Durkheim, Emile
Sociologo francese (Épinal, Vosgi, 1858 - Parigi 1917). Insegnò sociologia all’univ. di Bordeaux e dal 1902 alla Sorbona. Diresse l’Année sociologique dal 1896 al 1912. Nella sua prima opera, De la division du travail social (1893; trad. it. La divisione del lavoro sociale), D. reagì contro la concezione che la società industriale fosse basata esclusivamente sulla logica individualistica di mercato. Ciò che al contrario contraddistingue la società moderna, al pari di ogni altro modello storico di società, è per D. un particolare stato della «coscienza collettiva» che nelle forme primitive si esprime in termini di «solidarietà meccanica» (cioè istintiva) e nelle forme evolute, caratterizzate dal principio della divisione del lavoro, si esprime in termini di «solidarietà organica» (cioè consensuale). Il pericolo maggiore per la stabilità del sistema sociale è rappresentato, in questa prospettiva, dal fenomeno dell’anomia, ossia dalla condizione di sradicamento sociale dell’individuo per la perdita delle norme di riferimento collettivo. Secondo D. il compito specifico della sociologia è quello di studiare non i fatti individuali, ma i fatti sociali «come cose», in quanto esterni e cogenti rispetto alla condotta degli individui. È questa la lezione fondamentale che si ricava da Les règles de la méthode sociologique (1895; trad. it. Le regole del metodo sociologico), che costituisce il primo vero trattato di metodologia empirica delle scienze sociali, e che orienta anche l’indagine successiva sulle tipologie sociali del suicidio (Le suicide, 1897; trad. it. Il suicidio), dove si analizzano le relazioni di covarianza e di dipendenza causale tra questo «fatto» e le forme della solidarietà sociale. Nella sua ultima opera, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912; trad. it. Le forme elementari della vita religiosa), cercò di dimostrare la natura essenzialmente sociale delle religioni, considerandole come «forme simboliche» degli interessi sociali e morali dell’uomo.