CASTELLANI, Emilio
Nacque a Venezia il 3 ottobre 1851 da Girolamo e da Teresa Prini. Interrotti gli studi ginnasiali, trovò un impiego per circa un anno, quale diurnista, presso il locale municipio. Divenne apprezzato amico di A. Talamini, direttore del bisettimanale Avanti!, organo della Società democratica, di indirizzo repubblicano e socialista, che durò dal 22 luglio 1871 al 16 giugno dell'anno successivo. Ma più che il Talamini influirono su di lui A. Costa e A. Faggioli con i quali egli visitò diverse località del Veneto, soprattutto Padova, Rovigo, Adria, Lendinara e Chioggia. Insieme con P. Magri e con T. Zanardelli, fondò la Sezione operaia internazionale di Venezia il 15 ag. 1872, esattamente undici giorni dopo la conferenza di Rimini che aveva segnato in Italia il vero e proprio inizio del movimento anarchico organizzato.
Intanto l'Avanti! del Talamini aveva cessato di esistere per trasformarsi, dall'11 ag. 1872 al 18 genn. 1873, in quotidiano col titolo La Veneta democrazia. Il C. ne divenne redattore responsabile e vi pubblicò, fra l'altro, un "libello" a sfondo socialista che gli costò un mese di carcere proprio durante il servizio militare. Ritornato a Venezia, fu nuovamente tratto in arresto per "mene internazionaliste". Scarcerato, riprese le relazioni con gli amici socialisti e divenne collaboratore del settimanale politico-amministrativo di opposizione La Voce del popolo, dall'ottobre 1874 al secondo semestre del '75, e del trisettimanale internazionalista La Forfe (3-31 genn. 1875).
Non si può dire che la sezione internazionalista fondata dal C. avesse molti seguaci. Venezia era allora la roccaforte dell'intransigentismo cattolico e le forze laiche e democratiche avevano trovato una solida organizzazione nella Lega veneto-mantovana, guidata da Alberto Mario. Il C. e i suoi amici, per uscire dall'isolamento, entrarono a far parte di questa Lega, anche perché, non trattandosi di una confederazione, veniva garantita l'autonomia a tutte le società che la componevano. Lo stesso Costa, a cui il C. rimase legato anche dopo la sua "svolta" del '79 consigliava agli internazionalisti veneti di penetrare in tutte le associazioni democratiche per influenzarle dall'interno.
Così il C. fece; anzi, trasferitosi a Badia Polesine dove abitava suo fratello Giovanni che gli fu di grande aiuto nella propaganda socialista anarchica, fondò nell'83 il circolo radicale "Spartaco" per tenere desta la solidarietà fra le forze democratiche locali. Da Badia ritornò poco dopo a Venezia, dove fece parte del circolo democratico "Fratelli Bandiera" che propugnava, fra l'altro, "l'eguaglianza di tutti i cittadini nei diritti e nei doveri".
Il movimento anarchico veneto conobbe il suo momento più felice sia sul piano organizzativo, sia su quello della propaganda, nel biennio 1884-85. D'intesa con i dirigenti libertari di Forlì, R. Mingozzi e F. Bazzocchi, i quali stavano prodigandosi per organizzare i braccianti di quella provincia in associazione cooperativa, gli anarchici e i democratici polesani diedero inizio a un'intensa agitazione agraria che, al grido martellante di "La boje", si trasferì subito dopo nelle campagne mantovane.
Il 28 maggio 1884 il C. e altri quindici compagni fondarono in Venezia il circolo socialista "C. Pisacane", di indirizzo anarco-comunista. Questo sodalizio si distinse subito per la propaganda anfimilitarista svolta al Lido di Venezia, che provoco undici condanne di "soldati socialisti" a pene oscillanti fra i due e i tredici anni di carcere. Il circolo "C. Pisacane" ebbe anche un suo organo di stampa: L'Intransigente, settimanale anarco-comunista diretto dal C., che vide la luce il 4 genn. 1885 e che s'interruppe appena al quinto numero, il 15 febbraio. Eppure questo periodico venne diffuso non soltanto in tutta Italia, ma anche in dieci Stati europei e persino in America e in Egitto. Segno che il circolo del C. era riuscito a perfezionare una vastissima rete di associati in Italia e all'estero, di cui si conoscono ora cognomi, indirizzi e spesso anche le professioni.
Non fu quindi il numero degli appartenenti a questo sodalizio (al massimo una trentina) che impresse grande vigore alle iniziative anarchiche veneziane, ma la fervida attività organizzativa soprattutto del Castellani. Si può quindi affermare senza riserve che nel corso del 1885, trovandosi fuori d'Italia per sfuggire agli arresti E. Malatesta, F. S. Merlino, G. Grassi, F. Natta, F. Pezzi con la moglie L. Minguzzi ed essendo ormai irrecuperabile C. Cafiero per motivi di salute, la guida del movimento anarchico italiano si trovò nelle mani dei veneti e dei forlivesi.
