondazione in Fritillaria tenella e in Lilium martagon, scopriva che il secondo spermio non va a male, ma si unisce al nucleo secondario e che dal prodotto di tale unione ha origine l'albume (fig. 36). L'importante scoperta, subito confermata dal Guignard e successivamente da molti altri studiosi, è stata variamente interpretata: il Navašin ritiene questa seconda unione come un atto gamico, cosicché egli parla di una doppia fecondazione nel sacco embrionale delle Angiosperme, di cui l'una porta alla formazione del vero embrione, l'altra alla produzione di un embrione indifferenziato "talliforme", l'albume, utilizzato dal vero embrione per la sua nutrizione; lo Strasburger e il Guignard invece la ritengono come una fecondazione vegetativa, una "falsa fecondazione", atta semplicemente a stimolare il nucleo secondario alla divisione per produrre l'albume o endosperma.
Nelle Embriofite inferiori, Muschi, Epatiche, Felci e affini, l'elemento maschile si mostra nella forma tipica di spermio fornito di ciglia, quindi capace di raggiungere per movimenti proprî in seno all'acqua l'elemento femminile. Nelle Fanerogame invece l'elemento maschile è rappresentato da cellule o, più generalmente, da nuclei spermatici, immobili, trasportati passivamente per mezzo del budello pollinico fino all'oosfera. Di qui è sorta la distinzione, fatta dall'Engler nel 1892, delle Embriofite in zoidiogame, cioè con gamia simile a quella degli animali, per spermî mobili, e sifonogante, con gamia per spermî immobili, trasportati mediante il tubo pollinico. Una differenza così spiccata fra i due gruppi di piante doveva essere notevolmente attutita dalla scoperta della presenza di veri e proprî spermî forniti di numerose ciglia, nell'interno del tubo pollinico, che è forse la più importante della fine del sec. XIX nel campo dei vegetali e che venne fatta nel 1896 da due botanici giapponesi, S. Irase e S. Ikeno, rispettivamente nella Ginkgo biloba e nella Cycas revoluta, Gimnosperme ritenute come le più antiche fra le viventi. L'importanza di questa scoperta, confermata in tutte le altre specie di Cicadacee studiate posteriormente, non risiede soltanto nell'aver permesso di colmare una lacuna grave fra zoidiogame e sifonogame, ma anche nell'aver dimostrato che il tubo pollinico nun ha avuto dall'inizio in tutte le sifonogame la funzione che ha attualmente nelle Gnetine e nelle Angiosperme, quella cioè di condurre gli spermî immobili verso l'oosfera, ma ha servito in alcune a guisa di un austorio a fissare e a nutrire i granelli di polline giunti nella camera pollinica all'apice della nocella ovulare, mentre gli spermî, che intanto maturano nell'interno del granello di polline, vengono fuori per rottura del medesimo e si muovono nel liquido sovrastante agli archegonî per penetrare poi attraverso il collo fino all'oosfera (fig. 36,3).
Nel momento dell'unione del nucleo dello spermio con quello dell'oosfera il numero dei cromosomi si raddoppia, così che lo zigoto, che è la prima cellula d'una nuova generazione, è diploide e tali sono tutte le cellule del corpo dello sporofito, provenienti per successive divisioni dalla cellula primitiva dello zigoto. Una questione, per quanto importante, altrettanto difficile, è stata quella di stabilire in quale momento, dove e come avviene il ripristino del numero semplice, aploide, dei cromosomi. Negli animali si è visto che tale processo si compie durante la gametogenesi; nelle piante invece durante la sporogenesi, cioè quando si formano le spore. Limitandoci alle piante superiori, come finora abbiamo fatto, già da molto tempo era stato osservato che le cellule madri del polline, dividendosi, generano ciascuna una tetrade di granelli pollinici o microspore. In seguito lo Strasburger, il Guignard e altri, studiando più attentamente il processo, si accorsero che durante le due divisioni nucleari che portano alla costituzione della tetrade, il numero dei cromosomi si mostra molto inferiore a quello delle cellule vegetative in divisione; anzi il Guignard, nel 1884, contava nelle cellule madri del polline di Lilium martagon in cariocinesi 12 cromosomi, cioè un numero pari a metà di quello calcolato nelle cellule del corpo vegetativo. Da quell'epoca fino al 1910 ed anche oltre, tutta una schiera di botanici fra cui lo Strasburger, il Guignard, I. B. Overton, D. M. Mottier, C. E. Allen, K. Miyake, O. Rosenberg e in modo speciale V. Grégoire si diedero con slancio allo studio del meccanismo con cui si effettua la riduzione dei cromosomi. Esso consiste essenzialmente nell'unione temporanea dei cromosomi omologhi paterni e materni in tante coppie o gemini che si dispongono nel piano equatoriale del fuso nucleare, dove si sdoppiano e i singoli cromosomi di ogni coppia si portano l'uno nell'uno e l'altro nell'altro dei due nuclei figli, i quali perciò vengono ad avere un numero di cromosomi metà di quello del nucleo genitore.
