Embrione umano
L'embrione è un'entità biologica che ha inizio con la fecondazione di un ovocito (gamete femminile) da parte dello spermatozoo (gamete maschile). Il processo di fecondazione si attua con una sequenza coordinata di eventi, che ha luogo nella tuba uterina al momento del contatto tra i due gameti per portare alla formazione di una unità biologica distinta e nuova, chiamata inizialmente zigote, con un corredo cromosomico completo costituito, nell'uomo, da 23 coppie di cromosomi. Al momento della fecondazione viene anche determinato il sesso dell'embrione, che sarà maschile o femminile a seconda che lo spermatozoo fecondante sia portatore, rispettivamente, del cromosoma sessuale Y oppure di quello X. I due cromosomi sessuali sono tra loro diversi, per es., per una diversa velocità di migrazione in un campo elettrico degli spermatozoi portatori del cromosoma X o Y, caratteristica utilizzata in zootecnia per la separazione degli spermatozoi portatori dell'uno o dell'altro cromosoma sessuale. Lo zigote è lo stadio iniziale dello sviluppo embrionale ed è geneticamente unico, poiché contiene una combinazione nuova e irripetibile di cromosomi. Il processo di formazione dei gameti nella meiosi è tipica degli Eucarioti, comporta la ricombinazione degli assetti genici originari dei genitori ed è alla base della variabilità genetica.
Embrione e variabilità genetica
La variabilità genetica, intesa come riassortimento dei geni, è quindi garantita dalla divisione meiotica dei gameti. Ne consegue che, con l'eccezione dei gemelli omozigoti, non nasceranno mai figli geneticamente identici dagli stessi genitori. Il principale contributo alla variabilità genetica viene dato dalla meiosi, processo maturativo cui vanno incontro i gameti maschili e femminili. La meiosi svolge due funzioni fondamentali: dimezza il numero dei cromosomi e consente il riassortimento dei geni, cioè dei caratteri ereditari. In ogni specie animale le cellule somatiche, così dette perché formano il corpo (soma), contengono un numero caratteristico di cromosomi fatto di coppie di cromosomi omologhi, cioè a due a due uguali tra loro. Tale corredo cromosomico è detto diploide. Di ogni elemento della coppia di cromosomi omologhi, uno è di origine materna, l'altro paterna. Anche le cellule della linea germinale, quelle cioè che danno origine ai gameti, sono inizialmente caratterizzate da un numero diploide di cromosomi. Tuttavia, nel corso del loro processo maturativo, la gametogenesi, esse vanno incontro alle due divisioni meiotiche che comportano la separazione dei cromosomi omologhi. In tal modo, nei gameti maturi è presente soltanto un elemento di ciascuna coppia di omologhi, e il corredo cromosomico, ridotto della metà, è detto aploide. L'aploidia dello spermatozoo e della cellula uovo garantisce che, alla fecondazione, si formi un embrione diploide. È dunque grazie alla meiosi che il numero dei cromosomi caratteristico della specie si mantiene costante attraverso le generazioni. Un'ovvia conseguenza della meiosi è che ogni gamete acquisisce, attraverso l'assortimento indipendente dei cromosomi omologhi, una miscela diversa dei cromosomi di origine materna e paterna. In questo contesto, ciascun individuo della specie umana, che possiede 23 coppie di cromosomi omologhi, può produrre 223 gameti geneticamente diversi. Questa variabilità genetica è poi enormemente amplificata da un altro processo, il crossing-over, che ha luogo nel corso della profase della prima divisione meiotica. Durante tale processo, porzioni di cromosomi omologhi si scambiano segmenti di cromatidi creando nuove ricombinazioni di geni, e consentendo un formidabile riassortimento dei geni di origine paterna e materna.
