CESARINI, Emidio
Nacque a Serra San Quirico (Ancona) il 13 agosto del 1796 da Domenico e Francesca Bartolucci. Il padre, nato a Recanati, era un piccolo proprietario terriero trasferitosi a Serra San Quirico ove svolgeva attività commerciale. Nella cittadina natale il C. compì i primi studi che proseguì, poi, nel ginnasio di Iesi e nel seminario di Camerino. In quest'ultima città si iscrisse, quindi, alla facoltà di giurisprudenza, per passare nel 1817 nell'università di Roma. Qui cominciò a far pratica forense presso alcuni dei principali studi legali e si laureò il 18 maggio 1821. Il 2 luglio dello stesso anno fu ammesso tra i curiali del tribunale della Rota romana e successivamente divenne giudice del tribunale della Segnatura. Il 30 genn. 1824 fu nominato procuratore del capitolo e Congregazione di S. Girolamo degli Illiri.
Nel dicembre 1827 uscì il primo volume della sua opera più importante, Principj del diritto commerciale secondo lo spirito delle leggi pontificie. Entro il 1836 il trattato venne pubblicato per intero. Esso si articola in dieci volumi (II, 1828; III, 1829; IV, 1830; V, 1831; VI, 1832; VII, 1833; VIII, 1834; IX-X, 1836) ed è completato da altri due volumi di Indici (1836). I primi sette furono editi, a Roma, dallo stesso C., e vennero dedicati ciascuno ad un cardinale; gli ultimi tre e gli Indici furono editi, sempre a Roma, dagli Eredi Raggi e mancano di dedica.
Lo studio del C. costituisce l'unico commento organico e completo del Regolamento provvisorio di commercio emanato da Pio VII nel 1821. Esso segue lo schema del Regolamento: al primo libro di questo, "Del commercio in generale" sono dedicati i tomi I-V; al secondo, "Del commercio marittimo", i tomi VI-VIII; al terzo, "Dei fallimenti e delle bancherotte", il tomo IX e parte del X, nel quale ultimo viene, commentato anche il libro quarto, "Della giurisdizione commerciale". L'esame delle norme pontificie è portato avanti dal C. mediante continui raffronti con il testo della compilazione giustinianea e con alcune disposizioni canoniche, mentre molto rari sono i riferimenti alla legislazione vigente in altri Stati.
L'opera del C. venne accolta con generale favore, anche se non mancarono critiche. Tra queste ultime la più nota è quella di Giambattista Pagani, il quale nel Poligrafico di Verona affermò che il C. non sempre mostrava una completa conoscenza del diritto romano e usava in più parti uno stile inelegante e a volte oscuro (Poligrafico, XIV [1839], 36, pp. 279-288). Contro queste critiche il C. si era difeso con energia in una lettera del 31 ott. 1833, pubblicata nel Giornale araldico di scienze,lettere ed arti, LVIII (1833), pp. 167-185. Molto favorevole fu, invece, il giudizio dato dal Romagnosi sull'opera del C.: dopo una accurata analisi del trattato, il Romagnosi concludeva, infatti, che il C. "ha reso un grande servigio ai cultori della commerciale giurisprudenza, positiva e pratica" (in Biblioteca italiana o sia Giornale di letteratura,scienza ed arti, gennaio-marzo 1835, pp. 75-80). Il lavoro ebbe una vasta diffusione e fu riedito a Macerata nel 1840 e a Roma nel 1848.
Nei medesimi anni in cui andava pubblicando il trattato di diritto commerciale il C. dette anche alle stampe le traduzioni di alcune opere minori di Tommaso da Kempen: Il soliloquio dell'anima (Roma 1828 e 1831); La valle dei gigli (ibid. 1829, 1831, 1834) I tre tabernacoli (ibid. 1829 e 1830); Lettere spirituali (ibid. 1830 e 1832); L'orticello di rose (ibid. 1831 e 1835); Gli esercizi spirituali (ibid. 1832 e 1834); Il ministro fedele (ibid. 1833 e Camerino 1836); L'ospedale dei poveri (Roma 1835). Nel 1835, poi, pubblicò a Roma Notizie della vita di Tommaso da Kempis e successivamente raccolse tutti questi lavori in un volume, suddiviso in quattro tomi, pubblicato a Roma nell'anno 1846.
L'interesse del C. verso Tommaso da Kempen sembra derivare soprattutto da motivazioni di ordine pratico. Nei documenti a noi rimasti troviamo eco di suoi contrasti con la Curia e di suoi non sempre corretti. Anche i pochi biografi accennano a tali contrasti e ad una sua condotta di vita spesso violenta, senza, peraltro, fornire particolari. Di certo sappiamo che nel 1826 fu accusato dalle autorità pontificie di diffondere libri proibiti. Inoltre egli sembra continuamente assillato da bisogni di denaro e desideroso di trovare salde protezioni in Curia. Appare, allora, lecito supporre che il C. si dedicasse alle traduzioni dei lavori minori di Tommaso da Kempen nel desiderio di mostrarsi partecipe di un tipo di spiritualità allora molto diffusa nel clero di Curia e quindi di conquistarsi la stima e la protezione dei personaggi più potenti nel governo di Roma e della Chiesa. Non a caso, ogni traduzione venne dedicata ad una persona influente.Il suo interesse prevalente rimaneva, comunque, quello per gli studi giuridici, e in particolare per il diritto commerciale. Nel 1842 pubblicò a Roma la traduzione del trattato di Giovan Teofilo Eineccio Dei libri e registri dei commercianti falliti e nello stesso anno a Cagli un saggio dal titolo Delle cautele per l'osservanza dei contratti rimaste dalla obbligazione camerale, dedicato all'ambasciatore del Brasile a Roma.