Tramite L'Intransigente, il C. si fece promotore, in pieno accordo con R. Mingozzi di Forlì, di un congresso anarchico che ebbe luogo in quella città il 15 marzo 1885. In tale occasione propugnò le idee anarco-comuniste del circolo "C. Pisacane" di cui era il rappresentante e si trovò in pieno dissidio con i libertari collettivisti, animati invece dal Mingozzi. Per consentire una mediazione fra collettivisti e comunisti, fra i fautori delle associazioni cooperativistiche e di resistenza e gli avversari di qualunque forma organizzativa, il congresso di Forlì non prese deliberazioni concrete né sui sistemi di lotta, né sui "principi" regolatori. Tutto si ridusse alla fondazione della branca italiana dell'Associazione internazionale dei lavoratori e alla decisione di considerare L'Intransigente organo ufficiale della medesima. Ma questo periodico aveva cessato di esistere esattamente un mese prima dell'inizio del congresso senza più riprendere le pubblicazioni e alla nuova branca italiana aderirono soltanto poche sezioni. Il C., deluso, decise perciò di dedicarsi alla propaganda nelle campagne venete.
Nei mesi di aprile-maggio 1885 maturò nel Veneto la rottura degli anarchici con i democratici attraverso la saldatura della corrente veneziana guidata dal C. con le correnti libertarie delle altre province. Già da circa otto anni era sorta a Monselice una sezione internazionalista che, sotto la guida di C. Monticelli, aveva fatto sentire la sua influenza nella vicina Padova. Ora il C., insieme con G. Panzacchi di Padova e con E. Sovrano di Monselice (cognato del Monticelli), iniziò una vasta opera di propaganda fra i contadini del Polesine per prepararli a "qualcosa di serio" in occasione della prossima mietitura. Camuffati da fotografi ambulanti, col treppiede e con Desanti sacchi pieni di foglietti a stampa del Decalogo dei contadini mantovani che G. Barbiani aveva scritto parodiando i dieci comandamenti, il C. e i suoi amici girarono per le campagne del Polesine convinti che nel 1885 non sarebbe mancata la "galera o la morte", ma nemmeno la "rivoluzione". Furono subito arrestati quali fomentatori di scioperi e, insieme con altri dieci internazionalisti, divennero i protagonisti di quel "processo dei socialisti di Este" che per oltre un mese (agosto 1886) tenne a rumore la stampa socialista e democratica del Veneto, e che si concluse con l'assoluzione di tutti gli imputati, tranne il Castellani. Questi, infatti, rimase in carcere fino al gennaio del 1887 a causa di una condanna toccatagli in contumacia per un reato di stampa. Riacquistata la libertà, il suo pensiero politico-sociale, che all'epoca dell'Intransigente si era già liberato dai "sonniferi costiani", assunse una caratterizzazione filoperaista. Ormai gli era possibile constatare che il Partito operaio italiano non limitava più la sua azione emancipatrice ai soli lavoratori delle città e che la estendeva pure ai contadini, per cui le sue vecchie accuse di "operaiocrazia" e di "corporativismo" a quel partito non erano per nulla appropriate. Per questo motivo entrò nella logica operaista, come dimostrano i suoi scritti sul settimanale veneziano L'Ottantanove, che durò dall'8 gennaio al 12 luglio del 1888 e che diresse insieme con C. Monticelli. In tale periodico egli riconobbe esplicitamente che il partito operaio rappresentava "le masse lavoratrici" e si lusingava di costruire in Venezia un "fascio" di tutte le società esistenti. Dopo la scomparsa dell'Ottantanove il C. diresse per qualche tempo il quotidiano socialista Il Piccolo, che si pubblicava a Venezia già dal luglio 1885. Non si trattava affatto di un giornale diverso dal precedente anche grazie al C., penultimo direttore, che gli impresse una maggiore accentuazione classista nel senso indicato dal Partito operaio italiano.
Con l'inizio del 1889 cessa completamente l'attività pubblicistica e organizzativa del Castellani. Emigrato negli Stati Uniti, nel 1892 era già tornato a Venezia dove trascorse il resto della sua vita quale impiegato presso Il Gazzettino. Morì a Venezia il 2 marzo 1921.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Padova, Processo dei socialisti di Este, volumi e fascicoli vari; ivi (vol. I, fasc. 5, cc. 176-181) un manoscritto inedito del C. sulla Comune di Parigi; Arch. di Stato di Venezia, Prefettura, Gab., fasc. 5, 8/1 di anni diversi; Roma, Arch. centr. dello St., Min. dell'Interno, Dir. Gen. di P. s., Casell. Polit. centrale, ad nomen;F. Della Peruta, Documenti sull'Internaz. in Venezia, in Movimento operaio, II (1950), pp. 131-137; L. Briguglio, Gli internazionalisti di Monselice e di Padova, ibid., VII (1955), pp. 728-760; Id., Caratteri del movimento operaio a Venezia dopo l'Unità, in Miscellanea in on. di R. Cessi, Roma 1958, ad Indicem;Id., Il Partito operaio italiano e gli anarchici, Roma 1969, ad Indicem;D. Perli, I congressi del Partito operaio ital., Padova 1972, ad Indicem;F. Andreucci-T. Detti, Ilmovimento operaio ital., Dizion. biografico, I, Roma 1975, pp. 532-534.