Emilia
L'unico punto in tutta l'opera dantesca in cui appaia il termine E., a designare la regione chiusa su tre lati dal Po, dal Rubicone e dall'Adriatico, è in Eg IV 68 (litora dextra Pado ratus a Rubicone sinistra / me colere, Aemilida qua terminat Adria terram): ove la finzione classica suggerisce al poeta l'uso del nome romano, includente tanto l'E. vera e propria quanto la Romagna.
La VIII regione augustea alla calata dei Longobardi era venuta a scindersi in due parti, deliminate a un dipresso dal Panaro: a oriente le terre dell'Esarcato, che avrebbero costituito la Romandiola medievale; a occidente la parte meridionale della Langobardia. Né la conquista longobarda della Romagna, né la successiva unificazione carolingia erano valse a eliminare questa frattura, destinata a perpetuarsi fino all'unità nazionale. Ma, mentre la Romagna conservò una certa sua individualità, che si riflette anche nell'opera dantesca (in modo particolare in If XXVII 36-54 e in Pg XIV 91-123), l'E. scomparve nel più vasto quadro della Lombardia.
Se si accettuano gli Estensi, due soli emiliani compaiono in D.: Asdente da Parma in Cv IV XVI 6 e in If XX 118, e Guido da Castello di Reggio in Cv IV XVI 6 e in Pg XVI 125. Né maggior attenzione pare prestare il poeta ai fatti cittadini: solo Ferrara viene ricordata per una vicenda contemporanea, la strage dei della Fontana a opera di Pino della Tosa, in Pd IX 55-57; per Parma occorre risalire alla distruzione di Vittoria (Ep VI 19); per Modena addirittura al ‛ bellum Mutinense ' (Pd VI 75).
Più attento si mostra D. ai dialetti della regione, ritenuti una varietà del volgare lombardo - omnia vulgaria in sese variantur, ut puta ... in Lombardia Ferrarenses et Placentini (VE I X 9) - e quindi caratterizzati da quella ‛ garrulitas ' propria dei lombardi: motivo per cui egli ha trovato Ferrarensium, Mutinensium, vel Regianorum nullum... poetasse... Quod multo magis de Parmensibus est putandum, qui monto pro " multo " dicunt (VE I XV 4). Sull'eventuale presenza di D. nell'area emiliana non molto è possibile dire. Un soggiorno reggiano presso Guido da Castello, nel 1306, dovrebbe essere certo, anche senza basarsi sull'affermazione di Benvenuto (" receptus et honoratus ab eo in domo sua "), supponendo che D. si recasse in Lunigiana dal Veneto per la via del Cerreto: il che spiegherebbe anche il ricordo di Bismantova (Pg IV 26), toccata appunto da quella strada. Assai poco probabile invece una presenza in Piacenza, ove l'avrebbe chiamato, nel maggio del 1320, Galeazzo Visconti per fargli compiere incanti atti a far morire Giovanni XXlI: ma per questo problema si vedano le voci rispettive.