CANEVARI, Emilio
Nacque a Pieve Porto Morone (Pavia) il 21 genn. 1880 da Luigi, calzolaio, e Angela Cravoni, maestra elementare. Diplomato geometra si iscrisse nel 1900 alla locale sezione socialista e vi svolse un'attività di diffusione culturale (in collegamento con la Società umanitaria di Milano) e di sviluppo del movimento cooperativo, dando un notevole contributo all'organizzazione di cooperative di produzione e di lavoro per le affittanze agricole, in linea con gli indirizzi socialisti di quel periodo.
A Udine dal 1908, diresse il settimanale Il Lavoratore friulano. Successivamente fu a Verona, fino al 1913, come segretario della federazione socialista. Non ebbe esito positivo, nell'ottobre di quell'anno, una sua candidatura alla Camera e dal novembre assunse la carica di segretario della Società umanitaria di Biella. Nel 1914 ricoprì la stessa funzione a Pavia.
Figura di largo prestigio per le spiccate capacità organizzative e politiche, il C. decise di legare il proprio destino di militante alle sorti del movimento cooperativo, del quale sarebbe stato per oltre un trentennio uno dei più rappresentativi esponenti. Nel corso della prima guerra mondiale indirizzò il movimento cooperativo pavese verso la sostanziale collaborazione con le autorità governative (aveva sempre aderito alla corrente riformista), e partecipò - attraverso l'attività calmieratrice delle cooperative - alla lotta per il contenimento dei prezzi, allargando e consolidando così il movimento dei cooperatori.
Tra i più noti dirigenti del socialismo riformista, fu eletto deputato il 16 nov. 1919 (XXV legislatura) nella circoscrizione di Pavia, e confermato nella legislatura successiva, fino al 1923. Nel 1920 fu eletto anche consigliere comunale e provinciale a Pavia. Nel novembre 1920 il consiglio nazionale della Federazione nazionale operai edili approvava un ordine del giorno da lui proposto per la costituzione di una Federazione italiana dei consorzi e delle cooperative edili, grande cooperativa nazionale che avrebbe assunto i lavori direttamente e disciplinato la produzione edile.
Dopo l'ascesa al governo dei fascisti dovette misurarsi con la nuova situazione politica: nel febbraio 1923, quando fu imposto lo scioglimento della Federazione delle cooperative di Pavia, della quale il C. era segretario, costringendo gli aderenti ad iscriversi ai sindacati fascisti, il C. emigrò in Francia dove amministrò l'Union des cooperatives, impresa di lavori pubblici che organizzava l'assistenza e dava lavoro a centinaia di operai italiani espatriati per motivi politici.
Tornato in Italia, nel marzo 1926 subì un fermo di polizia ed una perquisizione dalla quale risultò non sopita la sua attività militante. Proposto per l'assegnazione al confino, il 3 genn. 1927 gli furono comminati cinque anni (ridotti poi a due), e fu disposta la sua traduzione a Rotonda (Potenza). In Basilicata lavorò come geometra e protrasse la sua permanenza ben oltre il tempo dovuto; rimase infatti a Rotonda fino al marzo 1931, per trasferirsi poi a Sala Consilina (Salerno) dove restò fino a tutto il 1935. In seguito visse a Roma dove lavorò come geometra in un'impresa edile.
Nel luglio 1942 insieme con O. Lizzadri, N. Perrotti, G. Romita e O. Vernocchi, si fece promotore di un documento che sanciva la ricostituzione del Partito socialista italiano, con Romita segretario e Lizzadri vicesegretario. Arrestato a Milano nell'aprile 1943 durante una riunione clandestina, fu scarcerato dopo il 25 luglio e nell'agosto dello stesso anno partecipò al convegno che stese il programma del Partito socialista italiano di unità proletaria (risultato dalla confluenza nel PSI di altri movimenti socialisti), e venne eletto nella direzione. Nuovamente a Roma, lavorò per gettare le basi del sindacato unitario- sostituendo B. Buozzi dopo il suo arresto - e il 3 giugno 1944 firmò, in rappresentanza del PSIUP, il patto di unità sindacale, insieme con G. Di Vittorio e A. Grandi. Dopo la liberazione di Roma divenne presidente della Alleanza cooperativa romana.
Già dal maggio 1945 membro del comitato direttivo provvisorio della ricostituita Lega delle cooperative, a seguito del I congresso nazionale (settembre 1945) ne fu eletto presidente. Delegato alla Consulta nazionale, fu sottosegretario agli Interni nel primo governo Bonomi e sottosegretario ai Lavori Pubblici e all'Agricoltura nel quarto e quinto governo De Gasperi. Deputato all'Assemblea costituente, fece parte della seconda commissione, per l'organizzazione costituzionale dello Stato e, dal novembre 1946, del comitato di redazione.
Alla Costituente, nel luglio 1946 promosse l'Unione parlamentare per la cooperazione, della quale divenne presidente, e pose il problema della riparazione dei danni fascisti alle cooperative. Nel maggio 1947 fu protagonista del dibattito sull'articolo 45 e sostenne, insieme con i deputati della sinistra, il valore sociale e quindi il diritto di vigilanza da parte dello Stato sulla cooperazione, istanza recepita nella stesura finale dell'articolo.
Ricoprì la carica di presidente della Lega delle cooperative fino al giugno 1947, tra le mille difficoltà della ricostruzione, caratterizzata altresì dal sorgere spontaneo di migliaia di associazioni (dal marzo 1946 il C. fu anche direttore de La Cooperazione italiana, periodico della Lega). La gestione dei C. (che nel gennaio 1947 sarebbe stato tra i fautori della scissione socialdemocratica di palazzo Barberini), nel periodo in cui nella Lega confluivano tutte le forze che avevano ridato vita alla democrazia (tranne i cooperatori di ispirazione cristiana, che avevano costituito la Confederazione cooperativa italiana), fu caratterizzata da una ridefinizione dei principi informatori dell'attività cooperativa che ricalcava sostanzialmente la tradizionale linea dei movimento prima dei fascismo. Questa linea fu sonunersa dalle lacerazioni che nel 1947 intervennero tra le forze pofitiche, tanto che al II congresso nazionale della Lega (Reggio Emilia, giugno 1947) si formò una nuova maggioranza, attorno ai cooperatori comunisti e socialisti, che estromise il C. dal direttivo.
Particolarmente attento ai problemi della cooperazione agraria, nel 1945 e nel 1946 comparvero suoi articoli su Critica sociale e La Cooperazione agricola relativi alla riforma agraria, nei quali emergevano giudizi fortemente critici sull'impostazione dei decreti Gullo sulle terre incolte.Senatore di diritto nella prima legislatura della Repubblica, entrò nella direzione dei Partito socialista dei lavoratori italiani quale rappreseritante dei gruppo parlamentare. Nel 1953 venne rieletto al Senato, divenendo vicepresidente del gruppo parlamentare.
Ritiratosi dalla vita politica, morì a Roma il 21 genn. 1964.
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