Embrione e fasi iniziali di sviluppo prima dell'impianto
Lo sviluppo embrionale è suddiviso in diversi stadi, durante i quali vengono progressivamente generati i vari tessuti e organi che compongono un organismo vivente. L'evoluzione dello zigote prosegue con il processo di segmentazione che consiste di ripetute divisioni mitotiche, con il risultato di un rapido aumento del numero di cellule, senza tuttavia cambiare la massa totale della cellula originaria. Le cellule che compongono l'embrione in segmentazione (blastomeri) divengono progressivamente più piccole a ogni divisione mitotica. La prima divisione avviene circa 30 ore dopo la fecondazione. Inizialmente l'embrione si divide in due blastomeri, successivamente in quattro, poi otto e così via. Allo stadio di circa 9 cellule, i blastomeri che compongono l'embrione si compattano a opera probabilmente di glicoproteine di adesione, permettendo una maggiore interazione cellula-cellula, necessaria per la segregazione delle cellule che formeranno la massa cellulare interna o embrioblasto. Dopo circa tre giorni dalla fecondazione la segmentazione dell'embrione porta alla formazione della morula, uno stadio embrionale formato da circa 16 blastomeri, il cui nome deriva dalla sua particolare morfologia che ricorda il frutto del rovo. Fino a questo punto l'embrione transita nelle tube, mentre l'ulteriore sviluppo dell'embrione, circa quattro giorni dopo la fecondazione, si realizza nell'utero. All'interno della morula comincia a penetrare liquido, si forma gradualmente una cavità, il blastocele, e l'embrione, definito ora blastocisti, è pronto per impiantarsi nell'utero materno. La blastocisti è caratterizzata da uno strato di cellule esterno, il trofoblasto, e da una massa cellulare interna che costituisce l'embrioblasto. Mediante il trofoblasto l'embrione si impianta nello spessore della mucosa uterina (endometrio) e concorre alla formazione della placenta. L'embrioblasto è costituito da cellule in grado di dare origine ai tre foglietti germinativi (ectoderma, endoderma e mesoderma) da cui originano tutti i tipi cellulari che compongono i vari tessuti, organi e apparati dell'intero organismo. Per tale proprietà le cellule dell'embrioblasto sono definite cellule staminali embrionali (ES, Embryonic Stem cells).
Embrione e cellule staminali
Lo straordinario processo di sviluppo dell'embrione si deve alle cellule staminali embrionali, che sono capaci di generare i diversi tessuti e organi caratteristici di un organismo pluricellulare. Caratteristiche funzionali distintive delle cellule staminali sono la mitosi asimmetrica e la capacità clonogenica. La mitosi asimmetrica consente alla cellula staminale di dare origine a due cellule figlie con destino diverso: una rimane cellula staminale, consentendo in tal modo il mantenimento di una riserva costante di cellule staminali, l'altra intraprende un destino differenziativo che la porterà a diventare una cellula specializzata all'interno di un tessuto. La capacità clonogenica è la caratteristica di dividersi in modo indefinito. Cellule staminali, oltre che nell'embrione, sono presenti anche nell'organismo adulto. Le cellule staminali embrionali, tuttavia, sono pluripotenti e, rispetto a quelle dell'adulto, offrono il vantaggio di dare origine a tutti i tipi cellulari che compongono un organismo. In particolare, dal 1998 è possibile isolare cellule staminali embrionali da blastocisti umane e mantenerle in coltura per tempi indefiniti, purché in condizioni colturali che ne garantiscano la conservazione dell'espressione di geni essenziali alla 'staminalità'. Inoltre si è osservato che specifici segnali induttivi consentono alle cellule staminali embrionali di differenziarsi, in coltura, dando origine a tutti i tipi cellulari che, nel corso dello sviluppo embrionale, derivano dai tre foglietti germinativi. Ciò rende le ES cellule staminali per eccellenza, al fine di sviluppare applicazioni terapeutiche per il trattamento di patologie umane degenerative quali, per es., l'Alzheimer e il morbo di Parkinson. Va tuttavia ricordato che, quando vengono trapiantate in animali adulti di laboratorio, le ES possono portare alla formazione di teratocarcinomi. Questo comporta la necessità di approfondire le conoscenze sulla biologia di questi tipi cellulari, prima di poterle utilizzare per scopi terapeutici. Peraltro, in Italia, lo studio e l'utilizzazione delle cellule ES umane non è consentito per motivi definiti come bioetici.