Ciò si effettua nella prima fase del processo di tetradogenesi, cioè nella divisione detta eterotipica, poiché nella seconda fase, nella divisione omeotipica, i cromosomi si scindono longitudinalmente come in una divisione nucleare ordinaria. In seguito al processo di tetradogenesi o sporogenesi si formano quattro granelli di polline o microspore, che possono giacere in un piano o possono essere disposte in tetraedro a seconda del modo come s'è compiuta la divisione cellulare (fig. 38, 1-8). Di regola tutti e quattro i granelli pollinici sono fertili; eccezionalmente, come ad es. nelle Ciperacee, avviene che, dei quattro nuclei prodotti in seguito al processo riduzionale, tre vanno a male e la cellula madre col quarto nucleo superstite forma l'unico granello pollinico abbonito (fig. 38, 9-12).
Con modalità quasi identiche a quelle della microsporogenesi si compie la megasporogenesi nelle Fanerogame, soltanto che essa è stata osservata più tardi dai botanici. Cosi p. es. il Hofmeister, mentre descrive e illustra in nitide figure le tetradi polliniche, non fa cenno delle megaspore. E. Warming nel 1877, in un lavoro fondanentale sull'ovulo, osserva in Ribes nigrum, in Senecio vulgaris e in altre piante la divisione della cellula madre; ma poi erroneamente interpreta come un processo di sporogenesi la formazione dei due gruppi quadrinucleati ai poli del sacco, che corrispondono invece, come si è visto, a uno stadio di sviluppo del gametofito femminile.
In errori non meno gravi cade un anno dopo J. Vesque, in quanto anch'egli confonde gli stadî della sporogenesi con quelli dell'edificazione del gametofito; eppure sono mirabili per chiarezza le sue figure, in cui si vede nettamente la cellula madre divisa in quattro cellule figlie. Nel 1879 lo Strasburger, nel classico lavoro sulle Angiosperme e le Gimnosperme, fu il primo a sostenere che le divisioni della cellula madre del sacco embrionale debbono ritenersi omologhe a quelle che si compiono nelle cellule madri dei granelli di polline; opinione questa che è stata pienamente sancita quando dallo studio citologico è risultato che anche in questo processo si compie una divisione riduzionale simile a quella precedentemente descritta per la mcrosporogenesi. Le tetradi di megaspore differiscono da quelle polliniche soltanto in ciò, che le spore, ordinariamente, sono disposte in pila verticale e di esse una sola, di regola l'inferiore, è fertile, ingrandisce, schiacciando le altre, e diventa il sacco embrionale, nel quale ha origine, nel modo che abbiamo visto, il gametofito femminile (fig. 38, 13-15).
Col progredire degli studî embriologici sono state messe in evidenza numerose deviazioni dal tipo normale di megasporogenesi: una delle più interessanti è la soppressione, durante il processo riduzionale, della formazione di membrane divisorie, di modo che invece di quattro distinte megaspore si formano quattro nuclei megasporiali immersi nella massa comune di citoplasma della cellula madre, la quale funziona perciò in questo caso direttamente da sacco embrionale. In tali condizioni anche il gametofito ♀ mostra uno sviluppo diverso da quello normale, potendo derivare, a seconda delle piante, da uno, da due o da tutti e quattro i nuclei megasporiali. Il primo esempio di un gametofito a 16 nuclei prodotto dalla partecipazione dei quattro nuclei megasporiali fu scoperto nel 1900 dallo Johnson in Peperomia pellucida, successivamente ritrovato in altre specie di Peperomia, in alcune Peneacee, Haloragidacee, Euforbiacee, Composite, ecc. La figura 39 illustra l'origine del gametofito 16 nucleato di Euphorbia descritto dal Modilewski nel 1909: i quattro nuclei megasporiali si dispongono in croce nel sacco e ciascuno per doppia divisione origina quattro nuclei, tre dei quali in ogni gruppo acquistano l'aspetto di apparato sessuale, mentre il quarto migra nel centro e si fonde con gli altri tre provenienti dagli altri gruppi per formare il nucleo secondario. Un altro esempio interessantissimo di partecipazione di tutti e quattro i nuclei megasporiali alla costruzione del gametofito femminile è quello scoperto da O. Dahlgren nel 1914 nelle Plumbaginacee: l'importanza di questo caso sta nel fatto che i nuclei megasporiali non si dividono più e di essi uno diventa direttamente l'oosfera, due si fondono e formano il nucleo secondario, il quarto rappresenta un antipode; il massimo quindi della riduzione che si possa immaginare per il gametofito ♀ delle piante superiori, in quanto la sporogenesi s'identifica col processo di sviluppo del gametofito stesso.
