ANTONINI, Emidio
Nacque all'Aquila il 15 ag. 1787 da Giampietro, barone di Torano e tesoriere provinciale. Dopo un tirocinio negli uffici finanziari, entrò nella diplomazia napoletana: divenne ufficiale di I classe il 25 ag. 1822 e segretario di ambasciata a Parigi il 9 febbr. 1827. Incaricato di affari dal 22 luglio 1828, ebbe il compito di allacciare per primo i rapporti con il Brasile, dove seppe comprendere la delicata situazione politica caratterizzata dai contrasti tra il partito portoghese e quello isolazionista. La sua attività fu volta a sviluppare e tutelare i traffici del suo paese e a favorire l'apertura di vari consolati; allorché, per esigenze di bilancio, il 23 dic. 1829 la legazione fu degradata a consolato, egli denunziò l'inevitabile danno che ne sarebbe derivato al commercio. Di ritorno, assolse in Madrid un incarico, peraltro fallito, per convincere Ferdinando VII a revocare la prammatica che designava Isabella alla successione. Nominato inviato straordinario e ministro plenipotenziario in Prussia l'11 ott. 1833, giunto insede il 21 giugno 1834, si adoperò per la causa carlista. Seguendo i movimenti della diplomazia europea, l'A. intuì che la Prussia con il suo prestigio morale e militare "avrebbe ridato all'Alemagna unità e forza"; studiò anche il sistema amministrativo prussiano, che trovò assai simile a quello napoletano da lui considerato il più perfetto d'Europa, e lo Zollverein, che molto ammirava. Seguì i rivolgimenti del '48 in Francoforte e nel 1849 fu anche a Vienna, finchéil 14 ott. 1849 fu trasferito a Parigi con l'incarico di occuparsi anche della legazione a Bruxelles. Parigi costituì per l'A. un buon osservatorio della politica internazionale, della quale egli vedeva chiaramente certe linee. In considerazione della grave situazione interna francese, considerò Napoleone come il restauratore dell'ordine e trovò in ciò rispondenza in Ferdinando II che fu il primo sovrano a riconoscere il secondo impero. L'A. vide l'importanza del rovesciamento delle alleanze verificatosi in occasione della guerra di Crimea, e protestò contro il congresso di Parigi per essere stata ivi sollevata la questione napoletana.
L'attività dell'A., tuttavia, ebbe scarsi risultati, a causa dell'autoritarismo e dell'isolazionismo che Ferdinando II imprimeva alla sua politica. Convinto che la sorte di Napoli fosse legata al combinarsi degli interessi franco-inglesi, l'A. invano si sforzò di persuadere di ciò il re, e i suoi consigli di una politica interna moderata furono mal tollerati. Acuitasi la tensione per il rifiuto persistente di Ferdinando II a concedere amnistia e riforme, e rotte le relazioni con le potenze occidentali, nel novembre 1856 l'A. si ritirò a Bruxelles, donde tornò a Parigi nel 1859, ma ormai esautorato per potere agire efficacemente. Designato nel 1860 capo missione per il futuro congresso europeo, persuaso che le cose volgevano al peggio, chiese il ritiro che ottenne il 2 luglio. Oltre a molte onorificenze ottenute all'estero fu il 1º ott. 1852 nominato marchese dal re di Napoli.
Morì a Parigi il 10 sett. 1862.
L'A. fu il migliore dei diplomatici borbonici: intelligente, ricco di intuito e di spirito d'osservazione, buon negoziatore, sapeva servirsi con abilità proverbiale del cornetto con cui correggeva la sua sordità; era assai sensibile ai problemi economici, commerciali e amministrativi. Soprattutto negli ultimi anni l'ingerenza personale del re provocò il fallimento di molte sue buone iniziative.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Esteri, fasci 177, 178, 466-477, 956-958, 4756; Archivio Borbone, fasci 822, 1041, 1051, 1052, 1388-1391; Assienti, registri Esteri e Pensioni; per integrazioni, vedere Arch. storico del Ministero degli Affari Esteri, Roma, Fondo Legazione delle Due Sicilie a Parigi; V.G. Carignani, Paolo Versace, la sua vita, le sue missioni, documenti e ricordi da servire alla storia di Napoli dal 1825 al 1860, Napoli 1872, pp. 4 ss.; R. De Cesare, La fine di un regno, I, Città di Castello 1908, pp. 98, 104, 105-108, 109-113, 501-503 e passim; II, ibid., 1909, pp. 280, 284 s., 342-344; III, ibid. 1909, pp. 22-40 e passim; E. Librino, Un rapporto diplomatico su Pietro Soulé, ambasciatore americano a Madrid, in Rass. stor. del Risorgimento, XIX (1932), pp. 20-23; Id., La guerra di Crimea e il Congresso di Parigi nei rapporti del ministro napoletano alle Tuilleries, in Ad Alessandro Luzio gli Archivi di Stato Italiani, II, Firenze 1933, pp. 89-99; A. Zazo, Il "Regno Italico" e la protesta napoletana dell'aprile 1860, in Samnium, XII(1939), pp. 197, 200-202; Id., La politica estera del regno delle Due Sicilie nel 1859-60, Napoli 1940, pp. 39-45, 140-142 e passim; R. Moscati, Ferdinando II di Borbone nei documenti diplomatici austriaci, Napoli 1947, passim; S.Mastellone, Le carte della Legazione napoletana a Parigi, in Rass. stor. del Risorgimento, XLII (1955), pp. 575, 597 ss.; P. Scarano, Rapporti politici, economici e sociali tra il regno delle Due Sicilie e il Brasile, in Arch. stor. per le prov. napol., n. s., XXXVI (1957), pp. 298-304, 307; A. Saladino, Aspetti della crisi della diplomazia napoletana, in Atti dell'Accademia Pontaniana, n. s., VII (1958), pp. 70, 75; F. Bartoccini, Il Murattismo..., Milano 1959, passim; R. Moscati, La fine del regno di Napoli, Firenze 1960, passim.