Impianto dell'embrione
Perché possa svilupparsi in un individuo completo, la blastocisti deve annidarsi nell'endometrio e portarsi a contatto diretto con i vasi sanguigni materni al fine di poterne derivare sostanze nutritive e ossigeno. Questo processo inizia verso la fine della prima settimana dalla fecondazione e si completa nel corso della seconda settimana. La regione di contatto iniziale con l'utero materno è il polo embrionale della blastocisti, regione caratterizzata dalla presenza della massa cellulare interna ricca di cellule staminali. L'impianto è reso possibile dall'azione erosiva di una porzione del trofoblasto, il sinciziotrofoblasto che, rilasciando enzimi proteolitici, degrada l'epitelio uterino e il sottostante connettivo, consentendo la progressiva penetrazione dell'embrione sino a raggiungere i vasi sanguigni materni. Durante l'impianto le cellule dell'embrioblasto si organizzano a formare un disco bilaminare e, subito dopo, l'embrione va incontro a una serie di processi morfogenetici, che definiscono lo stadio di gastrulazione, al termine del quale esso appare costituito dai tre foglietti germinativi, chiamati ectoderma, endoderma e mesoderma. La gastrulazione, che ha luogo nel corso della terza settimana di sviluppo, trasforma la struttura semplice dell'embrione in una struttura più complessa caratterizzata da una forma cilindrica e da una simmetria bilaterale. Il processo della gastrulazione riveste quindi un ruolo importante per il successivo sviluppo, senza il quale l'embrione è destinato a morire. Nel corso della terza settimana di sviluppo embrionale ha inizio anche il processo di neurulazione che porta alla formazione del tubo neurale, abbozzo del sistema nervoso centrale. Alla fine della terza settimana l'embrione, a seguito dell'aumento dei suoi diametri trasversali e longitudinali, va incontro a un processo di flessione ventrale e la sua forma da discoidale diviene cilindrica. Questo complesso processo morfogenetico porta alla formazione dell'intestino primitivo e del tubo cardiaco. Dai tre foglietti germinativi embrionali derivano tutti i tessuti, gli organi e gli apparati di un individuo. In particolare, dall'ectoderma si formeranno il sistema nervoso centrale e periferico, l'epidermide, lo smalto dei denti, la ghiandola mammaria, la retina dell'occhio e varie altre strutture del corpo; dall'endoderma avranno origine i rivestimenti epiteliali degli apparati digerente e respiratorio, il fegato, il pancreas, la tiroide, l'epitelio di rivestimento della cavità del timpano; dal mesoderma i tessuti connettivi, compreso la cartilagine, l'osso e il sangue, i muscoli, i vasi sanguigni e il cuore, l'apparato uro-genitale.
Segnali induttivi dello sviluppo embrionale
Di fondamentale importanza per l'impianto e il successivo sviluppo dell'embrione è il 'dialogo' molecolare, che deve necessariamente instaurarsi tra la madre e l'embrione durante un ristretto periodo temporale, noto come finestra d'impianto; in questa fase l'endometrio materno diventa recettivo, cioè favorevole all'impianto dell'embrione, che a sua volta contribuisce, con l'invio di segnali molecolari, ad aumentarne la recettività. Durante tale periodo i tessuti embrionali e materni si sincronizzano per garantire l'annidamento dell'embrione nell'endometrio e l'inizio e il mantenimento della gravidanza. L'interazione materno-embrionale prevede dunque un complesso dialogo molecolare, solo in parte definito, e un'alterazione di tale dialogo rappresenta la causa principale per cui più del 60% delle gravidanze si interrompe nel periodo periimpianto. È inoltre importante ricordare che la blastocisti è in grado di proseguire nello sviluppo soltanto dopo aver ricevuto segnali esterni; in assenza di dialogo molecolare, e quindi di impianto, la blastocisti è incapace di proseguire nel successivo sviluppo fetale e conseguentemente di formare tessuti e organi che caratterizzano un individuo. Diversi studi sono stati condotti per spiegare i meccanismi molecolari dell'impianto della blastocisti e del dialogo materno-embrionale. È stato dimostrato che l'impianto della blastocisti dipende da un programma embrionale intrinseco, il quale opera in concerto con una serie di segnali estrinseci provenienti dall'utero materno. Il dialogo molecolare coinvolge l'interazione cellula-cellula e cellula-matrice extracellulare, che è a sua volta mediata da una serie di molecole tra cui molecole di adesione, quali integrine, fattori di crescita, recettori per i fattori di crescita e citochine. In particolare, è stato dimostrato che l'embrione produce citochine e fattori di crescita (interleuchine, prostaglandine, fattore di crescita dell'endotelio vascolare) e recettori per segnali endometriali (recettore per il fattore di inibizione leucemico, recettore per il fattore di crescita insulino-simile). Un ruolo chiave nel mantenimento del dialogo materno-embrionale è anche svolto da specifiche proteine, prodotte dall'endometrio, che regolano la trascrizione genica: tra questi, Hoxa10 e Hoxa11 sono necessari per l'impianto. È stato infatti osservato che la loro espressione è alterata nell'endometrio di donne affette da endometriosi, in cui un tessuto simile all'endometrio si localizza al di fuori dell'utero in altre aree del corpo, causando sterilità. Un altro parametro critico nell'impianto dell'embrione è il sistema immunitario. Questo gioca un ruolo importante, evitando che l'embrione venga riconosciuto come corpo estraneo e quindi rigettato. Una gravidanza normale è caratterizzata da una bassa attività delle cellule Natural killer (NK), mentre un aumento nella loro attività è associato ad aborti spontanei. Un ulteriore meccanismo protettivo della gravidanza è l'immunomodulazione dipendente da progesterone. In particolare, i linfociti gravidici sviluppano i recettori per il progesterone, e in presenza di progesterone producono un mediatore, chiamato PIBF, che inibisce l'attività delle cellule NK ed esercita un effetto antiabortivo. Sono stati identificati anche altri fattori che agiscono da immunomodulatori, giocando un ruolo importante nell'impianto.