Lo studio dell'embriogenesi nelle piante non ha raggiunto quella importanza che meritamente ha assunto nell'embriologia animale. Se ne sono occupati, ma in modo molto imperfetto, alcuni antichi microscopisti; più di recente il Hofmeister, L.R. Tulasne e J. Hanstein. Le ricerche di quest'ultimo autore, sebbene risalgano al 1870 e siano state eseguite con una tecnica primitiva, debbono ritenersi fondamentali per i risultati raggiunti. Per merito degli autori posteriori, fra i quali R. Souèges, J.M. CoulteI e C.J. Chamberlain, E. Carano, A. Chiarugi, lo studio dell'embriogenesi è stato notevolmente ampliato e perfezionato, ma le norme e la nomenclatura stabilite dal Hanstein sono rimaste quasi immutate. Il primo indizio dell'avvenuta fecondazione è la comparsa della membrana alla periferia dell'oosfera. Ordinariamente tra la fecondazione e l'inizio delle segmentazioni dello zigoto trascorre un certo intervallo di tempo, variabile da poche ore a qualche giorno e perfino a molti mesi com'è, fra i tanti, il caso di Colchicum autumnale, la cui oosfera, fecondata in autunno, incomincia a dividersi nella primavera successiva. Lo zigoto di regola si segmenta trasversalmente in due cellule, l'una più piccola terminale, l'altra più grande basale e attaccata alla vòlta del sacco embrionale; le due cellule possono ancora dividersi trasversalmente, cosicché si forma un corpo bi- o pluricellulare, detto proembrione, dal quale si edifica per successive divisioni l'embrione definitivo, e precisamente dalla sua cellula terminale deriva la maggior parte del corpo dell'embrione stesso e dalle cellule sottostanti l'apice della radichetta embrionale e il sospensore o embrioforo; in altre piante oltre alla cellula terminale concorrono alla formazione del corpo dell'embrione una o più cellule sottostanti. A completo sviluppo l'embrione risulta di un fusticino, di una, due o anche più foglie embrionali o cotiledoni, e di una radichetta (fig. 40). In alcuni embrioni durante la vita intraseminale si differenzia anche la piumetta, costituita dall'apice del fusto e dalle prime foglie successive a quelle embrionali. Esistono molte piante appartenenti a famiglie diverse, che per adattamenti a condizioni particolari di vita, specialmente al parassitismo o al saprofitismo, mostrano embrioni piccoli, risultanti d'un complesso di cellule senza alcuna differenziazione di membra (Orobancacee, Rafflesiacee, Orchidacee ecc.). In generale dall'oosfera fecondata proviene un solo embrione; però nei pini, nei cedri e in altre conifere, accade che la massa cellulare derivante dalle prime divisioni dello zigoto si scinde in quattro serie longitudinali d'elementi, ciascuna capace di svilupparsi in un distinto embrione, sicché in queste piante il seme a completo sviluppo può contenere più d'un embrione.
Alla segmentazione dell'oosfera nelle Angiosperme di solito precede quella del nucleo secondario per produrre l'albume, la cui formazione si compie in due modi diversi, caratteristici d'interi gruppi di piante, e cioè o per divisione del nucleo secondario e contemporanea divisione cellulare (albume cellulare), o per divisione libera del nucleo secondario con produzione di numerosi nuclei, fra i quali molto più tardi compaiono simultaneamente le pareti cellulari (albume nucleare). Del resto recenti ricerche hanno messo in evidenza gradi intermedî fra questi due tipi principali.