Delle sue vicende in questi anni non abbiamo molte notizie. Sappiamo che nel 1837 venne nominato avvocato rotale e fu iscritto nell'albo degli avvocati di Roma. L'anno successivo venne imprigionato per aver scritto e diffuso memoriali nei quali criticava la prassi giudiziaria in uso nei tribunali romani. Arrestato il 25 marzo, restò a Castel Sant'Angelo per vari mesi. Nel 1845 promosse una causa contro il capitolo e la Congregazione di S. Girolamo degli Illiri, di cui era procuratore, per ottenere il versamento di arretrati di stipendio e il rimborso di spese che sosteneva spettargli. Nelle memorie processuali il C. si espresse in termini molto severi contro il comportamento della congregazione. Il pontefice Gregorio XVI lo accusò di aver usato "espressioni ingiuriose" e il 7 apr. 1846 lo sospese dall'incarico di procuratore. Il C., allora, fu costretto a chiedere perdono e si rivolse al segretario di Stato, cardinal Lambruschini, per riottenere il posto. Dopo qualche tempo la sua supplica venne accolta e il 7 luglio egli venne reintegrato nel suo ufficio.
La sua costante ricerca di protezione nella Curia romana non gli impediva, per altro, di continuare a manifestare le sue critiche contro la pratica dei tribunali pontifici. Nel 1848, avvalendosi anche del clima di maggior libertà diffuso nella penisola, pubblicò due discorsi nei quali sottolineava i difetti delle corti romane: Della Rota romana e Dei tribunali di Roma.In essi il C. dichiarava di proporsi il fine di sollecitare una riforma della procedura vigente e che quindi le sue critiche non erano negative, bensì costruttive. Comunque, questa volta ebbe l'accortezza di pubblicare i due articoli fuori dello Stato pontificio, il Primo nel giornale fiorentino La Temi, il secondo a Torino.
Dopo questo anno mancano notizie precise su di lui. Il C. dovette lasciare Roma e trasferirsi nelle Marche: ma ignoriamo l'anno di tale avvenimento. Nelle Marche, comunque, lo troviamo dopo l'annessione della regione al Regno di Sardegna come giudice del tribunale civile di Pesaro. Anche la data della sua assunzione nella magistratura italiana ci è sconosciuta, dato che nel suo fascicolo personale mancano i documenti precedenti il 1869. Per lo stesso motivo non siamo pienamente informati degli avvenimenti che portarono alla sua espulsione dalla magistratura. Il Gaspari - che sottolinea più volte il carattere irrequieto del C. - ci informa che egli fu accusato di bigamia. Certamente il C. era sposato sin dai primi anni della sua permanenza a Roma; ma ignoriamo il nome della moglie. Una moglie, di nome Maria Coppo, gli sopravvisse a lungo e quindi doveva essere, più giovane di lui, morto in età avanzata. Oltre a questi dati non ne abbiamo altri e non siamo, perciò, in grado di chiarire bene l'intera vicenda. La sua espulsione, comunque, è certamente precedente il 1869 e con ogni probabilità dovette avvenire poco prima: in una lettera del 3 febbr. 1869 il C. insisteva ancora presso il direttore generale del personale del ministero di Grazia e Giustizia per essere riammesso. Ma la sua richiesta non venne accolta: tuttavia il ministero, in considerazione delle cattive condizioni economiche del C., dispose in suo favore, nel febbraio 1869, un sussidio di L. 100 a trimestre. Nel 1870 il sussidio venne poi portato a L. 125 a trimestre.
Negli anni successivi il C., persa ormai la speranza di essere riammesso, continuò a chiedere un aumento del sussidio, illustrando le sue misere condizioni economiche e il suo grave stato di salute. Ma la sua richiesta non venne mai accolta. Morì a Pesaro il 1º dic. 1875 e il ministero riconobbe alla moglie Maria Coppo il diritto di riscuotere il sussidio.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vaticano, Segreteria di Stato, aa. 1838-39, busta 3, n. 6918; ibid., a. 1846, rubr. 112. fasc. 3, nn. 50081, 58051, 58555, 59361; fasc. 5, n. 61409;Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero di Grazia e Giustizia,Direzione Generale Organizzazione Giudiziaria e Affari Generali,Personale della Magistratura, busta 81, fasc. 31533;D. Gaspari, Memorie storiche di Serrasanquiriconella Marca d'Ancona, Roma 1883, pp. 314-316; C. Benedettucci, Bibliogr. recanatese, Recanati 1884, pp. 21 s.; P. Del Giudice, Fonti, in Storia del diritto italiano, a cura di P. DelGiudice, II, Milano 1923, p. 332; P. Ungari, Profilo stor. del diritto delle anonime in Italia, Roma 1974, pp. 27, 47.