Dal periodo embrionale al periodo fetale: gli eventi principali dello sviluppo
Il periodo embrionale si estende sino all'ottava settimana ed è caratterizzato dalla formazione dell'abbozzo dei principali organi. Di questi, tuttavia, soltanto il cuore e il circolo sanguigno risultano funzionanti. Durante questa fase di sviluppo, l'embrione è particolarmente sensibile all'azione dannosa di agenti esterni di varia natura (tra i quali virus, farmaci, sostanze d'abuso), che possano raggiungerlo dal circolo materno, causando alterazioni del processo di sviluppo (teratogenesi). La quarta settimana di sviluppo è caratterizzata dal completamento dello sviluppo del tubo neurale e dalla formazione dell'abbozzo degli arti superiori, mentre la formazione degli arti inferiori avviene più tardivamente. L'evento più significativo della quinta settimana è l'accrescimento della testa dell'embrione dovuta a un rapido sviluppo del cervello; in questa fase si rende ben evidente anche lo sviluppo dell'occhio e dell'arto inferiore. La sesta settimana è caratterizzata dai primi movimenti spontanei dell'embrione; gli arti superiori procedono nel loro processo differenziativo portando alla formazione del gomito e degli abbozzi delle dita; in questo stadio si formano il naso e il labbro superiore della bocca. Intorno alla settima settimana, l'embrione raggiunge le dimensioni di circa 18 mm e alla fine di questo stadio ha inizio l'ossificazione degli arti superiori, mentre l'ossificazione negli arti inferiori inizia nel corso dell'ottava settimana, quando ha inizio anche il differenziamento dei genitali esterni, che proseguirà nel successivo periodo fetale (dalla nona settimana fino alla nascita). Durante il periodo fetale avviene il differenziamento e l'accrescimento dei vari organi e apparati formatisi nel periodo embrionale, rendendoli capaci di funzionare. Il feto, tuttavia, è incapace di vita autonoma e riceve il nutrimento attraverso la placenta, un organo materno-fetale che deriva dal trofoblasto e che assicura lo scambio di sostanze nutritive e gas tra la madre e il feto. Lo sviluppo del feto è caratterizzato dalla formazione di altri annessi embrionali, in aggiunta alla placenta, quali l'amnios, il sacco vitellino, l'allantoide, il cordone ombelicale.
La formazione di tessuti e organi nel corso dello sviluppo embrionale
I meccanismi molecolari alla base di importanti processi biologici, come lo sviluppo embrionale, il differenziamento cellulare e dei tessuti, comportano l'attivazione di un programma coordinato di espressione genica e di sintesi proteica e gli strumenti per il controllo della sua esecuzione. Una volta stabiliti i processi basilari che definiscono gli stadi iniziali dello sviluppo embrionale, le diverse popolazioni cellulari si differenziano e diversificano in specifici tessuti e organi. Questo è reso possibile dal fatto che i tipi cellulari che compongono i vari tessuti di un organismo, differiscono per l'espressione selettiva di geni e proteine. In pratica, le popolazioni cellulari che compongono i diversi tessuti differiscono tra loro non perché contengono geni e proteine diverse, ma perché esprimono geni e proteine diverse. Ciò comporta che i geni possono essere 'accesi' o 'spenti' e questo dipende da specifici interruttori molecolari, chiamati fattori di trascrizione, e da specifici segnali che permettono agli interruttori di funzionare. Nell'aprile del 2003, grazie al progetto genoma umano, gli scienziati hanno descritto la localizzazione e la sequenza completa dei geni che compongono il genoma umano. Si è scoperto che esso comprende soltanto 30.000 geni, rispetto ai circa 150.000 ipotizzati prima che il progetto genoma venisse completato e che, sorprendentemente, i geni umani sono in numero inferiore rispetto a organismi meno complessi dell'uomo. Ciononostante, la specie umana, analogamente a quanto avviene in altri phyla, mantiene la sua sorprendente diversità e la capacità di formare tessuti, organi e apparati diversi partendo dai tre foglietti germinativi, grazie all'azione di specifici segnali induttivi e all'azione di due processi molecolari chiamati RNA editing e splicing alternativo, che consentono a un singolo gene di codificare per proteine diverse. Pertanto, una delle questioni più affascinanti dell'embriologia moderna è capire come le cellule si diversifichino a formare i vari tessuti e organi e, in particolare, come da un singolo foglietto germinativo si formino tessuti completamente diversi tra loro.