Al momento della formazione dell'embrione e dell'albume il sacco embrionale ingrandisce a spese dei tessuti circostanti dell'ovulo, ai quali sottrae materiali nutritizî sia direttamente mediante la sua superficie, sia producendo, come avviene in molte piante, austorî o succiatoi di struttura diversa, generalmente ai due estremi opposti del sacco, cioè in corrispondenza della calaza, dove affluiscono molte sostanze nutritizie, e in corrispondenza del canale micropilare. Questi apparecchi possono avere origine differente, dalle sinergidi, dalle antipodi, da diverticoli della parete del sacco stesso, più frequentemente dal sospensore dell'embrione o da cellule dell'albume, infine eccezionalmente, come nella zucca, dal tubo pollinico, il quale dopo aver servito al trasporto degli spermî, assume l'ufficio della nutrizione dell'embrione. L'origine dell'embrione dall'oosfera fecondata non è l'unica nelle piante, poiché oggi si conoscono altri modi di produzione dell'embrione, messi in evidenza soprattutto mediante l'applicazione dei metodi moderni della ricerca microscopica e la sperimentazione (v. apomissia).
Anzitutto è da ricordare la partenogenesi, di cui il primo esempio sicuro nelle piante superiori fu scoperto nel 1898 da Juel in Antennaria alpina. Posteriormente numerosi altri casi simili furono illustrati nelle più diverse famiglie e tutti compresi nel tipo di partenogenesi somatica o diploide, così detta per indicare che l'oosfera in queste piante, come tutte le altre cellule del gametofito ♀, in seguito a soppressione della divisione riduzionale, è diventata diploide e capace di svilupparsi in embrione senza bisogno di fecondazione. Fino a pochi anni addietro si è creduto che non esistessero nelle piante superiori esempî di partenogenesi generativa o aploide, cioè di sviluppo di un'oosfera normale, con un numero semplice di cromosomi, in assenza di fecondazione. Dal 1922 in qua diversi casi sono stati segnalati in Datura, Triticum, Nicotiana, Crepis, Oenothera, ecc., nella maggioranza dei quali le piante aploidi sono comparse nella discendenza d'incroci operati fra specie poco affini; per cui si è ammesso che nella produzione di questi individui aploidi l'oosfera non fosse fecondata, ma bensì stimolata dall'azione del polline allo sviluppo partenogenetico. Questa opinione è stata sperimentalmente confermata da Jörgensen nel 1928 nell'incrocio fra Solanum nigrum e S. luteum in cui egli, seguendo lo studio citologico, ha visto che lo spermio penetra perfino nel citoplasma dell'oosfera ma degenera e questa, stimolata, si svihppa in un embrione aploide (fig. 41). Non è improbabile che lo stimolo alla partenogenesi qui emani da sostanze derivanti dalla disorganizzazione dello spermio, assimilabili ai necrormoni del Haberlandt. Anche quest'autore con esperienze molto interessanti su Oenothera Lamarckiana è riuscito a eccitare l'oosfera aploide a dividersi mediante azioni meccaniche, cioè puntura mediante aghi, o lieve schiacciamento dell'ovario fra le dita, operazioni che, danneggiando i tessuti, determinerebbero la formazione di necrormoni e questi alla lor volta indurrebbero l'oosfera alla partenogenesi.
L'embrione può provenire per via apomittica, oltre che dall'oosfera, da altre cellule del gametofito, cioè dalle sinergidi o dalle antipodi, nel qual caso si parla di apogamia; infine può avere origine anche fuori del sacco, da cellule della nocella oppure dei tegumenti dell'ovulo, quindi appartenenti non più al gametofito, ma allo sporofito, le quali tuttavia, iniziando le loro divisioni, si spingono nel sacco, dove gli embrioni da esse prodotti trovano evidentemente le migliori condizioni per svilupparsi. Tale origine degli embrioni, che molti autori giustamente ritengono un caso particolare di formazione di gemme avventizie, è stata la prima volta esattamente interpretata (1878) dallo Strasburger in Coelebogyne ilicifolia, Funkia ovata, ecc. e confermata in numerose altre specie.
Bibl.: G. B. Amici, Sulla fecondazione delle Orchidee, in Giorn. Bot. Ital., II (1846); W. Hofmeister, Die Entstehung des Embryo der Phanerogamen, Lipsia 1849; E. Strasburger, Die Angiospermen und die Gymnospermen, Jena 1879; J. Hanstein, Die Entwicklung des Keimes der Monokotylen und Dikotylen, in Bot. Abhandl., I (1870); E. Strasburger, Die Ontogenie der Zelle seit 1875, in Progr. rei botanicae, I (1907); J. M. Coulter e C. J. Chamberlain, Morphology of Angiosperms, New York 1903; id., Morphology of Gymnosperms, Chicago 1910; K. Schnarf, Embryologie der Angiospermen, Berlino 1929; O. Rosenberg, Apogamie und Parthenogenesis bei Pflanzen, Berlino 1930.