Segnali induttivi dell'organogenesi nel corso dello sviluppo embrionale
Un ruolo chiave nella specificazione dei diversi tipi cellulari che compongono i vari organi e tessuti viene svolto dai geni omeotici Hox, che codificano per i fattori di trascrizione, i quali, in concerto con altre proteine che agiscono da cofattori, sono in grado di orchestrare un intero programma di espressione genica tessuto-specifica. È stato, per es., dimostrato che la proteina HoxB1, richiesta per il normale sviluppo del cervelletto, interagisce con il cofattore Pbx1 per aumentare l'affinità della proteina HoxB1 per le sequenze di DNA che codificano per i geni coinvolti nello sviluppo del cervelletto. Pertanto il legame proteina-proteina è un elemento fondamentale per la funzionalità dei fattori di trascrizione, tanto che in base al cofattore con cui una omeoproteina interagisce si può attivare uno specifico gene bersaglio. L'espressione delle omeoproteine e dei cofattori coinvolti nella formazione dei tessuti e degli organi nel corso dello sviluppo embrionale è modulata a sua volta da segnali che, originatisi da una specifica sorgente, si dipartono per influenzare popolazioni cellulari situate a distanze diverse. Questo meccanismo, che coinvolge molecole diffusibili, genera un gradiente di concentrazione di una specifica sostanza, chiamata comunemente morfogeno. I gradienti del morfogeno sono una semplice via per fornire alle cellule un'informazione posizionale che, integrata con l'azione dei fattori omeotici, determina l'espressione controllata e specifica di un set di geni con la conseguente diversificazione morfologica e funzionale delle cellule che compongono i vari tessuti e organi. È stato dimostrato, per es., che segnali provenienti dalla regione dorsale e ventrale del tubo neurale influenzano in modo differente il differenziamento di strutture embrionali, quali i somiti, da cui si formeranno i muscoli volontari del corpo, il derma e gli elementi scheletrici delle vertebre, delle costole e dei dischi intervertebrali. Tali segnali, attraverso recettori situati sulla superficie cellulare, innescano una sequenza di reazioni che porta prima all'attivazione degli interruttori molecolari e poi all'espressione genica tessuto-specifica. Lo stesso principio potrebbe essere coinvolto anche nel differenziamento dell'ectoderma in neuroectoderma ed epidermide. Anche se non ci sono dati conclusivi, si è ipotizzato, sulla base di evidenze sperimentali, che le cellule neuroepiteliali sembrano formarsi da cellule dell'ectoderma che evitano una varietà di segnali istruttivi, quali, per es., quelli forniti dal fattore di crescita BMP, i quali invece sono responsabili del differenziamento epidermico di cellule ectodermiche.
Sviluppo dell'embrione e malattie genetiche
Lo sviluppo dell'embrione è un processo di alta ingegneria molecolare e cellulare in cui la corretta interazione tra segnali induttivi e popolazioni cellulari garantisce la formazione di un nuovo individuo. Tuttavia, si possono verificare delle anomalie nel corso dello sviluppo (teratogenesi), che possono compromettere il normale processo di morfogenesi; tali anomalie dello sviluppo sono causate da alterazioni dell'espressione genica (malattie genetiche).
Le malattie genetiche sono causate da alterazioni, definite più propriamente mutazioni, a carico del patrimonio genetico di un individuo. Benché le mutazioni colpiscano i vari geni, non tutte sono trasmesse di generazione in generazione. A tale scopo è importante sottolineare la differenza tra malattie genetiche e malattie ereditarie. Solo se le mutazioni interessano le cellule germinali, si può parlare di malattia ereditaria, e come tale trasmessa alle generazioni successive, seguendo le leggi mendeliane dell'ereditarietà. Al contrario, se la mutazione è a carico delle cellule somatiche, la malattia non viene trasmessa alla prole. Le malattie genetiche possono essere classificate in: cromosomiche, causate da alterazione nel numero o nella struttura dei cromosomi; mendeliane, dovute alla mutazione di un singolo gene; multifattoriali, dovute dall'azione combinata di mutazioni geniche e fattori ambientali; mitocondriali, causate da mutazioni nei geni che costituiscono il patrimonio genetico dei mitocondri, organelli citoplasmatici considerati la centrale energetica della cellula.
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